11 Novembre
Le President, la Francia e noi. Un'amicizia a senso unico
Parigi rompe con Roma, ma il problema è la politica francese sull'immigrazione che da molti anni è di netta chiusura a qualsiasi condivisione. All'Eliseo interpretano il problema come un eterno signorsì di Palazzo Chigi. Da De Gaulle a Macron, storia di una relazione burrascosa
Viste dall'America le fratture dell'Europa sono più chiare, nette, preoccupanti. L'immigrazione sul fronte Sud europeo è un problema che nessuno vuole risolvere, l'Italia è de facto la frontiera meridionale dell'Europa, ma non ha il supporto dell'Unione sulla gestione post- (e anche pre-) dei migranti. La prassi finora è sempre quella: l'Italia soccorre, accoglie e poi della sorte delle persone che sono arrivate nel nostro territorio - che è parte dell'Unione europea, non terra marziana - nessuno si occupa, Roma si arrangi.
Giorgia Meloni ha incontrato a Palazzo Chigi il capogruppo del Partito popolare al Parlamento europeo, Manfred Weber, il quale ha riassunto la situazione così: "L'Italia non può essere lasciata sola. Abbiamo bisogno di una soluzione europea. Italia e Francia - dice Weber - devono trovare un comune accordo sulle grandi sfide davanti a noi, e tutti devono rispondere alla sfida delle migrazioni. Quello che ci serve è una soluzione europea, non ci servono battaglie fra Italia e Francia, o altri Paesi. Questa soluzione deve combinare due aspetti: un rigido e forte controllo alle frontiere; il secondo è la solidarietà, l'Italia non può essere lasciata sola, bisogna mostrare solidarietà a livello europeo".
Ben detto, Herr Weber. E mai ben fatto. La Francia si sta comportando come un paese solidale? No. La politica di Parigi è quella di sempre. Facciamo un viaggio nel tempo, avanti e indietro, con Marco Patricelli. Buona lettura.
di Marco Patricelli
«Spezzeremo le reni alla pancia». Quella dei cisalpini e dei transalpini. Altro che tensioni diplomatiche e braccio di ferro al di qua e al di là del Monte Bianco: francesi e italiani non sono mai stati così convergenti nello spirito latino come con la...
Viste dall'America le fratture dell'Europa sono più chiare, nette, preoccupanti. L'immigrazione sul fronte Sud europeo è un problema che nessuno vuole risolvere, l'Italia è de facto la frontiera meridionale dell'Europa, ma non ha il supporto dell'Unione sulla gestione post- (e anche pre-) dei migranti. La prassi finora è sempre quella: l'Italia soccorre, accoglie e poi della sorte delle persone che sono arrivate nel nostro territorio - che è parte dell'Unione europea, non terra marziana - nessuno si occupa, Roma si arrangi.
Giorgia Meloni ha incontrato a Palazzo Chigi il capogruppo del Partito popolare al Parlamento europeo, Manfred Weber, il quale ha riassunto la situazione così: "L'Italia non può essere lasciata sola. Abbiamo bisogno di una soluzione europea. Italia e Francia - dice Weber - devono trovare un comune accordo sulle grandi sfide davanti a noi, e tutti devono rispondere alla sfida delle migrazioni. Quello che ci serve è una soluzione europea, non ci servono battaglie fra Italia e Francia, o altri Paesi. Questa soluzione deve combinare due aspetti: un rigido e forte controllo alle frontiere; il secondo è la solidarietà, l'Italia non può essere lasciata sola, bisogna mostrare solidarietà a livello europeo".
Ben detto, Herr Weber. E mai ben fatto. La Francia si sta comportando come un paese solidale? No. La politica di Parigi è quella di sempre. Facciamo un viaggio nel tempo, avanti e indietro, con Marco Patricelli. Buona lettura.
di Marco Patricelli
«Spezzeremo le reni alla pancia». Quella dei cisalpini e dei transalpini. Altro che tensioni diplomatiche e braccio di ferro al di qua e al di là del Monte Bianco: francesi e italiani non sono mai stati così convergenti nello spirito latino come con la crisi dei migranti. Stessi metodi e decisioni speculari, però, e quanto al decisionismo, è tutta un’altra storia.
La sintesi più estrema e più radicale è che Parigi da anni non li vuole più e Roma da giorni prova a non averne anche in nome e per conto dell’ectoplasma dell’Unione Europea, perfettamente allineata alla politica francese di chiusura manifesta e respingimenti senza alcuno charme. E siamo al punto. Vale il principio di fare ciò che il prete dice e non ciò che il prete fa. Il prete con la tonaca a dodici stelle che pontifica a Bruxelles parla di pace e amore universale (come le Miss Italia di una volta: a precisa domanda sul sogno da realizzare, altrettanto precisa e scontata risposta), di diritti universali, di accoglienza universale, poi nella pratica i desideri si trasformano nelle buone intenzioni con cui è lastricata la via dell’inferno, per stare a San Dosto’evskij.
