14 Marzo
Ascesa e declino della quasi Europa
Una quasi-federazione, con una quasi-costituzione ed una quasi-democrazia che si sta rivelando debole di fronte alla sfida interna dei movimenti populisti e degli Stati Uniti di Trump. Lorenzo Castellani fa un'indagine sull'impero delle ordinanze e direttive.
di Lorenzo Castellani
L’Europa è in fibrillazione. Nonostante le solite preoccupazioni sul voto italiano espresse per bocca di Jean-Claude Junker, anche questa elezione ha visto il moltiplicarsi dei consensi a favore di forze anti-establishment ed euroscettiche. A complicare il quadro ci si è messo anche il Presidente americano Donald Trump che ha scelto di applicare dazi selettivi su alcuni prodotti importati dagli Stati Uniti. Una barriera doganale che nella mente di Trump va estesa anche all’Unione Europea, ed in particolare alla Germania, facendo strepitare immediatamente le istituzioni di Bruxelles per il disfacimento dell’ordine internazionale.
Condivisibile o meno, quella del Presidente americano è una sfida che mette alla prova le istituzioni europee poiché propone, tra riforma fiscale e protezionismo selettivo, un progetto chiaro: ri-territorializzare il capitalismo americano. Le grandi multinazionali americane rimpatrieranno stabilimenti e capitali mentre non passeranno acciaio e alluminio con la stessa facilità di ieri oltre confine. Così l’Unione Europea si trova, ad oggi disarmata, nel fronteggiare due pressioni: quella interna dei movimenti populisti e quella esterna di un gigante americano tornato a galoppare e, soprattutto, intenzionato ad avviare l’era del riequilibrio. L’idea è quella di porre fine definitivamente a quel lungo processo che ha fatto degli Stati Uniti il tutore politico, economico e militare del vecchio Continente dal 1945 alla fine del Ventesimo Secolo.
L’Unione Europea si trova disarmata di fronte a due pressioni: quella interna dei movimenti populisti e quella esterna del gigante americano.
Oggi gli europeisti lamentano l’imposizione di nuovi dazi, ma è noto che il principio fondante del mercato unico europeo sia sempre stato nessuna barriera all’interno, ma protezione all’esterno. Ad oggi, infatti, la tassazione doganale applicata dall’UE verso gli Stati Uniti d’America è di quasi due punti percentuali più alta rispetto a quella che Washington impone alle merci che vengono dal Vecchio Continente....
di Lorenzo Castellani
L’Europa è in fibrillazione. Nonostante le solite preoccupazioni sul voto italiano espresse per bocca di Jean-Claude Junker, anche questa elezione ha visto il moltiplicarsi dei consensi a favore di forze anti-establishment ed euroscettiche. A complicare il quadro ci si è messo anche il Presidente americano Donald Trump che ha scelto di applicare dazi selettivi su alcuni prodotti importati dagli Stati Uniti. Una barriera doganale che nella mente di Trump va estesa anche all’Unione Europea, ed in particolare alla Germania, facendo strepitare immediatamente le istituzioni di Bruxelles per il disfacimento dell’ordine internazionale.
Condivisibile o meno, quella del Presidente americano è una sfida che mette alla prova le istituzioni europee poiché propone, tra riforma fiscale e protezionismo selettivo, un progetto chiaro: ri-territorializzare il capitalismo americano. Le grandi multinazionali americane rimpatrieranno stabilimenti e capitali mentre non passeranno acciaio e alluminio con la stessa facilità di ieri oltre confine. Così l’Unione Europea si trova, ad oggi disarmata, nel fronteggiare due pressioni: quella interna dei movimenti populisti e quella esterna di un gigante americano tornato a galoppare e, soprattutto, intenzionato ad avviare l’era del riequilibrio. L’idea è quella di porre fine definitivamente a quel lungo processo che ha fatto degli Stati Uniti il tutore politico, economico e militare del vecchio Continente dal 1945 alla fine del Ventesimo Secolo.
