21 Febbraio
L'Occidente non capisce l'Islam (e perde)
Dalla rivoluzione iraniana alle guerre medio-orientali. L'America non ha mai compreso la civiltà musulmana e l'Europa a sua volta si è americanizzata. Il primo conflitto (e la sconfitta) è culturale. Un viaggio di Daniela Coli nella storia di un rapporto (im)possibile.
di Daniela Coli
Islam is back. L'Islam evoca paura ma, come sostiene James Burke, storico della scienza, autore e produttore di raffinati documentari televisivi, considerato negli Stati Uniti "una delle menti più brillanti dell'Occidente", quando si pensa alla cultura europea è difficile non pensare al Rinascimento.
Pochi però sanno che le radici del Rinascimento, che fu un grande fenomeno europeo, nacquero in Spagna dove i musulmani regnarono e abitarono per circa 700 anni. La Spagna musulmana non fu solo terra di splendore umanistico, ma anche artistico, scientifico, commerciale e anche di incredibile tolleranza, immaginazione e poesia. Chiunque abbia visitato la splendida Alhambra a Granada, considerata una delle meraviglie del mondo moderno, rimane affascinato dalla bellezza, dalla scienza e dalla tecnica raggiunta dalla civiltà islamica durante l'egemonia nel Mediterraneo. Certamente, anche i musulmani, come i Romani, le cui tracce sono dovunque dal Mediterraneo alla Britannia, erano grandi guerrieri, anche crudeli.
A differenza di quanto accade nel Regno Unito, in Italia ci si occupa poco di Medio Oriente, nonostante il Mediterraneo sia fondamentale per i nostri interessi. Difficilmente da noi un libro sul Medio Oriente diventa un bestseller. La pubblicazione di Orientalism di Edward Said nel 1978 fu un evento di cui si è discusso per anni in Inghilterra. Orientalism è un libro estremamente critico nei confronti degli stereotipi sull'Oriente inventati dagli orientalisti inglesi, francesi e tedeschi e ripresi dagli orientalisti americani. Said, nato a Gerusalemme da genitori palestinesi naturalizzati statunitensi, anglista e docente stimatissimo alla Columbia University, dimostra come il concetto di "Oriente" sia falso come quello di "Occidente" e che, in sostanza, gli occidentali hanno capito ben poco della civiltà musulmana. L'arabo, ci dice Said, è presentato come irrazionale, violento, dispotico, fanatico, oppure sensuale ed esotico, redimibile solo dalla razionalità occidentale. Il libro di Said, famoso a...
di Daniela Coli
Islam is back. L'Islam evoca paura ma, come sostiene James Burke, storico della scienza, autore e produttore di raffinati documentari televisivi, considerato negli Stati Uniti "una delle menti più brillanti dell'Occidente", quando si pensa alla cultura europea è difficile non pensare al Rinascimento.
Pochi però sanno che le radici del Rinascimento, che fu un grande fenomeno europeo, nacquero in Spagna dove i musulmani regnarono e abitarono per circa 700 anni. La Spagna musulmana non fu solo terra di splendore umanistico, ma anche artistico, scientifico, commerciale e anche di incredibile tolleranza, immaginazione e poesia. Chiunque abbia visitato la splendida Alhambra a Granada, considerata una delle meraviglie del mondo moderno, rimane affascinato dalla bellezza, dalla scienza e dalla tecnica raggiunta dalla civiltà islamica durante l'egemonia nel Mediterraneo. Certamente, anche i musulmani, come i Romani, le cui tracce sono dovunque dal Mediterraneo alla Britannia, erano grandi guerrieri, anche crudeli.
A differenza di quanto accade nel Regno Unito, in Italia ci si occupa poco di Medio Oriente, nonostante il Mediterraneo sia fondamentale per i nostri interessi. Difficilmente da noi un libro sul Medio Oriente diventa un bestseller. La pubblicazione di Orientalism di Edward Said nel 1978 fu un evento di cui si è discusso per anni in Inghilterra. Orientalism è un libro estremamente critico nei confronti degli stereotipi sull'Oriente inventati dagli orientalisti inglesi, francesi e tedeschi e ripresi dagli orientalisti americani. Said, nato a Gerusalemme da genitori palestinesi naturalizzati statunitensi, anglista e docente stimatissimo alla Columbia University, dimostra come il concetto di "Oriente" sia falso come quello di "Occidente" e che, in sostanza, gli occidentali hanno capito ben poco della civiltà musulmana. L'arabo, ci dice Said, è presentato come irrazionale, violento, dispotico, fanatico, oppure sensuale ed esotico, redimibile solo dalla razionalità occidentale. Il libro di Said, famoso a New York come a Londra e Parigi per l'intelligenza, l'eleganza e lo charme, diventò un best-seller nel Regno Unito. Quanto Orientalism avesse centrato la realtà, lo avrebbero dimostrato la rivoluzione iraniana nel 1979 e le disastrose sconfitte occidentali in Afghanistan e in Iraq.

