8 Maggio
L'ombrello del Quirinale ha un problema
Il governo promosso da Mattarella non può essere neutrale e il processo di sua formazione è singolare dal punto di vista costituzionale. Parlamentarius fa un'immersione in acque sconosciute, ripesca le fonti del diritto e... prevede pioggia sul Colle.
di Parlamentarius
La sensazione, dopo aver passato in rassegna gli accadimenti, è che i protagonisti della politica e delle istituzioni leggano tutti List e che abbiano fatto proprio il motto del titolare: viviamo tempi interessanti, ma val la pena di renderli anche troppo interessanti.
Che i partiti continuassero a dirsi di no reciprocamente e ad escludere tutte le combinazioni possibili per un Governo era prevedibile e che questo complicasse il compito del Quirinale era scontato. Che il Colle restasse l’unico ombrello di protezione istituzionale in una crisi delicatissima come quella che viviamo era pure convinzione di tutti. Però andiamo a dormire inquieti proprio per questo, perché se pure l’ombrello dovesse mancare, non resterebbe che la pioggia. E se i partiti già hanno detto di no al Governo del Presidente, se l’unico schieramento che lo sostiene apertamente è quello che ha sempre detto in queste settimane … di voler essere forza di opposizione, mentre gli altri urlano il maldipancia senza troppo bon ton, allora ci diciamo che, mamma mia, forse qualcosa non sta funzionando bene.
La prima tentazione è quella del “bravo ragazzo” ed è di pensare che si deve far di tutto per proteggere, puntellare, salvare la soluzione del Presidente. Anche perché, a parte tutto, dobbiamo evitare la prima stagione delle piogge: l’incombenza di spread, speculazioni, iva al 25 per cento, la solita legge finanziaria da fare entro l’anno; insomma tutte quelle cose che ci fanno tremare le vene dei polsi e turbano i nostri sonni.
Però, a List purtroppo questo primo sentimento non basta. Così ci chiede di andare oltre e di fare una verifica di quel che sta accadendo, dal punto di vista, nientedimeno, della Dottrina dello Stato e del Diritto costituzionale. Roba da professori, veri, insomma, in tempi di Governo dei professori!
Allora, nell’interrogarmi su come possa...
di Parlamentarius
La sensazione, dopo aver passato in rassegna gli accadimenti, è che i protagonisti della politica e delle istituzioni leggano tutti List e che abbiano fatto proprio il motto del titolare: viviamo tempi interessanti, ma val la pena di renderli anche troppo interessanti.
Che i partiti continuassero a dirsi di no reciprocamente e ad escludere tutte le combinazioni possibili per un Governo era prevedibile e che questo complicasse il compito del Quirinale era scontato. Che il Colle restasse l’unico ombrello di protezione istituzionale in una crisi delicatissima come quella che viviamo era pure convinzione di tutti. Però andiamo a dormire inquieti proprio per questo, perché se pure l’ombrello dovesse mancare, non resterebbe che la pioggia. E se i partiti già hanno detto di no al Governo del Presidente, se l’unico schieramento che lo sostiene apertamente è quello che ha sempre detto in queste settimane … di voler essere forza di opposizione, mentre gli altri urlano il maldipancia senza troppo bon ton, allora ci diciamo che, mamma mia, forse qualcosa non sta funzionando bene.
La prima tentazione è quella del “bravo ragazzo” ed è di pensare che si deve far di tutto per proteggere, puntellare, salvare la soluzione del Presidente. Anche perché, a parte tutto, dobbiamo evitare la prima stagione delle piogge: l’incombenza di spread, speculazioni, iva al 25 per cento, la solita legge finanziaria da fare entro l’anno; insomma tutte quelle cose che ci fanno tremare le vene dei polsi e turbano i nostri sonni.
Però, a List purtroppo questo primo sentimento non basta. Così ci chiede di andare oltre e di fare una verifica di quel che sta accadendo, dal punto di vista, nientedimeno, della Dottrina dello Stato e del Diritto costituzionale. Roba da professori, veri, insomma, in tempi di Governo dei professori!
Allora, nell’interrogarmi su come possa accadere che illustri commentatori (tutt’altro che eversivi, badate) alla TV, proprio mentre vi scrivo, vedano oggi l’apertura di falle addirittura irreparabili nell’ombrello, cerco di capire meglio che cosa stia accadendo.