L’Unione Europea si trova disarmata di fronte a due pressioni: quella interna dei movimenti populisti e quella esterna del gigante americano.
Oggi gli europeisti lamentano l’imposizione di nuovi dazi, ma è noto che il principio fondante del mercato unico europeo sia sempre stato nessuna barriera all’interno, ma protezione all’esterno. Ad oggi, infatti, la tassazione doganale applicata dall’UE verso gli Stati Uniti d’America è di quasi due punti percentuali più alta rispetto a quella che Washington impone alle merci che vengono dal Vecchio Continente. Nel frattempo le riforme istituzionali proposte da Macron sono state frenate dal nuovo governo tedesco e dall’incerta situazione post-elettorale italiana. La loro discussione è stata rimandata da marzo a giugno, ma è probabile che le proposte di ulteriore centralizzazione di bilancio e fiscale avanzate dall’Eliseo non vedano mai la luce.
Questo scenario, di sostanziale passività e difficoltà dell’Unione, permette di aprire una parentesi di riflessione sulle élite europee ed il progetto europeo. Prima di tutto l’Unione Europea oggi è ancora un sistema a trazione burocratica. Nelle parole dell’intellettuale Robert Menasse, che ha studiato in profondità le istituzioni europee negli scorsi anni, questa è “una burocrazia giuseppina che inflessibilmente elabora ordinanze e direttive”. Ne consegue che se gli Stati europei hanno faticosamente ricostruito un sistema di democrazie liberali, quando ci si sopraeleva a livello sovranazionale, cioè europeo, gli standard liberali e democratici cadono. Il Trattato di Lisbona ha sì portato alcuni miglioramenti rispetto a Maastricht, ma le rinunce e i deficit in termini di politiche democratiche non sono del tutto eliminati, anzi, appaiono oramai immutabili. Non esiste, ad esempio, il principio alla base del costituzionalismo occidentale: la divisione tra poteri. Nella Unione Europea questa è stata abolita. Il Parlamento è eletto, ma non ha alcun diritto di iniziativa legislativa, se non di straforo, poiché questo è una prerogativa della Commissione, la quale è proprio l’istituzione in cui la democrazia viene aggirata: è un organo non eletto e non revocabile, che ha fuso in sé potere legislativo ed esecutivo. In termini istituzionali la triade Commissione, Consiglio Europeo e Parlamento costituisce un buco nero per i principi fondamentali del costituzionalismo democratico.
L'Ue è “una burocrazia giuseppina che inflessibilmente elabora ordinanze e direttive”.
È opportuna qui una postilla realista. Osservando la storia con cui il potere è stato organizzato su scala nazionale, dalla fine del Diciottesimo Secolo ad oggi, appare impossibile replicare, a livello sovranazionale, il processo che è avvenuto all’interno degli Stati. Quando si alza la scala, e si architetta una costruzione artificiale, appare assai complicato conferirgli una veste di legittimità democratica. Tanto che, come sottolinea Todd Huizinga, le istituzioni europee sono la patria del quasi: una quasi-federazione, con una quasi-costituzione ed una quasi-democrazia. Dunque, il cosiddetto deficit democratico è considerato dagli stessi portavoce di Bruxelles una malattia cronica, difficile da curare, da deplorare e minimizzare. Come se il processo costituzionale del Diciannovesimo e Ventesimo secolo fosse sparito dall’atto di fondazione della Unione europea e si sia stabilito che la popolazione non debba avere più di tanto voce in capitolo.
D’altronde la storia stessa delle istituzioni europee è incongruente: nasce e si sviluppa in termini funzionali, d’integrazione economica e regolamentare. La Comunità Europea non voleva essere una democrazia sovranazionale, ma un accessorio strumentale ad essa. Solo con Maastricht si è materializzato quel processo che mira a fare dell’UE un grande Stato sovranazionale con aperture democratiche. Tuttavia, a quel punto della storia, era impossibile ripensare completamente l’edificio europeo ed eliminare le istituzioni figlie dell’integrazione economico-funzionale.
