13 Dicembre
Il Bitcoin da Marco Polo a Mario Draghi
Uno straordinario viaggio nei secoli di Giordano Bruno Guerri racconta l'ascesa del denaro, la grandiosa stagione dei commercianti italiani, la prima globalizzazione. Commercio, banche, moneta, regole. Una storia parallela che arriva fino alla cripto-valuta.
di Giordano Bruno Guerri
Per parlare di bitcoin e di banche centrali la prendo da molto lontano, perché così bisogna fare per capire bene. Partiamo dunque dai mercanti che – sette-otto secoli fa – furono alla base della fortuna italiana.
Il più famoso è Marco Polo, celebre per quel libro che scrisse, tanto da farci dimenticare che, anzitutto, era un mercante. Primo fra gli europei vede il petrolio, usato per l'illuminazione e la cura della scabbia; prova il vino ottenuto dalla fermentazione del riso; studia la costruzione delle tende mongole, dei carri cinesi, delle fenomenali imbarcazioni giapponesi; osserva i diversi sistemi di governo, fiscali e monetari: alcuni popoli hanno monete di metallo, altri di carta, altri di sale, altri addirittura usano conchiglie; alcuni pagano tasse, altri le pagano sotto forma di servizi militari, altri ancora non conoscono né tasse né armi perché la loro religione glielo vieta. Abituato a tutto, Marco non si scandalizza mai e cerca sempre di accattivarsi il prossimo, perché tutti sono compratori potenziali. Incarnazione dello spirito imprenditoriale e affaristico del Trecento, è l'antesignano e l'anticipatore della rivoluzione umanista successiva, attratto com'era, non soltanto per motivi commerciali, da ogni comportamento umano, dai costumi e dalla storia di culture diverse e sconosciute.
(Marco Polo ci insegna a non avere paura del nuovo, ma anche a considerarlo con la necessaria prudenza: come si ha da fare con i bitcoin.)
Non tutti i suoi colleghi erano come lui, badavano soltanto agli affari. I mercanti italiani erano rapidi, efficienti, attenti alle richieste della piazza, esperti nei cambi e quasi tutti capaci di scrivere. Inventarono le tecniche amministrative, contabili, organizzative del commercio moderno, come la partita doppia, l'assicurazione, la compartecipazione. Vista la difficoltà dei trasporti e la deperibilità degli alimenti, all'inizio si specializzarono in prodotti tessili e merci...
di Giordano Bruno Guerri
Per parlare di bitcoin e di banche centrali la prendo da molto lontano, perché così bisogna fare per capire bene. Partiamo dunque dai mercanti che – sette-otto secoli fa – furono alla base della fortuna italiana.
Il più famoso è Marco Polo, celebre per quel libro che scrisse, tanto da farci dimenticare che, anzitutto, era un mercante. Primo fra gli europei vede il petrolio, usato per l'illuminazione e la cura della scabbia; prova il vino ottenuto dalla fermentazione del riso; studia la costruzione delle tende mongole, dei carri cinesi, delle fenomenali imbarcazioni giapponesi; osserva i diversi sistemi di governo, fiscali e monetari: alcuni popoli hanno monete di metallo, altri di carta, altri di sale, altri addirittura usano conchiglie; alcuni pagano tasse, altri le pagano sotto forma di servizi militari, altri ancora non conoscono né tasse né armi perché la loro religione glielo vieta. Abituato a tutto, Marco non si scandalizza mai e cerca sempre di accattivarsi il prossimo, perché tutti sono compratori potenziali. Incarnazione dello spirito imprenditoriale e affaristico del Trecento, è l'antesignano e l'anticipatore della rivoluzione umanista successiva, attratto com'era, non soltanto per motivi commerciali, da ogni comportamento umano, dai costumi e dalla storia di culture diverse e sconosciute.
(Marco Polo ci insegna a non avere paura del nuovo, ma anche a considerarlo con la necessaria prudenza: come si ha da fare con i bitcoin.)
Non tutti i suoi colleghi erano come lui, badavano soltanto agli affari. I mercanti italiani erano rapidi, efficienti, attenti alle richieste della piazza, esperti nei cambi e quasi tutti capaci di scrivere. Inventarono le tecniche amministrative, contabili, organizzative del commercio moderno, come la partita doppia, l'assicurazione, la compartecipazione. Vista la difficoltà dei trasporti e la deperibilità degli alimenti, all'inizio si specializzarono in prodotti tessili e merci di lusso. Poi cominciarono a far fruttare il denaro prestandolo: «lombard» è la parola - rimasta nel linguaggio anglosassone - con la quale venivano chiamati gli italiani del Nord che, sparsi per tutta Europa, prestavano a interesse.