Per uno dei tanti scherzi che la storia si diverte a somministrare a chi cerca di incapsularne il senso entro coordinate predefinite, nel 1979 si affermò in Iran la rivoluzione islamica di Khomeini, l'evento più significativo della seconda metà del XX secolo. Di tale importanza, secondo Simon Scott Plummer - corrispondente del Times, poi del Telegraph, famoso per la grande conoscenza del cinese - da poter essere paragonata solo alla caduta della Bastiglia. La rivoluzione islamica in Iran ha segnato l'emergere dell'Islam come forza globale dopo secoli di impotenza e un corrispondente declino delle due superpotenze emerse dalla Seconda guerra mondiale, costrette a ritirarsi dal Vietnam nel 1975 e dall'Afghanistan nel 1989. Le sconfitte americane in Afghanistan e Iraq hanno poi posto il drammatico problema del declino agli Usa e quello del ritiro dal Medio Oriente. Quando nel 1978 iniziarono le rivolte contro il regime dello Shah, che si era alienato la maggior parte della società iraniana, dai commercianti al clero, in Italia nessuno pensava che avrebbe vinto Khomeini. Gli intellettuali marxisti, che andavano a Parigi a prendere contatti con l'opposizione allo Shah, erano convinti che in Iran stesse per scoppiare una rivoluzione comunista.
Dopo il rovesciamento di Mossadeq nel 1953, lo Shah era sostenuto dalla Cia e da Washington. Mossadeq voleva nazionalizzare l'Anglo-Iranian Oil Company, e il ritorno dello Shah fu vissuto come una umiliazione nazionale dal popolo iraniano, che vedeva nel petrolio il simbolo dell'indipendenza. Khomeini offrì un'alternativa allo Shah e rilanciò l'Islam. Da allora niente sarà più uguale nel mondo arabo. Bin Laden e al Qaeda non sarebbe mai esistiti senza Khomeini, come sostengono molti esperti britannici. Nonostante gli interessi petroliferi britannici in Iran, un grande sostegno a Khomeini fu fornito dalla BBC persiana, che trasmetteva ogni discorso dell'Ayatollah dall'esilio in Iraq e poi da Parigi. Per Baqer Moin, iraniano-britannico, giornalista della BBC, specialista in Iran e Islam, e autore nel 1999 di una importante biografia su Khomeini, lo Shah era convinto che l'Ayatollah fosse un agente britannico e telefonò più volte alla BBC persiana chiedendo la sospensione della trasmissione dei suoi discorsi dall'Iraq e da Parigi. I discorsi trasmessi dalla BBC persiana, ripetuti dagli iman nelle moschee, registrati su cassette, vendute sui banchi dei mercati e ascoltati in famiglia e all'università, trasmessi poi dagli altoparlanti alle folle, giocarono un ruolo fondamentale nell'accoglienza trionfale che il popolo iraniano riservò a Khomeini al ritorno da Parigi.

Cosa stava accadendo? Se ne accorse Michel Foucault, rigorosamente filo-israeliano, che girava per Teheran in parrucca. Nei reportage sul Corriere della Sera da Teheran Foucault parlò di un clima eccitante, simile a quello dei puritani durante la rivoluzione di Cromwell. A Parigi nel marzo 1979, a un seminario organizzato da Les Temps Modernescon Jean-Paul Sartre e Simone de Beauvoir, Foucault raccontò a Said che quello di Teheran come inviato del Corriere era stato un periodo "molto eccitante, molto strano, pazzo". Foucault lasciò subito il seminario, era piuttosto freddo e distaccato, perché era filo-israeliano, come Sartre e De Beavoir, tanto da rompere l'amicizia con Gilles Deleuze perché era filo-palestinese. Alcuni storici della rivoluzione iraniana ricordano che l'ambasciata britannica a Teheran chiuse quattro giorni prima dell'arrivo di Khomeini, mentre quella americana rimase aperta e il presidente Carter subì l'umiliazione di vedere cinquantadue membri dell'ambasciata Usa presi in ostaggio e rilasciati dopo oltre un anno, il 20 gennaio 1981, il giorno dell'insediamento di Ronald Reagan. Come intuì Foucault, la rivoluzione di Khomeini era il rovesciamento del concetto marxiano della religione come oppio dei popoli ed era anche incompatibile con l'ideologia americana, perché Khomeini rifiutava il materialismo del capitalismo. Era una sfida all'Unione Sovietica e agli Usa, le due superpotenze che si erano divise il mondo nel 1945 e si erano sostituite all'impero britannico e a quelli europei.
La rivoluzione di Khomeini era il rovesciamento del concetto marxiano della religione come oppio dei popoli ed era anche incompatibile con l'ideologia americana, perché Khomeini rifiutava il materialismo del capitalismo.
