12 Maggio
Prima della Repubblica. Prima di Frankenstein
WeekList. Prima, seconda, terza Repubblica. Governi solidi, friabili, balneari, nuovi e vecchi e ora... Frankenstein. L'origine della nostra storia è in una domanda semplice: Monarchia o Repubblica. Michele Magno la raccoglie e racconta.
di Michele Magno
Si numerano le repubbliche per convenzione, anche se si tratta di una convenzione non sempre osservata. Ciò che conta, infatti, è la nascita e il consolidamento di nuovi rapporti di forza fra partiti, élite sociali ed economiche. Talvolta questo processo si traduce in una modifiche costituzionali, ma non necessariamente. Per altro verso, non necessariamente modifiche costituzionali segnano un rivolgimento nei sistemi di potere. Allora la domanda è: in Italia oggi siamo di fronte ad un mutamento nei tradizionali equilibri di potere? La risposta non può che essere affermativa. La ormai più che probabile nascita del Governo Frankenstein, per riprendere la felice formula del titolare di List, è in certa misura il sigillo del passaggio alla Terza Repubblica.
La Prima non entrò nella storia nazionale con le folle in tripudio e i nuovi tricolori esposti ai balconi. Al contrario, vi entrò quasi di soppiatto, con uno scarno comunicato del governo. E vi entra con un Paese diviso e turbato dalla dozzina di morti che insanguinano i vicoli di Napoli. È l'episodio forse più drammatico del tormentato esordio della democrazia repubblicana, ricostruito da Gianni Oliva sine ira et studio (Gli ultimi giorni della monarchia, Mondadori, 2016).
L'antefatto: il 2 e 3 giugno 1946 i nostri concittadini si mettono disciplinatamente in coda davanti ai seggi. La scheda elettorale che si trovano tra le mani è semplice, con un titolo sintetico ("Referendum sulla forma istituzionale dello Stato") e due simboli chiari. Sulla sinistra, il profilo della penisola, e nel centro una testa di donna con una corona turrita ornata di foglie di lauro e di quercia: sopra, la parola "Repubblica". Sulla destra, un profilo della penisola pressoché identico all'altro e nel centro lo stemma sabaudo (lo scudo con la croce bianca): sopra, la parola "Monarchia".
Nulla a che vedere con i...
di Michele Magno
Si numerano le repubbliche per convenzione, anche se si tratta di una convenzione non sempre osservata. Ciò che conta, infatti, è la nascita e il consolidamento di nuovi rapporti di forza fra partiti, élite sociali ed economiche. Talvolta questo processo si traduce in una modifiche costituzionali, ma non necessariamente. Per altro verso, non necessariamente modifiche costituzionali segnano un rivolgimento nei sistemi di potere. Allora la domanda è: in Italia oggi siamo di fronte ad un mutamento nei tradizionali equilibri di potere? La risposta non può che essere affermativa. La ormai più che probabile nascita del Governo Frankenstein, per riprendere la felice formula del titolare di List, è in certa misura il sigillo del passaggio alla Terza Repubblica.
La Prima non entrò nella storia nazionale con le folle in tripudio e i nuovi tricolori esposti ai balconi. Al contrario, vi entrò quasi di soppiatto, con uno scarno comunicato del governo. E vi entra con un Paese diviso e turbato dalla dozzina di morti che insanguinano i vicoli di Napoli. È l'episodio forse più drammatico del tormentato esordio della democrazia repubblicana, ricostruito da Gianni Oliva sine ira et studio (Gli ultimi giorni della monarchia, Mondadori, 2016).
L'antefatto: il 2 e 3 giugno 1946 i nostri concittadini si mettono disciplinatamente in coda davanti ai seggi. La scheda elettorale che si trovano tra le mani è semplice, con un titolo sintetico ("Referendum sulla forma istituzionale dello Stato") e due simboli chiari. Sulla sinistra, il profilo della penisola, e nel centro una testa di donna con una corona turrita ornata di foglie di lauro e di quercia: sopra, la parola "Repubblica". Sulla destra, un profilo della penisola pressoché identico all'altro e nel centro lo stemma sabaudo (lo scudo con la croce bianca): sopra, la parola "Monarchia".
