8 Marzo
Cutro è in Europa e abbiamo tutti un problema
La politica dell'Unione sull'immigrazione è nel limbo e la chiusura è la regola di tutti, ma ci sono fatti che non si possono respingere alla frontiera. Nell'Italia dei cento campanili c'è sempre un motivo per dividersi, ma né le porte aperte né i sigilli ai confini reggono all'urto della Storia
Cutro, abbiamo un problema. Il problema è che la polvere sotto al tappeto è troppa e ha sollevato il tappeto. L’ultimo granello, quello tragico e insanguinato del naufragio sulla costa calabrese, ha messo a nudo che l’immigrazione è una questione che non si risolve con la ricetta radical-estremistica delle porte spalancate sempre e comunque e neppure dei sigilli che non reggono né agli urti delle mega-navi di ferro delle Ong né alle infiltrazioni dei barchini di legno.
Nell’Italia dei cento campanili c’è sempre un motivo per dividersi, per dare la caccia alle streghe per partito preso, per intonare i cori della protesta e le polifonie delle dimissioni di chiunque e comunque. Peraltro le dimissioni, come insegnava Ennio Flaiano dalla cattedra informale di sociologia e filosofia applicata della Libera università della vita, in Italia non si rassegnano mai, perché qualcuno potrebbe persino accettarle. Accadde a uno scafato come il Maresciallo Pietro Badoglio che non si dimise per la responsabilità sugli sfracelli a Caporetto nel 1917 e poi divenne chissà come (in realtà si sa, meglio sorvolare) una specie di eroe nazionale; si dimise invece per non assumersi la responsabilità di evitare la sciagurata guerra alla Grecia, nell’intima convinzione che Benito Mussolini avrebbe respinto quelle dimissioni che invece accettò liquidandolo. Covò allora rancore fino al 25 luglio 1943, si riverginò antifascista e condusse l’Italia al disastro epocale dell’8 settembre.
Nell’Italia dei cento campanili c’è sempre un motivo per essere guelfi o ghibellini, bianchi o neri, con varie sfumature e distinguo di tutti i colori. Papa e imperatore, Franza o Spagna, fino a Coppi e Bartali, Ranieri e Morandi, Sanremo sì e Sanremo no con Morandi e Ranieri insieme, però. Bella forza, si dirà, ma è la nostra storia: veniamo dall’esperienza dei comuni, mica di uno Stato nazionale come Francia, Spagna, Inghilterra e...
Cutro, abbiamo un problema. Il problema è che la polvere sotto al tappeto è troppa e ha sollevato il tappeto. L’ultimo granello, quello tragico e insanguinato del naufragio sulla costa calabrese, ha messo a nudo che l’immigrazione è una questione che non si risolve con la ricetta radical-estremistica delle porte spalancate sempre e comunque e neppure dei sigilli che non reggono né agli urti delle mega-navi di ferro delle Ong né alle infiltrazioni dei barchini di legno.
Nell’Italia dei cento campanili c’è sempre un motivo per dividersi, per dare la caccia alle streghe per partito preso, per intonare i cori della protesta e le polifonie delle dimissioni di chiunque e comunque. Peraltro le dimissioni, come insegnava Ennio Flaiano dalla cattedra informale di sociologia e filosofia applicata della Libera università della vita, in Italia non si rassegnano mai, perché qualcuno potrebbe persino accettarle. Accadde a uno scafato come il Maresciallo Pietro Badoglio che non si dimise per la responsabilità sugli sfracelli a Caporetto nel 1917 e poi divenne chissà come (in realtà si sa, meglio sorvolare) una specie di eroe nazionale; si dimise invece per non assumersi la responsabilità di evitare la sciagurata guerra alla Grecia, nell’intima convinzione che Benito Mussolini avrebbe respinto quelle dimissioni che invece accettò liquidandolo. Covò allora rancore fino al 25 luglio 1943, si riverginò antifascista e condusse l’Italia al disastro epocale dell’8 settembre.
