18 Aprile
Queste élite sono al tramonto. E non le salverà Macron
È inutile lanciare il pericolo della guerra civile come ha fatto il Presidente della Francia. Non ci sarà nessuna fine dell'Occidente, devono solo cambiare le classi dirigenti (poco) illuminate. Lorenzo Castellani sulle élite necessarie ma non eterne.
di Lorenzo Castellani
L’interessante provocazione di Giuliano Cazzola sul taccuino di List offre lo spunto per brevi riflessioni sul futuro del liberalismo in Europa. Se è certamente vero, come scrive il Professore, che le democrazie senza élite non possono funzionare è altrettanto vero, come ci hanno insegnato Vilfredo Pareto e Gaetano Mosca, che nei regimi liberali sani e funzionanti le élite devono circolare e rinnovarsi. Un superamento dell’establishment che ci ha condotto nella crisi economica e nello stallo politico non è a prescindere un evento catastrofico. Emmanuel Macron ieri nel suo discorso al Parlamento europeo ha evocato niente meno che una "guerra civile" in Europa per descrivere l'ascesa dei movimenti populisti. È questo lo scenario? O il Presidente della Francia inseguendo un suo disegno politico cambia i connotati al presente? Considerato il nuovo scenario politico europeo, chi scrive ritiene che il liberalismo abbia maggiori possibilità di sopravvivere attraverso le nuove élite politiche se sarà capace di adeguarsi alla realtà piuttosto che chiudersi nei fortilizi dell’idealismo anti-populista. Partiamo, dunque, dall’origine.
Dov’è finito il liberalismo europeo? Che fine ha fatto quella filosofia centrata sull’individuo, sulla libertà d’impresa, sulla concorrenza economica ed istituzionale, sulla libertà di scelta? Negli ultimi dieci anni le forze politiche che hanno imbracciato tutti insieme e, più spesso, pezzi di questi concetti si sono sregolate sotto i colpi delle trasformazioni della politica, che vede trionfare sul tutto il Continente forze nazionaliste e populiste, molto diverse tra loro, ma accomunate dalla repulsione verso l’ordine politico stabilitosi dopo la Caduta del Muro di Berlino. Per dirla con l’oxfordiano Ian Zielonka, allevo dell’eccentrico liberale Ralf Dahrendorf, alla rivoluzione del 1989, che ha fatto della democrazia liberale e dei suoi valori un credo universale, si sta sostituendo una controrivoluzione, che sa bene cosa vuole distruggere ma ha ancora le idee poco chiare su cosa...
di Lorenzo Castellani
L’interessante provocazione di Giuliano Cazzola sul taccuino di List offre lo spunto per brevi riflessioni sul futuro del liberalismo in Europa. Se è certamente vero, come scrive il Professore, che le democrazie senza élite non possono funzionare è altrettanto vero, come ci hanno insegnato Vilfredo Pareto e Gaetano Mosca, che nei regimi liberali sani e funzionanti le élite devono circolare e rinnovarsi. Un superamento dell’establishment che ci ha condotto nella crisi economica e nello stallo politico non è a prescindere un evento catastrofico. Emmanuel Macron ieri nel suo discorso al Parlamento europeo ha evocato niente meno che una "guerra civile" in Europa per descrivere l'ascesa dei movimenti populisti. È questo lo scenario? O il Presidente della Francia inseguendo un suo disegno politico cambia i connotati al presente? Considerato il nuovo scenario politico europeo, chi scrive ritiene che il liberalismo abbia maggiori possibilità di sopravvivere attraverso le nuove élite politiche se sarà capace di adeguarsi alla realtà piuttosto che chiudersi nei fortilizi dell’idealismo anti-populista. Partiamo, dunque, dall’origine.