(Anche oggi un moderno mercante italiano fa il presidente della Banca Centrale Europea e presta soldi a tutti, per di più senza interesse. Ci si chiede come andrà a finire: non lo sappiamo, sappiamo però cosa accadde nel Trecento.)
Nel 1283 a Londra c'erano già una Lombard Street e quattordici banche italiane; a Parigi, pochi anni dopo, erano venti. A Genova, nello stesso periodo, il valore del commercio marittimo era pari a sette volte l'intero reddito della monarchia francese. Nella prima metà del Trecento una grande impresa commerciale come la Compagnia dei Bardi aveva più di cento dipendenti sparsi per l'Europa e un giro di affari - compresi trasporti e magazzinaggi - immenso. I grandi banchieri, specialmente toscani, prestavano cifre enormi anche ai re, favorendo all'estero lo sviluppo di quei regni che non nacquero in Italia: i Riccardi di Lucca finanziano Edoardo I per la conquista del Galles; i Frescobaldi di Firenze sostengono la guerra contro la Scozia di Edoardo II; i Bardi e i Peruzzi di Firenze permettono a Edoardo III di iniziare la Guerra dei Cent'anni contro la Francia. A garanzia dei loro crediti, i Frescobaldi in Inghilterra e i Franzesi in Francia amministrano addirittura i beni della Corona. Tra tutti brillano i fiorentini: per il Giubileo del 1300 ben dodici sovrani europei scelgono, per rappresentarli con le offerte, banchieri o mercanti di Firenze. Intraprendenti e invadenti, i mercanti italiani occupano ovunque cariche importantissime nelle zecche, negli uffici doganali, nella riscossione delle imposte, anche di quelle pontificie: nel Trecento gli Squarcialupi di Lucca le incassavano persino in Groenlandia sotto forma di pelli di foca e fanoni di balena apprezzati per la loro flessibilità, che venivano poi rivenduti a Bruges. Così ottengono onori, titoli, prebende, ambascerie e, dalle autorità ecclesiastiche, prelature, benefici, sinecure. Troviamo italiani in Portogallo come ammiragli in capo, nelle Fiandre come cancellieri, in Guascogna come siniscalchi. Il genovese Benedetto Zaccaria era sia amico e feudatario dell'imperatore di Bisanzio sia primo ammiraglio e feudatario dei re di Francia e di Castiglia: tra la fine del Duecento e i primi anni del Trecento fu più importante di molti re.
(Furono i mercanti a colonizzare il mondo, dopo gli evangelizzatori della Chiesa romana. Ma, prima o poi, arriva per tutti una Riforma.)
Come avviene a chiunque abbia successo in affari, i mercanti italiani vennero presto sospettati di disonestà e di pensare solo al guadagno. Effettivamente c'era poco da fidarsi, se anche Cosimo de' Medici usava firmarsi «per Dio e per guadagno». Nei racconti popolari tedeschi dell'epoca si diceva che i veneziani compravano cuori umani ancora palpitanti per prolungarsi la vita. Apparvero allora le prime, grossolane definizioni dei popoli e, visto che mercanti e banchieri erano gli italiani più noti in Europa, furono loro a rappresentare il modello di carattere nazionale. Gli italiani erano distinti secondo la regione di provenienza, ma con la caratteristica comune della rapacità. Astigiani e toscani usurai, fiorentini venali e ignobili, genovesi corsari e ladroni, veneziani superbi e avidi. Alessandro di Roes, pamphlettista imperiale tedesco, tenta definizioni meno polemiche, che arrivano però alle stesse conclusioni: i francesi si distinguono per amor sciendi, i tedeschi per amor dominandi, gli italiani per amor habendi. Le virtù e i vizi corrispondenti sono: nei francesi la giustizia, l’urbanitas e l'orgoglio; nei tedeschi la magnanimità, la crudeltà e l’inurbanitas; negli italiani la sobrietà, l'indulgenza, l'avarizia e l'invidia. Più precisamente Di Roes parla di «invidia dei romani», «ingegno dei lombardi», «astuzia dei toscani»: caratterizzazioni grosso modo ritenute valide ancora oggi.