Nell’Italia dei cento campanili c’è sempre un motivo per essere guelfi o ghibellini, bianchi o neri, con varie sfumature e distinguo di tutti i colori. Papa e imperatore, Franza o Spagna, fino a Coppi e Bartali, Ranieri e Morandi, Sanremo sì e Sanremo no con Morandi e Ranieri insieme, però. Bella forza, si dirà, ma è la nostra storia: veniamo dall’esperienza dei comuni, mica di uno Stato nazionale come Francia, Spagna, Inghilterra e persino Polonia, e per diventare nazione con l’unità ci mettemmo la bellezza di 70 anni e quattro guerre d’indipendenza (1848-1918), mica due battaglie (1866 Sadowa, 1870 Sedan) come la Prussia per fare la Germania. Sarà, ma Charles de Gaulle si riferiva sempre all’Italia quando spiegava la differenza tra un grande Paese e un Paese grande. Agli appuntamenti con la storia o non arriviamo, o arriviamo in ritardo, o non sappiamo bene cosa fare una volta arrivati.
Il consiglio dei ministri a Cutro è un gesto formale e simbolico allo stesso tempo, perché le vittime sono sempre vittime di qualcosa di più grande di loro, perché il dibattito parlamentare è stato un fattivo contributo all’allontanamento degli elettori dalle dinamiche politiche oscillanti dal copione ripetuto a pappagallo (dimissioni, dimissioni, dimissioni) alla recita a soggetto, ma sempre di teatrino si tratta e non della celebrazione della democrazia: eroe e vilain, di qua e di là, tesi precotte e riproposizione dei toni tanto cari a Gianfranco Funari e alla sporogonia dei talk show.
Il consiglio dei ministri a Cutro, quindi, come riflessione che c’è un problema fuori casa e uno in casa, che il problema non si risolve con le fiaccolate e le manifestazioni anti-ismi, che il regno di utopia non governa la terra e che la terra è una ma i modi di pensare, di darsi delle regole e di governare sono diversi e spesso inconciliabili. Dal contratto sociale di Rousseau in poi, l’albero della democrazia occidentale ha preso il sole e ha fatto ombra. Qualche volta i frutti sono caduti fuori dal cono, poche volte i semi hanno germogliato. L’esportazione della democrazia è stata un successo relativo dopo la Seconda guerra mondiale (mezza Europa ricadde sotto a un totalitarismo, quello comunista) e un fallimento eclatante in tempi recenti: basti pensare a Iraq, Afghanistan e primavere arabe varie che sono durate come l’estate di San Martino. Gli squilibri del mondo non si sanano spostandolo o travasandone le popolazioni, con accoglienze che non sono tali e con le politiche dei bei principi alla 'peace and love' universali. E neppure mettendo le mani al portafogli per far ingrassare i satrapi di turno per mettere un tappo o una pezza a colore all’esfiltrazione di varia umanità che si affida ai criminali per coltivare un sogno che vale una vita, lavandosi la coscienza, rifiutandosi di vedere e far finta che il problema dell’immigrazione non esista. I romani pagavano i barbari o per presidiare il limes o per non farli entrare, poi i barbari decisero che tanto valeva prendersi sia i territori sia le ricchezze di Roma e sappiamo come andò a finire.
Si aspetta l’Europa come un Godot che non è arrivato e non arriverà, nonostante le invocazioni. L’Europa si è chiusa da tempo, indifferente e stizzosa al di là delle formule trite di solidarietà, e non certamente per i cattivi maestri di Visegrad che hanno dichiarato esattamente quello che avrebbero fatto e poi, per lo meno, sono stati coerenti respingendo sia alle frontiere sia le finte redistribuzioni. Chiedere lumi alla Germania che impacchettò i migranti irregolari restituendoli all’Italia con l’aereo. Chiedere alla Francia che fine hanno fatto i migranti sull’Ocean Viking che si prese per l’espace d’un matin tra tuoni e fulmini e non fece neppure sbarcare su territorio nazionale. Chiedere alla Spagna come si comportava e come si comporta nelle enclaves di Ceuta e Melilla presidiate da filo spinato e militari col mitra spianato. Chiedere alla Grecia che mitragliò a pelo d’acqua le imbarcazioni provenienti dalla Turchia e le respinge non appena si azzardano a entrare nelle acque territoriali. Chiedere alla Croazia sui controlli della rotta balcanica con la Polizia che non si è formata per tatto e garbo nei College britannici. Chiedere a Malata che non risponde neanche alle richieste di intervento in zona Sar. Chiedere alla Danimarca che ipotizzò il confinamento dei migranti su un’isola e poi ha varato una legge con l’esternalizzazione in un Paese terzo delle domande d’asilo. E chiedere alla civile Inghilterra patria della Magna Carta Libertatum, in cui un premier miliardario di origini pakistane si fa promotore della messa al bando a vita di chiunque provi a entrare sull’Isola e che come benvenuto gli mette in mano un biglietto di sola andata per il Ruanda. Per chiudere il cerchio, chiedere anche cosa ne pensano i pakistani, che vanno via dal loro Paese, dei propri governanti che hanno dilapidato somme mostruose per dotarsi di armi nucleari invece di destinarle al miglioramento delle condizioni di vita, al pari dei satrapi e dei dittatorelli africani nel continente dell’esplosione demografica.
