13 Ottobre
Il diritto di esistere. Israele, Hamas e l'odio per l'Occidente
La persecuzione degli ebrei, l'Islam e la questione palestinese che non è una disputa di terra, ma di esistenza del popolo di Israele che viene negata dai tagliagole di Hamas. Le radici dell'odio,il Gran Muftì nazista, la storia senza manipolazioni
di Marco Patricelli
Nel momento più acuto e più orrorifico dell’odio contro gli ebrei, quello della Shoah, gli islamici non erano dalla parte di Allah misericordioso ma dalla parte dei nazisti. Il Gran Muftì di Gerusalemme, Muḥammad Amīn al-Ḥusaynī, fondatore nel 1931 a Gerusalemme del Congresso mondiale islamico, incoraggiava Adolf Hitler, che non ne aveva certamente bisogno, sulla via dello sterminio. Lo aveva incontrato nel 1941, e il 20 gennaio 1942 nella Conferenza di Wannsee Reinhard Heydrich dava avvio alla Soluzione finale che prevedeva la liquidazione di 11 milioni di ebrei europei censiti. Al-Ḥusaynī era palestinese, sunnita. Considerava Adolf Hitler un amico, benediceva le reclute e i combattenti della 13. Waffen-Gebirgs-Division der SS “Handschar” costituita il 13 febbraio 1943 con oltre 21.000 bosniaci e albanesi musulmani: indossavano il fez e portavano sulla manica l’aquila con la croce uncinata, e nello stemma avevano la scimitarra araba. Un’unità che si distinse per crudeltà contro i civili. L’aveva proposta proprio lui al Führer.
In Italia, invece, per combattere il nazifascismo, nel settembre 1944 si sarebbe costituita la Brigata Ebraica, i cui uomini rischiavano la vita in battaglia e se caduti in mani tedesche sapevano che non avrebbero ricevuto pietà. Stando alla storia – che molti studenti italiani in piazza con le bandiere della Palestina ignorano alla pari dell’Anpi che per anni non ha fatto sfilare il 25 aprile la bandiera della Brigata Ebraica per poter far sventolare i quadricolori palestinesi – se c’è qualcuno da tacciare di nazismo e di fascismo non è Israele e non sono né gli israeliani né gli ebrei. L’odio nei loro confronti arriva da lontano e sarebbe miope limitarlo alla sfera religiosa. La religione è una scusa, un paravento come lo era per i nazisti “cristiani” (Hitler era...
di Marco Patricelli
Nel momento più acuto e più orrorifico dell’odio contro gli ebrei, quello della Shoah, gli islamici non erano dalla parte di Allah misericordioso ma dalla parte dei nazisti. Il Gran Muftì di Gerusalemme, Muḥammad Amīn al-Ḥusaynī, fondatore nel 1931 a Gerusalemme del Congresso mondiale islamico, incoraggiava Adolf Hitler, che non ne aveva certamente bisogno, sulla via dello sterminio. Lo aveva incontrato nel 1941, e il 20 gennaio 1942 nella Conferenza di Wannsee Reinhard Heydrich dava avvio alla Soluzione finale che prevedeva la liquidazione di 11 milioni di ebrei europei censiti. Al-Ḥusaynī era palestinese, sunnita. Considerava Adolf Hitler un amico, benediceva le reclute e i combattenti della 13. Waffen-Gebirgs-Division der SS “Handschar” costituita il 13 febbraio 1943 con oltre 21.000 bosniaci e albanesi musulmani: indossavano il fez e portavano sulla manica l’aquila con la croce uncinata, e nello stemma avevano la scimitarra araba. Un’unità che si distinse per crudeltà contro i civili. L’aveva proposta proprio lui al Führer.
