11 Aprile
Macron e Le Pen à la guerre
Presidenziali in Francia. È ripartita la campagna elettorale. Nuovo sondaggio per il secondo turno: vince Macron 52 a 48. Chi vota chi, l'arbitro è Mélenchon. Le Maire: "Destra e sinistra in Francia oggi non esistono più". C'è una guerra in Ucraina, come sta andando? Mappe, numeri, eserciti e propaganda. "Niet", la pace che non c'è (e dovrà esserci). Talk War, missili, retorica e tv
La Francia ha votato per il primo turno delle elezioni presidenziali. Al ballottaggio vanno Emmanuel Macron e Marine Le Pen, come previsto, il gap tra i due è più ampio di quanto annunciato in alcuni sondaggi, ma il presidente dovrà comunque sudare parecchio per assicurarsi anche il secondo turno, la frammentazione politica è forte, l'astensione è alta, la gauche di Mélenchon è andata bene (e ancora una volta serve a poco), socialisti e repubblicani sono al minimo storico, Zemmour è finito sotto il treno della sua apocalisse di carta, ma le destre nel complesso sono forti e le sinistre sono in frantumi, ammesso che destra e sinistra siano ancora categorie valide per descrivere la Francia di oggi e soprattutto di domani. Macron vince, resiste, è il favorito, ma il suo terreno è tutto da conquistare e la campagna presidenziale è ripartita a velocità supersonica. Facciamo il punto nave, seguite il titolare di List.
01
Il Big Bang della Francia. Nuovo sondaggio: 52 a 48
Siamo di fronte a un Big Bang politico, i mercati osservano, sono prudenti, il quadro europeo in caso di vittoria di Le Pen al secondo turno ne uscirebbe in frantumi. Secondo gli analisti di Barclays "le elezioni presidenziali del 2022 in Francia segnano il secondo e ultimo passo verso un rimpasto del panorama politico". I rendimenti dei titoli di Stato sono ai massimi, si mixano varie componenti, tra cui anche il voto francese, il tasso del decennale italiano è in ulteriore risalita (+3,3%) e tocca il 2,427%, ai massimi dal marzo del 2020. Sono tutti elementi di un racconto che tenuto insieme dal fil rouge dell'incertezza.
La campagna presidenziale è già ripartita, abbiamo un nuovo sondaggio di Elabe per il secondo turno, eccolo:
Nel ballottaggio contano i voti degli altri. Ecco la tabella che...
La Francia ha votato per il primo turno delle elezioni presidenziali. Al ballottaggio vanno Emmanuel Macron e Marine Le Pen, come previsto, il gap tra i due è più ampio di quanto annunciato in alcuni sondaggi, ma il presidente dovrà comunque sudare parecchio per assicurarsi anche il secondo turno, la frammentazione politica è forte, l'astensione è alta, la gauche di Mélenchon è andata bene (e ancora una volta serve a poco), socialisti e repubblicani sono al minimo storico, Zemmour è finito sotto il treno della sua apocalisse di carta, ma le destre nel complesso sono forti e le sinistre sono in frantumi, ammesso che destra e sinistra siano ancora categorie valide per descrivere la Francia di oggi e soprattutto di domani. Macron vince, resiste, è il favorito, ma il suo terreno è tutto da conquistare e la campagna presidenziale è ripartita a velocità supersonica. Facciamo il punto nave, seguite il titolare di List.
01
Il Big Bang della Francia. Nuovo sondaggio: 52 a 48
Siamo di fronte a un Big Bang politico, i mercati osservano, sono prudenti, il quadro europeo in caso di vittoria di Le Pen al secondo turno ne uscirebbe in frantumi. Secondo gli analisti di Barclays "le elezioni presidenziali del 2022 in Francia segnano il secondo e ultimo passo verso un rimpasto del panorama politico". I rendimenti dei titoli di Stato sono ai massimi, si mixano varie componenti, tra cui anche il voto francese, il tasso del decennale italiano è in ulteriore risalita (+3,3%) e tocca il 2,427%, ai massimi dal marzo del 2020. Sono tutti elementi di un racconto che tenuto insieme dal fil rouge dell'incertezza.
La campagna presidenziale è già ripartita, abbiamo un nuovo sondaggio di Elabe per il secondo turno, eccolo:
Nel ballottaggio contano i voti degli altri. Ecco la tabella che conta, chi andrà a votare chi:
Tra gli elettori di Mélenchon (il serbatoio di voti più importante dal quale provare a pescare, il vero "arbitro" dell'elezione presidenziale), il 35 per cento è a favore di Macron, il 34 per cento sostiene Le Pen e il 31% si asterrà. Chi ha votato Precresse si ripartirà così: il 44% a favore di Macron, il 40% con Le Pen, il 16% non andrà a votare. Nel bacino di voti di Eric Zemmour, farà il pieno Le Pen (86%), solo il 9% andrà verso Macron e il 6% si asterrà. È una sfida aperta, all'ultimo voto. Il 24 aprile conteremo i voti veri.
Macron dopo aver fatto ben poca campagna nel primo turno, si è già catapultato sul territorio: oggi sarà in trasferta nel Nord, a Denain, Lens e Carvin, in territorio di voti lepenisti, mentre domani andrà nel Grand Est con un comizio previsto sulla piazza del castello di Strasburgo e un incontro a Mulhouse. Sabato comizio a Marsiglia. Televisione, il presidente sarà ospite di due telegiornali delle 20 nelle prossime due settimane, oggi alle 18.30, sarà intervistato da Bfm Tv.
Il dibattito tra i due candidati alla presidenza francese che si svolge tra i due turni elettorale potrebbe tenersi il 20 aprile. Confronto alle 21 a sulle reti televisive TF1, France 2, BFMTV, LCI, CNEWS et FranceInfo.
Sintesi del ministro dell'Economia, Bruno Le Maire: "La Francia vivrà una nuova campagna elettorale", si sono "due visioni" opposte, destra e la sinistra "sono scomparse, sono termini che non dicono più niente".
***
C'erano in campo dodici candidati, quattro parti in commedia, sono rimaste due visioni del mondo che vanno al ballottaggio e un panorama ad alta frammentazione politica. È il day after e non è finita, è partita un'altra campagna elettorale, seguite il titolare di List.