In Italia basterebbe chiedere a chi negli ultimi anni ha fatto il gioco delle tre carte su profughi, migranti e clandestini, che non sono differenziazioni puramente lessicali, che ha spacciato l’accoglienza per l’ammasso, la redistribuzione per la ghettizzazione sociale, la libertà per l’anarchia e i diritti senza doveri.
Cutro, abbiamo un problema.
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pari a quello dell'interruzione; in tali casi, l'Utente riconosce che l'estensione dell'Abbonamento è
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servizi gestiti da terze parti che esulano del tutto dalla sfera di controllo e responsabilità del Fornitore
(per
esempio, disservizi della banca dell'Utente, etc...);
- per la mancata pubblicazione di contenuti editoriali che derivi da cause di forza maggiore.
10.4 In tutti gli altri casi, l'Utente riconosce che la responsabilità del Fornitore in forza del contratto
è limitata
alle sole ipotesi di dolo o colpa grave.
10.5 Ai fini dell'accertamento di eventuali disservizi, l'Utente accetta che faranno fede le risultanze dei
sistemi
informatici del Fornitore.
11. Modifica dei termini d'uso
11.1 L'Abbonamento è disciplinato dai termini d'uso approvati al momento dell'acquisto.
11.2 Durante il periodo di validità del contratto, il Fornitore si riserva di modificare i termini della
fornitura per
giustificati motivi connessi alla necessità di adeguarsi a modifiche normative o obblighi di legge, alle
mutate
condizioni del mercato di riferimento ovvero all'attuazione di piani aziendali con ricadute sull'offerta dei
contenuti.
11.3 I nuovi termini d'uso saranno comunicati all'Utente con un preavviso di almeno 15 giorni rispetto alla
scadenza del
periodo di fatturazione in corso ed entreranno in vigore a partire dall'inizio del periodo di fatturazione
successivo.
Se l'Utente non è d'accordo con i nuovi termini d'uso, può esercitare la disdetta secondo quanto previsto al
precedente
articolo 3.
11.4 Ove la modifica dei termini d'uso sia connessa alla necessità di adeguarsi a un obbligo di legge, i
nuovi termini
d'uso potranno entrare in vigore immediatamente al momento della comunicazione; resta inteso che, solo in
tale ipotesi,
l'Utente potrà recedere dal contratto entro i successivi 30 giorni, con il conseguente diritto ad ottenere
un rimborso
proporzionale al periodo di abbonamento non goduto.
12. Trattamento dei dati personali
12.1 In conformità a quanto previsto dal Regolamento 2016/679 UE e dal Codice della privacy (decreto
legislativo 30
giugno 2003, n. 196), i dati personali degli Utenti saranno trattati per le finalità e in forza delle basi
giuridiche
indicate nella privacy policy messa a disposizione dell'Utente in sede di registrazione e acquisto.
12.2 Accettando i presenti termini di utilizzo, l'Utente conferma di aver preso visione della privacy policy
messa a
disposizione dal Fornitore e di averne conservato copia su supporto durevole.
12.3 Il Fornitore si riserva di modificare in qualsiasi momento la propria privacy policy nel rispetto dei
diritti degli
Utenti, dandone notizia a questi ultimi con mezzi adeguati e proporzionati allo scopo.
13. Servizio clienti
13.1 Per informazioni sul Servizio e per qualsiasi problematica connessa con la fruizione dello stesso,
l'Utente può
contattare il Fornitore attraverso i seguenti recapiti: help@newslist.it
14. Legge applicabile e foro competente
14.1 Il contratto tra il Fornitore e l'Utente è regolato dal diritto italiano.
14.2 Ove l'Utente sia qualificabile come consumatore, per le controversie comunque connesse con la
formazione,
esecuzione, interpretazione e cessazione del contratto, sarà competente il giudice del luogo di residenza o
domicilio
del consumatore, se ubicato in Italia.