Dopo due mandati esplorativi e il triplice giro di consultazioni, il Quirinale si è trovato in un vero e proprio deadlock, per dirla all’americana: tutto bloccato, non si può fare un Governo che trovi la maggioranza in Parlamento. E fin qui siamo davanti alla disarmante verità. Il punto delicato però è la soluzione: dal momento che non c’è più tempo, anziché assecondare chi chiede un incarico (o almeno un preincarico), il Quirinale proporrà al Parlamento un suo Governo neutrale, con termine di scadenza a dicembre, preferito ad un Governo di minoranza secondo una logica democratica.
Punto primo
È vero che i due mandati esplorativi hanno dato gli scarsi frutti che sappiamo, però la Costituzione, la prassi costituzionale, le consuetudini interpretative, le convenzioni costituzionali, ossia quell’insieme di precedenti che fanno la sostanza del diritto costituzionale, tanto impalpabile quanto solida base dello Stato, prevedono che la strada fisiologica sia quella di affidare un incarico per la formazione del Governo ad una personalità che dovrebbe guidarlo da Presidente del Consiglio. La prassi del conferimento dell’incarico è sempre stata seguita, sin dagli esordi della Repubblica per una inossidabile interpretazione dell’art. 92 della Costituzione. Dopo l’incarico e la nomina dei Ministri il Governo si reca in Parlamento per ottenere la fiducia. Attenzione a un dato: se non la ottiene e se si deve andare alle elezioni, il Governo dell’incaricato resta in carica per l’ordinaria amministrazione, ivi inclusa la gestione delle operazioni elettorali.
Ci sarebbe anche la possibilità di un preincarico, che è cosa diversa, perché non prelude alla formazione di un Governo, ma che è comunque un di più del mero mandato esplorativo, perché individua il possibile destinatario dell’incarico futuro, insomma un premier in pectore quanto meno. Questi potrà così sondare tutte le forze politiche e, magari, cercare qualche nuova chance nei meandri parlamentari, forte di una prima investitura del Presidente della Repubblica che lo pone in una posizione di autorevolezza.
Nel nostro caso, però, il Presidente non ha affidato nessun incarico, anzi nemmeno un preincarico, e nonostante questo ha chiesto ai partiti di risolvere la crisi con un suo Governo, senza nessun passaggio parlamentare e senza nessun tentativo esercitato da un preincaricato. E’, questo, un inedito, ma soprattutto è una proposta che con difficoltà si innesta nella serie dei precedenti. Quanto al tempo che scade e pressa, anche qui si coglie sino in fondo l’urgenza. Non siamo in una situazione come quella in cui i quotidiani titolarono fate presto, sotto l’incombenza della speculazione finanziaria, né gli esempi che provengono dal Belgio o dalla Germania condannano i nostri due mesi ormai trascorsi a un record italico di tartarughesca inerzia nella formazione degli Esecutivi. Non è il caso di trattarci sempre così male, ragazzi, pensando che il nostro giardino sia peggiore di quello dei vicini.
Punto secondo
Il Governo è neutrale ed è a termine. Qui entriamo in acque ancor più sconosciute. Il Governo è politico per definizione, altrimenti non è Governo e significa che non esprime nemmeno il suo indirizzo politico. Ma l’indirizzo politico il Governo lo esprime eccome: quando dice la sua sulle prossime questioni in Europa, quando partecipa ad una riunione del G8, o nomina i componenti dei board delle partecipate statali o sceglie come reagire al prossimo flusso migratorio. Non ci tragga in inganno la nostra esperienza dei Governi tecnici anziché politici: anche questi Governi erano sì tecnici (perché non composti da parlamentari e/o esponenti di partiti politici), ma sono stati comunque Governi che attuavano un loro indirizzo politico. E tale indirizzo presupponeva ovviamente la fiducia parlamentare. In altre parole, il problema è che la neutralità non si addice al Governo in quanto tale, quale che sia. Di neutralità i giuristi parlano a proposito delle autorità indipendenti (Antitrust, Banca d’Italia, Consob etc.), ma è tutt’altra cosa, perché questi sono enti che devono occuparsi di alcuni interessi soltanto e possono permettersi il lusso di non sporcarsi le mani con l’indirizzo politico.