Nulla a che vedere con i quesiti - spesso astrusi e illeggibili - presenti nei settanta referendum che si sono svolti fino ad oggi. Pure, la scelta della donna turrita del contrassegno repubblicano era stata respinta da Falcone Lucifero, perché rea di sviare l'elettore. In effetti, per l'iconografia popolare quell'immagine femminile era il simbolo stesso del Risorgimento. La sua origine risaliva all'età liberale, in cui l'dea di nazione era associata a un'idea di giovinezza e di grazia: da allora essa compariva con questa effigie nei sussidiari delle scuole, nei manifesti patriottici, nei francobolli. Ma, nonostante le reiterate contestazioni, alla fine il ministro della Real Casa aveva dovuto piegarsi alla volontà del ministro dell'Interno, un irremovibile Giuseppe Romita.
Quando le urne si chiudono, al neonato suffragio universale partecipano quasi venticinque milioni di votanti (di cui tredici milioni donne), il 90 per cento degli aventi diritto. Ma il conteggio è lento e fornisce risultati sensibilmente diversi da quelli attesi: anziché una travolgente vittoria repubblicana, una vittoria controversa e un paese geograficamente spaccato in due: il Sud monarchico, il Centronord repubblicano. Per di più, i risultati arrivano al Viminale in ritardo. I più tempestivi sono quelli delle regioni meridionali, dove la guerra era finita da tempo ed era stato possibile ripristinare telegrafi e linee telefoniche.
I dati sono frammentari e ufficiosi, ma alcuni quotidiani si sbilanciano annunciando il probabile successo della monarchia. Lo stesso presidente del Consiglio Alcide De Gasperi pensa che il re ce l'abbia fatta. Le percentuali cambiano nel corso della notte tra il 4 e il 5 giugno, quando affluiscono tutti i dati del Nord: 54 per cento alla repubblica e 46 per cento alla monarchia, uno scarto di circa un milione e settecentomila voti. La proclamazione del risultato spetta alla Cassazione, ma il "ribaltone" è un calice amaro per i perdenti: serpeggiano le prime voci di brogli, si accusa l'esecutivo di aver manipolato i dati, si fa strada la leggenda metropolitana di Romita che avrebbe nascosto nei cassetti del Viminale un milione di schede prevotate per la repubblica.
I dati sono frammentari e ufficiosi, ma alcuni quotidiani si sbilanciano annunciando il probabile successo della monarchia. Lo stesso presidente del Consiglio Alcide De Gasperi pensa che il re ce l'abbia fatta.
L'esito del referendum spiazza i partiti del Comitato di liberazione nazionale (tutti filorepubblicani, escluso quello liberale). Erano infatti convinti che gli elettori avrebbero duramente punito la "fellonia" di Vittorio Emanuele III (copyright Palmiro Togliatti): il fascismo, le leggi razziali, l'alleanza con Hitler, un conflitto bellico rovinoso, l'8 settembre 1943, la fuga a Pescara. La regina Maria José temeva addirittura che la monarchia non avrebbe varcato la soglia del 15 per cento. Curiosamente, proprio la consorte di Umberto II sottostimava quanto la figura del sovrano fosse profondamente radicata nell'immaginario collettivo degli italiani, molti dei quali consideravano storia dei Savoia e storia patria come due facce della stessa medaglia.