(Abbiamo ripetuto a rovescio tutto ciò con l’Europa e l’euro. Da salvatrice che sembrava a – quasi – tutti, l’Europa è diventata la grande traditrice per molti. E l’euro, che tanto abbiamo voluto, sembra l’origine di tutti i mali.)
Allo stesso modo la Chiesa, sempre dilaniata dal doppio ruolo politico e spirituale, con una mano si serviva dei mercanti e con l'altra li malediceva: sul loro esempio e per combatterli, creò banchi dei pegni, gestiti dai francescani, mentre nelle chiese andavano di moda gli affreschi con mercanti arrostiti nell'inferno, come quelli di Taddeo di Bartolo a San Gimignano. Non stupisce che, tra la metà del Duecento e la metà del Trecento, ci siano stati disordini provocati dal furore popolare contro i mercanti italiani. Il quartiere genovese di Siviglia fu saccheggiato; in Francia centocinquanta mercanti astigiani vennero imprigionati ingiustamente; in Olanda i «lombardi» furono messi alla berlina; in Francia e Inghilterra fiorentini, genovesi e veneziani vennero più volte espulsi. I potenti locali spesso li proteggevano e li riammettevano nelle città per interesse, poi li lasciavano di nuovo cadere, insieme ai propri enormi debiti; esattamente come sarebbe avvenuto nei secoli successivi ai commercianti ebrei.
(O come alla Grecia di oggi.)
Espropriati, multati, espulsi, ricattati, sottoposti a vere e proprie estorsioni, i mercanti divennero sempre più diffidenti e cavillosi; questo incentivò la crescita di due professioni italianissime, quelle degli avvocati e dei notai. Non fidandosi di niente e di nessuno, mettevano tutto su carta, tanto che un proverbio diceva «Karta si face perch'omo è fallace». Solo a Bologna, nel 1294, c'erano più di mille notai, pronti a garantire ogni genere di accordo, persino il diritto di picchiare la moglie o il numero di avventure extraconiugali consentite durante un viaggio.
(Ma almeno ci si poteva fidare, a differenza degli economisti e dei consulenti che angustiano le nostre vite.)
Inevitabilmente, sull'onda del disprezzo nobiliare ed ecclesiastico, anche gli italiani cominciarono a svilire le attività mercantili, tanto che in molte città furono vietate ai nobili o a chi volesse fare politica. E facile immaginare l'effetto: mentre nel Nord d'Europa nascevano le prime manifatture, e i grandi Stati organizzavano una propria economia, in Italia si sviluppava una rendita terriera puramente parassitarla, basata sul latifondo o sullo sfruttamento dei contadini. Ma il vero problema fu la mancanza di uno Stato, di un vasto mercato interno e di un organismo unificante che razionalizzasse e guidasse le iniziative individuali. Molti mercanti sarebbero riusciti in seguito a prendere nazionalità straniere, recidendo i legami con le città d'origine.
(Fuga dei capitali, fabbriche all’estero, cervelli in fuga.)
Altri tornarono in Italia e investirono in stupendi palazzi e latifondi, comprando da principi e papi titoli nobiliari e vescovili. In entrambi i casi il denaro smetteva di circolare produttivamente in Italia. Per di più, mentre chi decideva di emigrare di solito continuava il proprio lavoro, chi sceglieva l'Italia gareggiava con i nobili nello sfarzo delle corti. Petrarca poteva definire Venezia la più bella città del mondo e Firenze era meta di turismo «per bellezza e ornamento», come scrisse il cronista Dino Compagni. Nell'Italia del XIV secolo cresceva solo la domanda di generi di lusso, come arazzi, ceramiche, mosaici, gioielli, vetri preziosi: questo incentivava attività che si avvicinano all'arte più che alla produzione di beni di consumo, e che si rivelavano determinanti nel diffondere una reputazione, uno stile di vita e una civiltà che per sempre sarà ovunque la «civiltà italiana».
(Fu allora – festeggiamola - la nascita del Made in Italy, che ancora ci soccorre.)
