7 Giugno
I nemici del populismo che non amano la libertà
Il termine populismo è usato come arma contundente, come insulto. «Lei è un populista! Populista sarà lei!». È ora di rinunciare alla demonizzazione e cercare di capire i percorsi del presente. Uno straordinario saggio di Dino Cofrancesco sugli amici e nemici, veri e finti, della libertà.
Il testo che segue è un saggio sul populismo (e la sua demonizzazione) scritto dal professor Dino Cofrancesco. È un contributo straordinario sulla libertà, i suoi amici e i suoi palesi e travestiti nemici. Il titolare di List ringrazia la rivista Libro Aperto e l'autore dall'acuta e brillante penna. Buona lettura.
Populismo. E se rinunciassimo alla demonizzazione?
di Dino Cofrancesco
Fare informazione comporta l'uso descrittivo del linguaggio e dei termini politici impiegati. Ad esempio, definire Francisco Franco «fascista» non fa capire né chi è stato il Generalissimo né cos'è stato il fascismo. Ci si trova, direbbero i filosofi empiristi, dinanzi a un giudizio di valore che viene contrabbandato come giudizio di fatto. Quest'ultimo si ha quando di un fenomeno o di un leader politico si racconta la storia, si illustra la natura, si individua la funzione. Tocca poi al lettore, in base a tali dati di fatto, formulare una sua valutazione positiva o negativa.
Sono considerazioni che vengono in mente, pensando alla gran confusione che regna ormai tra parole come demagogia, democrazia diretta, populista, popolare etc. Si ha l'impressione, soprattutto per quanto riguarda il termine populismo, che esso non serva come bussola per orientarsi nei conflitti del nostro tempo ma come arma contundente, come insulto. «Lei è un populista! Populista sarà lei!». Da qualche tempo, proprio per una sorta di difesa preventiva, leader e giornalisti distinguono «populista» da «popolare» come se si trattasse di due pianeti diversi e non comunicanti. In realtà, un leader populista non può non essere popolare (ad esempio Peron), anche se un leader popolare può non essere populista (esempio Churchill). La differenza è innegabile ma è quella che non esclude casi intermedi (ad esempio bello/brutto che ammette anche il semibello) non quella tra contrari che si definiscono per esclusione-negazione reciproca (esempio incinta/non incinta). Ad accomunare il populista e il popolare...
Il testo che segue è un saggio sul populismo (e la sua demonizzazione) scritto dal professor Dino Cofrancesco. È un contributo straordinario sulla libertà, i suoi amici e i suoi palesi e travestiti nemici. Il titolare di List ringrazia la rivista Libro Aperto e l'autore dall'acuta e brillante penna. Buona lettura.
Populismo. E se rinunciassimo alla demonizzazione?
di Dino Cofrancesco
Fare informazione comporta l'uso descrittivo del linguaggio e dei termini politici impiegati. Ad esempio, definire Francisco Franco «fascista» non fa capire né chi è stato il Generalissimo né cos'è stato il fascismo. Ci si trova, direbbero i filosofi empiristi, dinanzi a un giudizio di valore che viene contrabbandato come giudizio di fatto. Quest'ultimo si ha quando di un fenomeno o di un leader politico si racconta la storia, si illustra la natura, si individua la funzione. Tocca poi al lettore, in base a tali dati di fatto, formulare una sua valutazione positiva o negativa.
Sono considerazioni che vengono in mente, pensando alla gran confusione che regna ormai tra parole come demagogia, democrazia diretta, populista, popolare etc. Si ha l'impressione, soprattutto per quanto riguarda il termine populismo, che esso non serva come bussola per orientarsi nei conflitti del nostro tempo ma come arma contundente, come insulto. «Lei è un populista! Populista sarà lei!». Da qualche tempo, proprio per una sorta di difesa preventiva, leader e giornalisti distinguono «populista» da «popolare» come se si trattasse di due pianeti diversi e non comunicanti. In realtà, un leader populista non può non essere popolare (ad esempio Peron), anche se un leader popolare può non essere populista (esempio Churchill). La differenza è innegabile ma è quella che non esclude casi intermedi (ad esempio bello/brutto che ammette anche il semibello) non quella tra contrari che si definiscono per esclusione-negazione reciproca (esempio incinta/non incinta). Ad accomunare il populista e il popolare è, ovviamente, il riferimento al principio della sovranità popolare a fondamento della costituzione politica. Inoltre, entrambi presuppongono un leader carismatico che chiede la fiducia del popolo - ovvero carta bianca per le riforme che intende realizzare - quando una grave minaccia incombe sulla comunità politica, una guerra o una devastante crisi economica. Infine, sia il «popolare» che il «populista» si rivolgono direttamente alle masse (vedi i discorsi al caminetto di F.D. Roosevelt), ciò che comporta la «personalizzazione della politica» e la noncuranza (relativa) per le mediazioni istituzionali.
