23 Settembre
Il referendum di Putin e quello della storia
In Ucraina sta per iniziare la "stagione del fango", l'offensiva a terra subirà un rallentamento, mentre il Cremlino mobilita i riservisti. L'arsenale di Mosca è intatto, quello del tempo farà il suo corso e vincitori e vinti spesso si confondono perfino all'Onu
di Marco Patricelli
Rasputiza: una parola che fa tremare sia i russi sia gli ucraini più dei primi morsi del freddo, e che fa correre un brivido lungo la schiena ai generali e ai politici. Rasputiza, ovvero il fango delle piogge autunnali, maledettamente uguale a quello del disgelo primaverile, che ha sempre impantanato i piani militari più brillanti e più travolgenti. Chiedere ai mongoli dell’inarrestabile Orda d’oro che vennero fermati a una manciata di chilometri da Novgorod, chiedere alla Grande Armée di Napoleone, chiedere alla fin allora invincibile Wehrmacht di Hitler che ribattezzò l’impraticabilità delle strade di terra Schlammzeit e la maledissero durante la conquista temporanea e durante l'irreversibile rotta. E chiedere ai russi di Vladimir Putin che hanno già dovuto fare i conti con quel disastro logistico nella primavera di quest’anno, e adesso se lo ritrovano a incombere nel momento di maggior aggressività degli ucraini (che comunque non ne sono immuni).
Non a caso l’ex colonnello della Bundeswehr, Roderick Kiesewetter, esperto della difesa della Cdu, ha precisato che la consegna di carri armati tedeschi all’Ucraina va effettuata ora «in vista dell’offensiva di primavera», perché «con l’inizio della “stagione del fango”, le operazioni su larga scala saranno limitate durante l'autunno e l'inverno». La guerra, probabilmente, è a una svolta. Neppure certe mosse politiche sono casuali: la Cina che gela la Russia, l’India che frena Mosca, la Turchia di Erdogan che mostra il volto presentabile della mediazione, Putin che rilancia al tavolo con la mobilitazione parziale dei riservisti per non perdere anche la faccia dopo gli schiaffi di Samarcanda e si appresta a vincere la forma con i referendum nelle province annesse, Volodomir Zelenskij che lancia proclami irriducibili di riconquista di ogni palmo di terreno senza averne la forza. Tutti hanno necessità di chiudere, ma non sanno come.
Le...
di Marco Patricelli
Rasputiza: una parola che fa tremare sia i russi sia gli ucraini più dei primi morsi del freddo, e che fa correre un brivido lungo la schiena ai generali e ai politici. Rasputiza, ovvero il fango delle piogge autunnali, maledettamente uguale a quello del disgelo primaverile, che ha sempre impantanato i piani militari più brillanti e più travolgenti. Chiedere ai mongoli dell’inarrestabile Orda d’oro che vennero fermati a una manciata di chilometri da Novgorod, chiedere alla Grande Armée di Napoleone, chiedere alla fin allora invincibile Wehrmacht di Hitler che ribattezzò l’impraticabilità delle strade di terra Schlammzeit e la maledissero durante la conquista temporanea e durante l'irreversibile rotta. E chiedere ai russi di Vladimir Putin che hanno già dovuto fare i conti con quel disastro logistico nella primavera di quest’anno, e adesso se lo ritrovano a incombere nel momento di maggior aggressività degli ucraini (che comunque non ne sono immuni).
Non a caso l’ex colonnello della Bundeswehr, Roderick Kiesewetter, esperto della difesa della Cdu, ha precisato che la consegna di carri armati tedeschi all’Ucraina va effettuata ora «in vista dell’offensiva di primavera», perché «con l’inizio della “stagione del fango”, le operazioni su larga scala saranno limitate durante l'autunno e l'inverno». La guerra, probabilmente, è a una svolta. Neppure certe mosse politiche sono casuali: la Cina che gela la Russia, l’India che frena Mosca, la Turchia di Erdogan che mostra il volto presentabile della mediazione, Putin che rilancia al tavolo con la mobilitazione parziale dei riservisti per non perdere anche la faccia dopo gli schiaffi di Samarcanda e si appresta a vincere la forma con i referendum nelle province annesse, Volodomir Zelenskij che lancia proclami irriducibili di riconquista di ogni palmo di terreno senza averne la forza. Tutti hanno necessità di chiudere, ma non sanno come.
