22 Maggio
Storia del Di Maio che fu Cola di Rienzo
Luigi e Cola, due storie di fortuna e... Giordano Bruno Guerri sale sulla macchina del tempo e fa un viaggio nell'Italia del Trecento dei papi, dei re e degli avventurieri. Potere, tribuni, popolo. Ieri è sempre oggi.
di Giordano Bruno Guerri
“Il tuo pezzo su Di Maio come Ottone III è piaciuto tanto”, romba al telefono il compagno Sechin: “Ora che abbiamo il Contratto di Governo, che ci siamo quasi, non avresti un altro bel paragone storico, magari un tantino più recente dell’anno Mille?” “Certo che ce l’ho”, ribatto.
Siamo dunque all’inizio del Trecento, anzi partiamo dal 1294. Quell’anno Benedetto Caetani, di potentissima famiglia, era riuscito a farsi eleggere papa grazie a un trucco boccaccesco. Fingendosi un angelo inviato da Dio riuscì a spaventare il candidato principale a tal punto da prenderne il posto. Si chiamò Bonifacio VIII e fu lui a inventare il Giubileo, nel 1300; peccato che per la sua decisa tendenza alla simonia, cioè a considerare affari propri quelli del Signore, venne messo da Dante nell'inferno, conficcato a terra e con le palme dei piedi in fiamme. Fu anche l'ultimo papa che, secondo l'ideale del Medio Evo, cercò di imporre il dominio universale della Chiesa: non aveva capito che i tempi erano cambiati e urtò tutti i reali europei, in particolare Filippo il Bello, re dell'ormai potentissima Francia, che contendeva al Sacro Romano Impero l'egemonia sul continente.
Federico Faruffini, Cola di Rienzo contempla le rovine di Roma, olio su tela, 1855.La questione più spinosa era la solita: per Bonifacio i re non avevano diritto di tassare gli ecclesiastici, per Filippo sì. Dopo una serie di contumelie e sgarbi, alla morte di Bonifacio, Filippo non volle più rischiare e - chiusa la breve parentesi di un altro papa italiano, che morì dopo pochi mesi probabilmente avvelenato - nel 1305 impose l'arcivescovo di Bordeaux, che prese il nome di Clemente V (1305-1314). Clemente non andò mai a Roma e nel 1309 stabilì la residenza a Avignone, dove si insediarono anche i successivi sei papi,...
di Giordano Bruno Guerri
“Il tuo pezzo su Di Maio come Ottone III è piaciuto tanto”, romba al telefono il compagno Sechin: “Ora che abbiamo il Contratto di Governo, che ci siamo quasi, non avresti un altro bel paragone storico, magari un tantino più recente dell’anno Mille?” “Certo che ce l’ho”, ribatto.
Siamo dunque all’inizio del Trecento, anzi partiamo dal 1294. Quell’anno Benedetto Caetani, di potentissima famiglia, era riuscito a farsi eleggere papa grazie a un trucco boccaccesco. Fingendosi un angelo inviato da Dio riuscì a spaventare il candidato principale a tal punto da prenderne il posto. Si chiamò Bonifacio VIII e fu lui a inventare il Giubileo, nel 1300; peccato che per la sua decisa tendenza alla simonia, cioè a considerare affari propri quelli del Signore, venne messo da Dante nell'inferno, conficcato a terra e con le palme dei piedi in fiamme. Fu anche l'ultimo papa che, secondo l'ideale del Medio Evo, cercò di imporre il dominio universale della Chiesa: non aveva capito che i tempi erano cambiati e urtò tutti i reali europei, in particolare Filippo il Bello, re dell'ormai potentissima Francia, che contendeva al Sacro Romano Impero l'egemonia sul continente.
Federico Faruffini, Cola di Rienzo contempla le rovine di Roma, olio su tela, 1855.La questione più spinosa era la solita: per Bonifacio i re non avevano diritto di tassare gli ecclesiastici, per Filippo sì. Dopo una serie di contumelie e sgarbi, alla morte di Bonifacio, Filippo non volle più rischiare e - chiusa la breve parentesi di un altro papa italiano, che morì dopo pochi mesi probabilmente avvelenato - nel 1305 impose l'arcivescovo di Bordeaux, che prese il nome di Clemente V (1305-1314). Clemente non andò mai a Roma e nel 1309 stabilì la residenza a Avignone, dove si insediarono anche i successivi sei papi, francesi come lui. Durante settant’anni di assenza papale, a Roma successe di tutto: il popolo si ribellò e, secondo un'antica tradizione, saccheggiò le case degli ecclesiastici e dei nobili; principi e signori approfittarono della situazione e cercarono di rafforzare il loro potere contro la Chiesa.