02
Emmanuel, Marine e gli altri à la guerre
Ecco il risultato finale, dodici candidati, grande polverizzazione politica, un paio di certezze:
Macron e Le Pen hanno entrambi buoni motivi per festeggiare. Al presidente il primo turno poteva andare peggio, mentre l'esponente della destra per mesi aveva il pericolo di Zemmour à droite. La coppia va al ballottaggio, sono i necessari opposti della scena francese, la partita del secondo turno è aperta, Macron si gioca tutto e in ballo c'è il destino dell'Europa e infatti ha detto: "Nulla è scontato, ora la partita è per la Francia e l'Unione europea". E per se stesso, ci mancherebbe. Precresse, Hidalgo, Roussel e Jadot hanno detto che al secondo turno voteranno per Macron, per fare "da sbarramento alla destra". Il sistema francese del doppio turno è già entrato in funzione, macchina collaudata. Si scontrano due visioni del mondo, Macron e Le Pen, nessuno dei due è sincronizzato perfettamente con l'orologio della storia. Ma uno solo resterà in piedi il 24 aprile e avrà la possibilità di scriverla (o di esserne travolto).
I sondaggi davano un testa a testa tra Macron e Le Pen che si è trasformato in un confronto dove la sfidante ha un distacco di 4,2 punti (secondo Elabe alla vigilia del voto Macron aveva un solo punto di vantaggio, 26 a 25), il giornale finanziario Les Echo era arrivato perfino a pubblicare online sui social questa 'profezia':
Non si è avverata, ma il confronto tra Macron e Le Pen è stato e sarà più intenso e duro di quello del 2017. Il dato dell'astensione è alto (26%) ma non al livello record dell'elezione del 2002 (28,4%).
Titolo di Le Monde, edizione online:
Prima pagina del Figaro:
Classico manifesto di Libération:
Tutti mettono in evidenza che per la prima volta la destra al secondo turno gioca la partita, il barrage del fronte repubblicano potrebbe non funzionare perché nell'elettorato francese s'è mosso qualcosa di nuovo. Cosa? Sono caduti tutti i totem e tabù, come ha detto stamattina il ministro dell'Economia, Bruno Le Maire, "in Francia oggi destra e sinistra non esistono più". Oui, nous somme d'accord.
Facciamo un collage del primo turno. Personaggi, testo e immagini.
Emmanuel Macron. Ha evitato (forse) un tracollo clamoroso, ma il suo successo si specchia in un insuccesso in quella che non sente come una necessità e invece lo è: confrontarsi con il problema dei partiti, della politique politicienne che comunque esiste e si vede nella diaspora dei partiti, nella fine delle grandi famiglie che fecero la storia del Novecento, nella dispersione delle varie anime della sinistra e del riformismo. Scendere al loro livello per Macron è un problema, perché il presidente per carattere è attratto naturalmente dalle alte vette della politica. I suoi nemici lo definiscono "arrogante" e "altezzoso", quando va bene è come minimo uno che fa del "bonapartismo" la sua cifra politica, ma questo è il destino dei leader. Ma resta il fatto che la politica ha a che fare con il basso e qualche volta il bassofondo. Essere centristi e non avere i voti del centro (per sua scomparsa e polarizzazione) è un problema che Macron dovrebbe porsi, per il bene della Francia. Nelle prossime due settimane dovrà concentrarsi sulla sinistra, se vuol vincere (e non è scontato) deve convincere gli elettori di sinistra a votarlo. E non tutti sono disposti a salvarlo, anzi, godono all'idea di affondarlo.
Egli è senza alcun dubbio il miglior politico che abbiamo in Europa, ha cercato durante la guerra di venire a capo del dilemma Putin (e ci riproverà anche in questi giorni, c'è da scommetterci, tra lui e Putin esiste una vecchia intesa che fu sancita in un vertice in pompa magna a Versailles), la sua politica per i francesi resta una sciarada, un giravoltismo di gran classe: nazionalista e globalista, gollista e poi ammiccante al socialismo (i socialisti francesi, desaparecidos nell'urna), capitalista e collettivista, nuclearista e ambientalista (senza eco- in premessa e -ismo in conclusione), europeista ma guai a toccare la grandeur, con gli Stati Uniti sempre ma dateci l'esercito europeo (a guida francese) e non soffiateci le commesse per i sommergibili in Australia, caro Biden. Bravò, Macron, scaltro, deve vincere il secondo turno per governare in patria e lanciare la scalata sull'Unione europea rimasta senza leadership, con la Germania in crisi, intabarrata nei suoi pensieri nella Foresta Nera, prigioniera della sua trappola energetica fatta di carbone (russo) senza nucleare, petrolio e gas di Mosca, un governo rosso-verde-giallo (la coalizione semaforo) che esplode nelle contraddizioni.
Macron no, il problema del governo non lo ha, il sistema francese gli consegna lo scettro del Re Sole e anche un po' Solo (e qualcuno ogni tanto gli dà pure del "sòla"). Ha il problema del paese, grande e incendiario, ma alla fine tra gilet jaunes e casseurs, nel pieno Big Bang de La France périphérique (saggio importante del geografo Christophe Guilluy, il cui sottotitolo è "comment on a sacrifié les classes populaires") miracolosamente la Francia si ricompone e tout va. Non si sa dove, ma va.
Ricomposizione che è preceduta dalla scomposizione di cui vediamo e sentiamo i traccianti brillare e sibilare. Il voto di ieri è questa guerra tra classi, tribù, fazioni in rotta e in assembramento (pre- e post- coronarivus) che attraversa tutti i partiti. Il successo di Mélenchon, della sua France insoumise, è il distillato dell'alambicco dove si mixano questi elementi in apparenza contrastanti, mondi in rotta di collisione.