Le cancellerie e le diplomazie sguazzano nella rasputiza di un accordo impossibile su un conflitto dalle troppe incognite e dagli sviluppi non ponderati neppure da chi sul campo, tecnicamente, ha già vinto, senza però la possibilità di tenere quei territori. Il cessate il fuoco o sarà di compromesso e non sarà: la realpolitik è questa, mentre le opposte propagande sono altro. A partire dall’arma atomica: l’unica verità nel mare di bluff è che gli arsenali russi ne sono pieni. Ma gli arsenali russi sono pieni anche di quegli aerei di quarta e quinta generazione (la sesta è in arrivo) che finora Putin ha usato col contagocce, così come le caserme della Federazione sono un serbatoio immenso di soldati, mentre sinora il Cremlino ha inviato a combattere e a farsi uccidere le quarte linee: coscritti di leva, ex detenuti, reietti, milizie militari, paramilitari e personali dove ci sono pure i tagliagole ceceni. Tutto già visto, nella Storia.
"Con la Russia per sempre". Una volontaria distribuisce volantini per il referendum a Luhansk, Ucraina (Foto Epa).La mobilitazione parziale invierà al fronte le terze e seconde linee, comunque addestrate e risucchiate alla vita civile. Chi se lo può permettere se ne va all’estero, prima di essere costretto a reindossare la divisa, anche se Paesi come la Polonia e i Baltici hanno già messo il veto all’ingresso di russi con visto per l’Unione. Quanto al migliaio di arresti per proteste che in Occidente si vuole popolari e diffuse, spalmati in una realtà nazionale di 11 fusi orari sono robetta, pur rappresentando uno scricchiolio nel monolite putiniano che inizia a mostra qualche crepa. Le teste dei generali fatte saltare a Mosca non sono poche e per tante altre ci hanno pensato direttamente i cecchini e i droni ucraini. La guerra con i “cugini” ha dimostrato che la dottrina militare russa è strategicamente fallimentare pur essendo tatticamente vincente, allo stesso modo in cui la guerra in Iraq mise a nudo le deficienze e debolezze della dottrina militare sovietica di cui era imbevuto l’esercito di Saddam, schiantato sul campo dalla coalizione internazionale a guida statunitense che però non risolse affatto la questione irachena. Tutt’altro.
Oltre i fumi delle contrapposte propagande, qualcosa si sta muovendo. Dopo i processi e le condanne a morte, il Cremlino ha aperto alla restituzione dei “nazisti” dell’Azov e i combattenti stranieri nello scambio di prigionieri nelle proporzioni di quattro per ogni russo. Erdogan a New York si era lanciato oltre le linee dichiarando: «Ho l’impressione che Putin voglia finire la guerra», e la condizione del rilascio degli ostaggi sembra essere già superata. Nessuno parla dei collaborazionisti filorussi cui gli ucraini danno la caccia, tutti parlano dei referendum dall’esito scontato che metterebbe i territori contesi sotto l’ombrello militare e quindi atomico che riguarda lo stato russo, a ulteriore arma di pressione diplomatica. Il fait accompli è un ostacolo quasi mai rimosso nella Storia, se non in maniera traumatica. Hitler fece celebrare un plebiscito nella natia Austria, per confermare formalmente l’Anschluss col Reich, che vide la partecipazione del 99,71% degli aventi diritto i quali votarono tutti sì a eccezione dello 0,27%. Nel 1945, a estrema ipocrisia, l’Austria venne trattata da Paese aggredito e restituito neutralizzato e denazificato alle nazioni civili e all’Occidente, dimenticando quell’adesione convinta al nazismo e il fatto che Hitler, Kaltenbrunner, Seyss-Inquart e fior di criminali di primissimo piano fossero austriaci. D’altronde ancora nel 1947 il nazismo era considerato «un’idea buona, ma mal applicata» dal 51,7% degli austriaci (dato pubblicato in uno studio dello storico Oliver Rathkolb) e negli ultimi 45 anni in Austria non è stato celebrato un solo processo, limitandosi all’indignazione per lo scandalo su Kurt Waldheim, l’ex nazista per due volte segretario generale dell’Onu.
Già, l’Onu convitato di pietra delle crisi internazionali e di quest’ultima in particolare, che ha denunciato i suoi limiti strutturali al pari dell’utopia della Società delle nazioni. L’organismo al quale ora si chiede irrealisticamente la revoca del diritto di veto della Russia in qualità di erede dell’Urss vincitrice della Seconda guerra mondiale, diritto concesso pure alla Francia sconfitta in 40 giorni nel 1940 e ritenuta vincitrice e di cui una buona metà collaborò attivamente con i nazisti persino nell’alimentare la Shoah. Con la rasputiza si impasta non solo la politica, ma anche la Storia.