In Italia, invece, per combattere il nazifascismo, nel settembre 1944 si sarebbe costituita la Brigata Ebraica, i cui uomini rischiavano la vita in battaglia e se caduti in mani tedesche sapevano che non avrebbero ricevuto pietà. Stando alla storia – che molti studenti italiani in piazza con le bandiere della Palestina ignorano alla pari dell’Anpi che per anni non ha fatto sfilare il 25 aprile la bandiera della Brigata Ebraica per poter far sventolare i quadricolori palestinesi – se c’è qualcuno da tacciare di nazismo e di fascismo non è Israele e non sono né gli israeliani né gli ebrei. L’odio nei loro confronti arriva da lontano e sarebbe miope limitarlo alla sfera religiosa. La religione è una scusa, un paravento come lo era per i nazisti “cristiani” (Hitler era battezzato cattolico) che perseguitavano gli ebrei per motivi di sangue e non di credo, altrimenti i convertiti non sarebbero stati perseguitati, come l'ebrea Edith Stein diventata suora, e neppure mogli, mariti e figli di coppie miste. Gli ebrei non mangiano carne di maiale allo stesso modo degli islamici, perché solo il precetto religioso poteva impedire problemi d’ordine sanitario a quelle latitudini e a quelle temperature. Gli arabi sono semiti come gli ebrei, quindi è assurdo anche l’uso disinvolto del termine antisemita: stando alla Bibbia sono infatti discendenti di Sem, uno dei figli di Mosè (gli altri sono Cam e Jafet). Gli arabi riposano il venerdì, gli ebrei il sabato, i cristiani la domenica. E allora? I negozi da noi sono (erano) chiusi il giovedì, e i barbieri il lunedì, a ognuno il suo.
Gli ebrei invasori delle terre arabe e quindi avrebbero espropriato la Palestina del suo stato? Ma quale Stato: i palestinesi non sono mai stati un popolo organizzato in Stato, provenendo da una stirpe nomade, su terre che erano state il Regno di Israele fino all’occupazione romana e alla diaspora del 66 d.C., a meno che non si voglia negare la storia, persino quella religiosa comune della rivelazione di Dio all’uomo. Alla Palestina non è stato negato il diritto a essere nazione secondo i classici criteri del diritto, ovvero un popolo, un territorio e un ordinamento giuridico: è stato negato di poterlo essere cancellando dalla cartina geografica Israele, come viene insegnato nelle scuole palestinesi (e non solo) e come viene predicato dagli estremisti tagliagole sostenuti, osannati, difesi o nella migliore delle ipotesi tollerati dagli arabi. Non è la religione a dividere, altrimenti dovremmo una volta per tutte inchiodare l’Islam a quello che è e non a quello che vorrebbe far credere di essere.
L’ebraismo non fa proselitismo, non obbliga col coltello alla gola a convertirsi, e chi decide di farlo di sua spontanea volontà deve superare una severissima preparazione teologica. L’odio non è religioso, perché sarebbe un ossimoro. L’odio è tra un mondo e un altro, tra uno stile di vita e un altro, tra una cultura e un’altra non permeabili, tra una società arcaica e una evoluta secondo altri criteri. L’odio è per l’Occidente, per quello che rappresenta e per quello che è esteriorizzato dall’isola ebraica nel mare arabo. È il mondo della donna emancipata inaccettabile da quello che vuole la donna infagottata come un oggetto di cui vergognarsi; è quello dello stato di diritto democratico erede dei principi della rivoluzione francese incompatibile con quello teocratico; è quello delle costituzioni positive non sottoponibile alla sottomissione a usanze immutabili e barbariche; è quello delle leggi civili che non può piegarsi alla shari’a; è quello della tolleranza inclusiva vista invece come prova di decadenza e debolezza da quello dell’intolleranza esclusiva; è una cultura che si pone in un diverso grado evolutivo rispetto ai tempi e al modello occidentale. Ma è anche quello che riesce a fare breccia su frange estremistiche della società occidentale che pure combatte con terrorismo, fatti di sangue e predicazione dogmatica su ciò che è giusto, ciò che Allah vuole e ciò che i suoi fedeli pretendono di imporre sui presunti infedeli.
Ebrei o cristiani poco importa, nonostante le differenze che sono comunque molte di meno rispetto ai punti in comune. Le tre religioni sono monoteiste perché si riconoscono in un unico Dio, ma non sembra che quello biblico, quello cristiano e quello dell’Islam sia lo stesso. Lo spagnolo Juan Arias ha scritto del Dio in cui non credere: quello che ama il dolore, che benedice i nuovi Caini dell'umanità, che si fa temere, che dice che te la farà pagare, di quelli che credono di amare Dio perché non amano nessuno, che giustifica la guerra, che pone la legge al di sopra della coscienza, che non ha mai pianto per gli uomini, che si sposa con una politica. E ha concluso «Sì, il mio Dio è l’altro Dio». E qual è, oggi, in Terra santa?