Facciamo un po’ d’ordine con un ragionamento per assurdo, che in matematica equivale alla dimostrazione di una tesi partendo dalla sua negazione. Immaginiamo per un attimo che le dichiarazioni ufficiali francesi sulla vicenda dell’Ocean Viking mandata a sbarcare nella douce France invece che nel cervellotico Belpaese fossero state pronunciate a Roma, con l’invio di 500 carabinieri a Ventimiglia e la chiusura del confine per impedire il reinvio dei migranti senza diritto all’asilo (cioè la schiacciante maggioranza) e alle sveltine transfrontaliere della Gendarmerie che li riporta nei furgoni e li scarica a distanza di sicurezza in territorio italiano. L’universo mondo sarebbe insorto contro i “cattivi”: ma come sono inumani, ma come si permettono, ma che modi sono questi e, parbleu, che linguaggio da caserma. Peace and love, siamo tutti fratelli. Invece è accaduto proprio questo e dalle Alpi alle Piramidi e dal Manzanarre al Reno, tutti fanno come gli studenti impreparati mentre la professoressa scorre il registro di classe per interrogare, e abbassano lo sguardo o lo dirottano altrove: quando esce il nome, sono ormai cavoli suoi, a chi tocca tocca (certo, se tocca sempre allo stesso, qualche dubbio sull’imparzialità della docente sovviene, eccome).
La «sorella latina» è un’invenzione dannunziana, per nobilitare una casomai sorellastra con sangue gallo e franco che ha inventato la grandeur, ci crede e la applica appena può e anche quando non se lo può permettere. D’altronde è nato qui il fumetto di Asterix in cui un microscopico villaggio di proto-francesi resiste e le suona nientepopodimeno che a Giulio Cesare (che invece i galli li suonò come una zampogna), e poco importa che sia stato creato da un mezzo italiano, Uderzo, e un mezzo ungherese, Goscinny. La storia francese è piena di italiani francesizzati, dal compositore Jean-Baptiste Lully (Gian Battista Lulli) al primo ministro eroe Léon Gambetta e al generale Joseph Simon Gallieni, per non parlare dell’esempio più clamoroso di Napoléon Bonaparte (Napoleone Buonaparte) che mise l’Europa a ferro e fuoco col tricolore e al suono della Marsigliese.
Mangiaspaghetti e mangiarane (ma i francesi, con ritals, sono ben più offensivi) si sono sempre guardati con una mistura micidiale di ammirazione e di sospetto, ma i francesi ci hanno messo una spolverata di complesso di superiorità che deriva dall’essere diventati molto presto stato nazionale e quindi potenza temuta e rispettata. Noi, molto più tardi, ci abbiamo messo 70 anni (dal 1848 al 1918) e con i risultati che sappiamo. Ridono ancora oggi, i francesi, dei disastri italiani nella Seconda guerra mondiale, dimenticando che la grande e invincibile Armée e la mastodontica e imprendibile Linea Maginot sono state tritate dai tedeschi in 40 giorni, tedeschi che con le bandiere prussiane nel 1870 sgretolarono con un solo colpo a Sédan l’impero di Napoleone III e spuntarono dolorosamente la cresta ai galletti. Rimproverano con disgusto gli italiani per la coltellata alla schiena del 10 giugno 1940 ma sorvolano che la mitezza delle condizioni di armistizio (con un Badoglio che non fu certo un lungimirante politico ma un pragmatico militare conscio della pochezza di quell’impresa) le consentì di preservare un minimo di ruolo e di decenza. Dimenticano pure che nel 1945 De Gaulle tentò di inghiottirsi in un boccone la Valle d’Aosta e che furono gli americani a fargli fare dietrofront mandando le loro truppe.
Charles De Gaulle, proprio lui, il lungagnone che aveva con una magia aveva spacciato un Paese sconfitto in uno dei cinque vincitori del secondo conflitto mondiale, il quale coniò la definizione sulla differenza tra un grande Paese (la Francia) e un Paese grande (l’Italia), e non era certamente una fine sortita diplomatica. Ma siamo sempre lì. I francesi ruggiscono appena possono, persino con Macron, gli italiani pigolano nell’alzare la voce e il terzo incomodo Ue pensa di fare l’arbitro mentre parteggia pur di non sporcarsi le mani con le migrazioni, che sono un problema di cui nessuno vuole affrontare seriamente il tortuoso percorso della ricerca di una soluzione: decente, umana, realistica, applicabile, sostenibile.
Le continue allusioni a un patto “soldi in cambio di migranti” sarebbe il caso che fossero manifeste attraverso l’esibizione di un atto formale che dica chi, come, dove e perché, considerato che l’epoca della diplomazia segreta è stata archiviata da tempo dagli stati di diritto (o forse no?). I patti per gli antichi romani erano da rispettare, ma a neanche a loro difettava il sano realismo venato persino di opportunismo. Così la Francia dal 2015 ha sospeso Schengen senza che nessuno avesse da ridire ma obbliga l’Italia a rispettare Dublino nonostante l’illogicità e l’insostenibilità formale e sostanziale, e Bruxelles fa finta che lo sciagurato e ipocrita Patto di Malta (da qualcuno sbandierato entusiasticamente come un formidabile successo diplomatico) non esista.