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l'interruzione del Servizio. Il Fornitore si impegna a contenere i periodi di interruzione o rallentamento
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l'interruzione del
Servizio si protragga per oltre 24 ore, l'Utente avrà diritto a un'estensione dell'Abbonamento per un numero
di giorni
pari a quello dell'interruzione; in tali casi, l'Utente riconosce che l'estensione dell'Abbonamento è
l'unico rimedio in
suo favore, con la conseguente rinunzia a far valere qualsivoglia altra pretesa nei confronti del
Fornitore.
10.3 L'Utente riconosce e accetta che nessuna responsabilità è imputabile al Fornitore:
- per disservizi dell'Abbonamento derivanti da malfunzionamenti di reti elettriche e telefoniche ovvero di
ulteriori
servizi gestiti da terze parti che esulano del tutto dalla sfera di controllo e responsabilità del Fornitore
(per
esempio, disservizi della banca dell'Utente, etc...);
- per la mancata pubblicazione di contenuti editoriali che derivi da cause di forza maggiore.
10.4 In tutti gli altri casi, l'Utente riconosce che la responsabilità del Fornitore in forza del contratto
è limitata
alle sole ipotesi di dolo o colpa grave.
10.5 Ai fini dell'accertamento di eventuali disservizi, l'Utente accetta che faranno fede le risultanze dei
sistemi
informatici del Fornitore.
11. Modifica dei termini d'uso
11.1 L'Abbonamento è disciplinato dai termini d'uso approvati al momento dell'acquisto.
11.2 Durante il periodo di validità del contratto, il Fornitore si riserva di modificare i termini della
fornitura per
giustificati motivi connessi alla necessità di adeguarsi a modifiche normative o obblighi di legge, alle
mutate
condizioni del mercato di riferimento ovvero all'attuazione di piani aziendali con ricadute sull'offerta dei
contenuti.
11.3 I nuovi termini d'uso saranno comunicati all'Utente con un preavviso di almeno 15 giorni rispetto alla
scadenza del
periodo di fatturazione in corso ed entreranno in vigore a partire dall'inizio del periodo di fatturazione
successivo.
Se l'Utente non è d'accordo con i nuovi termini d'uso, può esercitare la disdetta secondo quanto previsto al
precedente
articolo 3.
11.4 Ove la modifica dei termini d'uso sia connessa alla necessità di adeguarsi a un obbligo di legge, i
nuovi termini
d'uso potranno entrare in vigore immediatamente al momento della comunicazione; resta inteso che, solo in
tale ipotesi,
l'Utente potrà recedere dal contratto entro i successivi 30 giorni, con il conseguente diritto ad ottenere
un rimborso
proporzionale al periodo di abbonamento non goduto.
12. Trattamento dei dati personali
12.1 In conformità a quanto previsto dal Regolamento 2016/679 UE e dal Codice della privacy (decreto
legislativo 30
giugno 2003, n. 196), i dati personali degli Utenti saranno trattati per le finalità e in forza delle basi
giuridiche
indicate nella privacy policy messa a disposizione dell'Utente in sede di registrazione e acquisto.
12.2 Accettando i presenti termini di utilizzo, l'Utente conferma di aver preso visione della privacy policy
messa a
disposizione dal Fornitore e di averne conservato copia su supporto durevole.
12.3 Il Fornitore si riserva di modificare in qualsiasi momento la propria privacy policy nel rispetto dei
diritti degli
Utenti, dandone notizia a questi ultimi con mezzi adeguati e proporzionati allo scopo.
13. Servizio clienti
13.1 Per informazioni sul Servizio e per qualsiasi problematica connessa con la fruizione dello stesso,
l'Utente può
contattare il Fornitore attraverso i seguenti recapiti: help@newslist.it
14. Legge applicabile e foro competente
14.1 Il contratto tra il Fornitore e l'Utente è regolato dal diritto italiano.
14.2 Ove l'Utente sia qualificabile come consumatore, per le controversie comunque connesse con la
formazione,
esecuzione, interpretazione e cessazione del contratto, sarà competente il giudice del luogo di residenza o
domicilio
del consumatore, se ubicato in Italia.