Macron a differenza di altri ha capito che il futuro si misura sul campo energetico e della difesa, armi e plutonio, ha un'idea nucleare (opposta a Mélenchon), ha aperto la campagna presidenziale tra le turbine, dipingendo un paese a reazione rapida e autonomia industriale, nella piena diversificazione delle fonti, con una politica di potenza che deve accompagnare l'Europa e scortare la Francia verso il superamento della politica merkeliana a tutta birra bavarese, gas di Mosca e export cinese. Ora tutto può essere e non-essere per Parigi, conquistata la capitale e messa in sicurezza la periferia (e non sarà facile), il presidente pensa che l'Europa sarà alla fine l'intendenza che seguirà lui, il nuovo Napoleone. Alleati sulla scacchiera del Vecchio Continente? Ha un Draghi nella manica, uno Scholz nel cassetto, come il generale Charles de Gaulle guarda fino agli Urali e là c'è sempre unVlad al Cremlino da convincere a sotterrare l'ascia di guerra. Passato il secondo turno (forse), rispolverato l'ufficio dorato all'Eliseo, Macron lavorerà per un modesto obiettivo: passare alla storia. In cuor suo, pensa che anche la storia, in fondo, lo seguirà su un cavallo bianco montato dal generale Bonaparte. Mon Dieu, Macron.
Marine Le Pen. Ha condotto una campagna difficilissima, perfino con una forte divisione familiare (con la nipote Marion Marechal orientata su Zemmour) e poi ha trovato il filo giusto per convincere gli elettori della destra francese a puntare ancora una volta su di lei e, sorprendentemente, con più efficacia rispetto alla tornata del 2017. La guerra in Ucraina l'ha favorita (ha sparso altra inquietudine in un mondo inquiesto), fa l'opposizione e in Francia non è una rendita come in Italia, è una sovranista prima di tutti gli altri sovranisti, detesta l'establishment brussellese e l'élite finanziaria (sentimento ricambiato, lei nelle cronache è lo spettro che s'aggira per l'Europa), l'avversario la definisce xenofoba, ma gli elettori inquieti, quelli convinti e i dubbiosi, l'anti-moderno e il "rompiamo lo schema" l'hanno scelta come zattera nel mare in tempesta di una Francia in piena nevrosi (Michel Houellebecq dixit), il suo legame con Putin non l'ha danneggiata (quello che paradossalmente è stato un problema in questi giorni per Macron), ma la guerra e l'uomo del Cremlino restano un'ombra che in questi giorni s'allungherà (offensiva russa nel Donbass), la sua ricetta a tutta destra l'ha rilanciata con gli artigli affilati di un gatto, il suo per è tutto da scoprire (e per tanti sarebbe meglio di no), Marine è un'incognita nel rebus della Francia nazione-fazione, il problema è come calamitare voti nel secondo turno dove tutti si metteranno insieme per sbarrarle la strada. Mélenchon ha già detto che "a Le Pen non deve andare un solo nostro voto". La destra serra i ranghi, Zemmour la sosterrà e così pure Nicolas Dupont-Aignan. L'esito finale della sua parabola rischia di essere già scritto, ma l'opera è in fieri, il libro aperto, il capitolo finale in cottura. Saranno le due settimane più lunghe di tutta la vita di Marine Le Pen.
Jean-Luc Mélenchon. Che dire? È un tornado, la sua sinistra è radicale nella misura in cui lui fa quello che il sistema non funziona e vai tutto a sinistra, la parte gli riesce benissimo, i suoi programmi sono irrealizzabili, l'utopia è un circo massimo. Il suo risultato elettorale è forte, netto, lo votano i giovani, dà voce alla Francia che non ci sta a fare il riformismo dentro il capitalismo (quindi nessuna bella révolution da sbandierare), ma è la terza volta che Jean-Luc prova a andare al ballottaggio e fallisce l'aggancio della navicella per l'Eliseo, anche per lui questo è l'ultimo giro di giostra, il canto del cigno. Stasera ha caldamente consigliato ai suoi elettori di "non dare neanche un solo voto a Marine Le Pen". Non ha mai detto di sostenere Macron, in fondo lo ha combattuto duramente fino all'ultimo, comprensibile. "Sappiamo perfettamente per chi non voteremo mai", ha detto Mélenchon, e in questa frase ci sono anche tutti i suoi limiti. Non basta sapere che cosa non fare, poi bisogna dire che cosa si può fare nel mondo reale. Mélenchon vola altissimo, fallisce sempre nell'atterraggio in pista.
Eric Zemmour. Lo scrittore allo zolfo era l'esordiente nel parco giochi della politica francese, la sua prova era quella più attesa, poteva essere la sorpresa, il fattore che cambia tutto, per mesi ha condotto una campagna di grande impatto (sui media, non nelle urne, come abbiamo visto), ma nelle ultime settimane ha perso lo smalto, la sua proposta heavy-metal ha allontanato i ceti medio-borghesi di destra che gli hanno preferito Le Pen o l'astensione. È partito a razzo, ha perso potenza, ma resta pur sempre uno che ha fatto da zero a 7. Il risultato, pur essendo quello di una new entry, è deludente per le grandi aspettative, nel mondo reale è una proiezione da portare fino all'appuntamento delle elezioni legislative. Ha fatto l'unica cosa che gli restava da fare in questa campagna, ha ammesso il passo falso ("ho commesso errori"), poi si è rivolto ai suoi elettori e ha indicato la via: "Votate Le Pen". Per un brillante scrittore come lui, sbagliare la trama è un contrappasso. È annegato nell'inchiostro, ha già la scialuppa per continuare la sua opera: Le Pen. E se lei affonda, toccherà a lui continuare a remare.
***
Questi erano quelli che contavano nella corsa, il resto è polvere di stelle. Allons enfants, sbrigatevi a liquidare la pratica con il secondo turno, la fuori incombe la Troisième Guerre.