Già dimenticato che la Germania rispediva indietro i migranti narcotizzati, che barcollavano come Ronaldo sulla passerella aeroportuale dopo i Mondiali in Brasile; già archiviata la decisa e risoluta risposta polacca ai tentativi di Lukashenko di violarne le frontiere con una massa di disperati; già narcotizzato nella discussione il progetto della Finlandia di sigillare il confine con la Russia; già nell’oblio il brutale pugno di ferro della Spagna a Ceuta e Melilla; già sottobanco il sistemico rifiuto di Malta di rispondere alle richieste di aiuto. A Lampedusa, in Sicilia e in Calabria, invece tutto si può e, anzi, tutto si deve, nonostante una crisi economica nerissima, 8 milioni di italiani sotto la soglia della povertà, periferie che assomigliano sempre più alle banlieu francesi e addirittura centri cittadini e metropolitani dove poveri disperati sono stati lasciati all’arte di arrangiarsi. Sin troppo facile che parli la pancia, invece di parlare alla pancia. Aveva ragione Troisi con la battuta: «Avete mai sentito di un terremoto a Saint-Tropez?».
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l'interruzione del
Servizio si protragga per oltre 24 ore, l'Utente avrà diritto a un'estensione dell'Abbonamento per un numero
di giorni
pari a quello dell'interruzione; in tali casi, l'Utente riconosce che l'estensione dell'Abbonamento è
l'unico rimedio in
suo favore, con la conseguente rinunzia a far valere qualsivoglia altra pretesa nei confronti del
Fornitore.
10.3 L'Utente riconosce e accetta che nessuna responsabilità è imputabile al Fornitore:
- per disservizi dell'Abbonamento derivanti da malfunzionamenti di reti elettriche e telefoniche ovvero di
ulteriori
servizi gestiti da terze parti che esulano del tutto dalla sfera di controllo e responsabilità del Fornitore
(per
esempio, disservizi della banca dell'Utente, etc...);
- per la mancata pubblicazione di contenuti editoriali che derivi da cause di forza maggiore.
10.4 In tutti gli altri casi, l'Utente riconosce che la responsabilità del Fornitore in forza del contratto
è limitata
alle sole ipotesi di dolo o colpa grave.
10.5 Ai fini dell'accertamento di eventuali disservizi, l'Utente accetta che faranno fede le risultanze dei
sistemi
informatici del Fornitore.
11. Modifica dei termini d'uso
11.1 L'Abbonamento è disciplinato dai termini d'uso approvati al momento dell'acquisto.
11.2 Durante il periodo di validità del contratto, il Fornitore si riserva di modificare i termini della
fornitura per
giustificati motivi connessi alla necessità di adeguarsi a modifiche normative o obblighi di legge, alle
mutate
condizioni del mercato di riferimento ovvero all'attuazione di piani aziendali con ricadute sull'offerta dei
contenuti.
11.3 I nuovi termini d'uso saranno comunicati all'Utente con un preavviso di almeno 15 giorni rispetto alla
scadenza del
periodo di fatturazione in corso ed entreranno in vigore a partire dall'inizio del periodo di fatturazione
successivo.
Se l'Utente non è d'accordo con i nuovi termini d'uso, può esercitare la disdetta secondo quanto previsto al
precedente
articolo 3.
11.4 Ove la modifica dei termini d'uso sia connessa alla necessità di adeguarsi a un obbligo di legge, i
nuovi termini
d'uso potranno entrare in vigore immediatamente al momento della comunicazione; resta inteso che, solo in
tale ipotesi,
l'Utente potrà recedere dal contratto entro i successivi 30 giorni, con il conseguente diritto ad ottenere
un rimborso
proporzionale al periodo di abbonamento non goduto.
12. Trattamento dei dati personali
12.1 In conformità a quanto previsto dal Regolamento 2016/679 UE e dal Codice della privacy (decreto
legislativo 30
giugno 2003, n. 196), i dati personali degli Utenti saranno trattati per le finalità e in forza delle basi
giuridiche
indicate nella privacy policy messa a disposizione dell'Utente in sede di registrazione e acquisto.
12.2 Accettando i presenti termini di utilizzo, l'Utente conferma di aver preso visione della privacy policy
messa a
disposizione dal Fornitore e di averne conservato copia su supporto durevole.
12.3 Il Fornitore si riserva di modificare in qualsiasi momento la propria privacy policy nel rispetto dei
diritti degli
Utenti, dandone notizia a questi ultimi con mezzi adeguati e proporzionati allo scopo.
13. Servizio clienti
13.1 Per informazioni sul Servizio e per qualsiasi problematica connessa con la fruizione dello stesso,
l'Utente può
contattare il Fornitore attraverso i seguenti recapiti: help@newslist.it
14. Legge applicabile e foro competente
14.1 Il contratto tra il Fornitore e l'Utente è regolato dal diritto italiano.
14.2 Ove l'Utente sia qualificabile come consumatore, per le controversie comunque connesse con la
formazione,
esecuzione, interpretazione e cessazione del contratto, sarà competente il giudice del luogo di residenza o
domicilio
del consumatore, se ubicato in Italia.