Per papa Bonifacio i re non avevano diritto di tassare gli ecclesiastici, per il re Filippo il Bello sì.
Soprattutto si svolse la vicenda di Nicola figlio di Rienzo Cabrini, meglio noto come Cola di Rienzo, storia di un italiano paradossale, eccessivo, esemplare comune per megalomania, fortuna e sfortuna. Infine: tipico. Può essere lui il nostro Di Maio di oggi, secondo i Catastrofisti, ovvero quei molti convinti a priori che il governo 5 Stelle-Lega porterà tutti alla rovina. Luigi e Cola, entrambi venuti dal nulla, per un insieme di circostanze che non capitano neanche nei romanzi d’avventura, sono pervenuti a un potere immenso avendo molte idee e tutte sbagliate (sempre secondo i Catastrofisti) sul da farsi. Vediamo dunque cosa accadde, e cosa potrebbe accadere a noi, dal punto di vista dei molti profeti di sventura.
Rienzo Cabrini faceva l'oste a Trastevere, sua moglie la lavandaia e la portatrice d'acqua. La donna morì prematuramente e il piccolo Cola venne allevato in Ciociaria da una famiglia di contadini. Il giovane però si sentiva destinato a tutt'altre avventure e raccontava volentieri di essere figlio bastardo di un imperatore di passaggio. Era nato nel 1313, quando i papi stavano già in Francia. Roma era priva del padre-padrone e anche della fonte di reddito principale: la curia, con le elemosine e i pellegrini. I signorotti di provincia approfittavano della situazione per rendersi sempre più indipendenti e non pagare le gabelle, mentre i nobili cittadini si contendevano i poteri lasciati liberi dall'assenza papale. Nel caos, la città accolse festosamente l'ennesimo imperatore tedesco (Ludovico IV il Bavaro) sceso a nominare un antipapa di suo gusto. I romani festeggiarono anche l’antipapa, salvo poi scacciarlo quando Ludovico se ne andò. Sembra quasi il contenzioso centrodestra-centrosinistra, che fanno a rubabandiera da trent’anni, e una volta vince uno, poi vince l’altro, e alla fine non cambia nulla. Si aspetta sempre il grande cambiamento. Eccolo: dopo papi, imperatori, centrosinistri e centrodestri, trionfa il populismo.
Cola era nato nel 1313, quando i papi stavano già in Francia. Roma era priva del padre-padrone e anche della fonte di reddito principale: la curia, con le elemosine e i pellegrini.
Cola tornò a Roma dalla Ciociaria poco dopo, a vent'anni, infarcito di studi disordinati, misticismo religioso e culto della romanità. Era malato, come tutti gli italiani capaci di leggere, di nostalgie storico-favolistiche, che oggi sono quelle della democrazia diretta e del facciamo tutto noi. Si aggirava volentieri fra le rovine invocando le ombre del passato: «Decretiamo, dichiariamo e proclamiamo», enunciò al massimo del suo potere, «che la città santa di Roma sia capo del mondo». Di Maio non punta a tanto, ma delira quanto Cola e Salvini, secondo i Catastrofisti, quando accampa ricette inedite per mettere tutto a posto. Cola era un fanatico allucinato, sì, ma anche un trascinatore di folle, capace di esercitare fascino persino fra intellettuali sofisticati: Petrarca, il più famoso e influente dell'epoca, fu suo ammiratore: vedrete che, se vanno al potere e lo tengono, anche Luigi e Matteo troveranno i loro petrarchini, oh quanti.