Il termine populismo usato come arma contundente, come insulto. «Lei è un populista! Populista sarà lei!».
Le somiglianze, però, finiscono qui. Innanzitutto, il leader popolare non vede nel regime politico un tumore da estirpare ma un edificio da riparare, laddove il leader populista fa dell'odiato establishment l'espressione del malgoverno, della corruzione, del cinismo politico. Il primo è un «riformista», il secondo un «rivoluzionario», almeno nel rifiuto di venire a patti con l'esistente. Ne deriva che il leader popolare non delegittima l'avversario mentre il leader populista non vuole aver nulla a che fare con chi «ha rovinato il paese»: per lui, dire che i valori politici si equivalgono sarebbe come degradare il conflitto per il potere a una competizione sportiva laddove per lui—peraltro come per gli estremisti di ogni colore—è una guerra pro aris et focis che ha la salvezza come posta in gioco. Forse, in certi momenti storici, il populismo può essere una risorsa per una comunità politica che voglia voltar pagina: certo è un fenomeno che pone qualche problema agli amici della «società aperta».
A evitare spiacevoli fraintendimenti, sono convinto anch’io che l’antipolitica, che oggi sembra tradursi in neonazionalismo, ci riservi un avvenire forse non migliore del presente. Ciò che trovo intollerabile, invece, è il neo-sansimonismo, la rimozione - de facto anche se raramente de jure - di quel principio su cui si fonda la ‘democrazia dei moderni’ e che, per adoperare un’espressione un po’ roboante, si può definire la sacralità dell’individuo alla base poi della regola democratica par excellence «un uomo, un voto». «Prendere sul serio» tale principio significa fare della libertà - del libero arbitrio - il valore etico-politico più alto ed assoluto. Un rilievo, questo, che potrebbe sembrare ovvio (e insopportabilmente retorico) ma che non lo è se si considera il fatto che, per quasi tutte le ideologie egemoni in Italia (da quella cattolica a quella marxista o post-marxista, a quella tecnocratica che sembra occupare lo spazio delle prime due ormai al tramonto) la libertà, a ben guardare, non è un bene finale ma un bene strumentale: è preziosa solo se fa raggiungere le mete indicate dalle varie ideologie mentre diventa un lusso pericoloso se tenta di rimettere indietro le lancette dell’orologio della storia.
Trovo intollerabile la rimozionedi quel principio su cui si fonda la ‘democrazia dei moderni’, la sacralità dell’individuo alla base poi della regola democratica par excellence «un uomo, un voto».
La libertà presa sul serio, per come la intendo io, è, invece, la libertà che impone di prestare attento ascolto all’acquirente se dichiara che le scarpe gli vanno strette, consentendogli di rivolgersi ad un altro negozio; è la libertà che al rammarico per una scelta elettorale sbagliata accompagna la ricerca delle responsabilità e si chiede se non siano state classi politiche inadeguate - leader se non sempre corrotti quasi sempre incompetenti - alle origini dell’errore delle disprezzate ‘masse’; è la libertà che fa amare le ‘regole’ più dei risultati e che riserva gli applausi alla squadra che ha vinto la partita con un gioco corretto e ineccepibile anche se non è la nostra e i fischi alla squadra che ha giocato male e senza rispetto del codice sportivo e del fair play, anche se è la nostra; è la libertà che, profondamente consapevole che viviamo nel mondo dell’incertezza dove è impossibile stabilire quali siano le parti non sbagliate della storia, ritiene che nessuno abbia in tasca la verità e, che in linea di principio, anche gli "odiati avversari" potrebbero avere ragione. È un’ipotesi, questa, che non induce affatto ad abbassare la guardia e a far valere meno le proprie ragioni, ma che predispone alla serena accettazione dell’imprevisto e a fare i conti con situazioni spiacevoli alle quali non si è contribuito.
La libertà è quella che ritiene che nessuno abbia in tasca la verità e, che in linea di principio, anche gli "odiati avversari" potrebbero avere ragione.
Chi ama davvero la libertà sa che come per la vita, finché c’è libertà c’è speranza. I programmi politici più discutibili potrebbero trovare il consenso della maggioranza degli elettori ma finché i diritti civili e politici non vengono lesi, nulla è perduto. Solo davanti al pericolo di nuovi totalitarismi (fascisti e comunisti) è lecito lanciare l’allarme Annibale è alle porte: se il pericolo non c’è - o consiste solo in decisioni politiche e in leggi non di nostro gusto e suscettibili di cambiamento quando la ruota della fortuna girerà nel verso nostro - la drammatizzazione dello scontro politico, l’invocazione sul campo di battaglia della Dea della Storia a sostegno di uno dei due eserciti in competizione significa barare al gioco della democrazia.
