13 Maggio
Un governo al bivio tra fare e dire no
Acciaio, gas, petrolio, strade, reti. Il problema della cultura industriale e di quella dei diritti si presenta fin dalla nascita del Governo Frankenstein. Parlamentarius spiega perché Lega e Movimento 5Stelle devono trovare una sintesi a partire dai dossier già esistenti.
Questo articolo è stato pubblicato il 13 maggio del 2018.
di Parlamentarius
La formazione del Governo Frankenstein procede alacremente, a quanto pare. Che venga fuori qualche difficoltà, non può stupirci. Chi sarà il Premier, come faremo a conciliare reddito di cittadinanza e flat tax, come si farà a trattare il conflitto di interessi senza turbare la “lateralità” di un Cavaliere al momento in panchina, e così via. Sono problemini non da poco, certo.
I mainstream media finora sono stati molto impegnati soprattutto a bacchettare le promesse elettorali irrealizzabili: come combinare flat tax e reddito di cittadinanza, l’una vista (erroneamente, secondo noi) come la misura a favore dei ricchi e l’altra come assistenzialismo spicciolo e disinvolto? Mettere a posto i conti non è semplice, è vero. Ma è pure vero che questi temi meriterebbero spirito critico e voglia di discussione. La flat tax riduce le entrate fiscali, inizialmente, ma sarebbe anche il caso di spiegare ai cittadini che quel che il contribuente si ritroverebbe in più in tasca potrebbe tornare sul mercato; e così alimentare la domanda, generare ricchezza e alla fine anche gettito fiscale. Di reddito di cittadinanza, poi, si parla dappertutto in giro per il mondo, perché la “innovazione distruttiva” del web nel frattempo non smette di cancellare interi mestieri e opportunità di lavoro. Così non ci stupisce che un giornale come l’Economist (altre volte citato come fonte di verità assoluta) non molto tempo fa discutesse molto seriamente l’argomento del “Money for nothing, checks for free” (e qui i Dire Straits non c’entrano …), dando spazio a tutte le opinioni in gioco. Insomma, non è ancora detto che tutto sia irrealizzabile.
Però oggi vogliamo toccare un altro tasto, al quale non si dedica eguale attenzione quando si guarda alla strana nuova e possibile alleanza dei cosiddetti...
Questo articolo è stato pubblicato il 13 maggio del 2018.
di Parlamentarius
La formazione del Governo Frankenstein procede alacremente, a quanto pare. Che venga fuori qualche difficoltà, non può stupirci. Chi sarà il Premier, come faremo a conciliare reddito di cittadinanza e flat tax, come si farà a trattare il conflitto di interessi senza turbare la “lateralità” di un Cavaliere al momento in panchina, e così via. Sono problemini non da poco, certo.
I mainstream media finora sono stati molto impegnati soprattutto a bacchettare le promesse elettorali irrealizzabili: come combinare flat tax e reddito di cittadinanza, l’una vista (erroneamente, secondo noi) come la misura a favore dei ricchi e l’altra come assistenzialismo spicciolo e disinvolto? Mettere a posto i conti non è semplice, è vero. Ma è pure vero che questi temi meriterebbero spirito critico e voglia di discussione. La flat tax riduce le entrate fiscali, inizialmente, ma sarebbe anche il caso di spiegare ai cittadini che quel che il contribuente si ritroverebbe in più in tasca potrebbe tornare sul mercato; e così alimentare la domanda, generare ricchezza e alla fine anche gettito fiscale. Di reddito di cittadinanza, poi, si parla dappertutto in giro per il mondo, perché la “innovazione distruttiva” del web nel frattempo non smette di cancellare interi mestieri e opportunità di lavoro. Così non ci stupisce che un giornale come l’Economist (altre volte citato come fonte di verità assoluta) non molto tempo fa discutesse molto seriamente l’argomento del “Money for nothing, checks for free” (e qui i Dire Straits non c’entrano …), dando spazio a tutte le opinioni in gioco. Insomma, non è ancora detto che tutto sia irrealizzabile.