Dov’è finito il liberalismo europeo? Che fine ha fatto quella filosofia centrata sull’individuo, sulla libertà d’impresa, sulla concorrenza economica ed istituzionale, sulla libertà di scelta? Negli ultimi dieci anni le forze politiche che hanno imbracciato tutti insieme e, più spesso, pezzi di questi concetti si sono sregolate sotto i colpi delle trasformazioni della politica, che vede trionfare sul tutto il Continente forze nazionaliste e populiste, molto diverse tra loro, ma accomunate dalla repulsione verso l’ordine politico stabilitosi dopo la Caduta del Muro di Berlino. Per dirla con l’oxfordiano Ian Zielonka, allevo dell’eccentrico liberale Ralf Dahrendorf, alla rivoluzione del 1989, che ha fatto della democrazia liberale e dei suoi valori un credo universale, si sta sostituendo una controrivoluzione, che sa bene cosa vuole distruggere ma ha ancora le idee poco chiare su cosa intende costruire.
Cosa è successo negli ultimi trent’anni di politica europea? La storia, come sempre, viene in soccorso e dobbiamo andare, almeno, cinquant’anni indietro partendo dalla fine degli anni Sessanta. È in quel momento che i trente glorieuse, i tre decenni di formidabile sviluppo economico dopo la Seconda guerra mondiale, hanno iniziato a scricchiolare. La generazione dei baby-boomers iniziava, infatti, a chiedere un maggiore spazio democratico e di protagonismo politico. Il 1968 ha messo in ginocchio l’autorità delle istituzioni pregresse e avviato una trasformazione di lunghissimo periodo. E’ in questo scenario che le nuove generazioni iniziano a chiedere la scomposizione del potere, un maggiore spazio all’individualismo, alla partecipazione democratica collettiva, ad un ulteriore salto nel processo di secolarizzazione ma anche al transnazionalismo, al superamento dei confini e alla retorica dei diritti. Qui matura politicamente un nuovo universalismo individualista e democratico. Sempre nello stesso periodo inizierà un rallentamento economico che porterà alla crisi della metà degli anni settanta quando stagnazione ed inflazione sbarrarono il passo alle politiche keynesiane. Il welfare state forgiato dalla Seconda guerra mondiale si avvia al tramonto. A questa situazione di crisi politica, economica e culturale, le elite occidentali rispondono attraverso tre principali direttrici:
1) Depoliticizzare la democrazia. Dalla fine degli anni settanta si avvia un processo di spoliticizzazione delle decisioni politiche che inizia con la fine del sistema di Bretton Woods. S’inaugura un rinnovato protagonismo delle banche centrali e di altre istituzioni sovranazionali come il Fondo Monetario Internazionale nonché la spinta verso una maggiore integrazione europea. Per mantenere il controllo nel medio-lungo periodo sulle politiche i governi scelgono di esternalizzare il potere decisionale, conferendolo a entità tecnocratiche nazionali e sovranazionali. In questo frangente iniziano a comparire sulla scena nuove istituzioni come le agenzie di rating, le autorità amministrative indipendenti e le Corti costituzionali assumono un ruolo sempre più centrale nel processo di riforma. Si moltiplicano, inoltre, regolamenti, corti e tribunali sovranazionali. Inizia un processo di svuotamento del potere democratico a cui si affiancano, però, nuovi strumenti di democrazia diretta come il referendum per rispondere alle pressioni politiche post-sessantottine. Un colpo al cerchio della politica e uno alla botte della tecnocrazia.
2) La retorica dei diritti. Emerge un certo universalismo che vuole spingere i diritti oltre i confini degli Stati nazionali: si parla di diritti umani, non più di diritti dell’uomo poiché al singolo si sostituisce la comunità mondiale. Sono diritti che possono essere esportati proprio perché considerati universali cioè buoni per essere calati in contesti culturali e politici totalmente diversi tra loro. Inizia, in questo contesto, a maturare quel politicamente corretto che ricerca, tramite le politiche e i tribunali, la protezione ossessiva delle minoranze e l’apertura delle frontiere da parte dei paesi occidentali dietro la spinta delle motivazioni umanitarie.