Purtroppo nel nostro paese, la pianta del liberalismo è rimasta asfittica e questo ci ha impedito di interiorizzare taluni principi basilari che stanno a fondamento della democrazia dei moderni.
Il primo è che in politica non c’è verità ovvero gli interessi e i valori per cui si battono gli uomini stanno tutti sullo stesso piano. Un governo interventista in economia non è moralmente ‘superiore’ né più legittimo rispetto a un governo liberista. L’uno e l’altro vengono incontro a bisogni diversi e impiegano risorse legislative per soddisfarli, il primo si muove in una logica di welfare state, avendo in mente obiettivi di giustizia sociale, il secondo si muove in una logica di mercato e pensa che la libertà d’impresa produce più lavoro e più benessere.
Il secondo è che gli interessi e i valori che motivano uomini e partiti sono spesso conflittuali. La libertà, per fare un esempio classico, può, oltre certi livelli, porsi in un rapporto a somma zero con l’eguaglianza. Nella nostra Costituzione, ricordava Norberto Bobbio, «libertà ed eguaglianza» vengono «congiuntamente nominate come beni indivisibili e solidali tra loro». In realtà, si tratta di ‘buoni propositi’ giacché l’esperienza comune ci mostra come la libertà dei più dotati, dei più colti, dei più intelligenti approfondisca la loro distanza, la loro diseguaglianza, rispetto agli altri. Giustizia e libertà sono solidali unicamente ai minimi livelli: se nessuno m’impedisce di andare a votare ma il seggio è lontano e non posso permettermi neppure l’acquisto del biglietto del tram, il diritto di voto resta un assegno che non posso riscuotere.
Un governo interventista in economia non è moralmente ‘superiore’ né più legittimo rispetto a un governo liberista. L’uno e l’altro vengono incontro a bisogni diversi.
Il terzo è che le ideologie politiche rispecchiano tutte bisogni profondamente iscritti nell’umano. Il desiderio di protezione e di calore comunitario, che porta alla chiusura verso gli altri (tradizionalismo) e quello opposto che porta a evadere dal nido familiare - in senso lato - e di aprirsi al mondo (illuminismo) sono entrambi ben radicati negli animi dei Figli della Terra. E se il primo ha portato alla barbarie nazista, il secondo ha ispirato un egualitarismo feroce che, in nome della dignità di tutti gli uomini non ha esitato a sterminare intere classi sociali. Un tempo quei bisogni trovavano un qualche riconoscimento o bilanciamento nello Stato-nazione. Quest’ultimo era un Giano bifronte: da una parte, era societas, dall’altra communitas: era il tutore e garante della ‘legge’ e dell’’ordine’ e, insieme, il custode di luoghi della memoria, di patrimoni culturali e linguistici e di altre manifestazioni dello spirito collettivo che sono alla base dell’identità etico-sociale non degli individui ma delle ‘persone’. Col suo tramonto le ‘radici’ sono divenute sinonimo tout court di tribalismo e il populismo etno-culturale viene sempre più assimilato al fascismo.
Il quarto è che le politiche economiche perseguite dagli stati - ivi compresi gli accordi di cooperazione internazionale e la costituzione di governance sovranazionali - non rappresentano per tutti le ‘benedizioni della modernità’: milioni di cittadini si trovavano meglio quando stavano peggio e, con la crescente miseria, crescono il risentimento e la sfiducia nei confronti di governi e classi dirigenti. Uno stato che si rispetti è tenuto a prendersi cura di loro o a considerarli come massa damnationis destinati all’estinzione biologica - come fanno certi quotidiani che sembrano scritti dai Pangloss dell’europeismo e della globalizzazione?
Uno stato che si rispetti è tenuto a prendersi cura dei poveri o a considerarli come massa damnationis destinati all’estinzione biologica - come fanno certi quotidiani che sembrano scritti dai Pangloss dell’europeismo e della globalizzazione?
Il quinto è che i disagi sociali dei naufraghi della modernizzazione sono un problema che deve riguardarci tutti e non per motivi altruistici ma per motivi egoistici. Il ritiro della collaborazione sociale da parte delle vittime del progresso può tradursi, infatti—già con il mancato rispetto delle leggi—nella fine di quell’obbedienza di massa senza la quale nessuna comunità politica può sopravvivere.