A trent'anni Cola convinse la corporazione degli artigiani a mandarlo a Avignone per persuadere il papa a tornare. Non ci riuscì, ma dal pontefice ebbe un po' di denaro, una carica modesta, uno stipendio e una promessa che fece felici i romani: anche nel 1350 ci sarebbe stato il Giubileo, ovvero dal punto di vista economico qualcosa di simile – ai tempi - alla flat tax e al reddito di cittadinanza insieme. Per i suoi concittadini Cola diventò un eroe, e strafece. La notte del 9 maggio 1347 ascoltò venti messe, organizzò un gran corteo di popolani e - in un colloquio diretto con la folla, da un balcone - si fece nominare dal popolo «severo e tremendo tribuno di libertà, di pace e giustizia e liberatore della Sacra Romana Repubblica». A ferragosto si fece cingere di sette corone (i doni dello Spirito Santo) stringendo in pugno il globo d'argento simbolo dell'Impero. Riformò fisco e giustizia, poi proclamò la libertà di tutte le città d'Italia – dall’Europa, diremmo oggi - e indisse per l'anno seguente una riunione fra i rappresentanti degli Stati italiani perché scegliessero il loro nuovo imperatore. Che, naturalmente, sarebbe stato lui. A trentatré anni (fra poco l’età di Di Maio) non mancò di paragonarsi a Gesù.
A ferragosto si fece cingere di sette corone (i doni dello Spirito Santo) stringendo in pugno il globo d'argento simbolo dell'Impero.
Peccato che abbia perso la carica prima dell'anno successivo. (Oggi diremmo: elezioni nel 2019.) Lui, che aveva sfidato papi e imperatori, non riuscì a domare i nobili romani, ovvero quelli che detenevano da sempre il potere economico e politico. Un giorno li fece arrestare tutti, mentre erano suoi ospiti a pranzo, perché un Colonna si era permesso di criticare i suoi abiti di seta e d'oro. Fece preparare un palco per la decapitazione, convocò il popolo per assistere allo spettacolo, ma all'ultimo ci ripensò, si scusò e li fece liberare: una grave errore. Cola dovette iniziare un'estenuante guerricciola con i nobili asserragliati nei castelli di campagna, mentre la città si immiseriva sempre più. È proprio quel che prevedono i Catastrofisti.
Il papa – chiamiamolo Ue - fece sapere che, vista la situazione, Roma non avrebbe avuto né il prossimo Giubileo né alcun altro. La minaccia fu più efficace della scomunica: i nobili giunsero fin sotto le mura della città e Cola chiamò invano il popolo a raccolta. Dovette lasciare Roma e affidarsi all'imperatore tedesco, che lo imprigionò e lo mandò in regalo al papa. Condannato a morte, venne salvato dagli appelli di Petrarca e dei romani, che ormai avevano ottenuto il Giubileo e si erano stancati dei nobili. La città era di nuovo nell'anarchia, un tumulto dopo l'altro, e il papa pensò che chiodo scacciasse chiodo: un Cola ravveduto avrebbe potuto placare il popolino e fare da contrappeso ai nobili. Lo liberò e lo rimandò a Roma come senatore. Cola e i romani si sbizzarrirono molto, ma non a lungo: rientrato trionfalmente in città il 1° agosto 1354, l'8 ottobre Cola venne trucidato dagli stessi popolani che l'avevano accolto come un salvatore. In quel breve arco di tempo aveva promesso di riportare l'Impero universale a Roma, aveva ripreso la guerra contro i nobili, teneva folli discorsi dal balcone, ordinava esecuzioni sommarie, era alcolizzato e aveva compensato con un'oscena obesità la fame antica delle sue origini. I romani lo linciarono, straziarono il suo corpo e lo appesero per i piedi vicino alla chiesa di San Marcello. II cadavere, senza testa, venne lasciato due giorni a fungere da bersaglio per le sassaiole dei ragazzi. «Pareva uno smisurato bufalo o vacca al macello», scrisse un anonimo cronista.
I romani lo linciarono, straziarono il suo corpo e lo appesero per i piedi vicino alla chiesa di San Marcello. II cadavere, senza testa, venne lasciato due giorni a fungere da bersaglio per le sassaiole dei ragazzi.
Figura quasi burlesca, Cola è stato però l'unico leader non religioso – per l’epoca significa non politico - che i romani si siano dati in molti secoli di storia. Nei suoi deliri aveva indicato la strada della giustizia sociale, dell'esercito popolare, dell'unità, della laicità e dell'indipendenza nazionale. (Del NO TAV, no, ma solo perché non c’erano I treni.) Un po' troppo da farsi in così poco tempo, con così poco cervello e soprattutto con un tale popolo.