3) Il mercato. Allentare la regolamentazione sulla circolazione dei capitali e spingere il mercato borsistico è stata la grande operazione di popular capitalism portata a compimento dalla destra angloamericana degli anni ottanta. E’ la rappresentazione di Gordon Gekko che si muove tra i mercati mondiali dal suo ufficio di Wall Street nell’epoca reganiana; sono Beniamino Andreatta e Carlo Azeglio Ciampi che avallano il divorzio tra Tesoro e Banca d’Italia nel 1981 permettendo ai titoli di debito pubblico italiano di finire sul mercato finanziario; Margaret Thatcher che lancia una grande operazione di privatizzazione dell’economia britannica; la Comunità Europea che nel 1986 vara, con l’Atto Unico Europeo, il mercato comune. Si costruisce un mercato globale che raggiungerà il suo acme con l’ingresso della Cina nel WTO nel 1994. Una scelta, ispirata da pensatori come F.A. Hayek e Milton Friedman, che contaminerà anche la sinistra dei primi anni novanta: quella dei Clinton e dei Blair, ma anche le conversioni al mercato dei D’Alema. Persa l’autorità e la legittimazione delle istituzioni precedenti al 1968 il mercato diventa un vettore di disciplinamento della società poiché promuoveva l’idea che conoscenza, lavoro e merito potessero aprire le porte del benessere molto più di qualsiasi protesta politica o sussidio assistenziale.
Vengono varate, dunque, tre diverse promesse: quella di una partecipazione democratica allargata, quella di un individualismo universale e cosmopolita gestito dall’Occidente, quella di uno sviluppo economico persistente fondato sulla produttività e imperniato sull’aumento costante dei consumi. E’ la nuova geografia del pensiero politico che nasce dalla disgregazione del liberalismo e dalla contaminazione dello stesso con diverse aree culturali.
Se fino al 1989 il liberalismo occidentale, seppure con le tante sfumature che lo contraddistinguevano, era una filosofia che si misurava con un avversario, il comunismo sovietico, quel momento segnerà la vittoria e, allo stesso tempo, la disgregazione del liberalismo politico. Dato per assodato il costituzionalismo, la protezione delle libertà fondamentali, il pensiero liberale si polverizza: da un lato si muove verso l’ideologia dei nuovi diritti, della protezione delle minoranze, della libertà di scelta e dall’altro si muove verso la libera concorrenza e l’apertura dei mercati. Due tendenze che vengono intercettate sia dalla destra liberale degli anni ottanta e novanta sia dalla sinistra, anch’essa divenuta liberale, che ricerca una terza via tra mercato e socialismo. Entrambe vengono incorporate, inoltre, dalle istituzioni europee che rappresentano il mercato comune e la tutela giudiziaria sovranazionale dei diritti.
In questo processo, però, il liberalismo egemone inizia progressivamente ad allontanarsi dai territori e dai popoli. Nella mente d’intellettuali, industriali, finanzieri e burocrati sovranazionali questo “liberalismo universalista” diviene l’unico modo possibile d’intendere la democrazia e la governance economica. Una concezione che inizia a scricchiolare all’inizio degli anni duemila con la bocciatura della Costituzione Europea da parte di due referendum tenutisi in Francia e Olanda. Quando interpellato il popolo europeo mostra di ribellarsi all’omogeneizzazione di Bruxelles, di credere sempre meno alle promesse effettuate dalle elite europee nei due decenni precedenti e, soprattutto, che il sovranazionalismo non ha funzionato nel mondo e non avrà successo nemmeno in Europa.
Con l’arrivo della crisi economica del 2008 arriva il colpo mortale per la terza promessa, quella di uno sviluppo senza fine, che nel suo affondamento si porta dietro le altre due. Nel frattempo l’Unione Europea ha svelato i propri meccanismi di potere: la regolazione pervasiva del mercato, il salvataggio delle banche, lo stress sui conti pubblici degli Stati. In definitiva si arriva ad un tornante della storia in cui il “paradiso depoliticizzato” delle istituzioni europee diventa il tavolo su cui torna a svolgersi il braccio di ferro tra Stati sovrani. Si passa dall’impero ovattato delle direttive al ritorno della politica che, ribollendo e disordinando, mette in discussione quella disciplina, fa riaffiorare vecchie ruggini culturali e nazionali.