L'America confusa e umiliata di Carter credeva i russi responsabili della rivoluzione iraniana e per questo, come rivelò Zbigniew Brzezinski a "Le Nouvel Observateur" nel 1998, il 3 giugno 1979 Carter firmò un ordine per aiutare segretamente i mujaheddin a rovesciare il regime filosovietico di Kabul per provocare l'intervento russo in Afghanistan. Carter e Brzezinski prepararono una trappola per dare un Vietnam ai russi. Carter e Brzezinski non sapevano che in realtà stavano preparando una trappola micidiale anche per l'America. Come svelò Brzezinski nel 1998, gli aiuti ai mujaheddin non cominciarono nel 1980, come nella versione ufficiale della Cia, dopo l'invasione sovietica del paese, ma nel giugno del '79, per spingere i russi a invadere l'Afghanistan, come avvenne nel dicembre del 1979.
Gli americani non avevano capito niente della civiltà musulmana: non solo non avevano letto storia romana, come usa dire Niall Ferguson, ma neppure Orientalism di Said. Né avevano la conoscenza del Medio Oriente degli inglesi. Alla domanda del "Nouvel Observateur" a Brzezinski, consigliere della sicurezza di Carter, se avesse valutato il rischio per l'America nel mettere in moto una forza come i mujaheddin, Brzezinski nel 1998 rispose che niente era più importante di fare crollare l'impero sovietico e i talebani non erano considerati una reale minaccia, perché i musulmani sono irrazionali, emotivi, facilmente controllabili. Quando i poveri soldati americani salteranno in aria sopra le mine dei talebani o degli attentatori suicidi, sarà troppo tardi. Gli americani, fermi agli stereotipi degli arabi degli orientalisti europei, non avevano capito niente dell'Islam.
Va anche ricordato che nel 1993 Samuel Huntington, il fondatore del movimento neocon a cui aderirono molti allievi di Leo Strauss, teorizzò lo scontro di civiltà in The Clash of Civilizations. Per Huntington non era finita la storia, come affermava Francis Fukuyama: la fine della Guerra Fredda avrebbe liberato diverse civiltà. Per Huntington le civiltà erano otto: quella occidentale, la latino-americana, la slavo-ortodossa, l'africana, l'islamica, la cinese, l'Indù e quella nipponica.
Il mondo arabo si era già sentito tradito e ingannato dall'Occidente con il famoso Lawrence d'Arabia.
L'Occidente doveva reagire alla rinascita di queste civiltà con la guerra e sottometterle. Per Huntington, l'Occidente non ha conquistato il mondo con la superiorità dei suoi valori, ma attraverso il potere militare e la guerra. Non dobbiamo quindi scandalizzarci se gli arabi rispondono alla guerra con atti di guerra, come in genere è sempre accaduto nel mondo. Se gli occidentali colpiscono con aerei o droni villaggi e centri urbani, uccidendo civili, fa parte della guerra che per rappresaglia siano colpite le città europee con terribili atti di terrorismo, dove ognuno di noi può essere ucciso, a Parigi, Bruxelles o Berlino, tanto per fare qualche nome. L'Europa, alleata degli Usa, non ha neppure realizzato di essere a due-tre ore di volo dall'Islam e di essere abitata da immigrati musulmani e da cittadini di origine araba.
L'Occidente ha dimenticato, come ricorda Said e storici come Jacques Le Goff, che tra il VII e l'VIII secolo nel Mediterraneo si è affermata l'egemonia musulmana, durata fino al XI secolo e che con la nascita dell'impero ottomano finisce il Medioevo. Nel Mediterraneo vi furono importanti rapporti commerciali, culturali, scientifici tra musulmani, cristiani ed ebrei. Elizabeth I Tudor, isolata nel mondo cattolico, instaurò rapporti proficui col mondo arabo. Lo stesso fecero francesi e tedeschi. Se Vienna fosse caduta in mano turca nel 1683, il primo a congratularsi con i turchi sarebbe stato Luigi XIV, che aveva incoraggiato il Sultano ad attaccare l'impero austriaco per potere attaccare la Spagna. Insomma, le potenze europee erano divise tra loro, come è accaduto molte altre volte, e come accade oggi. Non c'è quindi da stupirsi dell'antagonismo tra Iran e Arabia saudita. È per ragioni di potenza, non per motivi religiosi.