Le istituzioni europee sono la patria del quasi: una quasi-federazione, con una quasi-costituzione ed una quasi-democrazia.
Una eredità tanto forte che oggi vengono proposti soltanto ritocchi cosmetici e il deficit di democrazia e legittimazione pare essersi trasformato nell’opportunità di mettere sotto tutela politica i cittadini dell’Unione. Ad esempio, il Parlamento europeo può prendere decisioni sul budget solo in accordo con il Consiglio europeo e un solo rappresentante del Consiglio può bloccare le decisioni del Parlamento in materia di bilancio. In questo modo il principio di no taxation without representation perde qualsiasi valore ed è un elemento che i leader europei dovrebbero tenere a mente quando propongono ulteriore rafforzamento del bilancio e armonizzazione fiscale.
In tutto questo la passività dei cittadini europei resta notevole: la partecipazione alle elezioni europee è bassa e quasi sempre giocata su temi nazionali, i gruppi parlamentari europei restano dei semi-sconosciuti così come la loro organizzazione territoriale. Una situazione che pare essere comoda tanto a Bruxelles quanto negli esecutivi nazionali. I politici in transito nelle istituzioni europee possono, infatti, continuare non curanti della loro legittimazione a gestire le politiche di loro interesse mentre i governi nazionali possono continuare a scaricare tutte le colpe su Bruxelles. La Commissione può giustificarsi sostenendo di seguire gli intendimenti dei capi di governo e questi possono, a livello nazionale, incolpare gli altri paesi. Una macchina perfetta in cui evapora un principio chiave di qualsiasi ordinamento liberale: la responsabilità politica, quel rendiconto ai cittadini che viene teorizzato dai tempi di Plutarco.
Una macchina perfetta in cui evapora un principio chiave di qualsiasi ordinamento liberale: la responsabilità politica.
Ne consegue una esagerata produzione legislativa volta a regolare una enorme quantità di interessi frazionali che affluiscono a Bruxelles da ogni angolo d’Europa. Sono le oramai tristemente note disposizioni sulle vongole, sulla curvatura dei cetrioli e altre amenità del genere. Le istituzioni europee più che rappresentare i cittadini europei rappresentano interessi per questo sono divenute il paradiso del lobbismo. Come scriveva Tacito, codificando un principio poi ripreso da innumerevoli pensatori liberali europei, “corruptissima re pubblica plurimae leges”.
Questo stato di cose ci permette di introdurre un’ultima questione legata al tradimento del principio di sussidiarietà. Infatti, c’è per iscritto un principio europeo che recita “le finalità dell’Unione vengono realizzate nel rispetto del principio della sussidiarietà”. Si definisce un concetto semplice: ciò che può essere deciso all’interno di un ente locale, deve rimanere una questione di quell’ente; ciò che una Regione riesce a risolvere da sola, rientra nella sua competenza; e ciò che lo Stato nazionale riesce a regolamentare, ad esso deve rimanere affidato poiché “La UE può intervenire esclusivamente nel caso in cui un problema possa essere correttamente risolto non a livello nazionale, ma soltanto a livello europeo” scrive Roman Herzog, giurista tedesco ed ex Presidente della Repubblica Federale, e continua sostenendo che “in effetti questa dovrebbe essere una cosa ovvia però conta ben poco nella coscienza di politici, funzionari e rappresentanti di categoria di Bruxelles”. Chi tutela i cittadini europei da queste usurpazioni? Anche il terzo potere, la giustizia europea, sembra deragliata dalla competenza che le spettava e cioè vigilare sul rispetto dei Trattati. Le sentenze della Corte di Giustizia europea, infatti, negli anni hanno ampliato sempre di più le competenze dell’Unione sottraendolo agli Stati membri ed intervenendo direttamente nei loro ordinamenti giuridici. E da allora viene percepita come un problema dagli stati nazionali tanto che persino la potente Corte Costituzionale tedesca ha cercato di stabilire dei paletti negli scorsi anni all’effetto “aspirapolvere” delle istituzioni europee.