03
C'è una guerra in Europa. Mappe, numeri, eserciti e propaganda
A che punto è la guerra? Va avanti, i russi proseguono la loro opera di occupazione del territorio a Sud e a Est, stanno procedendo nella saldatura della Crimea e del Donbass e risalendo poi sulle rive del fiume Dnieper verso Nord (oggi è stato bombardato e distrutto l'aeroporto di Dnipro). Esattamente quanto abbiamo raccontato su List fin dal primo giorno di guerra, Putin non ha altri obiettivi, né può averli con le truppe e i materiali impiegati finora (la sortita a Nord dalla Bielorussia verso Kiev era un assedio finalizzato solo a tenere impegnato l'esercito ucraino nella capitale), Mosca sta evidentemente conservando le sue forze per un piano B in caso di evoluzione dello scenario (un contrattacco ucraino a Sud e a Est). Il Cremlino punta a arrivare alla divisione dell'Ucraina e dunque procede sui confini dell'area russofona. Qui si svilupperà la battaglia finale della campagna militare, quella prima del 9 maggio, il Victory Day in cui Putin si presenterà a Mosca sulla Piazza Rossa. Mappa della situazione sul campo elaborata dall'Institute for the Study of War:
Altra mappa dell'Intelligence della Difesa britannica:
Quanto è grande tutta quest'area? La domanda e la risposta ci dicono molto su quello che è stato fatto (e cosa manca) durante la guerra. Altra mappa, la misurazione via Google Earth del territorio occupata dall'esercito russo:
L'Ucraina ha una superficie di 600 mila chilometri quadrati. L'area disegnata su questa mappa, lo spazio di movimento e consolidamento dell'esercito russo, è pari a 130 mila chilometri quadrati di territorio, gli analisti stimano che almeno 30 mila di questi siano aree contestate, in piena fase di battaglia, dunque ci fermiamo a 100 mila chilometri quadrati. L'isola d'Inghilterra ha una superficie di 130 mila chilometri quadrati. Dopo 45 giorni di guerra, Mosca ha occupato quasi tutta l'Inghilterra. Usando una frazione del suo esercito, con uso limitato della potenza aerea, brigate meccanizzate dove c'erano molti militari di leva. Chi sta vincendo la guerra? Bisognerebbe far vedere questa mappa (e i numeri) a Josep Borrell, il rappresentante per la politica estera dell'Unione europea che a Kiev è diventato comandante sul campo. Facciamo il punto nave, torniamo alla domanda: a che punto è la guerra?
04
"Niet". La pace che non c'è (ma dovrà esserci)
“Niet”. Con un colpo secco, un no senza appello, la vicepremier ucraina Iryna Vereshchuk ieri a Frontiere su Rai3 ha risposto alla mia domanda se in un negoziato di pace con la Russia il suo governo avrebbe mai ceduto la Crimea e il Donbass. “Niet”, è una risposta con una doppia lettura: significa che questa donna è motivata a combattere e in guerra è un fattore fondamentale, ma nello stesso tempo dice a tutti noi che la via della pace tra Kiev e Mosca è quasi impraticabile. Se nessuno è disposto a cedere qualcosa (per questo si chiama negoziato), allora il risultato è lo scontro totale. Putin non lascerà mai la Crimea (che ha annesso dal 2014, otto anni fa) e non è immaginabile il ritiro dell’esercito russo dal Donbass. Come ha spiegato in un’intervista sul New Statesman l’ideologo della “dottrina Putin”, Sergey Karaganov:
Non so quale sarà l'esito di questa guerra, ma penso che comporterà la spartizione dell'Ucraina, in un modo o nell'altro. Speriamo che alla fine rimanga ancora qualcosa chiamato Ucraina. Ma la Russia non può permettersi di "perdere", quindi abbiamo bisogno di una sorta di vittoria. E se c'è la sensazione che stiamo perdendo la guerra, allora penso che ci sia una precisa possibilità di escalation. Questa guerra è una sorta di guerra per procura tra l'Occidente e il ‘resto’ - essendo la Russia, come è stato nella storia, l'apice del "resto" - per un futuro ordine mondiale.
Questa è la posta in gioco, vista da Mosca. E bastano queste parole per capire che siamo di fronte a una partita letale. Se non c’è possibilità di sedersi al tavolo della diplomazia per discutere di tregua, di status giuridico del territorio, dei confini, della presenza degli eserciti, di neutralità, di adesione dell’Ucraina all’Unione europea (e non alla Nato), allora non resta che una via: la guerra. Se esiste solo il campo di battaglia, uno dei contendenti dovrà cadere e la pace - e la storia, come accadde nella Seconda guerra mondiale - la scriveranno solo i vincitori (e l’Unione Sovietica di Stalin fu tra questi).
I leader dell’Occidente vanno a Kiev, ieri è stato il turno di Boris Johnson che ha annunciato l’invio di missili anti-nave e di Josep Borrell che ha fatto un passo lungo e dal futuro incerto: “La guerra sarà vinta sul campo di battaglia e a prevalere sarà l'Ucraina che tornerà ancora più forte”. Se l’alto rappresentante della politica estera Ue dice questo, bisogna attrezzarsi per un conflitto lungo dagli esiti imprevedibili e potenzialmente devastanti. La Russia secondo i dati del Sipri di Stoccolma possiede 6255 testate nucleari, di cui 1625 pronte all’uso, dislocate nelle basi militari e sui missili nei silos, nei mezzi mobili, sugli aerei, le navi e i sottomarini. Questa è la realtà strategica di cui l’élite politica europea non fa cenno. La reazione della Russia alla dichiarazione di Borrell è stata veemente, il presidente della Duma, Vyacheslav Volodin, ha commentato: “Borrel deve essere immediatamente licenziato dai Paesi dell'Ue. Il suo compito è cercare una soluzione al problema attraverso la diplomazia”. Se la Russia si convince che il piano è quello di far cadere Putin - le parole di Biden a Varsavia - allora il quadro si complica.
Se davvero la via è quella indicata da Borrell (la vittoria sul campo di battaglia), allora ai parlamenti nazionali va posta in maniera netta la domanda su quale sia la dimensione del conflitto, come vogliamo affrontarlo, cosa siamo disposti a sacrificare. Si può dire che “si vis pacem, para bellum”, certo, ma non viviamo nel tempo degli antichi romani che combattevano con gladio, lancia, balestre. Con una potenza nucleare come la Russia gli schemi non sono quelli di una guerra classica, il dominio è quello del ‘Nuclear First Strike’, il dilemma è uno solo: chi preme per primo il pulsante della bomba atomica? Putin tempo fa disse: “In una guerra nucleare non vince nessuno”. E se va preso sul serio Borrell, va tenuta a mente anche la frase dell’uomo del Cremlino.