Inoltre, la stagione della fame e delle distruzioni, della lotta partigiana e delle rappresaglie tedesche, era stata vissuta soprattutto al di là del Po. Da ultimo, il luogotenente del Regno Umberto II, divenuto re dopo la tardiva abdicazione del padre, era un personaggio accattivante per lo stile misurato e l'eleganza dei modi: ogni sua apparizione in pubblico spostava consensi a favore della monarchia. Quel 46 per cento non poteva insomma lenire l'amarezza degli sconfitti, per giunta beffati sul filo di lana. Montagne di ricorsi vengono perciò inoltrate alla Suprema Corte.
Un gruppo di autorevoli professori dell'università di Padova, sotto l'egida del deputato Enzo Selvaggi, chiede perfino di sospendere qualunque decisione, in quanto il decreto istitutivo del referendum parlava di vittoria dello schieramento che ottiene la "maggioranza degli elettori votanti", e non la "maggioranza dei voti validi". Tra bizantinismi giuridici e schermaglie politiche, la confusione sale alle stelle. Come annota Vittorio Gorresio, allora capocronista del "Risorgimento Liberale" di Mario Pannunzio, a Roma "la folla a piazza Montecitorio chiedeva la bandiera, ma non ne fu esposta nessuna perché non si sapeva quale". E, insieme ai ricorsi, scattano le manifestazioni di protesta. Qui entrano in scena le masse napoletane.
Il 6 giugno il loro risveglio è brusco: mentre otto su dieci abitanti avevano scelto la monarchia (superati soltanto dai messinesi, catanesi e palermitani), la maggioranza degli italiani aveva optato per la repubblica. La prefettura partenopea è preoccupata dall'eventualità di disordini, anche perché Maria José e i quattro figli il giorno precedente si erano trasferiti a Villa Rosebery, in attesa di imbarcarsi per il Portogallo sull'incrociatore "Duca degli Abruzzi". La famiglia reale viene quindi invitata a lasciare Napoli alle prime luci dell'alba. Il clima si surriscalda a metà pomeriggio, quando in piazza del Carmine una ressa di donne comincia a lanciare insulti contro i repubblicani "affamatori del popolo".
L'assembramento viene disperso dalla polizia, con la minaccia di usare i moschetti. Poco dopo, a via Foria una moltitudine di studenti universitari, armati di spranghe e bastoni, si accalca davanti alla caserma Garibaldi. Si qualificano come "militanti monarchici" e chiedono di incontrare il comandante. Mentre il portone viene chiuso e i soldati prendono posizione, un maggiore discute dallo spioncino con i caporioni, che chiedono le armi per difendere il re dal complotto ordito dai repubblicani. L'ufficiale avverte che è pronto ad aprire il fuoco se l'assedio non verrà rimosso immediatamente: tanto basta a riportare la calma tra i più facinorosi.
Mentre otto su dieci abitanti avevano scelto la monarchia (superati soltanto dai messinesi, catanesi e palermitani), la maggioranza degli italiani aveva optato per la repubblica.
Ma il giorno è ancora lungo, e sul calare della sera almeno cinquecento giovani si dirigono verso la stazione dei carabinieri di via Sant'Antonio per impadronirsi dell'armeria, contando sulla tradizionale fedeltà del Corpo alla dinastia sabauda. Per tutta risposta, il maresciallo che comandava la stazione, Filippo Cucuzza, fa sparare in aria alcuni colpi di fucile a scopo intimidatorio. I manifestanti all'inizio si disperdono, ma presto tornano alla carica e scagliano un ordigno contro la chiesa vicina, ferendo una decina di persone estranee ai tafferugli. Nonostante l'intervento dell'esercito, non cessano di ammucchiare pietre divelte dal selciato, erigono barricate con i carretti parcheggiati nei cortili, si schierano a testuggine. Quella che si scatena è una vera guerriglia urbana, un'esperienza inusuale in un paese abituato da un ventennio ad assistere solamente a disciplinate marce di regime.