Se si tengono in mente questi punti i toni e gli stili di pensiero che emergono quasi sempre nelle nostre compagne elettorali (e quella in corso non fa eccezione) inducono alla triste considerazione che la cultura liberale, in Italia, non è mai arrivata. Mi riferisco soprattutto alla demonizzazione del populismo. A destra, a sinistra, al centro i populismi denunciano disagi reali ma propongono rimedi assolutamente inadeguati. Invece di concentrarsi sui secondi, c’è la tendenza, nelle vecchie classi dirigenti, alla delegittimazione astiosa dei loro (elettoralmente) avversari pericolosi. «Questo voto - ha proclamato il nostro Presidente del Consiglio - è una scelta di campo»: da una parte, «i valori democratici, liberali, della società aperta, del Welfare, del dialogo con i popoli diversi. Dall’altra parte - e non è mai stato così chiaro nella storia del nostro paese - ci sono l’odio, i musi, l’antieuropeismo, il sovranismo, la chiusura al dialogo e riaffiorano vecchi fantasmi del passato» - gli stessi che giustificano le grandi mobilitazioni antifasciste che si sono viste in questi giorni.
C’è la tendenza, nelle vecchie classi dirigenti, alla delegittimazione astiosa dei loro (elettoralmente) avversari pericolosi.
Insomma la battaglia è sempre la stessa: quella delle forze oscure della Reazione contro il progresso pacifico dei popoli. In un recente manifesto, firmato da una cinquantina di politici e intellettuali genovesi, un tempo vecchi e irriducibili avversari, si sostiene che il compito della missione storica che ci sta davanti è quella di «isolare gli antistorici estremismi nazionalistici, spesso all’origine di dittature e di tragedie nella storia» (ma gli estremismi comunisti sono forse stati da meno?). In un decalogo elettorale, redatto dallo storico Antonio Gibelli e da Giovanna Eder, l’affondo è ancora più pesante. Se ne considerino i primi due punti:
1. L’onda di piena delle destre antipolitiche, populiste, sovraniste, xenofobe e neofasciste cresce, mettendo radici negli umori popolari. La tendenza non è solo italiana e sembra inarrestabile. Le insufficienze e gli errori delle “sinistre” non bastano a spiegarla. Arginare questa ondata, impedire che conquisti la maggioranza parlamentare e il governo, è l’obiettivo minimo che qualunque democratico deve porsi.
2. Le destre sono oggi rappresentate dallo schieramento di Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia, quanto di peggio ha lasciato in eredità la storia politica italiana dell’ultimo quarto di secolo; e dal Movimento 5 Stelle, una mostruosa formazione neo-populista che ha fatto della distruzione del ceto politico esistente la sua unica bandiera. Stando ai sondaggi, queste due aree rappresentano insieme quasi due terzi dell’elettorato.
Si sarebbe tentati di dire che in Italia è sempre crociata o forse meglio la guerra (civile) continua. Ma davvero i populisti, con le loro paure ingiustificate, coi loro rabbiosi risentimenti per la perdita di status e considerazione sociale, sono la plebaglia a disposizione dei nuovi fascismi futuri? E se prendiamo il loro refrain più scottante, l’immigrazione, dopo aver denunciato il latente razzismo (almeno in molti di loro) non dovremmo chiederci se le posizioni dei loro avversari sono diversamente ma non meno preoccupanti? Pierre- André Taguieff nel saggio L’immigrazione o l’ultima utopia dei benpensanti (ripreso da ‘Il Covile’ n. 405 del 10 agosto 2007) aveva scritto sul dovere d’accoglienza teorizzato dall’«anima bella»:
L'apertura delle frontiere prende |…| lo statuto di norma universale, implicante anche l'abolizione della nozione di territorio legato ad un popolo e ad uno Stato. L'immigrazione, oggetto di un "diritto di" (diritto-libertà), diventa l'oggetto di un "diritto a" (diritto-credito) che non può essere limitato. Il diritto di immigrare in un paese di propria scelta, senza restrizioni, si iscrive nell'elenco dei diritti dell'uomo allargato. Coloro che pronunciano tale serie di giudizi arrivano logicamente a dedurre che gli stati nazione, visti come residuali, devono fare appello all'immigrazione, in attesa della loro scomparsa nella post-storia che aprirà l'età del post-nazionale, quella della pace universale. Nella democrazia cosmopolita del futuro, non ci saranno più né nazionali né stranieri, né cittadini né immigrati. Tutti gli umani saranno intrinsecamente mobili. È la tiritera dei cantori postmoderni del "nomadismo". L'indifferenziazione sarà la norma. L'umanità, finalmente unificata, vivrà in uno stato di indistinzione felice e di mobilità permanente. Il ritornello cantato da Homo mobilis sarà: "siamo tutti immigrati". Ma questo ritornello non sarà compreso che dai più vecchi. Tale è l'utopia futuristica che fa sognare tanti dei nostri contemporanei. Implica l'autodistruzione di qualsiasi politica dell'immigrazione. Quest'onda utopista è recente. E’ verso la fine dello XX secolo che è sorta l'utopia messianica della salvezza per mezzo dell' immigrazione.