Quanto al termine di scadenza, mi sembra che nessun Governo meriti una simile deminutio, come fosse una leccornia, destinata però alla scadenza inesorabile fissata nella confezione di acquisto. Se il Governo riceve la fiducia non scade affatto, ma va avanti finché la fiducia c’è. Che poi una scadenza dicembrina lasci il Governo libero di spiegare la sua neutrale azione in Europa come in casa nostra, nelle scelte fiscali come in quelle di politica di sicurezza, senza correre il rischio che l’Italia appaia come un Paese debole, se non bizzarro (e quindi, perché no, esposto alle intemperie della speculazione finanziaria), resta un altro profilo dubbio.
Punto terzo
Il Governo neutrale potrebbe non ricevere la fiducia dal Parlamento, ma anche in questo caso sarebbe preferibile alle altre soluzioni. Sarebbe preferibile al Governo Gentiloni che ha ormai esaurito la sua funzione e sarebbe preferibile al Governo di un Premier incaricato (Salvini, ad esempio), che porterebbe con sé la colpa di essere “di parte” e senza sicura e precostituita maggioranza.
È qui che compare la menzione che più incuriosisce il giurista e che pone più di un dubbio: il Governo neutrale è suggerito da una logica democratica. Dall’intervento presidenziale emerge così in modo esplicito che il Governo neutrale è preferibile anche e soprattutto nell’eventualità che la fiducia parlamentare non sia raccolta, dato che in questo modo si eviterebbe di affidare il Paese ad un Governo che sarebbe altrimenti di minoranza e di parte. Sennonché la logica democratica non soltanto non è un dato che possa trarsi dalla Costituzione o dalla prassi costituzionale per sciogliere il nostro rebus, ma non sembra neppure qualcosa che qui possa giustificare la scelta.
Anzitutto abbiamo un ostacolo letterale, dato che proprio il circuito democratico vorrebbe un Governo che in qualche modo al demos si possa collegare, in un modo o nell’altro. Il Governo neutrale, invece, è solo il frutto delle scelte del Presidente, le quali, beninteso, diamo per scontato che saranno di assoluta eccellenza, ma di democratico avranno davvero poco. Inoltre, abbiamo un problema di sostanza giuridica, perché la legittimazione costituzionale di questo Governo non si riesce a cogliere in modo chiaro. La Presidenza della Repubblica non ha una propria capacità di conferire legittimazione costituzionale al Governo (Presidente e fos’anche pure i ministri).
Si dirà che non vi sono alternative. Ma le due citate prima sono entrambe in grado di esibire maggiore armonia costituzionale e un più netto titolo di politicità democratica. Il Governo Gentiloni potrebbe restare nella titolarità dell’ufficio che già riveste e che gli affida il disbrigo degli affari correnti. Né, passando dalla forma costituzionale alla sostanza della politica, l’Esecutivo in carica avrebbe necessariamente minore “forza” di un Governo neutrale fresco di bocciatura delle due Camere e sostenuto dal partito di “opposizione”. Il Governo di minoranza dell’incaricato poi (Salvini o Di Maio che sia), se non trovasse una miracolosa fiducia in Parlamento sarebbe anch’esso limitato agli affari correnti. Ma nonostante questo sarebbe pur sempre espressione di un percorso costituzionale saldamente radicato nella prassi interpretativa dell’art. 92 Costituzione ed avrebbe, anch’esso, una caratura democratica; certamente incompleta, ma democratica.
I dubbi, quindi, non possono non esserci. E non voglio abbandonare la speranza che il commentatore TV fosse troppo pessimista quando diceva della non rammendabilità dell’ombrello. Del resto, i professori e i tecnici non ci mancano e forse, chissà, potranno darci una mano d’aiuto.
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l'Utente è l'unico responsabile dell'uso dei contenuti e delle informazioni veicolate attraverso di
essi.