Anche il terzo potere, la giustizia europea, sembra deragliata dalla competenza che le spettava e cioè vigilare sul rispetto dei Trattati.
C’è poi, da ultimo, il problema della strategia politica. Ovvero la scelta per i portavoce delle istituzioni europee di bollare come anti europeo chiunque muova critiche ad un progetto che, se analizzato a fondo, pare mostrare la corda. Chiunque aspiri a cambiare le istituzioni europee, in senso contrario a quello della centralizzazione dei “federalisti” europei che è già per sé un controsenso, viene calunniato e bollato come esecutore di attività anti europee. Ne consegue la segnalazione della pericolosità di chi vorrebbe modificare il progetto europeo poiché anti-democratico, nazionalista e guerrafondaio. Nella mente dell’europeista settario soltanto una ulteriore integrazione può assicurare pace, sviluppo, democrazia e fratellanza ai popoli europei. Insomma, mentre qualunque politico italiano sarebbe sbeffeggiato se desse ai suoi oppositori dell’anti-italiano, a Bruxelles un ex primo ministro lussemburghese può permettersi di rimproverare la Cancelliera democraticamente eletta di un paese confinante per i suoi “modi anti-europei”, ogni qualvolta siano prese decisioni a questo non gradite. Lo “spirito europeo” è divenuto il metodo attraverso il quale gli esponenti delle istituzioni europee cercano di mettere sotto tutela le democrazie nazionali europee. Allo stesso modo lo spettro del populismo e del protezionismo viene agitato quando l’alleato americano o l’ex Stato Membro Regno Unito effettuano legittimi e sovrane scelte di politica estera. Le reazioni dei popoli e i risultati internazionali sono sotto gli occhi di tutti.
Per concludere, l’Unione Europea può vantare una forma di potere che nella storia non ha confronti. Una struttura, come già abbiamo sottolineato su List, più simile a quella di un impero che di una democrazia liberale. Se questa ha il pregio di non utilizzare la violenza dall’altro lato si comporta in modo spietatamente umanitario e assume un atteggiamento pedagogico. L’Unione Europea di oggi è un tutore benevolo che, mentre ripartisce interessi particolari, si prende cura della vita e della morale dei cittadini europei. Principi come quello dell’autodeterminazione e della sussidiarietà non esistono poiché i popoli sono troppo impotenti e immaturi. Per questo gli europei vanno assistiti e rieducati a fondo con la morale e con un profluvio di regole. L’Unione non si pone il compito di opprimere i suoi cittadini, bensì di omogeneizzare, possibilmente in maniera felpata e surrettizia, le condizioni di vita sul continente. Una sfida che, di elezione in elezione, mostra sempre di più le crepe dell’edificio.
La struttura dell'Unione europea è più simile a quella di un impero che di una democrazia liberale.
Tuttavia, esprimere delle perplessità, anche forti, sul progetto europeo è ben diverso dal volerlo distruggere. Sarebbe una estremizzazione e un affronto alla storia volersi privare della libertà di circolazione di capitali, merci e lavoratori o della possibilità di risolvere problematiche come quelle delle infrastrutture o dell’ambiente che sono, per natura, sovranazionali. Tuttavia, per proteggere queste prerogative non è più possibile difendere lo status quo delle istituzioni europee e la loro traiettoria moralmente pedagogica e politicamente centralista. Infatti, già si scorgono sullo sfondo, i pericoli che si annidano nel continuare a negare la realtà o a voler proseguire nell’omogeneizzare un continente stracolmo di peculiarità culturali e politiche e che da queste tradizioni attinge la propria forza economica e geopolitica. Un europeismo nuovo sarà possibile quando principi come quello della sussidiarietà, dell’autodeterminazione, della competizione e della separazione dei poteri torneranno al centro del dibattito sulle istituzioni europee e la loro riforma.
