21 Aprile

Capitalismo. Una proposta per non morire digitali

È in corso un accumulo di ricchezza e distruzione di posti di lavoro senza precedenti nella storia del capitalismo. Roberto Tamburrini esplora la giungla di capitale, lavoro, organizzazione e tassazione delle imprese.

di Roberto Tamburrini

Le nuove tecnologie digitali stanno determinando la quarta rivoluzione industriale («Industria 4.0») e stanno avendo e avranno nel prossimo futuro impatti sull’occupazione e sulla distribuzione della ricchezza molto più forti e veloci di quelle precedenti.

La crescente robotizzazione nel manufacturing, lo sviluppo di software sempre più sofisticati nei servizi potrebbe portare – almeno nel medio periodo – a una contrazione dei posti di lavoro, in particolare di quelli tipici della classe media. Per quanto riguarda i settori coinvolti dalla digitalizzazione e dalla diffusione di siti e applicazioni dedicate, l’impatto risulta particolarmente evidente nel settore commerciale, dove l’ingresso di nuovi player come Amazon e Alibaba nell’e-commerce sta rivoluzionando le abitudini dei consumatori. Ma anche tutto il settore dei servizi (mondo bancario, sistema di pagamenti, etc.) risulta coinvolto in questa trasformazione, che se da una parte può portare dei benefici di brevissimo periodo (incontro di domanda e offerta, maggiore facilità di acquisto di beni/fruizione di servizi, riduzione di costi di transazione), dall’altra può causare dei danni rilevanti nel medio periodo, come la distruzione di posti di lavoro e/o la sostituzione con nuovi lavori di scarsa qualità e meno tutelati.

A tal proposito, si parla oggi della cosiddetta «Gig Economy», che raggruppa tutti quei lavori saltuari e senza contratti stabili. In pratica, nella Gig Economy il lavoro si frammenta nella singola prestazione, che può essere di pochi minuti o di una giornata e che è l’unica ad essere retribuita (classico esempio sono le consegne a domicilio di cibo in motorino).  

In Italia l’indagine sul mercato del lavoro dell’Istat del 2017 conferma la crescita continua e molto rapida di quello che viene definito “lavoro accessorio”: le persone coinvolte erano meno di 100.000 prima del 2010, sono diventate 215.000 nel 2011 e sono arrivate a quasi un 1.800.000 nel 2016. In particolare...


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