E se c’è qualcuno che non si ritrova nella democrazia cosmopolita del futuro e che non riesce a fare a meno di quegli orizzonti spirituali e geografici che costituiscono la sua più autentica identità etico-sociale? Forse dovremmo essere più indulgenti nei riguardi del prossimo - anche del prossimo politico - e, senza rinunciare ai nostri valori (che non sono quelli populisti) dovremmo prendere atto che anche i suoi valori sono meritevoli di rispetto e di attenzione.
Un grande giornalista italiano di area liberaldemocratica - ma in gioventù dirigente della Federazione Giovanile Comunista - prendendosela con i philosophes parigini, che in odio a Emmanuel Macron hanno deciso di non recarsi alle urne - non potendo, certo, dare il voto a una nazionalista come Marine Le Pen - ha scritto "che rischiano di stare dalla parte sbagliata della storia". Che la mostrificazione di Macron sia un errore, ne sono convinto anch’io: se fossi francese, come Alain Finkielkraut, lo voterei ‘par défaut’ ma il punto non è questo. È l’invito a non porsi contro la storia che ha suscitato in me un invincibile senso di inquietudine. "Sapere dove va il mondo" o "dove va la Storia" (con la esse maiuscola) è sempre stata, infatti, la caratteristica fondamentale della mens totalitaria, di destra e di sinistra. Per i nemici della ‘società aperta’, gli individui, con i loro desideri, le loro paure, le loro speranze, le loro istanze morali, i loro bisogni ‘umani troppo umani’, vanno incontro alla nullificazione ontologica se si mettono a nuotare controcorrente. Solo se alzano le vele seguendo la direzione del vento giungeranno in un porto sicuro. Riappare in questo stile di pensiero l’ombra del vecchio Platone e dei suoi governanti-filosofi solo che oggi non è il Logos, luce dell’Aletheia (la Verità), a dare significato al mondo ma una divinità non meno esigente - la Storia appunto - che fa e disfa la tela dei rapporti umani e che non obbedisce ad altra logica se non a quella dell’ineluttabilità .
"Sapere dove va il mondo" o "dove va la Storia" (con la esse maiuscola) è sempre stata la caratteristica fondamentale della mens totalitaria, di destra e di sinistra.
Indietro non si torna! è la dura lex dell’erede della Dea Ragione (ultima incarnazione, laica e secolarizzata, del modello platonico) per cui se il nuovo non piace - almeno in tutti i suoi aspetti -, si consiglia di farsene al più presto una ragione. Arrangiatevi! era il titolo del film di Mauro Bolognini del 1959 interpretato da un grande Totò. E se uno fosse nato con la vocazione del bastian contrario? Se le ‘benedizioni della modernità’ non gli andassero a genio, se, ad esempio, nella globalizzazione non vedesse un ‘destino’ ma un treno alla cui corsa irrazionale si potrebbe porre fine facendo mancare i viaggiatori; se, in omaggio “ar libbero pensiero”, ai Macron, che gli prospettano ‘le magnifiche sorti e progressive’ riservate ad un’Europa unita dalle banche e dall’euro - e sia pure riformata e diversa da quella di Bruxelles -, rispondesse, come il Giordano Bruno della poesia di Trilussa, "nun è vero un corno": come dovremmo considerarlo? Come un patetico passatista? Come un don Chisciotte fuori stagione di cui non vale la pena occuparsi –almeno finché a pensarla come lui è meno del 20 per cento della popolazione di uno Stato?
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3.5 In caso di mancato esercizio della disdetta, il rinnovo avverrà al medesimo costo della transazione
iniziale, salvo
che il Fornitore non comunichi all'Utente la variazione del prezzo dell'Abbonamento con un preavviso di
almeno 30 giorni
rispetto alla data di scadenza. Se, dopo aver ricevuto la comunicazione della variazione del prezzo,
l'Utente non
esercita la disdetta entro 24 ore dalla scadenza, l'Abbonamento si rinnova al nuovo prezzo comunicato dal
Fornitore.
3.6 Il Fornitore addebiterà anticipatamente l'intero prezzo dell'Abbonamento subito dopo ogni rinnovo sullo
stesso
strumento di pagamento in precedenza utilizzato dall'Utente ovvero sul diverso strumento indicato
dall'Utente attraverso
l'area riservata del proprio account personale.
