23 Luglio
L'attacco a Odessa e la minaccia sui territori della Polonia
Attacchi missilistici della Russia, devastata la Cattedrale della Trasfigurazione. La guerra di Putin non ha limiti, come la manipolazione della storia e l'ultima minaccia lanciata a Varsavia sui suoi confini. Cronaca e storia si intrecciano in un conflitto dove l'uomo del Cremlino rivela ogni giorno il suo vero volto
di Marco Patricelli
Non bastava una guerra di aggressione a mostrare il vero volto di Putin. Non bastavano i bersagli civili e i condomìni sventrati in Ucraina da febbraio 2022. No, ci volevano pure i missili ipersonici su Odessa per squarciare case, edifici e luoghi simbolici come la chiesa della Trasfigurazione, con morti e feriti che si aggiungono a uno stillicidio di vittime con e senza uniforme di un conflitto al rialzo. Pure le minacce verbali con la propaganda per aprire crepe in un occidente dal doppio volto.
Putin, di cui è nota la disinvoltura nella manipolazione della storia, ne prende un pezzettino e ci costruisce una narrazione artefatta che esalta il nazionalismo russo e intorpidisce il senso critico della stampa nostrana che si limita alla notizia nuda e cruda e si guarda bene dal commentarla. È esemplare la minaccia aperta alla Polonia mai domata di riprendersi i territori che le furono donati a suo dire da Stalin. Evidentemente si riferisce ai confini del 1945, dopo gli sconquassi della Seconda guerra mondiale, che vide la Polonia aggredita nel settembre 1939, spartita proprio da Hitler e Stalin in base ai protocolli segreti del Patto Ribbentrop-Molotov, che pur mai arresasi ai suoi carnefici combatté fino all’ultimo giorno e nel 1945 (e nei libri di storia) non viene annoverata tra i Paesi vincitori del nazismo e trattata peggio di uno sconfitto. Persino l’Austria, che diede fior di personaggi alla causa nazista da Hitler in giù e che accolse l’Anschluss con un favore che fa impallidire le proverbiali percentuali bulgare, fu considerata nazione aggredita e ripristinata nei confini del 1938: gli austriaci, anzi, già che c’erano, pensarono di provare a prendersi il Sud Tirolo / Alto Adige. Alla Polonia il destino riservò un trattamento vergognoso, pur avendo patito per quel conflitto la perdita...
di Marco Patricelli
Non bastava una guerra di aggressione a mostrare il vero volto di Putin. Non bastavano i bersagli civili e i condomìni sventrati in Ucraina da febbraio 2022. No, ci volevano pure i missili ipersonici su Odessa per squarciare case, edifici e luoghi simbolici come la chiesa della Trasfigurazione, con morti e feriti che si aggiungono a uno stillicidio di vittime con e senza uniforme di un conflitto al rialzo. Pure le minacce verbali con la propaganda per aprire crepe in un occidente dal doppio volto.
Putin, di cui è nota la disinvoltura nella manipolazione della storia, ne prende un pezzettino e ci costruisce una narrazione artefatta che esalta il nazionalismo russo e intorpidisce il senso critico della stampa nostrana che si limita alla notizia nuda e cruda e si guarda bene dal commentarla. È esemplare la minaccia aperta alla Polonia mai domata di riprendersi i territori che le furono donati a suo dire da Stalin. Evidentemente si riferisce ai confini del 1945, dopo gli sconquassi della Seconda guerra mondiale, che vide la Polonia aggredita nel settembre 1939, spartita proprio da Hitler e Stalin in base ai protocolli segreti del Patto Ribbentrop-Molotov, che pur mai arresasi ai suoi carnefici combatté fino all’ultimo giorno e nel 1945 (e nei libri di storia) non viene annoverata tra i Paesi vincitori del nazismo e trattata peggio di uno sconfitto. Persino l’Austria, che diede fior di personaggi alla causa nazista da Hitler in giù e che accolse l’Anschluss con un favore che fa impallidire le proverbiali percentuali bulgare, fu considerata nazione aggredita e ripristinata nei confini del 1938: gli austriaci, anzi, già che c’erano, pensarono di provare a prendersi il Sud Tirolo / Alto Adige. Alla Polonia il destino riservò un trattamento vergognoso, pur avendo patito per quel conflitto la perdita di un cittadino su sei dall’anteguerra e distruzioni inimmaginabili.