Nell’aggravarsi della crisi la politica europea vara, per tenere insieme l’unione monetaria, scelte politiche irrinunciabili, in quella situazione economica, ma che non possono essere tollerate dalla democrazia degli Stati nazionali. Infatti, se è vero che non esiste liberalismo senza vittime è altrettanto vero che la democrazia non perdona i sacrifici. Inizia a passare, nella mente di molti europei, il pensiero che le promesse saranno disattese e, peggio ancora, che il liberalismo europeo espresso dai partiti moderati non sia altro che la conservazione dell’esistente. Un presente che non fornisce più lavoro, reddito e che, soprattutto, crea divisioni all’interno dell’Europa stessa cui tocca uno sviluppo simmetrico e divergente. L’Unione Europea diventa ancora di più una istituzione lontana dai cittadini, pronta a salvare le banche, cioè i banchieri che hanno provocato la crisi secondo il pensiero dell’uomo della strada, e ad affossare tutti quei piccoli produttori e commercianti che non sono riusciti a proiettarsi sui mercati internazionali. L’Unione Europea diventa garante supremo della stabilità che nella lingua del volgo significa riforme che tolgono risparmi a pezzi di società, sia per l’aumento delle tasse o per il riequilibrio della spesa pubblica.
Nel frattempo, sulle coste dell’Europa si affacciano milioni di immigrati su cui le istituzioni europee minimizzano per almeno tre anni. Il messaggio è politicamente devastante e apre la voragine politica entro cui ci troviamo. Il mercato politico si apre e i populisti, dentro cui si riversa di tutto e il suo contrario, iniziano a guadagnare sempre più scranni nei parlamenti nazionali. Cosa accomuna Alexis Tsipras e Nigel Farage, Beppe Grillo e Pablo Iglesias, Marine LePen e Geert Wilders? Quasi nulla se non la volontà di scuotere l’ordine politico generato dagli anni Ottanta e Novanta. Le promesse sono infrante e quel liberalismo politico si avvia al tramonto. Non saranno Mark Rutte, Emmanuel Macron o i liberali tedeschi a salvarlo: tutti si muovono in un’ottima di rottamazione del sistema, vogliono sbarrare le frontiere lasciate aperte dai predecessori, si muovono in un’ottica fortemente nazionalista. Sono dei populisti soft, dal volto pulito, ma dal carattere politico irrimediabilmente segnato dalle evoluzioni della cultura europea.
I meno increduli di fronte alle trasformazioni che stiamo vivendo si domandano quale sarà il futuro e, soprattutto, se ce ne sarà uno per il liberalismo europeo. La risposta è negativa. Non si possono rianimare i miti al tramonto. Gli anticorpi delle promesse liberali resisteranno a livello istituzionale, il capitalismo globale premerà sempre il freno nei confronti del potere della politica di accumulare debito pubblico, i tribunali continueranno a tutelare le libertà fondamentali, che in fin dei conti la maggioranza dei partiti populisti non mette in discussione, ma l’universalismo liberale degli anni novanta e duemila, a destra come a sinistra, appare tramontato per sempre. Ciò non significa, come crede gran parte del vecchio pensiero mainstream, né che la democrazia liberale sia destinata a finire né che il mondo occidentale sia diretto a vele spiegate verso il burrone dell’autoritarismo statalista.
L’ordine politico sta cambiando forma, ma lo scenario è ancora in evoluzione poiché le nuove forze non si sono mostrate per ora capaci di disegnarne uno nuovo. Per il liberalismo è tempo di promesse nuove, non della strenua difesa di quelle superate dalla storia, e di un rapporto di contaminazione, non di ripulsa, con i nuovi attori politici. Le istituzioni nazionali e sovranazionali così come il capitalismo verrano ridisegnati nei prossimi anni, ma le idee dei nuovi attori politici appaiono ancora nebulose e, per questo, condizionabili e allo stesso tempo rischiose. Un liberalismo realista, ridotto nella scala geografica, quindi meno sovranazionale e cosmopolita, meno ossessionato dalla democrazia dei diritti e dalla globalizzazione, più proiettato a ricostruire la legittimazione delle istituzioni, vicino alle comunità locali e ai produttori, attento al riequilibrio intergenerazionale, promotore di sussidiarietà come metodo per indebolire il potere regolatorio-burocratico, e sentinella contro i nuovi monopoli che avanzano nei settori tecnologici potrebbe avere ancora molte frecce al proprio arco culturale e politico.