4. Recesso DEL CONSUMATORE
4.1 L'Utente, ove qualificabile come consumatore – per consumatore si intende una persona fisica che agisce
per scopi
estranei all'attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale eventualmente svolta, ha
diritto di
recedere dal contratto, senza costi e senza l'onere di indicarne i motivi, entro 14 giorni dalla data di
attivazione
dell'Abbonamento acquistato.
4.2 L'Utente può comunicare la propria volontà di recedere, inviando al Fornitore una comunicazione
esplicita in questo
senso mediante una delle seguenti modalità:
mediante raccomandata a.r. indirizzata alla sede del Fornitore;
per email al seguente indirizzo help@newslist.it;
4.3 Ai fini dell'esercizio del recesso l'Utente può, a sua scelta, utilizzare questo modulo
4.4 Il termine per l'esercizio del recesso si intende rispettato se la comunicazione relativa all'esercizio
del diritto
di recesso è inviata dall'Utente prima della scadenza del periodo di recesso.
4.5 In caso di valido esercizio del recesso, il Fornitore rimborserà all'Utente il pagamento ricevuto in
relazione
all'Abbonamento cui il recesso si riferisce, al netto di un importo proporzionale a quanto è stato fornito
dal Fornitore
fino al momento in cui il consumatore lo ha informato dell'esercizio del diritto di recesso; per il calcolo
di tale
importo, si terrà conto dei numeri o comunque dei contenuti fruiti e/o fruibili dal consumatore fino
all'esercizio del
diritto di recesso. Il rimborso avverrà entro 14 giorni dalla ricezione della comunicazione di recesso sullo
stesso
mezzo di pagamento utilizzato per la transazione iniziale.
4.6 Eventuali eccezioni al diritto di recesso, ove previste da Codice del consumo – decreto legislativo 6
settembre
2005, n. 206, saranno comunicate al consumatore in sede di offerta prima dell'acquisto.
5. Modalità di pagamento
5.1 L'Abbonamento comporta l'obbligo per l'Utente di corrispondere al Fornitore il corrispettivo nella
misura
specificata nell'offerta in relazione al pacchetto scelto dall'Utente.
5.2 Tutti i prezzi indicati nell'offerta si intendono comprensivi di IVA.
5.3 Il pagamento dei corrispettivi può essere effettuato mediante carte di credito o debito abilitate ad
effettuare gli
acquisti online. Le carte accettate sono le seguenti: Visa, Mastercard, American Express.
5.4 L'Utente autorizza il Fornitore ad effettuare l'addebito dei corrispettivi dovuti al momento
dell'acquisto
dell'Abbonamento e dei successivi rinnovi sulla carta di pagamento indicata dallo stesso Utente.
5.5 Il Fornitore non entra in possesso dei dati della carta di pagamento utilizzata dall'Utente. Tali dati
sono
conservati in modo sicuro dal provider dei servizi di pagamento utilizzato dal Fornitore (Stripe o il
diverso provider
che in futuro potrà essere indicato all'Utente). Inoltre, a garanzia dell'Utente, tutte le informazioni
sensibili della
transazione vengono criptate mediante la tecnologia SSL – Secure Sockets Layer.
5.6 È onere dell'Utente: (i) inserire tutti i dati necessari per il corretto funzionamento dello strumento
di pagamento
prescelto; (ii) mantenere aggiornate le informazioni di pagamento in vista dei successivi rinnovi (per
esempio,
aggiornando i dati della propria carta di pagamento scaduta in vista del pagamento dei successivi rinnovi
contrattuali).
Qualora per qualsiasi motivo il pagamento non andasse a buon fine, il Fornitore si riserva di sospendere
immediatamente
l'Abbonamento fino al buon fine dell'operazione di pagamento; trascorsi inutilmente 3 giorni senza che il
pagamento
abbia avuto esito positivo, è facoltà del Fornitore recedere dal contratto con effetti immediati.
Pagamenti all'interno dell'applicazione IOS
5.7 In caso di acquisto dell'Abbonamento mediante l'Applicazione per dispositivi IOS, il pagamento è gestito
interamente
attraverso la piattaforma App Store fornita dal gruppo Apple. Il pagamento del corrispettivo è
automaticamente
addebitato sull'Apple ID account dell'Utente al momento della conferma dell'acquisto. Gli abbonamenti
proposti sono
soggetti al rinnovo automatico e all'addebito periodico del corrispettivo. L'Utente può disattivare
l'abbonamento fino a
24h prima della scadenza del periodo di abbonamento in corso. In caso di mancata disattivazione,
l'abbonamento si
rinnova per un eguale periodo e all'Utente viene addebitato lo stesso importo sul suo account Apple.