Stalin decise per essa, per proprio tornaconto, imponendone lo spostamento verso occidente. Esatto: caso più unico che raro di una nazione che viene presa e spostata in un verso. Tutto per consentire a Zio Joe di annettersi i territori orientali che lui considerava Bielorussia e Ucraina, già occupati nel 1939, poi persi con l'Operazione Barbarossa, poi rioccupati nel 1944 e mai più mollati. E così l’antica culla della civiltà polacca, Leopoli, veniva assegnata all’Ucraina sovietizzata, e a ricordare i suoi legami storici, culturali e sociali, rimaneva il motto sul cartiglio: Semper fidelis. Fedele alla Polonia, ovviamente. Putin dice il vero, quando asserisce che il confine lo disegnò Stalin, ma non dice perché e per come, né i giornalisti ritengono di doverlo precisare all’opinione pubblica, magari commentando criticamente le sue asserzioni. Stalin impose agli odiati polacchi – di cui aveva provato ad azzerare l’intera classe dirigente facendo sterminare 22.000 ufficiali con un colpo alla nuca e deportare le loro famiglie in Siberia, e poi fucilando, imprigionando e torturando gli appartenenti all’esercito nazionale clandestino (Armia Krajowa) dal 1944 in poi per eliminare ogni opposizione alla sovietizzazione – persino i confini occidentali, travasandone le popolazioni: milioni di tedeschi in fuga da terre tedesche, milioni di polacchi impiantati a forza dai territori orientali nell’ex Reich fino al corso dei fiumi Oder e Neisse. E, visto che c’era, si prese l’intera Prussia orientale con la capitale Königsberg prontamente rinominata Kaliningrad, l’attuale pezzo di Russia rimasto separato dalla madrepatria dopo la dissoluzione dell’Urss e la riconquistata indipendenza dei Paesi baltici.
Che lo zar del Cremlino nutra non sopite ambizioni di riunione è ben noto; quanto ai metodi che Mosca adopera da quelle parti, da secoli, sono ancora più noti a chi li ha subìti. Putin, d’altronde, è lo stesso che elevò il 4 novembre a festa nazionale per celebrare la data della cacciata dei polacchi da Mosca nel 1612, tanto per dimostrare la sua sensibilità ai rapporti di buon vicinato con i cugini slavi e non solo. I polacchi da anni, inascoltati, hanno lanciato allarmi continui sul vero volto di Putin, raccogliendo sufficienza, fastidio e accuse di anacronistica russofobia. Varsavia conosce invece sulla propria pelle l’atteggiamento di Mosca per tre secoli consecutivi, ancora prima della spartizione del 1772. L’Europa ha dimenticato subito l’aggressione sovietica senza dichiarazione di guerra del 17 settembre 1939, ha archiviato gli eccidi di Katyn del 1940, ha nascosto il contributo polacco alla vittoria delle potenze occidentali, ha sorvolato sul ruolo determinante dei polacchi nel violare il codice Enigma e riportare in chiaro i messaggi militari che si ritenevano inviolabili abbreviando il conflitto, ha fatto finta di troppe e tante cose fino al risveglio con l’epoca di Solidarność che ha mandato in frantumi il sistema liberticida che veniva da Est. E ha preferito persino cullarsi nelle illusioni di un possibile avvicinamento della Russia ai valori occidentali per quanto con la guida di un uomo forte come Putin, ex Kgb, tutto ma non un democratico, nel segno dell’ipocrisia e della politica come arte del possibile.