Però oggi vogliamo toccare un altro tasto, al quale non si dedica eguale attenzione quando si guarda alla strana nuova e possibile alleanza dei cosiddetti “populisti” e che sta affiorando nelle cronache di queste ore. Merita grande attenzione, perché è uno di quei punti che magari non impedirà al Governo di nascere, ma che potrebbe irrimediabilmente azzopparlo in corso d’opera. Ci riferiamo al fatto che il fronte leghista si sarebbe preoccupato dei molti “no” che i 5 stelle avrebbero sollevato su alcuni dei dossier più scottanti del Governo uscente: Ilva, Tav, Tap, Trivelle, Alitalia e così via. L’intransigenza di chi, soprattutto per interessi che pulsano nel territorio interessato, si sta opponendo a queste opere di riconversione industriale e a nuovi investimenti infrastrutturali si verrebbe a saldare con una posizione che sarebbe parte del programma di governo a 5 stelle.
Il fronte leghista si sarebbe preoccupato dei molti “no” che i 5 stelle avrebbero sollevato su alcuni dei dossier più scottanti del Governo uscente: Ilva, Tav, Tap, Trivelle, Alitalia e così via.
Bene fanno i leghisti a preoccuparsi, perché questo è davvero un punto critico. Governare significa amministrare; amministrare significa “fare”; fare significa scegliere. L’Italia è uno strano Paese, nel quale da circa 25 anni ogni Governo ha pensato di far politica e attuare l’indirizzo politico facendo leggi in Parlamento. E no, questo non basta proprio. E, guardate, non basta neppure fare i decreti attuativi la cui mancanza è stata tante volte additata nei talk show e nei giornali del mainstream come la causa della mancata attuazione delle “riforme”. Si deve anche “amministrare”, a partire dalle decisioni topiche nei Ministeri, e quindi decidere se e come salvare l’industria siderurgica in Italia, se sviluppare o quantomeno non fermare i giacimenti di idrocarburi, se rispettare gli impegni internazionali per far passare dall’Italia il gas azero, che tipo di bonifica ambientale imporre a chi continua a produrre in Italia nella chimica e così via; chi più ne ha più ne metta.
Si deve anche “amministrare”, a partire dalle decisioni topiche nei Ministeri, e quindi decidere se e come salvare l’industria siderurgica in Italia.
Bene, ormai è affermazione comune (ancorché tardiva) dei giuristi italiani che in Italia l’amministrazione non riesce a portare avanti le scelte perché paralizzata da veti e responsabilità di ogni tipo: quando non basta il ricorso o il dissenso della Regione o del Comune, è decisivo il timore di indagini penali, di richieste risarcitorie della Corte dei conti, di verifiche dell’Autorità anticorruzione. Queste sono iniziative che in alcuni casi sono necessarie, ma in moltissimi altri hanno un effetto paralizzante per il modo in cui funzionano le cose. I rimedi non sono facili da trovare, anche se qualcosa si potrebbe cercare di fare e il silenzio delle agende politiche, francamente, non consola. Si potrebbe lavorare ad una riforma della giustizia contabile, tornare a discutere del ruolo dei p.m. e di quanto debba pesare sulle loro carriere la capacità di avviare indagini e applicare misure che poi effettivamente finiscano però in una sentenza condanna. Si potrebbe anche dire a voce alta quello che molti sussurrano ormai tra gli addetti ai lavori: accettare che è stata una idea sbagliata quella di ampliare a dismisura una prevenzione di tipo amministrativo-burocratico della “corruzione” affidata ad una logica sostanzialmente accusatoria e nella quale “corruzione” è diventato un po’ qualsiasi malcostume, con buonapace della funzione garantista delle definizioni giuridiche precise. Ma su questo torneremo altre volte, se il Titolare ce lo chiederà.
