2 Agosto

La democrazia degli esperti non è democrazia

Il dibattito dei giornali italiani sui "competenti" non regge e mina la rappresentanza. Nella storia moderna la politica è il regno delle decisioni e la burocrazia il regno della competenza. Il sogno tecnocratico delle classi colte è inseguito anche dall'utopia di Grillo. Lorenzo Castellani esplora il primato della politica

di Lorenzo Castellani

“Vi fareste curare da chi non è medico? Progettare la casa da chi non è laureato in ingegneria? Farvi stappare le fognature da uno qualunque?” da mesi queste domande vengo ripetute dal mondo dell’informazione mainstream, e da gran parte della sfera intellettuale, in modo quasi ossessivo. Chi si pone tali domande vuole sottolineare l’incompetenza della nuova politica populista al governo e lascia intendere che, in fin dei conti, la politica sia un mestiere che richieda una qualche specializzazione.

Tuttavia per affrontare senza vizi ideologici questo discorso è opportuno chiedersi come politica e competenza si leghino tra di loro. Da Aristotele fino a Max Weber, passando per Benedetto Croce e Carl Schmitt, è stata comune la convinzione che la politica sia deputata a prendere decisioni di carattere generale sui fini e i valori della comunità. Dunque, mentre la competenza è richiesta per decisioni di carattere particolare, come quelle professionali, per le decisioni politiche non è richiesto alcun sapere particolare. La decisione politica è per definizione incompetente poiché è una decisione sui fini ultimi della società, quello che Max Weber chiamava il politeismo dei valori. Non è un caso se a partire dalla fine del Diciottesimo secolo, con l’accrescersi dei diritti e della rappresentanza degli interessi particolari grazie al costituzionalismo derivante dalla rivoluzione inglese, francese e americana e al rapido processo d’industrializzazione, la politica si sia mossa su un doppio binario: da un lato le decisioni prese dai governanti e dall’altro lo sviluppo di una burocrazia politicamente neutrale volta a tradurre in pratica le scelte politiche. I burocrati, infatti, non scelgono, ma applicano il proprio sapere indipendentemente da quale sia la decisione presa dalla politica.

Da Aristotele fino a Max Weber, passando per Benedetto Croce e Carl Schmitt, è stata comune la convinzione che la politica sia deputata a

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