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dell'Abbonamento e
dei suoi contenuti, ove riconducibile all'account dell'Utente medesimo; per questo motivo l'Utente si
impegna ad
assumere tutte le precauzioni necessarie per mantenere riservato l'accesso all'Abbonamento attraverso il
proprio account
(per esempio, mantenendo riservate le credenziali di accesso ovvero segnalando senza ritardo al Fornitore
che la
riservatezza di tali credenziali risulta compromessa per qualsiasi motivo).
7.4 La violazione degli obblighi stabiliti nel presente articolo conferisce al Fornitore il diritto di
risolvere
immediatamente il contratto ai sensi dell'articolo 1456 del codice civile, fatto salvo il risarcimento dei
danni.
8. Tutela della proprietà intellettuale e industriale
8.1 L'Utente riconosce e accetta che i contenuti dell'Abbonamento, sotto forma di testi, immagini,
fotografie, grafiche,
disegni, contenuti audio e video, animazioni, marchi, loghi e altri segni distintivi, sono coperti da
copyright e dagli
altri diritti di proprietà intellettuale e industriale di volta in volta facenti capo al Fornitore e ai suoi
danti causa
e per questo si impegna a rispettare tali diritti.
8.2 Tutti i diritti sono riservati in capo ai titolari; l'Utente accetta che l'unico diritto acquisito con
il contratto
è quello di fruire dei contenuti dell'Abbonamento con le modalità e i limiti propri del Servizio. Fatte
salve le
operazioni di archiviazione e condivisione consentite dalle apposite funzionalità del Servizio, qualsiasi
attività di
riproduzione, pubblica esecuzione, comunicazione a terzi, messa a disposizione, diffusione, modifica ed
elaborazione dei
contenuti è espressamente vietata.
8.3 La violazione degli obblighi stabiliti nel presente articolo conferisce al Fornitore il diritto di
risolvere
immediatamente il contratto ai sensi dell'articolo 1456 del codice civile, fatto salvo il risarcimento dei
danni.
9. Manleva
9.1 L'Utente si impegna a manlevare e tenere indenne il Fornitore contro qualsiasi costo – inclusi gli
onorari degli
avvocati, spesa o danno addebitato al Fornitore o in cui il Fornitore dovesse comunque incorrere in
conseguenza di usi
impropri del Servizio da parte dell'Utente o per la violazione da parte di quest'ultimo di obblighi
derivanti dalla
legge ovvero dai presenti termini d'uso.
10. Limitazione di responsabilità
10.1 Il Fornitore è impegnato a fornire un Servizio con contenuti professionali e di alta qualità; tuttavia,
il
Fornitore non garantisce all'Utente che i contenuti siano sempre privi di errori o imprecisioni; per tale
motivo,
l'Utente è l'unico responsabile dell'uso dei contenuti e delle informazioni veicolate attraverso di
essi.
10.2 L'Utente riconosce e accetta che, data la natura del Servizio e come da prassi nel settore dei servizi
della
società dell'informazione, il Fornitore potrà effettuare interventi periodici sui propri sistemi per
garantire o
migliorare l'efficienza e la sicurezza del Servizio; tali interventi potrebbero comportare il rallentamento
o
l'interruzione del Servizio. Il Fornitore si impegna a contenere i periodi di interruzione o rallentamento
nel minore
tempo possibile e nelle fasce orarie in cui generalmente vi è minore disagio per gli Utenti. Ove
l'interruzione del
Servizio si protragga per oltre 24 ore, l'Utente avrà diritto a un'estensione dell'Abbonamento per un numero
di giorni
pari a quello dell'interruzione; in tali casi, l'Utente riconosce che l'estensione dell'Abbonamento è
l'unico rimedio in
suo favore, con la conseguente rinunzia a far valere qualsivoglia altra pretesa nei confronti del
Fornitore.