L'Utente può
gestire e disattivare il proprio abbonamento direttamente dal proprio profilo su App Store. Per maggiori
informazioni al
riguardo: https://www.apple.com/it/legal/terms/site.html. Il Fornitore non è responsabile per eventuali
disservizi della
piattaforma App Store.
6. Promozioni
6.1 Il Fornitore può a sua discrezione offrire agli Utenti delle promozioni sotto forma di sconti o periodi
gratuiti di
fruizione del Servizio.
6.2 Salvo che non sia diversamente specificato nella pagina di offerta della promozione, l'adesione a una
promozione
comporta, alla sua scadenza, l'attivazione automatica del Servizio a pagamento con addebito periodico del
corrispettivo
in base al contenuto del pacchetto di volta in volta selezionato dall'Utente.
6.3 L'Utente ha la facoltà di disattivare il Servizio in qualunque momento prima della scadenza del periodo
di prova
attraverso una delle modalità indicate nel precedente articolo 3).
7. Obblighi e garanzie dell'Utente
7.1 L'Utente dichiara e garantisce:
- di essere maggiorenne;
- di sottoscrivere l'Abbonamento per scopi estranei ad attività professionali, imprenditoriali, artigianali
o commerciali
eventualmente svolte;
- che tutti i dati forniti per l'attivazione dell'Abbonamento sono corretti e veritieri;
- che i dati forniti saranno mantenuti aggiornati per l'intera durata dell'Abbonamento.
7.2 L'Utente si impegna al pagamento del corrispettivo in favore del Fornitore nella misura e con le
modalità definite
nei precedenti articoli.
7.3 L'Utente si impegna ad utilizzare l'Abbonamento e i suoi contenuti a titolo esclusivamente personale, in
forma non
collettiva e senza scopo di lucro; l'Utente è inoltre responsabile per qualsiasi uso non autorizzato
dell'Abbonamento e
dei suoi contenuti, ove riconducibile all'account dell'Utente medesimo; per questo motivo l'Utente si
impegna ad
assumere tutte le precauzioni necessarie per mantenere riservato l'accesso all'Abbonamento attraverso il
proprio account
(per esempio, mantenendo riservate le credenziali di accesso ovvero segnalando senza ritardo al Fornitore
che la
riservatezza di tali credenziali risulta compromessa per qualsiasi motivo).
7.4 La violazione degli obblighi stabiliti nel presente articolo conferisce al Fornitore il diritto di
risolvere
immediatamente il contratto ai sensi dell'articolo 1456 del codice civile, fatto salvo il risarcimento dei
danni.
8. Tutela della proprietà intellettuale e industriale
8.1 L'Utente riconosce e accetta che i contenuti dell'Abbonamento, sotto forma di testi, immagini,
fotografie, grafiche,
disegni, contenuti audio e video, animazioni, marchi, loghi e altri segni distintivi, sono coperti da
copyright e dagli
altri diritti di proprietà intellettuale e industriale di volta in volta facenti capo al Fornitore e ai suoi
danti causa
e per questo si impegna a rispettare tali diritti.
8.2 Tutti i diritti sono riservati in capo ai titolari; l'Utente accetta che l'unico diritto acquisito con
il contratto
è quello di fruire dei contenuti dell'Abbonamento con le modalità e i limiti propri del Servizio. Fatte
salve le
operazioni di archiviazione e condivisione consentite dalle apposite funzionalità del Servizio, qualsiasi
attività di
riproduzione, pubblica esecuzione, comunicazione a terzi, messa a disposizione, diffusione, modifica ed
elaborazione dei
contenuti è espressamente vietata.
8.3 La violazione degli obblighi stabiliti nel presente articolo conferisce al Fornitore il diritto di
risolvere
immediatamente il contratto ai sensi dell'articolo 1456 del codice civile, fatto salvo il risarcimento dei
danni.
9. Manleva
9.1 L'Utente si impegna a manlevare e tenere indenne il Fornitore contro qualsiasi costo – inclusi gli
onorari degli
avvocati, spesa o danno addebitato al Fornitore o in cui il Fornitore dovesse comunque incorrere in
conseguenza di usi
impropri del Servizio da parte dell'Utente o per la violazione da parte di quest'ultimo di obblighi
derivanti dalla
legge ovvero dai presenti termini d'uso.
10. Limitazione di responsabilità
10.1 Il Fornitore è impegnato a fornire un Servizio con contenuti professionali e di alta qualità; tuttavia,
il
Fornitore non garantisce all'Utente che i contenuti siano sempre privi di errori o imprecisioni; per tale
motivo,
l'Utente è l'unico responsabile dell'uso dei contenuti e delle informazioni veicolate attraverso di
essi.