Erano attività che però non costituivano uno stimolo allo sviluppo economico, e che anzi rappresentarono un freno, una limitazione che in futuro sarebbe diventata drammatica. Nel Settecento, Ludovico Antonio Muratori rilevò: «Per disavventura nostra il gran commercio, e l'arti più lucrose sono passate in Francia, in Inghilterra e Ollanda (...). Diasi un'occhiata alla Germania. Ivi gran copia di lavori, e di manifatture; ivi un individuai commerzio, città ricchissime, non tollerati i poltroni».
(Merkel annuisce, con sorriso angelico.)
Alla metà del Trecento la peste portò carestia, miseria, ribellioni in tutta Europa. I mercanti, che avevano costruito le loro fortune investendo in progetti ambiziosi, fantasiosi, rischiosi e a lungo termine, operarono più per mettere al sicuro i loro patrimoni che per superare la congiuntura sfavorevole: comprarono terre, spesso lasciandole a latifondo, e costruirono magnifici palazzi pieni di opere d’arte, massima espressione del lusso. Il migliore esempio – in ogni senso - è quello della famiglia dei Medici, forse la più audace dinastia di banchieri che l'Italia abbia avuto: nessuno come loro realizzò un numero tanto grande e rischioso di affari all'estero, e nessuno quanto loro edificò opere architettoniche così impressionanti, come signori di Firenze e papi a Roma. Con il Rinascimento l'Italia diventava sempre più bella e più dotta, ma sempre meno produttiva. Esportava ogni giorno letteratura e arte, ma non creava una moderna industria manifatturiera, non realizzava grandi vascelli per il commercio atlantico né migliorie per l'agricoltura, «II progresso agricolo e preindustriale, le nuove tecniche commerciali, la vera ricchezza che si accumula per dare la nascita al capitalismo sono fenomeni sviluppatisi altrove. Pur appartenendo sempre all'avanguardia, l'Italia non riesce nella vera modernità.» (Le Goff, L'uomo medievale) L'Italia raffinata del Rinascimento si dimenticò di essere stata la culla della borghesia più intraprendente d'Europa. Le crisi politiche, militari e religiose del Quattrocento e del Cinquecento avrebbe fatto il resto.
(Gettando gli italiani in una condizione da cui non ci siamo ancora sollevati.)
Dunque è forse venuto il momento di parlare di bitcoin, banche centrali, euro. Prima però consentitemi un’apparente divagazione. Lo storico Philip Jones ha raccolto alcune massime dei mercanti italiani del Due-Trecento, in La storia economica dalla caduta dell’impero romano al secolo XIV, (Storia d’Italia, volume 2°, Dalla caduta dellImpero romano al secolo XVIII, tomo II, Einaudi, Torino 1974). Poche frasi spiegano meglio di qualsiasi racconto la loro filosofia:
- Il tuo aiuto, la tua difesa, il tuo onore, il tuo profitto, tutto è denaro.
- Non bisogna avere rapporti di amicizia con quelli che non hanno denaro.
- Frequenta sempre chi è più ricco e importante di te.
- Se devi andare in giudizio, pensa a quel proverbio che dice: i doni accecano gli occhi dei saggi e cambiano le parole dei giusti.
- Mostrati sempre più povero che puoi.
- Non devi servire altri se non serve a te.
Oggi i concetti espressi dalle massime dei mercanti italiani sono usuali, ma allora erano irritantissimi per società che avevano a modello la cavalleria e la fede, quindi il dovere dell'onestà e l'accettazione della miseria. I mercanti italiani, dunque, anticiparono e codificarono principi considerati «bassi» che sarebbero in seguito diventati universali.
Rieccoci dunque ai bitcoin, alle banche centrali, all’euro, alle regole. Il bitcoin (con il quale qualcuno si farà molto male), vuole sfuggire alle regole della banche centrali, come quelli che vogliono uscire dall’euro soltanto per non avere su di sé il peso della Banca Centrale Europea (ci sarebbero ben altri motivi, meno sonanti ma più sostanziosi), senza tenere conto che un ritorno alla lira comporterebbe il ritorno all’antico peso della Banca d’Italia. Come scrisse alla fine del 1317 il cronista Marius de Sechis, «Viviamo tempi interessanti, forse troppo».
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gratuiti di
fruizione del Servizio.
6.2 Salvo che non sia diversamente specificato nella pagina di offerta della promozione, l'adesione a una
promozione
comporta, alla sua scadenza, l'attivazione automatica del Servizio a pagamento con addebito periodico del
corrispettivo
in base al contenuto del pacchetto di volta in volta selezionato dall'Utente.