10.3 L'Utente riconosce e accetta che nessuna responsabilità è imputabile al Fornitore:
- per disservizi dell'Abbonamento derivanti da malfunzionamenti di reti elettriche e telefoniche ovvero di
ulteriori
servizi gestiti da terze parti che esulano del tutto dalla sfera di controllo e responsabilità del Fornitore
(per
esempio, disservizi della banca dell'Utente, etc...);
- per la mancata pubblicazione di contenuti editoriali che derivi da cause di forza maggiore.
10.4 In tutti gli altri casi, l'Utente riconosce che la responsabilità del Fornitore in forza del contratto
è limitata
alle sole ipotesi di dolo o colpa grave.
10.5 Ai fini dell'accertamento di eventuali disservizi, l'Utente accetta che faranno fede le risultanze dei
sistemi
informatici del Fornitore.
11. Modifica dei termini d'uso
11.1 L'Abbonamento è disciplinato dai termini d'uso approvati al momento dell'acquisto.
11.2 Durante il periodo di validità del contratto, il Fornitore si riserva di modificare i termini della
fornitura per
giustificati motivi connessi alla necessità di adeguarsi a modifiche normative o obblighi di legge, alle
mutate
condizioni del mercato di riferimento ovvero all'attuazione di piani aziendali con ricadute sull'offerta dei
contenuti.
11.3 I nuovi termini d'uso saranno comunicati all'Utente con un preavviso di almeno 15 giorni rispetto alla
scadenza del
periodo di fatturazione in corso ed entreranno in vigore a partire dall'inizio del periodo di fatturazione
successivo.
Se l'Utente non è d'accordo con i nuovi termini d'uso, può esercitare la disdetta secondo quanto previsto al
precedente
articolo 3.
11.4 Ove la modifica dei termini d'uso sia connessa alla necessità di adeguarsi a un obbligo di legge, i
nuovi termini
d'uso potranno entrare in vigore immediatamente al momento della comunicazione; resta inteso che, solo in
tale ipotesi,
l'Utente potrà recedere dal contratto entro i successivi 30 giorni, con il conseguente diritto ad ottenere
un rimborso
proporzionale al periodo di abbonamento non goduto.
12. Trattamento dei dati personali
12.1 In conformità a quanto previsto dal Regolamento 2016/679 UE e dal Codice della privacy (decreto
legislativo 30
giugno 2003, n. 196), i dati personali degli Utenti saranno trattati per le finalità e in forza delle basi
giuridiche
indicate nella privacy policy messa a disposizione dell'Utente in sede di registrazione e acquisto.
12.2 Accettando i presenti termini di utilizzo, l'Utente conferma di aver preso visione della privacy policy
messa a
disposizione dal Fornitore e di averne conservato copia su supporto durevole.
12.3 Il Fornitore si riserva di modificare in qualsiasi momento la propria privacy policy nel rispetto dei
diritti degli
Utenti, dandone notizia a questi ultimi con mezzi adeguati e proporzionati allo scopo.
13. Servizio clienti
13.1 Per informazioni sul Servizio e per qualsiasi problematica connessa con la fruizione dello stesso,
l'Utente può
contattare il Fornitore attraverso i seguenti recapiti: help@newslist.it
14. Legge applicabile e foro competente
14.1 Il contratto tra il Fornitore e l'Utente è regolato dal diritto italiano.
14.2 Ove l'Utente sia qualificabile come consumatore, per le controversie comunque connesse con la
formazione,
esecuzione, interpretazione e cessazione del contratto, sarà competente il giudice del luogo di residenza o
domicilio
del consumatore, se ubicato in Italia.