“È in gioco il destino dell’intera Europa”, ha detto il presidente Sergio Mattarella. Ha ragione e il campo è ancora più largo del Vecchio Continente, si stanno ridisegnando confini e equilibri delle grandi potenze, è in corso un dispiegamento di forze tra l’Occidente il “resto del mondo”. La guerra in Ucraina è solo l’inizio di un nuovo risiko globale, la Cina sta osservando le mosse degli Stati Uniti in Ucraina per calibrare la sua risposta quando arriverà il momento di annettere Taiwan al suo territorio, fatto che per Pechino non è un’ipotesi, non una questione di se ma solo di quando. Il Wall Street Journal riporta che la Cina guardando a quanto accade a Kiev ha deciso di accelerare l'espansione del suo arsenale atomico. Xi Jinping ha bisogno di una forte deterrenza nucleare per dire a Biden (o al suo successore) che Taiwan è un affare interno della Cina e in caso di reazione all’invasione si troverà di fronte alla replica dello scenario attuale con la Russia. Questa è la realtà di oggi e di domani, è una questione vitale che nel film ‘War Games’, quando il computer si gioca tutte le possibilità di lancio dei missili nucleari, arriva a una conclusione: “Strano gioco. L'unica mossa vincente è non giocare. Che ne dice di una bella partita a scacchi?”. Siamo a questo punto, non giocate se non conoscete le regole e il destino che ci attende.
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C'è altro? Sì, un altro punto nave di Marco Patricelli sulla retorica e lo storytelling di questa guerra dove la verità è coperta .
05
Talk War. Missili, retorica e tv
di Marco Patricelli
Tutti fanno paradossalmente quel che richiede il proprio ruolo nella crisi ucraina che si avvita smentendo chiunque e comunque, dai preveggenti della Blitzkrieg in salsa slava agli analisti che evocano la seconda guerra mondiale, Vietnam, Afghanistan, Jugoslavia. Persino il concetto di fascismo e di nazismo si è scolorito dal nero al rosso al blu, rivelando esattamente quello che è: un’etichetta da sbandierare e appiccicare come un bollino da banana, disancorata dal significato storico e politico. La guerra come show televisivo, col suo contorno di ripugnanze sfocate elettronicamente o con l’avvertenza che le immagini più crude potrebbero urtare la suscettibilità, soprattutto in ora di cena. C’est la guerre, bellezza. Non quella asettica ed edulcorata dei film hollywoodiani finché Steven Spielberg non ha fatto vedere il massacro da bassa macelleria dello sbarco in Normandia, ma quella brutta, sporca e cattiva che accompagna l’umanità dalla notte dei tempi. La tv ci risparmia gli odori ma insiste sugli orrori, di sangue impastato a fango, a lacrime, a gas liquefatto e al fumo nero degli incendi.
Tutti fanno esattamente quel che richiede il proprio ruolo. Vladimir Putin fa quello che diceva Joe Biden il quale fa esattamente quello che Putin diceva di voler fare. Volodimr Zelensky fa quello che disse che avrebbe fatto nel momento in cui aveva rinviato al mittente il salvacondotto americano, inchiodando l’Ucraina alla lotta sul campo di battaglia. Papa Francesco fa quello che sindacalmente deve fare, ovvero predicare la pace pre-pasquale, pasquale e postpasquale, che non può imporre e non dipende da lui, e dispensa appelli nel deserto senza neanche una prospettiva di ascolto credibile e creduta. Boris Johnson fa l’inglese, come se l’Impero esistesse ancora e come se le sorti del mondo fossero nella mani di James Bond e dell’MI6, e così Emmanuel Macron che guardava fuori dall’orto di casa in direzione Cremlino per coltivare l’orticello dell’Eliseo. Lungo il filo rosso Parigi-Mosca tanta fuffa e qualche cortina fumogena. La Germania post-Merkel fa l’Italia e ondeggia tra decisionismo e possibilismo, mentre l’Italia di Mario Draghi fa la Germania di una volta e si impunta ottenendo al massimo un’occhiata di sufficienza. L’Europa fa l’Europa, coro polifonico a 26 voci senza direttore e a più tonalità, con la cacofonia di un velleitarismo un po’ patetico e un po’ pretenzioso.
Non c’è da stupirsi, quindi, che se tutti fanno quello che ci si aspetta, Putin continua a vincere e Zelensky continua a credere di poter non perdere. Più del dieci per cento del suo popolo ha riparato fuori dai confini, facendo scricchiolare lo stato sociale della Polonia che ne ha assorbiti 2,5 milioni, anche perché ha anestetizzato in un amen la memoria storica del Novecento, quando i polacchi si sono letteralmente scannati con gli ucraini, perché oggi la Russia putiniana fa davvero paura e Varsavia conosce vita (poca), morte (tanta) e miracoli (sparizione violenta degli oppositori) del Cremlino avendo pagato dazio più volte nella storia.
Anche gli opinionisti nostrani fanno quello che ci si aspetta. Nell’Italia di Franza o Spagna, di burro o cannoni, di pace o condizionatori, è stato rigurgitato il «néné» anti-Nato, rinfocolato da para-intellettuali, pronti a relativizzare l’aggressione russa con la sindrome da accerchiamento, ma nessuno dei quali ha spiegato un’ovvietà: la Russia creò il Patto di Varsavia imponendolo agli Stati satellite, nel disegno mai realizzato per nostra fortuna dell’espansione del comunismo sovietico in Europa; crollata l’Urss, le vittime di quel sistema si sono rimangiati il Patto e lo hanno risputato a Mosca, sposando con la democrazia occidentale con la contro-assicurazione che li mettesse al riparo da un attacco russo e da una nuova annessione. L’Ucraina ha perso il treno della storia, ha perso di fatto Crimea e Donbass e ha concrete probabilità di perdere la guerra quando se ne vedrà la fine, e quando le ferite con i «fratelli» russi saranno incancrenite da morti, violenze, eccidi e tutto l’armamentario di un conflitto tanto più spietato quanto più simile a una guerra civile.
A una precisa domanda la vicepremier ucraina Iryna Vereshchuk, è stata affilata e pesante come una lama di ghigliottina. Kiev è disponibile a intavolare le trattative di pace rinunciando a Crimea e Donbass? Non ha neppure argomentato. Si è limitata a un secco niet.