Quel che può, in quattro e quattrotto, mettere in crisi il Governo Frankenstein appena fatto sono i dossier già aperti. Perché quelle scelte non possono mica essere lasciate al singolo Dicastero competente (Sviluppo economico, Ambiente, etc.). Coinvolgono l’indirizzo politico-amministrativo al livello più alto e perciò chiamano in gioco tutto l’Esecutivo.
La domanda da porsi è questa: perché i 5 Stelle dicono “no” a queste opere, alle riconversioni industriali, agli investimenti, perché sono, pur rifiutando l’ideologia, by definition a favore di quelle soluzioni di tutela ambientale così severe che, alla fin fine, non servono ad altro che a far scappare dal nostro Paese chi ancora ci fa industria?
Quel che può, in quattro e quattrotto, mettere in crisi il Governo Frankenstein appena fatto sono i dossier già aperti.
Mentre in altri grandi capitoli hanno saputo cogliere il vento della modernità (e penso proprio all’aspetto più interessante della discussione sul reddito di cittadinanza come misura contro la “disruptive innovation” della nuova economia del web), qui i grillini, temiamo, manifestano un certo conformismo culturale, che li aggancia direttamente ad uno dei filoni dominanti della scena italica, dal secondo dopoguerra.
Di che parliamo? Della cultura dei diritti, perbacco. L’albero dei diritti è stato in piena salute sino a pochi anni fa, anche oltre la caduta del muro di Berlino e addirittura sino alla crisi del 2008, che improvvisamente ci ha risvegliato e fatto capire che anche un così bell’albero poteva essiccare. I diritti aspirano tutti ad esser “fondamentali” “costituzionali” “primari” (anche perché, si sa, cosa costerà poi darli in giro a chi ne avesse desiderio?). Si saldano con l’individuo e diventano un suo prolungamento. E siccome la persona è sacra ecco che questi diritti, specie se si sommano tra loro in un certo territorio, finiscono per prevalere su quell’altra cosa che è l’interesse comune, la sintesi degli interessi confliggenti, il bene del Paese, in altre parole ciò di cui la politica dovrebbe aver cura.
Questo è il campo del confronto tra diritti e libertà e la questione si fa allora molto seria. Ed è inevitabile che proprio qui Lega e Cinque Stelle abbiano difficoltà a trovare “la quadra”. I leghisti non possono che assecondare la cultura del “fare” ed hanno difficoltà a trovare un compromesso che passi per la condanna del Paese a dire di no a quasi ogni progetto infrastrutturale. I grillini, dal canto loro, hanno davanti una sfida cruciale. Restare su una posizione di intransigenza potrebbe significare indebolirne drammaticamente la credibilità come forza di Governo e perdipiù per un retaggio che ha le sue radici più profonde in una temperie culturale (la sorgente della cultura dei diritti, appunto) che ha impegnato l’intellighenzia della sinistra italiana durante tutta l’epoca della prima Repubblica: e che non a caso riguardava forze politiche costrette dagli equilibri internazionali … a non poter governare. Una Italia che dicesse di no agli investimenti industriali perché travolta dall’effetto Nimby rischierebbe, allora sì, di trovarsi troppo vicina (scusate l’azzardo) a quei Paesi dai quali gli investimenti sono fuggiti perché intimoriti da inospitalità istituzionale o instabilità politica. Ma Chavez in Venezuela, almeno, aveva il petrolio. Noi nemmeno quello.
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10. Limitazione di responsabilità
10.1 Il Fornitore è impegnato a fornire un Servizio con contenuti professionali e di alta qualità; tuttavia,
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garantire o
migliorare l'efficienza e la sicurezza del Servizio; tali interventi potrebbero comportare il rallentamento
o
l'interruzione del Servizio. Il Fornitore si impegna a contenere i periodi di interruzione o rallentamento
nel minore
tempo possibile e nelle fasce orarie in cui generalmente vi è minore disagio per gli Utenti. Ove
l'interruzione del
Servizio si protragga per oltre 24 ore, l'Utente avrà diritto a un'estensione dell'Abbonamento per un numero
di giorni
pari a quello dell'interruzione; in tali casi, l'Utente riconosce che l'estensione dell'Abbonamento è
l'unico rimedio in
suo favore, con la conseguente rinunzia a far valere qualsivoglia altra pretesa nei confronti del
Fornitore.