È un luogo comune molto diffuso, ma sin troppo facile, fare paralleli Cola-Mussolini: entrambi furono catturati travestiti, entrambi trucidati e appesi per i piedi da quel popolo che li aveva tanto amati; entrambi erano oratori esaltanti, avevano il culto della romanità e idee rivoluzionarie. Il nostro anonimo cronista medievale, poi, scrive che i romani, a quei tempi, potevano anche lasciare le loro cose per strada senza timore di furti: si dice lo stesso del periodo fascista, confondendo uno Stato di polizia con l'onestà dei cittadini e la forza dello Stato. Di certo, e per fortuna, un accostamento Di Maio-Mussolini sembra ancora impossibile, benché altrettanto certamente il nuovo fascismo si presenterà senza stivali e con un sorriso largo.
È un luogo comune molto diffuso, ma sin troppo facile, fare paralleli Cola-Mussolini: entrambi furono catturati travestiti, entrambi trucidati e appesi per i piedi da quel popolo che li aveva tanto amati.
I papi intanto, benché francesi, avevano iniziato a rendersi conto che solo a Roma, indipendenti, potevano sperare di riavere l'antico potere. Urbano V (1362-1370) fu il primo a tornare, nel 1367, dopo molte esitazioni causate anche dalla qualità del vino; persino Petrarca – dimenticato rapidamente Cola - dovette scrivergli per rassicurarlo sulla bontà dei vini locali: ma Urbano, appena giunto in città, se ne fece arrivare dalla Francia 60 botti via mare. Rientrati nella loro sede, i pontefici perfezionarono la vendita delle indulgenze e così fecero affluire in Italia enormi quantità d'oro da tutta Europa. Rafforzarono il loro dominio e abbellirono il paese di opere senza precedenti. Il Rinascimento nacque grazie a loro e ai Signori. Anche i romani capirono che senza papa non potevano vivere. I sovrani d'Europa, invece, impegnarono gli ingegni migliori della loro epoca per edificare uno Stato, facendo nascere la Francia, la Spagna, l'Inghilterra, dove crebbero grandi condottieri e statisti. Avrebbero dunque ragione i Catastrofisti.
***
Ma c’è un altro aspetto che voglio considerare brevemente, sempre appoggiandomi al bastone della storia. È quello degli Illuminati divenuti Catastrofisti. Da decenni predicano che occorre un cambiamento, e di cambiamenti c’è ne sono stati, altro che: da Berlusconi al potere ai postcomunisti al potere alla neodiccì al potere ai tecnocrati al potere. Oh, nessuno che sia andato bene. E non dico al popolo, che secondo gli Illuminati conta soltanto come soggetto di studio, quanto proprio agli Illuminati, che da un quarto di secolo continuano a vagheggiare rivoluzioni perfette – e astratte come il teorema di Euclide.
Facevano così anche gli Illuministi, mi si consenta più illuminati degli Illuminati. Per decenni invocarono una Rivoluzione, e la rivoluzione avvenne. Era il 1789. Quando il pensiero si fa atto, non capita mai che che l’atto-figlio somigli al pensiero-padre. Nel caso Di Maio-Salvini, il cambiamento è così dissimile dal pensiero degli Illuminati, che è facile arrivare alla conclusione: il popolo, la massa votante, gli ha messo le corna, agli Illuminati. Dal bisogno di cambiamento predicato come diventare “un Paese normale” è nata – invece – questa tammurriata nira nira nira che adesso fa urlare gli Illuminati di spavento. Il famoso “cambiamento” è diventato il “famolo strano” di Verdone,
Ma è la democrazia, bellezza, non gonfalonavate quella? E allora ecco – rimanendo sempre da entrambe le parti in attesa di un Napoleone che stavolta non arriverà – Danton, Robespierre e una ghigliottina pronta destinata ora a questo ora a quello per la gioia delle tricoteuses negli studi televisivi.
(Per me, sempre viva Sait-Just, al galoppo sul suo cavallo bianco di puro eroe rivoluzionario per andare a tagliare teste gridando NESSUN POTERE È INNOCENTE. E va da sé che l’hanno tagliata anche a lui.)
@GBGuerri
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24h prima della scadenza del periodo di abbonamento in corso. In caso di mancata disattivazione,
l'abbonamento si
rinnova per un eguale periodo e all'Utente viene addebitato lo stesso importo sul suo account Apple.
L'Utente può
gestire e disattivare il proprio abbonamento direttamente dal proprio profilo su App Store. Per maggiori
informazioni al
riguardo: https://www.apple.com/it/legal/terms/site.html. Il Fornitore non è responsabile per eventuali
disservizi della
piattaforma App Store.
6. Promozioni
6.1 Il Fornitore può a sua discrezione offrire agli Utenti delle promozioni sotto forma di sconti o periodi
gratuiti di
fruizione del Servizio.