6.3 L'Utente ha la facoltà di disattivare il Servizio in qualunque momento prima della scadenza del periodo
di prova
attraverso una delle modalità indicate nel precedente articolo 3).
7. Obblighi e garanzie dell'Utente
7.1 L'Utente dichiara e garantisce:
- di essere maggiorenne;
- di sottoscrivere l'Abbonamento per scopi estranei ad attività professionali, imprenditoriali, artigianali
o commerciali
eventualmente svolte;
- che tutti i dati forniti per l'attivazione dell'Abbonamento sono corretti e veritieri;
- che i dati forniti saranno mantenuti aggiornati per l'intera durata dell'Abbonamento.
7.2 L'Utente si impegna al pagamento del corrispettivo in favore del Fornitore nella misura e con le
modalità definite
nei precedenti articoli.
7.3 L'Utente si impegna ad utilizzare l'Abbonamento e i suoi contenuti a titolo esclusivamente personale, in
forma non
collettiva e senza scopo di lucro; l'Utente è inoltre responsabile per qualsiasi uso non autorizzato
dell'Abbonamento e
dei suoi contenuti, ove riconducibile all'account dell'Utente medesimo; per questo motivo l'Utente si
impegna ad
assumere tutte le precauzioni necessarie per mantenere riservato l'accesso all'Abbonamento attraverso il
proprio account
(per esempio, mantenendo riservate le credenziali di accesso ovvero segnalando senza ritardo al Fornitore
che la
riservatezza di tali credenziali risulta compromessa per qualsiasi motivo).
7.4 La violazione degli obblighi stabiliti nel presente articolo conferisce al Fornitore il diritto di
risolvere
immediatamente il contratto ai sensi dell'articolo 1456 del codice civile, fatto salvo il risarcimento dei
danni.
8. Tutela della proprietà intellettuale e industriale
8.1 L'Utente riconosce e accetta che i contenuti dell'Abbonamento, sotto forma di testi, immagini,
fotografie, grafiche,
disegni, contenuti audio e video, animazioni, marchi, loghi e altri segni distintivi, sono coperti da
copyright e dagli
altri diritti di proprietà intellettuale e industriale di volta in volta facenti capo al Fornitore e ai suoi
danti causa
e per questo si impegna a rispettare tali diritti.
8.2 Tutti i diritti sono riservati in capo ai titolari; l'Utente accetta che l'unico diritto acquisito con
il contratto
è quello di fruire dei contenuti dell'Abbonamento con le modalità e i limiti propri del Servizio. Fatte
salve le
operazioni di archiviazione e condivisione consentite dalle apposite funzionalità del Servizio, qualsiasi
attività di
riproduzione, pubblica esecuzione, comunicazione a terzi, messa a disposizione, diffusione, modifica ed
elaborazione dei
contenuti è espressamente vietata.
8.3 La violazione degli obblighi stabiliti nel presente articolo conferisce al Fornitore il diritto di
risolvere
immediatamente il contratto ai sensi dell'articolo 1456 del codice civile, fatto salvo il risarcimento dei
danni.
9. Manleva
9.1 L'Utente si impegna a manlevare e tenere indenne il Fornitore contro qualsiasi costo – inclusi gli
onorari degli
avvocati, spesa o danno addebitato al Fornitore o in cui il Fornitore dovesse comunque incorrere in
conseguenza di usi
impropri del Servizio da parte dell'Utente o per la violazione da parte di quest'ultimo di obblighi
derivanti dalla
legge ovvero dai presenti termini d'uso.
10. Limitazione di responsabilità
10.1 Il Fornitore è impegnato a fornire un Servizio con contenuti professionali e di alta qualità; tuttavia,
il
Fornitore non garantisce all'Utente che i contenuti siano sempre privi di errori o imprecisioni; per tale
motivo,
l'Utente è l'unico responsabile dell'uso dei contenuti e delle informazioni veicolate attraverso di
essi.