La guerra continua. E poiché l’uomo plasmato dalla cattiva maestra televisione si abitua a tutto, si abituerà anche alle cronache ucraine, con qualche sussulto di orrore in più e qualche picco negli ascolti dei talk show. Persino Kunt, il Marziano a Roma del preveggente Ennio Flaiano, dopo un po’ veniva appena sopportato e dopo un po’ ancora dava persino fastidio. Eppure non turbava neppure le coscienze, come invece fa la guerra tra uno spot e l’altro.
C'è qualcuno che sta provando a parlare con Putin?
06
Il cancelliere austriaco oggi da Putin
Karl Nehammer, cancelliere dell'Austria, ieri in Ucraina, a Bucha (Foto Epa).Il cancelliere austriaco Karl Nehammer oggi sarà al Cremlino, il primo leader europeo a incontrare il presidente Vladimir Putin dall'inizio dell'invasione russa in Ucraina. Lo ha annunciato la stessa cancelleria alla France Presse "Va a Mosca dopo avere informato Berlino, Bruxelles e il presidente ucraino Volodymyr Zelensky", ha precisato un portavoce del cancelliere. L'incontro è previsto nel pomeriggio. Ieri 'Kanzler' Nehammer era a Kiev dove ha incontrato Zelensky. Il primo ministro austriaco cercherà di sfruttare la posizione di neutralità dell'Austria. C'è da sperare? Sempre, perché parlare è meglio che sparare.
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Come chiudiamo questo numero di List? Con un libro che riporta tutti sulla terra.
07
Un po' di realismo e grande storia
Che cosa sto (ri)leggendo in questi giorni? Torri di libri, disseminate ovunque nel mio territorio tra la redazione e casa (quando riesco a starci). Il libro che mi dà continui spunti per cercare di afferrare le saette del nostro tempo è il primo volume delle memorie di Henry Kissinger, Gli anni della Casa Bianca:
Prima edizione americana, splendida, di Little, Brown and Company. Sono 1521 pagine comprese le note e l'indice analitico, opera fondamentale non solo per capire gli anni di Kissinger alla Casa Bianca, ma la politica tout court.
Si comincia con l'incontro di Kissinger con Nixon (che odiava), si apprende come funziona la transizione di un'amministrazione vista da un professore di Harvard che si occupa di proliferazione nucleare, vedi i problemi del "nuovo equilibrio", Nixon che arriva in Europa con l'Alleanza Occidentale slabbrata, l'enigma della Germania tra Bonn e Berlino (ricordo che siamo nel 1969), l'incontro con il "colosso De Gaulle", le prime mosse della gigantesca partita a scacchi con Mosca e la conoscenza di Anatoly Dobrynin, il problema filosofico delle relazioni tra Stati Uniti e Unione sovietica, Est-Ovest, Nord-Sud, la nuova politica della Difesa americana, l'agonia del Vietnam, l'evoluzione della strategia americana in Medio Oriente, la difficile relazione tra Washington e le cancellerie europee, l'allargamento della guerra nei santuari vietnamiti, il trattato Salt sui missili con Mosca, la crisi in Giordania, quella nel Cile di Salvador Allende, il viaggio a Pechino e la ping pong diplomacy, il primo meeting con Chou En-Lai, Sadat che espelle i sovietici, e tanto altro in questo che è un lavoro monumentale.
Tranquilli, è solo il primo volume, ce ne sono altri due. E tutto appare così distante eppure anche familiare nel nostro tempo, il passato ci parla, ci invita a ritrovare la via della diplomazia, del realismo, della competenza. Se mandi un Borrell a parlare di guerra a Kiev come se stessimo giocando a Risiko, le cose alla fine svoltano per il peggio. Cercate un Kissinger per l'Europa, c'è un lavoro urgente da fare tra Kiev e Mosca. Viviamo tempi interessanti. Forse troppo.
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2.4 Effettuando la richiesta di acquisto dell'Abbonamento, l'Utente acconsente a che quest'ultimo venga
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2.5 Per effetto dell'acquisto, l'Utente avrà diritto a fruire del Servizio per l'intera durata
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3. DURATA, DISDETTA E RINNOVO DELL'ABBONAMENTO
3.1 L'Abbonamento avrà la durata di volta in volta indicata nel pacchetto scelto dall'Utente (per esempio,
mensile o
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3.2 L'Abbonamento si rinnoverà ciclicamente e in modo automatico per una durata eguale a quella
originariamente scelta
dall'Utente, sino a quando una delle Parti non comunichi all'altra la disdetta dell'Abbonamento almeno 24
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3.5 In caso di mancato esercizio della disdetta, il rinnovo avverrà al medesimo costo della transazione
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3.6 Il Fornitore addebiterà anticipatamente l'intero prezzo dell'Abbonamento subito dopo ogni rinnovo sullo
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strumento di pagamento in precedenza utilizzato dall'Utente ovvero sul diverso strumento indicato
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4. Recesso DEL CONSUMATORE
4.1 L'Utente, ove qualificabile come consumatore – per consumatore si intende una persona fisica che agisce
per scopi
estranei all'attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale eventualmente svolta, ha
diritto di
recedere dal contratto, senza costi e senza l'onere di indicarne i motivi, entro 14 giorni dalla data di
attivazione
dell'Abbonamento acquistato.
4.2 L'Utente può comunicare la propria volontà di recedere, inviando al Fornitore una comunicazione
esplicita in questo
senso mediante una delle seguenti modalità:
mediante raccomandata a.r. indirizzata alla sede del Fornitore;
per email al seguente indirizzo help@newslist.it;
4.3 Ai fini dell'esercizio del recesso l'Utente può, a sua scelta, utilizzare questo modulo
4.4 Il termine per l'esercizio del recesso si intende rispettato se la comunicazione relativa all'esercizio
del diritto
di recesso è inviata dall'Utente prima della scadenza del periodo di recesso.
4.5 In caso di valido esercizio del recesso, il Fornitore rimborserà all'Utente il pagamento ricevuto in
relazione
all'Abbonamento cui il recesso si riferisce, al netto di un importo proporzionale a quanto è stato fornito
dal Fornitore
fino al momento in cui il consumatore lo ha informato dell'esercizio del diritto di recesso; per il calcolo
di tale
importo, si terrà conto dei numeri o comunque dei contenuti fruiti e/o fruibili dal consumatore fino
all'esercizio del
diritto di recesso. Il rimborso avverrà entro 14 giorni dalla ricezione della comunicazione di recesso sullo
stesso
mezzo di pagamento utilizzato per la transazione iniziale.