Sedati a fatica i tumulti, si contano numerosi contusi e sei feriti gravi. Uno di questi, l'imbianchino Ciro Martino, spira prima di essere soccorso dai medici. Napoli sprofonda nell'emergenza: i mezzi cingolati perlustrano la città, i fanti setacciano ogni angolo a caccia dei malintenzionati, i carabinieri interrogano e fermano decine di persone. In un incontro con Guglielmo Giannini e con altri esponenti politici napoletani, Romita minimizza l'accaduto: non c'è nessun piano per sovvertire il risultato referendario, ma solo l'incrocio occasionale tra il malessere sociale dei ceti più umili, inquieti anzitutto per la scarsità e i prezzi crescenti dei generi alimentari, e la reazione rabbiosa di etremisti monarchici.
Cionondimeno, la scintilla scoccata a Napoli può incendiare la penisola. I primi a esserne consapevoli sono gli inglesi e gli americani, che attraverso l'ACC ("Allied Control Commission") vigilano attentamente sugli avvenimenti. Il capo della Commissione, l'ammiraglio Ellery Stone, la sera del 6 giugno sollecita De Gasperi e Romita ad adottare tutte le misure necessarie a reprimere con severità ogni atto sedizioso.
Nella mattina del giorno successivo questa "raccomandazione" viene messa alla prova.
Sui muri del capoluogo campano vengono affissi manifesti firmati da un fantomatico "schieramento monarchico", in cui si invoca la separazione di Napoli dall'Italia e la creazione di uno Stato indipendente guidato da Umberto II. Verso mezzogiorno un migliaio di persone inneggianti alla monarchia si raduna in piazza Carlo III. In un battibaleno si forma un corteo enorme, che muove verso la ferrovia e prosegue verso il Rettifilo scandendo "Vi-va-il-re" e slogan contro la "truffa del referendum". Ci sono studenti universitari, bottegai, artigiani, manovali edili, braccianti, sfaccendati senza mestiere e perfino qualche intellettuale.
L'iniziativa, in cui si distinguono i militanti dei "Gruppi Savoia", la più combattiva tra le associazioni monarchiche partenopee, da testimonianza di fede si trasforma rapidamente in un'esibizione muscolare. Giunto nei pressi dell'Università, il corteo viene fronteggiato da uno sbarramento di polizia e carabinieri. Prima fischi e urla, poi l'esplosione di una bomba a mano sulla facciata dell'Albergo Nazionale. La folla ondeggia paurosamente. Un soldato, in preda al panico, lascia partire un proiettile dal suo moschetto che gli squarcia il petto.
La scintilla scoccata a Napoli può incendiare la penisola. I primi a esserne consapevoli sono gli inglesi e gli americani, che attraverso l'ACC ("Allied Control Commission") vigilano attentamente sugli avvenimenti.
L'incidente esaspera gli animi. Si odono ripetute scariche di fucileria in aria. I dimostranti, ormai molte migliaia, formano allora due nuovi cortei: il più grande si dirige verso via Roma, il secondo raggiunge piazza del Plebiscito. Tutto il centro di Napoli è bloccato. Il commissariato di sezione Mercato viene attaccato da un manipolo di violenti. Gli scontri sono assai aspri. I feriti riempiono le corsie degli ospedali. Un diciassettenne, facchino al porto, giace a terra con l'addome perforato da un proiettile. Intanto giungono notizie di altri tafferugli scoppiati a Palermo, Bari e Taranto. "Alla fine di quella lunga giornata napoletana -osserva Romita- nessuno poteva giurare su che cosa sarebbe accaduto l'indomani".
Nel frattempo, Umberto II - pressato dai suoi più stretti consiglieri - cerca di resistere e attende il pronunciamento della Cassazione. Il governo, invece, ha fretta e vuole mettere i giudici di fronte al fatto compiuto. La temperatura politica del paese sale vertiginosamente. E le conseguenze non si fanno aspettare. Sempre a Napoli, l'11 giugno gli attivisti monarchici scendono nuovamente in campo. Il teatro principale degli scontri è adesso via Medina, dove è ubicata la sede della federazione comunista. Per impedirne la devastazione, alcuni agenti sparano sui manifestanti più risoluti. Uno di loro, Mario Fioretti, viene colpito a morte. Il movimento di protesta si trasforma in un esplicito movimento di tipo insurrezionale. Segue una guerriglia selvaggia e furibonda, durata più di tre ore: auto incendiate, vagoni tranviari rovesciati, trincee di fortuna nei viottoli circostanti.