Il mondo arabo si era già sentito tradito e ingannato dall'Occidente, quando durante la prima guerra mondiale era stato fatto combattere e rivoltare contro l'impero ottomano, alleato della Germania, dal famoso Lawrence d'Arabia. In realtà Thomas Edward Lawrence, un agente segreto militare britannico, promise una grande Arabia e l'indipendenza, poi la regione fu divisa tra inglesi e francesi con i famosi accordi Sykes-Picot alla fine delle guerra. La guerra iniziò allora. La guerra è continuata poi con l'invasione dell'Afghanistan con l'alibi di Bin Laden e poi è proseguita con la guerra illegale contro l'Iraq nel 2003, guerre dal timbro inconfondibilmente neocoloniale. Lo stesso è accaduto dal 2011 con le arab springs in Libia e in Siria per rovesciare Gheddafi e Assad. Il tentativo di legittimare le guerre in Libia e in Siria con l'ideologia dei diritti umani e l'esportazione della democrazia è quanto di più razzista si possa concepire per gli arabi. Significa comunicare al mondo arabo che è una civiltà inferiore. E quando si porta morte, è abituale ricevere morte. Il mondo arabo ha reagito con la guerra asimmetrica, col terrorismo in patria e nelle città europee. Non diversamente dal Vietnam che reagì con la guerriglia, distruggendo la grande macchina da guerra americana. Gli americani pensavano a una raffinata guerra tecnologica, immaginavano di uccidere i nemici premendo il mouse, e si sono ritrovati con migliaia di corpi di soldati squarciati da una bomba fatta esplodere da un ragazzino o da una donna, che non avevano paura di morire pur di uccidere il nemico.
Il mondo arabo ha reagito con la guerra asimmetrica, col terrorismo in patria e nelle città europee.
Poiché tutte le guerre contro gli arabi − dalla Prima guerra del Golfo del 1990-91 per liberare il Kuwait a quella illegale del 2003 contro l'Iraq di Saddam Hussein, fino a quelle contro Gheddafi in Libia e Assad in Siria − sono sempre state legittimate come guerre contro l'Islam per la difesa di Israele − per Robert Fisk la dichiarazione di Trump su Gerusalemme capitale d'Israele potrebbe scatenare una guerra araba inimmaginabile contro Israele e l'Europa.
I britannici hanno avuto la prova combattendo in Iraq al fianco degli americani che aveva ragione Edward Said quando diceva in Orientalism che gli arabi non sono deboli e irrazionali come gli orientalisti inglesi, francesi e tedeschi li hanno immaginati. E per questo il Regno Unito si è unito all'Unione europea nel voto contro Gerusalemme, separandosi dagli Stati Uniti. E lo stesso ha fatto per l'accordo sul nucleare iraniano. Per Said le imprese imperiali e coloniali dell'Occidente nell'Ottocento erano state facilitate da regimi di collaborazione delle élite arabe europeizzate. Con la rivoluzione iraniana cambia tutto. Quando il miliardario Bin Laden, membro di una potentissima famiglia saudita, proprietaria di una grande multinazionale dell'edilizia, smette di vestire all'occidentale e giura che mai un occidentale deve mettere piede sul suolo arabo, fa dell'Islam la sua identità. Le élite arabe hanno trovato un capo carismatico che abbatte le Twin Towers il 9/11, sono galvanizzate e si islamizzano. Lo schema dei combattenti islamici è simile a quello della Battaglia di Algeri, il film di Gillo Pontecorvo, che descrive bene come con attentati imprevedibili, dovunque, si possa mettere in ginocchio qualsiasi esercito occidentale. Said, che aveva studiato anche il concetto di egemonia culturale di Antonio Gramsci, capisce bene quanto sia importante per gli arabi rifiutare l'occidentalizzazione, essere fieri della propria cultura e diffonderla. Paradossalmente, lo sconfitto è Samuel Huntington che credeva di poter battere le civiltà non occidentali con la guerra, perché quella americana era tecnologicamente superiore.
A differenza degli europei, i musulmani hanno rifiutato l'americanizzazione, hanno capito che cessando di fare figli ipnotizzati dal consumismo, una civiltà si estingue. Non hanno ceduto alla civilizzazione americana, al materialismo, al consumismo del capitalismo, come diceva Khomeini, perché per abbattere una civiltà è necessario abbattere i suoi dei e i suoi valori. L'Europa espulsa dalla storia dopo il 1945, ha smesso di fare figli e ha perso l'identità, oggi appare talvolta drammaticamente vicina all'estinzione. I musulmani hanno dimostrato di non avere paura della morte. Piaccia o no, è difficile trovare un europeo o un americano disposto a farsi esplodere pur di uccidere il nemico. Già per la guerra in Vietnam i giovani bianchi della middle class rifiutarono di andare al fronte e s'imboscarono nelle università. Il Vietnam fu combattuto soprattutto dai neri: basta vedere il monumento di fronte alla Casa Bianca. Dopo il Vietnam gli Usa hanno chiuso con gli eserciti di leva. Le guerre mediorientali son state combattute da eserciti professionali, composti soprattutto da giovani immigrati dai paesi dell'America latina, spesso ancora privi di cittadinanza, o da afro e bianchi che si arruolavano per pagare il mutuo alla madre. Un esercito che non aveva motivazioni tali da non avere paura di morire pur di uccidere il nemico. Un esercito che temeva continuamente di essere fatto in mille pezzi e voleva tornare a casa a bere la Coca Cola, come ha detto Niall Ferguson.