4.6 Eventuali eccezioni al diritto di recesso, ove previste da Codice del consumo – decreto legislativo 6
settembre
2005, n. 206, saranno comunicate al consumatore in sede di offerta prima dell'acquisto.
5. Modalità di pagamento
5.1 L'Abbonamento comporta l'obbligo per l'Utente di corrispondere al Fornitore il corrispettivo nella
misura
specificata nell'offerta in relazione al pacchetto scelto dall'Utente.
5.2 Tutti i prezzi indicati nell'offerta si intendono comprensivi di IVA.
5.3 Il pagamento dei corrispettivi può essere effettuato mediante carte di credito o debito abilitate ad
effettuare gli
acquisti online. Le carte accettate sono le seguenti: Visa, Mastercard, American Express.
5.4 L'Utente autorizza il Fornitore ad effettuare l'addebito dei corrispettivi dovuti al momento
dell'acquisto
dell'Abbonamento e dei successivi rinnovi sulla carta di pagamento indicata dallo stesso Utente.
5.5 Il Fornitore non entra in possesso dei dati della carta di pagamento utilizzata dall'Utente. Tali dati
sono
conservati in modo sicuro dal provider dei servizi di pagamento utilizzato dal Fornitore (Stripe o il
diverso provider
che in futuro potrà essere indicato all'Utente). Inoltre, a garanzia dell'Utente, tutte le informazioni
sensibili della
transazione vengono criptate mediante la tecnologia SSL – Secure Sockets Layer.
5.6 È onere dell'Utente: (i) inserire tutti i dati necessari per il corretto funzionamento dello strumento
di pagamento
prescelto; (ii) mantenere aggiornate le informazioni di pagamento in vista dei successivi rinnovi (per
esempio,
aggiornando i dati della propria carta di pagamento scaduta in vista del pagamento dei successivi rinnovi
contrattuali).
Qualora per qualsiasi motivo il pagamento non andasse a buon fine, il Fornitore si riserva di sospendere
immediatamente
l'Abbonamento fino al buon fine dell'operazione di pagamento; trascorsi inutilmente 3 giorni senza che il
pagamento
abbia avuto esito positivo, è facoltà del Fornitore recedere dal contratto con effetti immediati.
Pagamenti all'interno dell'applicazione IOS
5.7 In caso di acquisto dell'Abbonamento mediante l'Applicazione per dispositivi IOS, il pagamento è gestito
interamente
attraverso la piattaforma App Store fornita dal gruppo Apple. Il pagamento del corrispettivo è
automaticamente
addebitato sull'Apple ID account dell'Utente al momento della conferma dell'acquisto. Gli abbonamenti
proposti sono
soggetti al rinnovo automatico e all'addebito periodico del corrispettivo. L'Utente può disattivare
l'abbonamento fino a
24h prima della scadenza del periodo di abbonamento in corso. In caso di mancata disattivazione,
l'abbonamento si
rinnova per un eguale periodo e all'Utente viene addebitato lo stesso importo sul suo account Apple.
L'Utente può
gestire e disattivare il proprio abbonamento direttamente dal proprio profilo su App Store. Per maggiori
informazioni al
riguardo: https://www.apple.com/it/legal/terms/site.html. Il Fornitore non è responsabile per eventuali
disservizi della
piattaforma App Store.
6. Promozioni
6.1 Il Fornitore può a sua discrezione offrire agli Utenti delle promozioni sotto forma di sconti o periodi
gratuiti di
fruizione del Servizio.
6.2 Salvo che non sia diversamente specificato nella pagina di offerta della promozione, l'adesione a una
promozione
comporta, alla sua scadenza, l'attivazione automatica del Servizio a pagamento con addebito periodico del
corrispettivo
in base al contenuto del pacchetto di volta in volta selezionato dall'Utente.
6.3 L'Utente ha la facoltà di disattivare il Servizio in qualunque momento prima della scadenza del periodo
di prova
attraverso una delle modalità indicate nel precedente articolo 3).
7. Obblighi e garanzie dell'Utente
7.1 L'Utente dichiara e garantisce:
- di essere maggiorenne;
- di sottoscrivere l'Abbonamento per scopi estranei ad attività professionali, imprenditoriali, artigianali
o commerciali
eventualmente svolte;
- che tutti i dati forniti per l'attivazione dell'Abbonamento sono corretti e veritieri;
- che i dati forniti saranno mantenuti aggiornati per l'intera durata dell'Abbonamento.
7.2 L'Utente si impegna al pagamento del corrispettivo in favore del Fornitore nella misura e con le
modalità definite
nei precedenti articoli.
7.3 L'Utente si impegna ad utilizzare l'Abbonamento e i suoi contenuti a titolo esclusivamente personale, in
forma non
collettiva e senza scopo di lucro; l'Utente è inoltre responsabile per qualsiasi uso non autorizzato
dell'Abbonamento e
dei suoi contenuti, ove riconducibile all'account dell'Utente medesimo; per questo motivo l'Utente si
impegna ad
assumere tutte le precauzioni necessarie per mantenere riservato l'accesso all'Abbonamento attraverso il
proprio account
(per esempio, mantenendo riservate le credenziali di accesso ovvero segnalando senza ritardo al Fornitore
che la
riservatezza di tali credenziali risulta compromessa per qualsiasi motivo).
7.4 La violazione degli obblighi stabiliti nel presente articolo conferisce al Fornitore il diritto di
risolvere
immediatamente il contratto ai sensi dell'articolo 1456 del codice civile, fatto salvo il risarcimento dei
danni.
8. Tutela della proprietà intellettuale e industriale
8.1 L'Utente riconosce e accetta che i contenuti dell'Abbonamento, sotto forma di testi, immagini,
fotografie, grafiche,
disegni, contenuti audio e video, animazioni, marchi, loghi e altri segni distintivi, sono coperti da
copyright e dagli
altri diritti di proprietà intellettuale e industriale di volta in volta facenti capo al Fornitore e ai suoi
danti causa
e per questo si impegna a rispettare tali diritti.