La guerra scatenata in Ucraina ha riportato alla realtà le anime belle, ma non tutte, poiché se ne scrivono e se ne sentono di tutti i colori su distinguo, dietrologie, calibrazioni e questioni di lana caprina. Con la Wagner di Prigožin o chi per lui in Bielorussia, satellite eterodiretto della Russia, la Polonia ha preso le sue precauzioni, così come fece di recente quando Lukashenko ne saggiò la reazione spingendo migliaia di profughi contro la sua frontiera orientale per “bucare” quella europea. Varsavia la sigillò mentre da noi si intonavano gli alti lamenti di chi confonde i desideri utopistici con la realtà. Quella frontiera è la stessa che Putin ritiene sia stata regalata da Stalin ai polacchi. I regali del dittatore, i polacchi, li conoscono bene. Come il Palazzo della cultura, imponente esempio di architettura del realismo socialista, simbolo odiato dell’occupazione, realizzato da ingegneri e manodopera made in Urss dal 1952 al 1955. In Polonia circola da oltre mezzo secolo una barzelletta: «Qual è il punto da cui si vede il più bel panorama di Varsavia? Dall’alto del Palazzo della cultura. E perché? Perché non si vede il Palazzo della cultura». Per inciso, ma pochi lo sanno, il regalo di Stalin prevedeva sottobanco la vendita di navi prodotte dai cantieri di Danzica. Il prezzo, però, lo decise lui, ed era a dir poco simbolico. Addirittura sottocosto. Lui incarnava nella considerazione dei comunisti il simbolo della difesa dei diritti dei lavoratori, e infatti quando il 5 marzo 1953 morì l’Unità di casa nostra lo celebrò enfaticamente come colui che più aveva fatto per il progresso e il bene dell’umanità. Il confine morale violato nel nome dell’ideologia. Un po’ come accade con le aperture a Putin. Chiedere ai civili ucraini, chiedere adesso a Odessa, guardando in tv le rovine della cattedrale, di cosa sia capace colui che oltre 500 giorni fa ha scatenato una guerra per “liberare” i fratelli dal nazismo adottandone gli stessi metodi.
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esempio, disservizi della banca dell'Utente, etc...);
- per la mancata pubblicazione di contenuti editoriali che derivi da cause di forza maggiore.
10.4 In tutti gli altri casi, l'Utente riconosce che la responsabilità del Fornitore in forza del contratto
è limitata
alle sole ipotesi di dolo o colpa grave.
10.5 Ai fini dell'accertamento di eventuali disservizi, l'Utente accetta che faranno fede le risultanze dei
sistemi
informatici del Fornitore.
11. Modifica dei termini d'uso
11.1 L'Abbonamento è disciplinato dai termini d'uso approvati al momento dell'acquisto.
11.2 Durante il periodo di validità del contratto, il Fornitore si riserva di modificare i termini della
fornitura per
giustificati motivi connessi alla necessità di adeguarsi a modifiche normative o obblighi di legge, alle
mutate
condizioni del mercato di riferimento ovvero all'attuazione di piani aziendali con ricadute sull'offerta dei
contenuti.
11.3 I nuovi termini d'uso saranno comunicati all'Utente con un preavviso di almeno 15 giorni rispetto alla
scadenza del
periodo di fatturazione in corso ed entreranno in vigore a partire dall'inizio del periodo di fatturazione
successivo.
Se l'Utente non è d'accordo con i nuovi termini d'uso, può esercitare la disdetta secondo quanto previsto al
precedente
articolo 3.
11.4 Ove la modifica dei termini d'uso sia connessa alla necessità di adeguarsi a un obbligo di legge, i
nuovi termini
d'uso potranno entrare in vigore immediatamente al momento della comunicazione; resta inteso che, solo in
tale ipotesi,
l'Utente potrà recedere dal contratto entro i successivi 30 giorni, con il conseguente diritto ad ottenere
un rimborso
proporzionale al periodo di abbonamento non goduto.
12. Trattamento dei dati personali
12.1 In conformità a quanto previsto dal Regolamento 2016/679 UE e dal Codice della privacy (decreto
legislativo 30
giugno 2003, n. 196), i dati personali degli Utenti saranno trattati per le finalità e in forza delle basi
giuridiche
indicate nella privacy policy messa a disposizione dell'Utente in sede di registrazione e acquisto.
12.2 Accettando i presenti termini di utilizzo, l'Utente conferma di aver preso visione della privacy policy
messa a
disposizione dal Fornitore e di averne conservato copia su supporto durevole.
12.3 Il Fornitore si riserva di modificare in qualsiasi momento la propria privacy policy nel rispetto dei
diritti degli
Utenti, dandone notizia a questi ultimi con mezzi adeguati e proporzionati allo scopo.
13. Servizio clienti
13.1 Per informazioni sul Servizio e per qualsiasi problematica connessa con la fruizione dello stesso,
l'Utente può
contattare il Fornitore attraverso i seguenti recapiti: help@newslist.it
14. Legge applicabile e foro competente
14.1 Il contratto tra il Fornitore e l'Utente è regolato dal diritto italiano.
14.2 Ove l'Utente sia qualificabile come consumatore, per le controversie comunque connesse con la
formazione,
esecuzione, interpretazione e cessazione del contratto, sarà competente il giudice del luogo di residenza o
domicilio
del consumatore, se ubicato in Italia.