Quando un uomo è libero dalla paura della morte, è dinamite, e questa forza è alla base della rinascita dell'Islam. La decisione di Obama e Trump di ritirarsi dal Medio Oriente, comporta per gli Usa la risoluzione della questione israelo-palestinese e per questo, come ha scritto Patrick Cockburn, Trump l'ha rilanciata, con la provocazione di Gerusalemme capitale di Israele. Per un presidente americano non è facile risolvere la questione israelo-palestinese, perché dagli anni Sessanta, da quando Israele, dopo la Guerra dei sei giorni, divenne il partner privilegiato di Washington, la Israel Lobby, come la chiama John Mearsheimer, uno dei più autorevoli scienziati politici americani, esercita una considerevole influenza sulla politica americana. Come Hans Morgenthau, di cui è considerato l'erede e che si oppose alla guerra del Vietnam, Mearsheimer si è opposto a quella in Iraq. Mearsheimer ha dichiarato che la guerra in Iraq - con la teoria neocon del dòmino per cui, caduto l'Iraq, sarebbe caduto l'Iran e tutti gli altri stati arabi, e si sarebbe potuto ricostruire un nuovo Medio Oriente occidentale - fu una decisione presa sotto l'influenza della Israel Lobby e sarebbe stata una catastrofe per gli Stati Uniti.
Anche Obama, come ha confessato nella famosa intervista a The Atlantic, era deciso a chiudere col Medio Oriente, però come Michael Corleone, che voleva chiudere con la famiglia mafiosa e aveva fatto di tutto per sfuggire al destino della famiglia, alla fine si è ritrovato ad avere a che fare col Medio Oriente. È significativo che l'intellettuale Obama abbia evocato nell'intervista Michael Corleone e la mafia pensando agli interventi degli Stati Uniti in Medio Oriente. Trump, che vuole chiudere col Medio Oriente, ha preso il toro per le corna e, come ha capito Patrick Cockburn, ha usato la provocazione di Gerusalemme per risolvere la questione israelo-palestinese. All'Onu Israele si è trovata isolata e può darsi che questo isolamento renda gli israeliani più disponibili ai compromessi richiesti da Trump.
È difficile per gli ebrei capire, come scrisse Edward Said in The Palestine Question nel 1979, che sette milioni di palestinesi sono stati oltraggiati, uccisi e cacciati dalla loro terra esattamente come gli ebrei in Europa. Ed è strano che un popolo come quello ebraico, che è stato cacciato dai propri paesi, insultato, ucciso, sia insensibile alla sorte di sette milione di palestinesi. Non si capisce neppure perché, come dice Said, i palestinesi debbano pagare per l'Olocausto, che è un crimine europeo. Nel 1969 Golda Meir ha affermato che la nazione palestinese non esisteva, Chaim Weizmann parlò di "natura infida degli arabi". Gli ebrei europei, oggetto di una persecuzione senza precedenti in Europa, hanno applicati agli arabi tutti gli stereotipi razzisti degli orientalisti europei e li hanno trattati come i colonizzatori europei. Un paradosso per il popolo della Shoah. In realtà, può essere motivo d speranza che i nuovi storici israeliani come Tom Segev non considerano più Israele un rifugio, un luogo sacro indicato dalla Bibbia, ma un progetto coloniale e non nascondono gli atti di terrorismo contro i britannici e contro gli arabi. In Palestina i sionisti compiono massacri spaventosi: da ricordare il massacro di Deir Yassin del 9 aprile 1948. Particolarmente efferato l'attacco di un centinaio di terroristi sionisti dell'Irgun della banda Stern, come ancora oggi la chiamano i britannici, contro il villaggio palestinese di Deir Yassin, vicino a Gerusalemme, con circa seicento abitanti. Gli abitanti resistettero e i terroristi sionisti andarono casa per casa, uccidendo civili, soprattutto donne e bambini, e cacciarono dal villaggio il resto degli abitanti.
Il massacro di Deir Yassin è un ricordo indelebile nella memoria araba e per questo Fisk ha detto che l'assegnazione di Gerusalemme allo stato ebraico potrebbe provocare una guerra inimmaginabile contro Israele e contro l'Europa. L'Islam non è solo una forza notevole dal punto di vista bellico, ma anche economico: ormai in Europa, come in tutto il mondo, sta diventando una potenza economica e finanziaria non certo di secondo piano. Per questo, c'è da augurarsi Trump possa trovare una soluzione per la questione israelo-palestinese e si possano riprendere gli scambi commerciali, culturali, scientifici, che furono tanto importanti per l'Europa del Rinascimento.
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inviando una mail al seguente indirizzo: help@newslist.it.
3.4 Gli effetti della disdetta si verificano automaticamente alla scadenza del periodo di abbonamento in
corso; fino a
quel momento, l'Utente ha diritto a continuare a fruire del proprio Abbonamento. La disdetta non dà invece
diritto ad
alcun rimborso per eventuali periodi non goduti per scelta dell'Utente.