8.2 Tutti i diritti sono riservati in capo ai titolari; l'Utente accetta che l'unico diritto acquisito con
il contratto
è quello di fruire dei contenuti dell'Abbonamento con le modalità e i limiti propri del Servizio. Fatte
salve le
operazioni di archiviazione e condivisione consentite dalle apposite funzionalità del Servizio, qualsiasi
attività di
riproduzione, pubblica esecuzione, comunicazione a terzi, messa a disposizione, diffusione, modifica ed
elaborazione dei
contenuti è espressamente vietata.
8.3 La violazione degli obblighi stabiliti nel presente articolo conferisce al Fornitore il diritto di
risolvere
immediatamente il contratto ai sensi dell'articolo 1456 del codice civile, fatto salvo il risarcimento dei
danni.
9. Manleva
9.1 L'Utente si impegna a manlevare e tenere indenne il Fornitore contro qualsiasi costo – inclusi gli
onorari degli
avvocati, spesa o danno addebitato al Fornitore o in cui il Fornitore dovesse comunque incorrere in
conseguenza di usi
impropri del Servizio da parte dell'Utente o per la violazione da parte di quest'ultimo di obblighi
derivanti dalla
legge ovvero dai presenti termini d'uso.
10. Limitazione di responsabilità
10.1 Il Fornitore è impegnato a fornire un Servizio con contenuti professionali e di alta qualità; tuttavia,
il
Fornitore non garantisce all'Utente che i contenuti siano sempre privi di errori o imprecisioni; per tale
motivo,
l'Utente è l'unico responsabile dell'uso dei contenuti e delle informazioni veicolate attraverso di
essi.
10.2 L'Utente riconosce e accetta che, data la natura del Servizio e come da prassi nel settore dei servizi
della
società dell'informazione, il Fornitore potrà effettuare interventi periodici sui propri sistemi per
garantire o
migliorare l'efficienza e la sicurezza del Servizio; tali interventi potrebbero comportare il rallentamento
o
l'interruzione del Servizio. Il Fornitore si impegna a contenere i periodi di interruzione o rallentamento
nel minore
tempo possibile e nelle fasce orarie in cui generalmente vi è minore disagio per gli Utenti. Ove
l'interruzione del
Servizio si protragga per oltre 24 ore, l'Utente avrà diritto a un'estensione dell'Abbonamento per un numero
di giorni
pari a quello dell'interruzione; in tali casi, l'Utente riconosce che l'estensione dell'Abbonamento è
l'unico rimedio in
suo favore, con la conseguente rinunzia a far valere qualsivoglia altra pretesa nei confronti del
Fornitore.
10.3 L'Utente riconosce e accetta che nessuna responsabilità è imputabile al Fornitore:
- per disservizi dell'Abbonamento derivanti da malfunzionamenti di reti elettriche e telefoniche ovvero di
ulteriori
servizi gestiti da terze parti che esulano del tutto dalla sfera di controllo e responsabilità del Fornitore
(per
esempio, disservizi della banca dell'Utente, etc...);
- per la mancata pubblicazione di contenuti editoriali che derivi da cause di forza maggiore.
10.4 In tutti gli altri casi, l'Utente riconosce che la responsabilità del Fornitore in forza del contratto
è limitata
alle sole ipotesi di dolo o colpa grave.
10.5 Ai fini dell'accertamento di eventuali disservizi, l'Utente accetta che faranno fede le risultanze dei
sistemi
informatici del Fornitore.
11. Modifica dei termini d'uso
11.1 L'Abbonamento è disciplinato dai termini d'uso approvati al momento dell'acquisto.
11.2 Durante il periodo di validità del contratto, il Fornitore si riserva di modificare i termini della
fornitura per
giustificati motivi connessi alla necessità di adeguarsi a modifiche normative o obblighi di legge, alle
mutate
condizioni del mercato di riferimento ovvero all'attuazione di piani aziendali con ricadute sull'offerta dei
contenuti.
11.3 I nuovi termini d'uso saranno comunicati all'Utente con un preavviso di almeno 15 giorni rispetto alla
scadenza del
periodo di fatturazione in corso ed entreranno in vigore a partire dall'inizio del periodo di fatturazione
successivo.
Se l'Utente non è d'accordo con i nuovi termini d'uso, può esercitare la disdetta secondo quanto previsto al
precedente
articolo 3.
11.4 Ove la modifica dei termini d'uso sia connessa alla necessità di adeguarsi a un obbligo di legge, i
nuovi termini
d'uso potranno entrare in vigore immediatamente al momento della comunicazione; resta inteso che, solo in
tale ipotesi,
l'Utente potrà recedere dal contratto entro i successivi 30 giorni, con il conseguente diritto ad ottenere
un rimborso
proporzionale al periodo di abbonamento non goduto.
12. Trattamento dei dati personali
12.1 In conformità a quanto previsto dal Regolamento 2016/679 UE e dal Codice della privacy (decreto
legislativo 30
giugno 2003, n. 196), i dati personali degli Utenti saranno trattati per le finalità e in forza delle basi
giuridiche
indicate nella privacy policy messa a disposizione dell'Utente in sede di registrazione e acquisto.
12.2 Accettando i presenti termini di utilizzo, l'Utente conferma di aver preso visione della privacy policy
messa a
disposizione dal Fornitore e di averne conservato copia su supporto durevole.
12.3 Il Fornitore si riserva di modificare in qualsiasi momento la propria privacy policy nel rispetto dei
diritti degli
Utenti, dandone notizia a questi ultimi con mezzi adeguati e proporzionati allo scopo.
13. Servizio clienti
13.1 Per informazioni sul Servizio e per qualsiasi problematica connessa con la fruizione dello stesso,
l'Utente può
contattare il Fornitore attraverso i seguenti recapiti: help@newslist.it
14. Legge applicabile e foro competente
14.1 Il contratto tra il Fornitore e l'Utente è regolato dal diritto italiano.
14.2 Ove l'Utente sia qualificabile come consumatore, per le controversie comunque connesse con la
formazione,
esecuzione, interpretazione e cessazione del contratto, sarà competente il giudice del luogo di residenza o
domicilio
del consumatore, se ubicato in Italia.