La situazione si fa particolarmente critica per i militanti comunisti asserragliati nei locali della federazione, tra i quali c'è un giovanissimo Giorgio Napolitano. Giorgio Amendola, all'epoca sottosegretario alla presidenza del Consiglio, preme sulle autorità cittadine per un intervento ancora più energico. La notte trascorre tra le sirene delle ambulanze e il rumore sordo delle autoblinde. Il bilancio viene stilato dalla questura il mattino seguente: sette ragazzi morti, tutti sotto i venticinque anni; settantuno i feriti ricoverati in ospedale, ventidue dei quali poliziotti, carabinieri e militari. Nei giorni successivi ci saranno altri decessi, per un totale di undici morti, nove civili e due agenti.
Il 13 giugno Umberto II rientra al Quirinale dall'alloggio di via Verona. De Gasperi è stato appena avvertito della sua decisione di lasciare l'Italia. La partenza per l'esilio portoghese è però accompagnata da un proclama, che l'Ansa trasmette in serata. In esso il "re di maggio" accusa il governo da avere assunto "con atto unilaterale e arbitrario poteri che non gli spettano", e di averlo "posto nell'alternativa di provocare spargimento di sangue o di subire violenza". Il 16 giugno i giornali non parlano più di Umberto II, del referendum e dei morti di Napoli. I titoli sono tutti per lo sconosciuto ciclista triestino Giordano Cottur: ha staccato gli avversari sulla salita di Superga, indossando la prima maglia rosa del "Giro della rinascita".
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addebitato sull'Apple ID account dell'Utente al momento della conferma dell'acquisto. Gli abbonamenti
proposti sono
soggetti al rinnovo automatico e all'addebito periodico del corrispettivo. L'Utente può disattivare
l'abbonamento fino a
24h prima della scadenza del periodo di abbonamento in corso. In caso di mancata disattivazione,
l'abbonamento si
rinnova per un eguale periodo e all'Utente viene addebitato lo stesso importo sul suo account Apple.
L'Utente può
gestire e disattivare il proprio abbonamento direttamente dal proprio profilo su App Store. Per maggiori
informazioni al
riguardo: https://www.apple.com/it/legal/terms/site.html. Il Fornitore non è responsabile per eventuali
disservizi della
piattaforma App Store.
6. Promozioni
6.1 Il Fornitore può a sua discrezione offrire agli Utenti delle promozioni sotto forma di sconti o periodi
gratuiti di
fruizione del Servizio.
6.2 Salvo che non sia diversamente specificato nella pagina di offerta della promozione, l'adesione a una
promozione
comporta, alla sua scadenza, l'attivazione automatica del Servizio a pagamento con addebito periodico del
corrispettivo
in base al contenuto del pacchetto di volta in volta selezionato dall'Utente.
6.3 L'Utente ha la facoltà di disattivare il Servizio in qualunque momento prima della scadenza del periodo
di prova
attraverso una delle modalità indicate nel precedente articolo 3).
7. Obblighi e garanzie dell'Utente
7.1 L'Utente dichiara e garantisce:
- di essere maggiorenne;
- di sottoscrivere l'Abbonamento per scopi estranei ad attività professionali, imprenditoriali, artigianali
o commerciali
eventualmente svolte;
- che tutti i dati forniti per l'attivazione dell'Abbonamento sono corretti e veritieri;
- che i dati forniti saranno mantenuti aggiornati per l'intera durata dell'Abbonamento.