3.5 In caso di mancato esercizio della disdetta, il rinnovo avverrà al medesimo costo della transazione
iniziale, salvo
che il Fornitore non comunichi all'Utente la variazione del prezzo dell'Abbonamento con un preavviso di
almeno 30 giorni
rispetto alla data di scadenza. Se, dopo aver ricevuto la comunicazione della variazione del prezzo,
l'Utente non
esercita la disdetta entro 24 ore dalla scadenza, l'Abbonamento si rinnova al nuovo prezzo comunicato dal
Fornitore.
3.6 Il Fornitore addebiterà anticipatamente l'intero prezzo dell'Abbonamento subito dopo ogni rinnovo sullo
stesso
strumento di pagamento in precedenza utilizzato dall'Utente ovvero sul diverso strumento indicato
dall'Utente attraverso
l'area riservata del proprio account personale.
4. Recesso DEL CONSUMATORE
4.1 L'Utente, ove qualificabile come consumatore – per consumatore si intende una persona fisica che agisce
per scopi
estranei all'attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale eventualmente svolta, ha
diritto di
recedere dal contratto, senza costi e senza l'onere di indicarne i motivi, entro 14 giorni dalla data di
attivazione
dell'Abbonamento acquistato.
4.2 L'Utente può comunicare la propria volontà di recedere, inviando al Fornitore una comunicazione
esplicita in questo
senso mediante una delle seguenti modalità:
mediante raccomandata a.r. indirizzata alla sede del Fornitore;
per email al seguente indirizzo help@newslist.it;
4.3 Ai fini dell'esercizio del recesso l'Utente può, a sua scelta, utilizzare questo modulo
4.4 Il termine per l'esercizio del recesso si intende rispettato se la comunicazione relativa all'esercizio
del diritto
di recesso è inviata dall'Utente prima della scadenza del periodo di recesso.
4.5 In caso di valido esercizio del recesso, il Fornitore rimborserà all'Utente il pagamento ricevuto in
relazione
all'Abbonamento cui il recesso si riferisce, al netto di un importo proporzionale a quanto è stato fornito
dal Fornitore
fino al momento in cui il consumatore lo ha informato dell'esercizio del diritto di recesso; per il calcolo
di tale
importo, si terrà conto dei numeri o comunque dei contenuti fruiti e/o fruibili dal consumatore fino
all'esercizio del
diritto di recesso. Il rimborso avverrà entro 14 giorni dalla ricezione della comunicazione di recesso sullo
stesso
mezzo di pagamento utilizzato per la transazione iniziale.
4.6 Eventuali eccezioni al diritto di recesso, ove previste da Codice del consumo – decreto legislativo 6
settembre
2005, n. 206, saranno comunicate al consumatore in sede di offerta prima dell'acquisto.
5. Modalità di pagamento
5.1 L'Abbonamento comporta l'obbligo per l'Utente di corrispondere al Fornitore il corrispettivo nella
misura
specificata nell'offerta in relazione al pacchetto scelto dall'Utente.
5.2 Tutti i prezzi indicati nell'offerta si intendono comprensivi di IVA.
5.3 Il pagamento dei corrispettivi può essere effettuato mediante carte di credito o debito abilitate ad
effettuare gli
acquisti online. Le carte accettate sono le seguenti: Visa, Mastercard, American Express.
5.4 L'Utente autorizza il Fornitore ad effettuare l'addebito dei corrispettivi dovuti al momento
dell'acquisto
dell'Abbonamento e dei successivi rinnovi sulla carta di pagamento indicata dallo stesso Utente.
5.5 Il Fornitore non entra in possesso dei dati della carta di pagamento utilizzata dall'Utente. Tali dati
sono
conservati in modo sicuro dal provider dei servizi di pagamento utilizzato dal Fornitore (Stripe o il
diverso provider
che in futuro potrà essere indicato all'Utente). Inoltre, a garanzia dell'Utente, tutte le informazioni
sensibili della
transazione vengono criptate mediante la tecnologia SSL – Secure Sockets Layer.
5.6 È onere dell'Utente: (i) inserire tutti i dati necessari per il corretto funzionamento dello strumento
di pagamento
prescelto; (ii) mantenere aggiornate le informazioni di pagamento in vista dei successivi rinnovi (per
esempio,
aggiornando i dati della propria carta di pagamento scaduta in vista del pagamento dei successivi rinnovi
contrattuali).
Qualora per qualsiasi motivo il pagamento non andasse a buon fine, il Fornitore si riserva di sospendere
immediatamente
l'Abbonamento fino al buon fine dell'operazione di pagamento; trascorsi inutilmente 3 giorni senza che il
pagamento
abbia avuto esito positivo, è facoltà del Fornitore recedere dal contratto con effetti immediati.