10.2 L'Utente riconosce e accetta che, data la natura del Servizio e come da prassi nel settore dei servizi
della
società dell'informazione, il Fornitore potrà effettuare interventi periodici sui propri sistemi per
garantire o
migliorare l'efficienza e la sicurezza del Servizio; tali interventi potrebbero comportare il rallentamento
o
l'interruzione del Servizio. Il Fornitore si impegna a contenere i periodi di interruzione o rallentamento
nel minore
tempo possibile e nelle fasce orarie in cui generalmente vi è minore disagio per gli Utenti. Ove
l'interruzione del
Servizio si protragga per oltre 24 ore, l'Utente avrà diritto a un'estensione dell'Abbonamento per un numero
di giorni
pari a quello dell'interruzione; in tali casi, l'Utente riconosce che l'estensione dell'Abbonamento è
l'unico rimedio in
suo favore, con la conseguente rinunzia a far valere qualsivoglia altra pretesa nei confronti del
Fornitore.
10.3 L'Utente riconosce e accetta che nessuna responsabilità è imputabile al Fornitore:
- per disservizi dell'Abbonamento derivanti da malfunzionamenti di reti elettriche e telefoniche ovvero di
ulteriori
servizi gestiti da terze parti che esulano del tutto dalla sfera di controllo e responsabilità del Fornitore
(per
esempio, disservizi della banca dell'Utente, etc...);
- per la mancata pubblicazione di contenuti editoriali che derivi da cause di forza maggiore.
10.4 In tutti gli altri casi, l'Utente riconosce che la responsabilità del Fornitore in forza del contratto
è limitata
alle sole ipotesi di dolo o colpa grave.
10.5 Ai fini dell'accertamento di eventuali disservizi, l'Utente accetta che faranno fede le risultanze dei
sistemi
informatici del Fornitore.
11. Modifica dei termini d'uso
11.1 L'Abbonamento è disciplinato dai termini d'uso approvati al momento dell'acquisto.
11.2 Durante il periodo di validità del contratto, il Fornitore si riserva di modificare i termini della
fornitura per
giustificati motivi connessi alla necessità di adeguarsi a modifiche normative o obblighi di legge, alle
mutate
condizioni del mercato di riferimento ovvero all'attuazione di piani aziendali con ricadute sull'offerta dei
contenuti.
11.3 I nuovi termini d'uso saranno comunicati all'Utente con un preavviso di almeno 15 giorni rispetto alla
scadenza del
periodo di fatturazione in corso ed entreranno in vigore a partire dall'inizio del periodo di fatturazione
successivo.
Se l'Utente non è d'accordo con i nuovi termini d'uso, può esercitare la disdetta secondo quanto previsto al
precedente
articolo 3.
11.4 Ove la modifica dei termini d'uso sia connessa alla necessità di adeguarsi a un obbligo di legge, i
nuovi termini
d'uso potranno entrare in vigore immediatamente al momento della comunicazione; resta inteso che, solo in
tale ipotesi,
l'Utente potrà recedere dal contratto entro i successivi 30 giorni, con il conseguente diritto ad ottenere
un rimborso
proporzionale al periodo di abbonamento non goduto.
12. Trattamento dei dati personali
12.1 In conformità a quanto previsto dal Regolamento 2016/679 UE e dal Codice della privacy (decreto
legislativo 30
giugno 2003, n. 196), i dati personali degli Utenti saranno trattati per le finalità e in forza delle basi
giuridiche
indicate nella privacy policy messa a disposizione dell'Utente in sede di registrazione e acquisto.
12.2 Accettando i presenti termini di utilizzo, l'Utente conferma di aver preso visione della privacy policy
messa a
disposizione dal Fornitore e di averne conservato copia su supporto durevole.
12.3 Il Fornitore si riserva di modificare in qualsiasi momento la propria privacy policy nel rispetto dei
diritti degli
Utenti, dandone notizia a questi ultimi con mezzi adeguati e proporzionati allo scopo.
13. Servizio clienti
13.1 Per informazioni sul Servizio e per qualsiasi problematica connessa con la fruizione dello stesso,
l'Utente può
contattare il Fornitore attraverso i seguenti recapiti: help@newslist.it
14. Legge applicabile e foro competente
14.1 Il contratto tra il Fornitore e l'Utente è regolato dal diritto italiano.
14.2 Ove l'Utente sia qualificabile come consumatore, per le controversie comunque connesse con la
formazione,
esecuzione, interpretazione e cessazione del contratto, sarà competente il giudice del luogo di residenza o
domicilio
del consumatore, se ubicato in Italia.