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o commerciali
eventualmente svolte;
- che tutti i dati forniti per l'attivazione dell'Abbonamento sono corretti e veritieri;
- che i dati forniti saranno mantenuti aggiornati per l'intera durata dell'Abbonamento.
7.2 L'Utente si impegna al pagamento del corrispettivo in favore del Fornitore nella misura e con le
modalità definite
nei precedenti articoli.
7.3 L'Utente si impegna ad utilizzare l'Abbonamento e i suoi contenuti a titolo esclusivamente personale, in
forma non
collettiva e senza scopo di lucro; l'Utente è inoltre responsabile per qualsiasi uso non autorizzato
dell'Abbonamento e
dei suoi contenuti, ove riconducibile all'account dell'Utente medesimo; per questo motivo l'Utente si
impegna ad
assumere tutte le precauzioni necessarie per mantenere riservato l'accesso all'Abbonamento attraverso il
proprio account
(per esempio, mantenendo riservate le credenziali di accesso ovvero segnalando senza ritardo al Fornitore
che la
riservatezza di tali credenziali risulta compromessa per qualsiasi motivo).
7.4 La violazione degli obblighi stabiliti nel presente articolo conferisce al Fornitore il diritto di
risolvere
immediatamente il contratto ai sensi dell'articolo 1456 del codice civile, fatto salvo il risarcimento dei
danni.
8. Tutela della proprietà intellettuale e industriale
8.1 L'Utente riconosce e accetta che i contenuti dell'Abbonamento, sotto forma di testi, immagini,
fotografie, grafiche,
disegni, contenuti audio e video, animazioni, marchi, loghi e altri segni distintivi, sono coperti da
copyright e dagli
altri diritti di proprietà intellettuale e industriale di volta in volta facenti capo al Fornitore e ai suoi
danti causa
e per questo si impegna a rispettare tali diritti.
8.2 Tutti i diritti sono riservati in capo ai titolari; l'Utente accetta che l'unico diritto acquisito con
il contratto
è quello di fruire dei contenuti dell'Abbonamento con le modalità e i limiti propri del Servizio. Fatte
salve le
operazioni di archiviazione e condivisione consentite dalle apposite funzionalità del Servizio, qualsiasi
attività di
riproduzione, pubblica esecuzione, comunicazione a terzi, messa a disposizione, diffusione, modifica ed
elaborazione dei
contenuti è espressamente vietata.
8.3 La violazione degli obblighi stabiliti nel presente articolo conferisce al Fornitore il diritto di
risolvere
immediatamente il contratto ai sensi dell'articolo 1456 del codice civile, fatto salvo il risarcimento dei
danni.
9. Manleva
9.1 L'Utente si impegna a manlevare e tenere indenne il Fornitore contro qualsiasi costo – inclusi gli
onorari degli
avvocati, spesa o danno addebitato al Fornitore o in cui il Fornitore dovesse comunque incorrere in
conseguenza di usi
impropri del Servizio da parte dell'Utente o per la violazione da parte di quest'ultimo di obblighi
derivanti dalla
legge ovvero dai presenti termini d'uso.
10. Limitazione di responsabilità
10.1 Il Fornitore è impegnato a fornire un Servizio con contenuti professionali e di alta qualità; tuttavia,
il
Fornitore non garantisce all'Utente che i contenuti siano sempre privi di errori o imprecisioni; per tale
motivo,
l'Utente è l'unico responsabile dell'uso dei contenuti e delle informazioni veicolate attraverso di
essi.