Pagamenti all'interno dell'applicazione IOS
5.7 In caso di acquisto dell'Abbonamento mediante l'Applicazione per dispositivi IOS, il pagamento è gestito
interamente
attraverso la piattaforma App Store fornita dal gruppo Apple. Il pagamento del corrispettivo è
automaticamente
addebitato sull'Apple ID account dell'Utente al momento della conferma dell'acquisto. Gli abbonamenti
proposti sono
soggetti al rinnovo automatico e all'addebito periodico del corrispettivo. L'Utente può disattivare
l'abbonamento fino a
24h prima della scadenza del periodo di abbonamento in corso. In caso di mancata disattivazione,
l'abbonamento si
rinnova per un eguale periodo e all'Utente viene addebitato lo stesso importo sul suo account Apple.
L'Utente può
gestire e disattivare il proprio abbonamento direttamente dal proprio profilo su App Store. Per maggiori
informazioni al
riguardo: https://www.apple.com/it/legal/terms/site.html. Il Fornitore non è responsabile per eventuali
disservizi della
piattaforma App Store.
6. Promozioni
6.1 Il Fornitore può a sua discrezione offrire agli Utenti delle promozioni sotto forma di sconti o periodi
gratuiti di
fruizione del Servizio.
6.2 Salvo che non sia diversamente specificato nella pagina di offerta della promozione, l'adesione a una
promozione
comporta, alla sua scadenza, l'attivazione automatica del Servizio a pagamento con addebito periodico del
corrispettivo
in base al contenuto del pacchetto di volta in volta selezionato dall'Utente.
6.3 L'Utente ha la facoltà di disattivare il Servizio in qualunque momento prima della scadenza del periodo
di prova
attraverso una delle modalità indicate nel precedente articolo 3).
7. Obblighi e garanzie dell'Utente
7.1 L'Utente dichiara e garantisce:
- di essere maggiorenne;
- di sottoscrivere l'Abbonamento per scopi estranei ad attività professionali, imprenditoriali, artigianali
o commerciali
eventualmente svolte;
- che tutti i dati forniti per l'attivazione dell'Abbonamento sono corretti e veritieri;
- che i dati forniti saranno mantenuti aggiornati per l'intera durata dell'Abbonamento.
7.2 L'Utente si impegna al pagamento del corrispettivo in favore del Fornitore nella misura e con le
modalità definite
nei precedenti articoli.
7.3 L'Utente si impegna ad utilizzare l'Abbonamento e i suoi contenuti a titolo esclusivamente personale, in
forma non
collettiva e senza scopo di lucro; l'Utente è inoltre responsabile per qualsiasi uso non autorizzato
dell'Abbonamento e
dei suoi contenuti, ove riconducibile all'account dell'Utente medesimo; per questo motivo l'Utente si
impegna ad
assumere tutte le precauzioni necessarie per mantenere riservato l'accesso all'Abbonamento attraverso il
proprio account
(per esempio, mantenendo riservate le credenziali di accesso ovvero segnalando senza ritardo al Fornitore
che la
riservatezza di tali credenziali risulta compromessa per qualsiasi motivo).
7.4 La violazione degli obblighi stabiliti nel presente articolo conferisce al Fornitore il diritto di
risolvere
immediatamente il contratto ai sensi dell'articolo 1456 del codice civile, fatto salvo il risarcimento dei
danni.
8. Tutela della proprietà intellettuale e industriale
8.1 L'Utente riconosce e accetta che i contenuti dell'Abbonamento, sotto forma di testi, immagini,
fotografie, grafiche,
disegni, contenuti audio e video, animazioni, marchi, loghi e altri segni distintivi, sono coperti da
copyright e dagli
altri diritti di proprietà intellettuale e industriale di volta in volta facenti capo al Fornitore e ai suoi
danti causa
e per questo si impegna a rispettare tali diritti.
8.2 Tutti i diritti sono riservati in capo ai titolari; l'Utente accetta che l'unico diritto acquisito con
il contratto
è quello di fruire dei contenuti dell'Abbonamento con le modalità e i limiti propri del Servizio. Fatte
salve le
operazioni di archiviazione e condivisione consentite dalle apposite funzionalità del Servizio, qualsiasi
attività di
riproduzione, pubblica esecuzione, comunicazione a terzi, messa a disposizione, diffusione, modifica ed
elaborazione dei
contenuti è espressamente vietata.
8.3 La violazione degli obblighi stabiliti nel presente articolo conferisce al Fornitore il diritto di
risolvere
immediatamente il contratto ai sensi dell'articolo 1456 del codice civile, fatto salvo il risarcimento dei
danni.
9. Manleva
9.1 L'Utente si impegna a manlevare e tenere indenne il Fornitore contro qualsiasi costo – inclusi gli
onorari degli
avvocati, spesa o danno addebitato al Fornitore o in cui il Fornitore dovesse comunque incorrere in
conseguenza di usi
impropri del Servizio da parte dell'Utente o per la violazione da parte di quest'ultimo di obblighi
derivanti dalla
legge ovvero dai presenti termini d'uso.