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10. Limitazione di responsabilità
10.1 Il Fornitore è impegnato a fornire un Servizio con contenuti professionali e di alta qualità; tuttavia,
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della
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garantire o
migliorare l'efficienza e la sicurezza del Servizio; tali interventi potrebbero comportare il rallentamento
o
l'interruzione del Servizio. Il Fornitore si impegna a contenere i periodi di interruzione o rallentamento
nel minore
tempo possibile e nelle fasce orarie in cui generalmente vi è minore disagio per gli Utenti. Ove
l'interruzione del
Servizio si protragga per oltre 24 ore, l'Utente avrà diritto a un'estensione dell'Abbonamento per un numero
di giorni
pari a quello dell'interruzione; in tali casi, l'Utente riconosce che l'estensione dell'Abbonamento è
l'unico rimedio in
suo favore, con la conseguente rinunzia a far valere qualsivoglia altra pretesa nei confronti del
Fornitore.
10.3 L'Utente riconosce e accetta che nessuna responsabilità è imputabile al Fornitore:
- per disservizi dell'Abbonamento derivanti da malfunzionamenti di reti elettriche e telefoniche ovvero di
ulteriori
servizi gestiti da terze parti che esulano del tutto dalla sfera di controllo e responsabilità del Fornitore
(per
esempio, disservizi della banca dell'Utente, etc...);
- per la mancata pubblicazione di contenuti editoriali che derivi da cause di forza maggiore.
10.4 In tutti gli altri casi, l'Utente riconosce che la responsabilità del Fornitore in forza del contratto
è limitata
alle sole ipotesi di dolo o colpa grave.
10.5 Ai fini dell'accertamento di eventuali disservizi, l'Utente accetta che faranno fede le risultanze dei
sistemi
informatici del Fornitore.
11. Modifica dei termini d'uso
11.1 L'Abbonamento è disciplinato dai termini d'uso approvati al momento dell'acquisto.
11.2 Durante il periodo di validità del contratto, il Fornitore si riserva di modificare i termini della
fornitura per
giustificati motivi connessi alla necessità di adeguarsi a modifiche normative o obblighi di legge, alle
mutate
condizioni del mercato di riferimento ovvero all'attuazione di piani aziendali con ricadute sull'offerta dei
contenuti.
11.3 I nuovi termini d'uso saranno comunicati all'Utente con un preavviso di almeno 15 giorni rispetto alla
scadenza del
periodo di fatturazione in corso ed entreranno in vigore a partire dall'inizio del periodo di fatturazione
successivo.
Se l'Utente non è d'accordo con i nuovi termini d'uso, può esercitare la disdetta secondo quanto previsto al
precedente
articolo 3.
11.4 Ove la modifica dei termini d'uso sia connessa alla necessità di adeguarsi a un obbligo di legge, i
nuovi termini
d'uso potranno entrare in vigore immediatamente al momento della comunicazione; resta inteso che, solo in
tale ipotesi,
l'Utente potrà recedere dal contratto entro i successivi 30 giorni, con il conseguente diritto ad ottenere
un rimborso
proporzionale al periodo di abbonamento non goduto.
12. Trattamento dei dati personali
12.1 In conformità a quanto previsto dal Regolamento 2016/679 UE e dal Codice della privacy (decreto
legislativo 30
giugno 2003, n. 196), i dati personali degli Utenti saranno trattati per le finalità e in forza delle basi
giuridiche
indicate nella privacy policy messa a disposizione dell'Utente in sede di registrazione e acquisto.
12.2 Accettando i presenti termini di utilizzo, l'Utente conferma di aver preso visione della privacy policy
messa a
disposizione dal Fornitore e di averne conservato copia su supporto durevole.
12.3 Il Fornitore si riserva di modificare in qualsiasi momento la propria privacy policy nel rispetto dei
diritti degli
Utenti, dandone notizia a questi ultimi con mezzi adeguati e proporzionati allo scopo.
13. Servizio clienti
13.1 Per informazioni sul Servizio e per qualsiasi problematica connessa con la fruizione dello stesso,
l'Utente può
contattare il Fornitore attraverso i seguenti recapiti: help@newslist.it
14. Legge applicabile e foro competente
14.1 Il contratto tra il Fornitore e l'Utente è regolato dal diritto italiano.
14.2 Ove l'Utente sia qualificabile come consumatore, per le controversie comunque connesse con la
formazione,
esecuzione, interpretazione e cessazione del contratto, sarà competente il giudice del luogo di residenza o
domicilio
del consumatore, se ubicato in Italia.