10.2 L'Utente riconosce e accetta che, data la natura del Servizio e come da prassi nel settore dei servizi
della
società dell'informazione, il Fornitore potrà effettuare interventi periodici sui propri sistemi per
garantire o
migliorare l'efficienza e la sicurezza del Servizio; tali interventi potrebbero comportare il rallentamento
o
l'interruzione del Servizio. Il Fornitore si impegna a contenere i periodi di interruzione o rallentamento
nel minore
tempo possibile e nelle fasce orarie in cui generalmente vi è minore disagio per gli Utenti. Ove
l'interruzione del
Servizio si protragga per oltre 24 ore, l'Utente avrà diritto a un'estensione dell'Abbonamento per un numero
di giorni
pari a quello dell'interruzione; in tali casi, l'Utente riconosce che l'estensione dell'Abbonamento è
l'unico rimedio in
suo favore, con la conseguente rinunzia a far valere qualsivoglia altra pretesa nei confronti del
Fornitore.
10.3 L'Utente riconosce e accetta che nessuna responsabilità è imputabile al Fornitore:
- per disservizi dell'Abbonamento derivanti da malfunzionamenti di reti elettriche e telefoniche ovvero di
ulteriori
servizi gestiti da terze parti che esulano del tutto dalla sfera di controllo e responsabilità del Fornitore
(per
esempio, disservizi della banca dell'Utente, etc...);
- per la mancata pubblicazione di contenuti editoriali che derivi da cause di forza maggiore.
10.4 In tutti gli altri casi, l'Utente riconosce che la responsabilità del Fornitore in forza del contratto
è limitata
alle sole ipotesi di dolo o colpa grave.
10.5 Ai fini dell'accertamento di eventuali disservizi, l'Utente accetta che faranno fede le risultanze dei
sistemi
informatici del Fornitore.
11. Modifica dei termini d'uso
11.1 L'Abbonamento è disciplinato dai termini d'uso approvati al momento dell'acquisto.
11.2 Durante il periodo di validità del contratto, il Fornitore si riserva di modificare i termini della
fornitura per
giustificati motivi connessi alla necessità di adeguarsi a modifiche normative o obblighi di legge, alle
mutate
condizioni del mercato di riferimento ovvero all'attuazione di piani aziendali con ricadute sull'offerta dei
contenuti.
11.3 I nuovi termini d'uso saranno comunicati all'Utente con un preavviso di almeno 15 giorni rispetto alla
scadenza del
periodo di fatturazione in corso ed entreranno in vigore a partire dall'inizio del periodo di fatturazione
successivo.
Se l'Utente non è d'accordo con i nuovi termini d'uso, può esercitare la disdetta secondo quanto previsto al
precedente
articolo 3.
11.4 Ove la modifica dei termini d'uso sia connessa alla necessità di adeguarsi a un obbligo di legge, i
nuovi termini
d'uso potranno entrare in vigore immediatamente al momento della comunicazione; resta inteso che, solo in
tale ipotesi,
l'Utente potrà recedere dal contratto entro i successivi 30 giorni, con il conseguente diritto ad ottenere
un rimborso
proporzionale al periodo di abbonamento non goduto.
12. Trattamento dei dati personali
12.1 In conformità a quanto previsto dal Regolamento 2016/679 UE e dal Codice della privacy (decreto
legislativo 30
giugno 2003, n. 196), i dati personali degli Utenti saranno trattati per le finalità e in forza delle basi
giuridiche
indicate nella privacy policy messa a disposizione dell'Utente in sede di registrazione e acquisto.
12.2 Accettando i presenti termini di utilizzo, l'Utente conferma di aver preso visione della privacy policy
messa a
disposizione dal Fornitore e di averne conservato copia su supporto durevole.
12.3 Il Fornitore si riserva di modificare in qualsiasi momento la propria privacy policy nel rispetto dei
diritti degli
Utenti, dandone notizia a questi ultimi con mezzi adeguati e proporzionati allo scopo.
13. Servizio clienti
13.1 Per informazioni sul Servizio e per qualsiasi problematica connessa con la fruizione dello stesso,
l'Utente può
contattare il Fornitore attraverso i seguenti recapiti: help@newslist.it
14. Legge applicabile e foro competente
14.1 Il contratto tra il Fornitore e l'Utente è regolato dal diritto italiano.
14.2 Ove l'Utente sia qualificabile come consumatore, per le controversie comunque connesse con la
formazione,
esecuzione, interpretazione e cessazione del contratto, sarà competente il giudice del luogo di residenza o
domicilio
del consumatore, se ubicato in Italia.