10. Limitazione di responsabilità
10.1 Il Fornitore è impegnato a fornire un Servizio con contenuti professionali e di alta qualità; tuttavia,
il
Fornitore non garantisce all'Utente che i contenuti siano sempre privi di errori o imprecisioni; per tale
motivo,
l'Utente è l'unico responsabile dell'uso dei contenuti e delle informazioni veicolate attraverso di
essi.
10.2 L'Utente riconosce e accetta che, data la natura del Servizio e come da prassi nel settore dei servizi
della
società dell'informazione, il Fornitore potrà effettuare interventi periodici sui propri sistemi per
garantire o
migliorare l'efficienza e la sicurezza del Servizio; tali interventi potrebbero comportare il rallentamento
o
l'interruzione del Servizio. Il Fornitore si impegna a contenere i periodi di interruzione o rallentamento
nel minore
tempo possibile e nelle fasce orarie in cui generalmente vi è minore disagio per gli Utenti. Ove
l'interruzione del
Servizio si protragga per oltre 24 ore, l'Utente avrà diritto a un'estensione dell'Abbonamento per un numero
di giorni
pari a quello dell'interruzione; in tali casi, l'Utente riconosce che l'estensione dell'Abbonamento è
l'unico rimedio in
suo favore, con la conseguente rinunzia a far valere qualsivoglia altra pretesa nei confronti del
Fornitore.
10.3 L'Utente riconosce e accetta che nessuna responsabilità è imputabile al Fornitore:
- per disservizi dell'Abbonamento derivanti da malfunzionamenti di reti elettriche e telefoniche ovvero di
ulteriori
servizi gestiti da terze parti che esulano del tutto dalla sfera di controllo e responsabilità del Fornitore
(per
esempio, disservizi della banca dell'Utente, etc...);
- per la mancata pubblicazione di contenuti editoriali che derivi da cause di forza maggiore.
10.4 In tutti gli altri casi, l'Utente riconosce che la responsabilità del Fornitore in forza del contratto
è limitata
alle sole ipotesi di dolo o colpa grave.
10.5 Ai fini dell'accertamento di eventuali disservizi, l'Utente accetta che faranno fede le risultanze dei
sistemi
informatici del Fornitore.
11. Modifica dei termini d'uso
11.1 L'Abbonamento è disciplinato dai termini d'uso approvati al momento dell'acquisto.
11.2 Durante il periodo di validità del contratto, il Fornitore si riserva di modificare i termini della
fornitura per
giustificati motivi connessi alla necessità di adeguarsi a modifiche normative o obblighi di legge, alle
mutate
condizioni del mercato di riferimento ovvero all'attuazione di piani aziendali con ricadute sull'offerta dei
contenuti.
11.3 I nuovi termini d'uso saranno comunicati all'Utente con un preavviso di almeno 15 giorni rispetto alla
scadenza del
periodo di fatturazione in corso ed entreranno in vigore a partire dall'inizio del periodo di fatturazione
successivo.
Se l'Utente non è d'accordo con i nuovi termini d'uso, può esercitare la disdetta secondo quanto previsto al
precedente
articolo 3.
11.4 Ove la modifica dei termini d'uso sia connessa alla necessità di adeguarsi a un obbligo di legge, i
nuovi termini
d'uso potranno entrare in vigore immediatamente al momento della comunicazione; resta inteso che, solo in
tale ipotesi,
l'Utente potrà recedere dal contratto entro i successivi 30 giorni, con il conseguente diritto ad ottenere
un rimborso
proporzionale al periodo di abbonamento non goduto.
12. Trattamento dei dati personali
12.1 In conformità a quanto previsto dal Regolamento 2016/679 UE e dal Codice della privacy (decreto
legislativo 30
giugno 2003, n. 196), i dati personali degli Utenti saranno trattati per le finalità e in forza delle basi
giuridiche
indicate nella privacy policy messa a disposizione dell'Utente in sede di registrazione e acquisto.
12.2 Accettando i presenti termini di utilizzo, l'Utente conferma di aver preso visione della privacy policy
messa a
disposizione dal Fornitore e di averne conservato copia su supporto durevole.
12.3 Il Fornitore si riserva di modificare in qualsiasi momento la propria privacy policy nel rispetto dei
diritti degli
Utenti, dandone notizia a questi ultimi con mezzi adeguati e proporzionati allo scopo.
13. Servizio clienti
13.1 Per informazioni sul Servizio e per qualsiasi problematica connessa con la fruizione dello stesso,
l'Utente può
contattare il Fornitore attraverso i seguenti recapiti: help@newslist.it
14. Legge applicabile e foro competente
14.1 Il contratto tra il Fornitore e l'Utente è regolato dal diritto italiano.
14.2 Ove l'Utente sia qualificabile come consumatore, per le controversie comunque connesse con la
formazione,
esecuzione, interpretazione e cessazione del contratto, sarà competente il giudice del luogo di residenza o
domicilio
del consumatore, se ubicato in Italia.