10.2 L'Utente riconosce e accetta che, data la natura del Servizio e come da prassi nel settore dei servizi
della
società dell'informazione, il Fornitore potrà effettuare interventi periodici sui propri sistemi per
garantire o
migliorare l'efficienza e la sicurezza del Servizio; tali interventi potrebbero comportare il rallentamento
o
l'interruzione del Servizio. Il Fornitore si impegna a contenere i periodi di interruzione o rallentamento
nel minore
tempo possibile e nelle fasce orarie in cui generalmente vi è minore disagio per gli Utenti. Ove
l'interruzione del
Servizio si protragga per oltre 24 ore, l'Utente avrà diritto a un'estensione dell'Abbonamento per un numero
di giorni
pari a quello dell'interruzione; in tali casi, l'Utente riconosce che l'estensione dell'Abbonamento è
l'unico rimedio in
suo favore, con la conseguente rinunzia a far valere qualsivoglia altra pretesa nei confronti del
Fornitore.
10.3 L'Utente riconosce e accetta che nessuna responsabilità è imputabile al Fornitore:
- per disservizi dell'Abbonamento derivanti da malfunzionamenti di reti elettriche e telefoniche ovvero di
ulteriori
servizi gestiti da terze parti che esulano del tutto dalla sfera di controllo e responsabilità del Fornitore
(per
esempio, disservizi della banca dell'Utente, etc...);
- per la mancata pubblicazione di contenuti editoriali che derivi da cause di forza maggiore.
10.4 In tutti gli altri casi, l'Utente riconosce che la responsabilità del Fornitore in forza del contratto
è limitata
alle sole ipotesi di dolo o colpa grave.
10.5 Ai fini dell'accertamento di eventuali disservizi, l'Utente accetta che faranno fede le risultanze dei
sistemi
informatici del Fornitore.
11. Modifica dei termini d'uso
11.1 L'Abbonamento è disciplinato dai termini d'uso approvati al momento dell'acquisto.
11.2 Durante il periodo di validità del contratto, il Fornitore si riserva di modificare i termini della
fornitura per
giustificati motivi connessi alla necessità di adeguarsi a modifiche normative o obblighi di legge, alle
mutate
condizioni del mercato di riferimento ovvero all'attuazione di piani aziendali con ricadute sull'offerta dei
contenuti.
11.3 I nuovi termini d'uso saranno comunicati all'Utente con un preavviso di almeno 15 giorni rispetto alla
scadenza del
periodo di fatturazione in corso ed entreranno in vigore a partire dall'inizio del periodo di fatturazione
successivo.
Se l'Utente non è d'accordo con i nuovi termini d'uso, può esercitare la disdetta secondo quanto previsto al
precedente
articolo 3.
11.4 Ove la modifica dei termini d'uso sia connessa alla necessità di adeguarsi a un obbligo di legge, i
nuovi termini
d'uso potranno entrare in vigore immediatamente al momento della comunicazione; resta inteso che, solo in
tale ipotesi,
l'Utente potrà recedere dal contratto entro i successivi 30 giorni, con il conseguente diritto ad ottenere
un rimborso
proporzionale al periodo di abbonamento non goduto.
12. Trattamento dei dati personali
12.1 In conformità a quanto previsto dal Regolamento 2016/679 UE e dal Codice della privacy (decreto
legislativo 30
giugno 2003, n. 196), i dati personali degli Utenti saranno trattati per le finalità e in forza delle basi
giuridiche
indicate nella privacy policy messa a disposizione dell'Utente in sede di registrazione e acquisto.
12.2 Accettando i presenti termini di utilizzo, l'Utente conferma di aver preso visione della privacy policy
messa a
disposizione dal Fornitore e di averne conservato copia su supporto durevole.
12.3 Il Fornitore si riserva di modificare in qualsiasi momento la propria privacy policy nel rispetto dei
diritti degli
Utenti, dandone notizia a questi ultimi con mezzi adeguati e proporzionati allo scopo.
13. Servizio clienti
13.1 Per informazioni sul Servizio e per qualsiasi problematica connessa con la fruizione dello stesso,
l'Utente può
contattare il Fornitore attraverso i seguenti recapiti: help@newslist.it
14. Legge applicabile e foro competente
14.1 Il contratto tra il Fornitore e l'Utente è regolato dal diritto italiano.
14.2 Ove l'Utente sia qualificabile come consumatore, per le controversie comunque connesse con la
formazione,
esecuzione, interpretazione e cessazione del contratto, sarà competente il giudice del luogo di residenza o
domicilio
del consumatore, se ubicato in Italia.