10.3 L'Utente riconosce e accetta che nessuna responsabilità è imputabile al Fornitore:
- per disservizi dell'Abbonamento derivanti da malfunzionamenti di reti elettriche e telefoniche ovvero di
ulteriori
servizi gestiti da terze parti che esulano del tutto dalla sfera di controllo e responsabilità del Fornitore
(per
esempio, disservizi della banca dell'Utente, etc...);
- per la mancata pubblicazione di contenuti editoriali che derivi da cause di forza maggiore.
10.4 In tutti gli altri casi, l'Utente riconosce che la responsabilità del Fornitore in forza del contratto
è limitata
alle sole ipotesi di dolo o colpa grave.
10.5 Ai fini dell'accertamento di eventuali disservizi, l'Utente accetta che faranno fede le risultanze dei
sistemi
informatici del Fornitore.
11. Modifica dei termini d'uso
11.1 L'Abbonamento è disciplinato dai termini d'uso approvati al momento dell'acquisto.
11.2 Durante il periodo di validità del contratto, il Fornitore si riserva di modificare i termini della
fornitura per
giustificati motivi connessi alla necessità di adeguarsi a modifiche normative o obblighi di legge, alle
mutate
condizioni del mercato di riferimento ovvero all'attuazione di piani aziendali con ricadute sull'offerta dei
contenuti.
11.3 I nuovi termini d'uso saranno comunicati all'Utente con un preavviso di almeno 15 giorni rispetto alla
scadenza del
periodo di fatturazione in corso ed entreranno in vigore a partire dall'inizio del periodo di fatturazione
successivo.
Se l'Utente non è d'accordo con i nuovi termini d'uso, può esercitare la disdetta secondo quanto previsto al
precedente
articolo 3.
11.4 Ove la modifica dei termini d'uso sia connessa alla necessità di adeguarsi a un obbligo di legge, i
nuovi termini
d'uso potranno entrare in vigore immediatamente al momento della comunicazione; resta inteso che, solo in
tale ipotesi,
l'Utente potrà recedere dal contratto entro i successivi 30 giorni, con il conseguente diritto ad ottenere
un rimborso
proporzionale al periodo di abbonamento non goduto.
12. Trattamento dei dati personali
12.1 In conformità a quanto previsto dal Regolamento 2016/679 UE e dal Codice della privacy (decreto
legislativo 30
giugno 2003, n. 196), i dati personali degli Utenti saranno trattati per le finalità e in forza delle basi
giuridiche
indicate nella privacy policy messa a disposizione dell'Utente in sede di registrazione e acquisto.
12.2 Accettando i presenti termini di utilizzo, l'Utente conferma di aver preso visione della privacy policy
messa a
disposizione dal Fornitore e di averne conservato copia su supporto durevole.
12.3 Il Fornitore si riserva di modificare in qualsiasi momento la propria privacy policy nel rispetto dei
diritti degli
Utenti, dandone notizia a questi ultimi con mezzi adeguati e proporzionati allo scopo.
13. Servizio clienti
13.1 Per informazioni sul Servizio e per qualsiasi problematica connessa con la fruizione dello stesso,
l'Utente può
contattare il Fornitore attraverso i seguenti recapiti: help@newslist.it
14. Legge applicabile e foro competente
14.1 Il contratto tra il Fornitore e l'Utente è regolato dal diritto italiano.
14.2 Ove l'Utente sia qualificabile come consumatore, per le controversie comunque connesse con la
formazione,
esecuzione, interpretazione e cessazione del contratto, sarà competente il giudice del luogo di residenza o
domicilio
del consumatore, se ubicato in Italia.