6.2 Salvo che non sia diversamente specificato nella pagina di offerta della promozione, l'adesione a una
promozione
comporta, alla sua scadenza, l'attivazione automatica del Servizio a pagamento con addebito periodico del
corrispettivo
in base al contenuto del pacchetto di volta in volta selezionato dall'Utente.
6.3 L'Utente ha la facoltà di disattivare il Servizio in qualunque momento prima della scadenza del periodo
di prova
attraverso una delle modalità indicate nel precedente articolo 3).
7. Obblighi e garanzie dell'Utente
7.1 L'Utente dichiara e garantisce:
- di essere maggiorenne;
- di sottoscrivere l'Abbonamento per scopi estranei ad attività professionali, imprenditoriali, artigianali
o commerciali
eventualmente svolte;
- che tutti i dati forniti per l'attivazione dell'Abbonamento sono corretti e veritieri;
- che i dati forniti saranno mantenuti aggiornati per l'intera durata dell'Abbonamento.
7.2 L'Utente si impegna al pagamento del corrispettivo in favore del Fornitore nella misura e con le
modalità definite
nei precedenti articoli.
7.3 L'Utente si impegna ad utilizzare l'Abbonamento e i suoi contenuti a titolo esclusivamente personale, in
forma non
collettiva e senza scopo di lucro; l'Utente è inoltre responsabile per qualsiasi uso non autorizzato
dell'Abbonamento e
dei suoi contenuti, ove riconducibile all'account dell'Utente medesimo; per questo motivo l'Utente si
impegna ad
assumere tutte le precauzioni necessarie per mantenere riservato l'accesso all'Abbonamento attraverso il
proprio account
(per esempio, mantenendo riservate le credenziali di accesso ovvero segnalando senza ritardo al Fornitore
che la
riservatezza di tali credenziali risulta compromessa per qualsiasi motivo).
7.4 La violazione degli obblighi stabiliti nel presente articolo conferisce al Fornitore il diritto di
risolvere
immediatamente il contratto ai sensi dell'articolo 1456 del codice civile, fatto salvo il risarcimento dei
danni.
8. Tutela della proprietà intellettuale e industriale
8.1 L'Utente riconosce e accetta che i contenuti dell'Abbonamento, sotto forma di testi, immagini,
fotografie, grafiche,
disegni, contenuti audio e video, animazioni, marchi, loghi e altri segni distintivi, sono coperti da
copyright e dagli
altri diritti di proprietà intellettuale e industriale di volta in volta facenti capo al Fornitore e ai suoi
danti causa
e per questo si impegna a rispettare tali diritti.
8.2 Tutti i diritti sono riservati in capo ai titolari; l'Utente accetta che l'unico diritto acquisito con
il contratto
è quello di fruire dei contenuti dell'Abbonamento con le modalità e i limiti propri del Servizio. Fatte
salve le
operazioni di archiviazione e condivisione consentite dalle apposite funzionalità del Servizio, qualsiasi
attività di
riproduzione, pubblica esecuzione, comunicazione a terzi, messa a disposizione, diffusione, modifica ed
elaborazione dei
contenuti è espressamente vietata.
8.3 La violazione degli obblighi stabiliti nel presente articolo conferisce al Fornitore il diritto di
risolvere
immediatamente il contratto ai sensi dell'articolo 1456 del codice civile, fatto salvo il risarcimento dei
danni.
9. Manleva
9.1 L'Utente si impegna a manlevare e tenere indenne il Fornitore contro qualsiasi costo – inclusi gli
onorari degli
avvocati, spesa o danno addebitato al Fornitore o in cui il Fornitore dovesse comunque incorrere in
conseguenza di usi
impropri del Servizio da parte dell'Utente o per la violazione da parte di quest'ultimo di obblighi
derivanti dalla
legge ovvero dai presenti termini d'uso.
10. Limitazione di responsabilità
10.1 Il Fornitore è impegnato a fornire un Servizio con contenuti professionali e di alta qualità; tuttavia,
il
Fornitore non garantisce all'Utente che i contenuti siano sempre privi di errori o imprecisioni; per tale
motivo,
l'Utente è l'unico responsabile dell'uso dei contenuti e delle informazioni veicolate attraverso di
essi.