10.2 L'Utente riconosce e accetta che, data la natura del Servizio e come da prassi nel settore dei servizi
della
società dell'informazione, il Fornitore potrà effettuare interventi periodici sui propri sistemi per
garantire o
migliorare l'efficienza e la sicurezza del Servizio; tali interventi potrebbero comportare il rallentamento
o
l'interruzione del Servizio. Il Fornitore si impegna a contenere i periodi di interruzione o rallentamento
nel minore
tempo possibile e nelle fasce orarie in cui generalmente vi è minore disagio per gli Utenti. Ove
l'interruzione del
Servizio si protragga per oltre 24 ore, l'Utente avrà diritto a un'estensione dell'Abbonamento per un numero
di giorni
pari a quello dell'interruzione; in tali casi, l'Utente riconosce che l'estensione dell'Abbonamento è
l'unico rimedio in
suo favore, con la conseguente rinunzia a far valere qualsivoglia altra pretesa nei confronti del
Fornitore.
10.3 L'Utente riconosce e accetta che nessuna responsabilità è imputabile al Fornitore:
- per disservizi dell'Abbonamento derivanti da malfunzionamenti di reti elettriche e telefoniche ovvero di
ulteriori
servizi gestiti da terze parti che esulano del tutto dalla sfera di controllo e responsabilità del Fornitore
(per
esempio, disservizi della banca dell'Utente, etc...);
- per la mancata pubblicazione di contenuti editoriali che derivi da cause di forza maggiore.
10.4 In tutti gli altri casi, l'Utente riconosce che la responsabilità del Fornitore in forza del contratto
è limitata
alle sole ipotesi di dolo o colpa grave.
10.5 Ai fini dell'accertamento di eventuali disservizi, l'Utente accetta che faranno fede le risultanze dei
sistemi
informatici del Fornitore.
11. Modifica dei termini d'uso
11.1 L'Abbonamento è disciplinato dai termini d'uso approvati al momento dell'acquisto.
11.2 Durante il periodo di validità del contratto, il Fornitore si riserva di modificare i termini della
fornitura per
giustificati motivi connessi alla necessità di adeguarsi a modifiche normative o obblighi di legge, alle
mutate
condizioni del mercato di riferimento ovvero all'attuazione di piani aziendali con ricadute sull'offerta dei
contenuti.
11.3 I nuovi termini d'uso saranno comunicati all'Utente con un preavviso di almeno 15 giorni rispetto alla
scadenza del
periodo di fatturazione in corso ed entreranno in vigore a partire dall'inizio del periodo di fatturazione
successivo.
Se l'Utente non è d'accordo con i nuovi termini d'uso, può esercitare la disdetta secondo quanto previsto al
precedente
articolo 3.
11.4 Ove la modifica dei termini d'uso sia connessa alla necessità di adeguarsi a un obbligo di legge, i
nuovi termini
d'uso potranno entrare in vigore immediatamente al momento della comunicazione; resta inteso che, solo in
tale ipotesi,
l'Utente potrà recedere dal contratto entro i successivi 30 giorni, con il conseguente diritto ad ottenere
un rimborso
proporzionale al periodo di abbonamento non goduto.
12. Trattamento dei dati personali
12.1 In conformità a quanto previsto dal Regolamento 2016/679 UE e dal Codice della privacy (decreto
legislativo 30
giugno 2003, n. 196), i dati personali degli Utenti saranno trattati per le finalità e in forza delle basi
giuridiche
indicate nella privacy policy messa a disposizione dell'Utente in sede di registrazione e acquisto.
12.2 Accettando i presenti termini di utilizzo, l'Utente conferma di aver preso visione della privacy policy
messa a
disposizione dal Fornitore e di averne conservato copia su supporto durevole.
12.3 Il Fornitore si riserva di modificare in qualsiasi momento la propria privacy policy nel rispetto dei
diritti degli
Utenti, dandone notizia a questi ultimi con mezzi adeguati e proporzionati allo scopo.
13. Servizio clienti
13.1 Per informazioni sul Servizio e per qualsiasi problematica connessa con la fruizione dello stesso,
l'Utente può
contattare il Fornitore attraverso i seguenti recapiti: help@newslist.it
14. Legge applicabile e foro competente
14.1 Il contratto tra il Fornitore e l'Utente è regolato dal diritto italiano.
14.2 Ove l'Utente sia qualificabile come consumatore, per le controversie comunque connesse con la
formazione,
esecuzione, interpretazione e cessazione del contratto, sarà competente il giudice del luogo di residenza o
domicilio
del consumatore, se ubicato in Italia.