7.2 L'Utente si impegna al pagamento del corrispettivo in favore del Fornitore nella misura e con le
modalità definite
nei precedenti articoli.
7.3 L'Utente si impegna ad utilizzare l'Abbonamento e i suoi contenuti a titolo esclusivamente personale, in
forma non
collettiva e senza scopo di lucro; l'Utente è inoltre responsabile per qualsiasi uso non autorizzato
dell'Abbonamento e
dei suoi contenuti, ove riconducibile all'account dell'Utente medesimo; per questo motivo l'Utente si
impegna ad
assumere tutte le precauzioni necessarie per mantenere riservato l'accesso all'Abbonamento attraverso il
proprio account
(per esempio, mantenendo riservate le credenziali di accesso ovvero segnalando senza ritardo al Fornitore
che la
riservatezza di tali credenziali risulta compromessa per qualsiasi motivo).
7.4 La violazione degli obblighi stabiliti nel presente articolo conferisce al Fornitore il diritto di
risolvere
immediatamente il contratto ai sensi dell'articolo 1456 del codice civile, fatto salvo il risarcimento dei
danni.
8. Tutela della proprietà intellettuale e industriale
8.1 L'Utente riconosce e accetta che i contenuti dell'Abbonamento, sotto forma di testi, immagini,
fotografie, grafiche,
disegni, contenuti audio e video, animazioni, marchi, loghi e altri segni distintivi, sono coperti da
copyright e dagli
altri diritti di proprietà intellettuale e industriale di volta in volta facenti capo al Fornitore e ai suoi
danti causa
e per questo si impegna a rispettare tali diritti.
8.2 Tutti i diritti sono riservati in capo ai titolari; l'Utente accetta che l'unico diritto acquisito con
il contratto
è quello di fruire dei contenuti dell'Abbonamento con le modalità e i limiti propri del Servizio. Fatte
salve le
operazioni di archiviazione e condivisione consentite dalle apposite funzionalità del Servizio, qualsiasi
attività di
riproduzione, pubblica esecuzione, comunicazione a terzi, messa a disposizione, diffusione, modifica ed
elaborazione dei
contenuti è espressamente vietata.
8.3 La violazione degli obblighi stabiliti nel presente articolo conferisce al Fornitore il diritto di
risolvere
immediatamente il contratto ai sensi dell'articolo 1456 del codice civile, fatto salvo il risarcimento dei
danni.
9. Manleva
9.1 L'Utente si impegna a manlevare e tenere indenne il Fornitore contro qualsiasi costo – inclusi gli
onorari degli
avvocati, spesa o danno addebitato al Fornitore o in cui il Fornitore dovesse comunque incorrere in
conseguenza di usi
impropri del Servizio da parte dell'Utente o per la violazione da parte di quest'ultimo di obblighi
derivanti dalla
legge ovvero dai presenti termini d'uso.
10. Limitazione di responsabilità
10.1 Il Fornitore è impegnato a fornire un Servizio con contenuti professionali e di alta qualità; tuttavia,
il
Fornitore non garantisce all'Utente che i contenuti siano sempre privi di errori o imprecisioni; per tale
motivo,
l'Utente è l'unico responsabile dell'uso dei contenuti e delle informazioni veicolate attraverso di
essi.
10.2 L'Utente riconosce e accetta che, data la natura del Servizio e come da prassi nel settore dei servizi
della
società dell'informazione, il Fornitore potrà effettuare interventi periodici sui propri sistemi per
garantire o
migliorare l'efficienza e la sicurezza del Servizio; tali interventi potrebbero comportare il rallentamento
o
l'interruzione del Servizio. Il Fornitore si impegna a contenere i periodi di interruzione o rallentamento
nel minore
tempo possibile e nelle fasce orarie in cui generalmente vi è minore disagio per gli Utenti. Ove
l'interruzione del
Servizio si protragga per oltre 24 ore, l'Utente avrà diritto a un'estensione dell'Abbonamento per un numero
di giorni
pari a quello dell'interruzione; in tali casi, l'Utente riconosce che l'estensione dell'Abbonamento è
l'unico rimedio in
suo favore, con la conseguente rinunzia a far valere qualsivoglia altra pretesa nei confronti del
Fornitore.