10.2 L'Utente riconosce e accetta che, data la natura del Servizio e come da prassi nel settore dei servizi
della
società dell'informazione, il Fornitore potrà effettuare interventi periodici sui propri sistemi per
garantire o
migliorare l'efficienza e la sicurezza del Servizio; tali interventi potrebbero comportare il rallentamento
o
l'interruzione del Servizio. Il Fornitore si impegna a contenere i periodi di interruzione o rallentamento
nel minore
tempo possibile e nelle fasce orarie in cui generalmente vi è minore disagio per gli Utenti. Ove
l'interruzione del
Servizio si protragga per oltre 24 ore, l'Utente avrà diritto a un'estensione dell'Abbonamento per un numero
di giorni
pari a quello dell'interruzione; in tali casi, l'Utente riconosce che l'estensione dell'Abbonamento è
l'unico rimedio in
suo favore, con la conseguente rinunzia a far valere qualsivoglia altra pretesa nei confronti del
Fornitore.
10.3 L'Utente riconosce e accetta che nessuna responsabilità è imputabile al Fornitore:
- per disservizi dell'Abbonamento derivanti da malfunzionamenti di reti elettriche e telefoniche ovvero di
ulteriori
servizi gestiti da terze parti che esulano del tutto dalla sfera di controllo e responsabilità del Fornitore
(per
esempio, disservizi della banca dell'Utente, etc...);
- per la mancata pubblicazione di contenuti editoriali che derivi da cause di forza maggiore.
10.4 In tutti gli altri casi, l'Utente riconosce che la responsabilità del Fornitore in forza del contratto
è limitata
alle sole ipotesi di dolo o colpa grave.
10.5 Ai fini dell'accertamento di eventuali disservizi, l'Utente accetta che faranno fede le risultanze dei
sistemi
informatici del Fornitore.
11. Modifica dei termini d'uso
11.1 L'Abbonamento è disciplinato dai termini d'uso approvati al momento dell'acquisto.
11.2 Durante il periodo di validità del contratto, il Fornitore si riserva di modificare i termini della
fornitura per
giustificati motivi connessi alla necessità di adeguarsi a modifiche normative o obblighi di legge, alle
mutate
condizioni del mercato di riferimento ovvero all'attuazione di piani aziendali con ricadute sull'offerta dei
contenuti.
11.3 I nuovi termini d'uso saranno comunicati all'Utente con un preavviso di almeno 15 giorni rispetto alla
scadenza del
periodo di fatturazione in corso ed entreranno in vigore a partire dall'inizio del periodo di fatturazione
successivo.
Se l'Utente non è d'accordo con i nuovi termini d'uso, può esercitare la disdetta secondo quanto previsto al
precedente
articolo 3.
11.4 Ove la modifica dei termini d'uso sia connessa alla necessità di adeguarsi a un obbligo di legge, i
nuovi termini
d'uso potranno entrare in vigore immediatamente al momento della comunicazione; resta inteso che, solo in
tale ipotesi,
l'Utente potrà recedere dal contratto entro i successivi 30 giorni, con il conseguente diritto ad ottenere
un rimborso
proporzionale al periodo di abbonamento non goduto.
12. Trattamento dei dati personali
12.1 In conformità a quanto previsto dal Regolamento 2016/679 UE e dal Codice della privacy (decreto
legislativo 30
giugno 2003, n. 196), i dati personali degli Utenti saranno trattati per le finalità e in forza delle basi
giuridiche
indicate nella privacy policy messa a disposizione dell'Utente in sede di registrazione e acquisto.
12.2 Accettando i presenti termini di utilizzo, l'Utente conferma di aver preso visione della privacy policy
messa a
disposizione dal Fornitore e di averne conservato copia su supporto durevole.
12.3 Il Fornitore si riserva di modificare in qualsiasi momento la propria privacy policy nel rispetto dei
diritti degli
Utenti, dandone notizia a questi ultimi con mezzi adeguati e proporzionati allo scopo.
13. Servizio clienti
13.1 Per informazioni sul Servizio e per qualsiasi problematica connessa con la fruizione dello stesso,
l'Utente può
contattare il Fornitore attraverso i seguenti recapiti: help@newslist.it
14. Legge applicabile e foro competente
14.1 Il contratto tra il Fornitore e l'Utente è regolato dal diritto italiano.
14.2 Ove l'Utente sia qualificabile come consumatore, per le controversie comunque connesse con la
formazione,
esecuzione, interpretazione e cessazione del contratto, sarà competente il giudice del luogo di residenza o
domicilio
del consumatore, se ubicato in Italia.