12 Dicembre

Grande gioco e cose turche

Putin continua la sua strategia di espansione in Medio Oriente, Erdogan guarda a rafforzare il suo regime. L'Europa non c'è, il Regno Unito sì (seguire Boris Johnson). La mossa di Trump su Gerusalemme apre un'altra partita a Risiko.

di Daniela Coli

Vladimir Putin è volato in Turchia per un vertice urgente con il presidente Erdogan. La prontezza della risposta di Mosca, ancora una volta, dice quanto il Cremlino sappia cogliere al volo le spaccature della comunità occidentale. L'occasione è arrivata con la distanza tra Stati Uniti e Europa sul riconoscimento di Gerusalemme capitale da parte della Casa Bianca. Trump scommette su uno scenario in cui alla fine scuotendo l'albero qualcosa di nuovo accadrà dopo decenni di status quo sul processo di pace (leggere alla voce "guerra"), ma il suo disegno non può essere immediato, ha bisogno di tempo, di uno sforzo di Israele, di un impegno sincero degli altri paesi, di cooperazione. Non impossibile, ma certamente difficile perché della cosiddetta "causa palestinese" in realtà non importa niente a nessuno, se non nella misura funzionale a un proprio interesse interno. Realtà vs Retorica.

In questo scenario, Putin e Erdogan si usano a vicenda, niente di nuovo. Entrambi non vogliono che gli Stati Uniti tornino a occuparsi di Medio Oriente. Obama li aveva accontentati con una ritirata dalle tragiche conseguenze (vedere alla voce Isis in Siria e in Iraq), ora con l'amministrazione Trump la situazione è più complessa: al Pentagono c'è Jim Mattis, uno che cita i libri di storia romana e non ha intenzione di lasciare tutto lo spazio di manovra sul campo al Cremlino e all'Iran, mentre alla Cia hanno imparato dai loro errori e hanno ripreso a concentrarsi sul lavoro sul terreno.  Al Dipartimento di Stato l'era Clinton è chiusa (per fortuna) e in ogni caso Foggy Bottom non può essere il centro della politica americana (meglio così) come lo fu con Hillary che approfittava delle distrazioni di Obama per imbastire proxy war e inverni arabi.  Il Dipartimento di Stato che finisce la fase ipertrofica non è un problema di Tillerson, è che la...


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