10.3 L'Utente riconosce e accetta che nessuna responsabilità è imputabile al Fornitore:
- per disservizi dell'Abbonamento derivanti da malfunzionamenti di reti elettriche e telefoniche ovvero di
ulteriori
servizi gestiti da terze parti che esulano del tutto dalla sfera di controllo e responsabilità del Fornitore
(per
esempio, disservizi della banca dell'Utente, etc...);
- per la mancata pubblicazione di contenuti editoriali che derivi da cause di forza maggiore.
10.4 In tutti gli altri casi, l'Utente riconosce che la responsabilità del Fornitore in forza del contratto
è limitata
alle sole ipotesi di dolo o colpa grave.
10.5 Ai fini dell'accertamento di eventuali disservizi, l'Utente accetta che faranno fede le risultanze dei
sistemi
informatici del Fornitore.
11. Modifica dei termini d'uso
11.1 L'Abbonamento è disciplinato dai termini d'uso approvati al momento dell'acquisto.
11.2 Durante il periodo di validità del contratto, il Fornitore si riserva di modificare i termini della
fornitura per
giustificati motivi connessi alla necessità di adeguarsi a modifiche normative o obblighi di legge, alle
mutate
condizioni del mercato di riferimento ovvero all'attuazione di piani aziendali con ricadute sull'offerta dei
contenuti.
11.3 I nuovi termini d'uso saranno comunicati all'Utente con un preavviso di almeno 15 giorni rispetto alla
scadenza del
periodo di fatturazione in corso ed entreranno in vigore a partire dall'inizio del periodo di fatturazione
successivo.
Se l'Utente non è d'accordo con i nuovi termini d'uso, può esercitare la disdetta secondo quanto previsto al
precedente
articolo 3.
11.4 Ove la modifica dei termini d'uso sia connessa alla necessità di adeguarsi a un obbligo di legge, i
nuovi termini
d'uso potranno entrare in vigore immediatamente al momento della comunicazione; resta inteso che, solo in
tale ipotesi,
l'Utente potrà recedere dal contratto entro i successivi 30 giorni, con il conseguente diritto ad ottenere
un rimborso
proporzionale al periodo di abbonamento non goduto.
12. Trattamento dei dati personali
12.1 In conformità a quanto previsto dal Regolamento 2016/679 UE e dal Codice della privacy (decreto
legislativo 30
giugno 2003, n. 196), i dati personali degli Utenti saranno trattati per le finalità e in forza delle basi
giuridiche
indicate nella privacy policy messa a disposizione dell'Utente in sede di registrazione e acquisto.
12.2 Accettando i presenti termini di utilizzo, l'Utente conferma di aver preso visione della privacy policy
messa a
disposizione dal Fornitore e di averne conservato copia su supporto durevole.
12.3 Il Fornitore si riserva di modificare in qualsiasi momento la propria privacy policy nel rispetto dei
diritti degli
Utenti, dandone notizia a questi ultimi con mezzi adeguati e proporzionati allo scopo.
13. Servizio clienti
13.1 Per informazioni sul Servizio e per qualsiasi problematica connessa con la fruizione dello stesso,
l'Utente può
contattare il Fornitore attraverso i seguenti recapiti: help@newslist.it
14. Legge applicabile e foro competente
14.1 Il contratto tra il Fornitore e l'Utente è regolato dal diritto italiano.
14.2 Ove l'Utente sia qualificabile come consumatore, per le controversie comunque connesse con la
formazione,
esecuzione, interpretazione e cessazione del contratto, sarà competente il giudice del luogo di residenza o
domicilio
del consumatore, se ubicato in Italia.