23 Agosto
Cavillare non è governare
Di Maio e il caso Ilva, la maggioranza giallo-verde e le decisioni in retromarcia sulle grandi opere. Un governo che non rispetta gli impegni presi in passato, alla fine non avrà né investimenti né soldi per il reddito di cittadinanza. Una questione di obiettivi, metodo e rispetto del diritto
"Su Ilva è stato commesso il delitto perfetto", dice il ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico, Luigi Di Maio, durante la conferenza stampa per illustrare il parere dell'Avvocatura dello Stato sulla procedura di aggiudicazione dell'Ilva. Esito della frase di Di Maio? Che lui, del resto del governo non sappiamo, è pronto a riaprire la gara: "Se oggi, dopo 2 anni e 8 mesi, esistessero aziende che volessero partecipare alla gara noi potremmo revocare questa procedura per motivi di opportunità. Oggi non abbiamo aziende che vogliono partecipare, ma se esistesse anche solo una azienda ci sarebbe motivo per revocare la gara".
di Parlamentarius
Avevamo previsto sin dai primi vagiti del Governo giallo-verde che uno dei terreni di divergenza potesse essere quello delle infrastrutture. Sappiamo che Ilva, TAV, TAP sono stati e restano punti controversi e che ai mainstream media non dispiace affatto insistere su questi temi, se del caso ingigantendo un po’ lo spessore dei conflitti nell’Esecutivo.
Avevamo anche detto che l’ostilità dei Cinque Stelle verso grandi opere e operazioni industriali, siano esse di salvataggio dell’esistente (come Ilva) o di realizzazione di nuovi impianti, era in fondo figlia di una cultura dei diritti che da un lato ha radici profonde in Italia e che però dall’altro lato non è affatto detto si vada a conciliare con lo spirito del “Governo del cambiamento”: un Governo che guarda al popolo e alle sue esigenze concrete, senza cedere all’una o altra ideologia.
Le dichiarazioni del Presidente Conte sulla ricerca di una sintesi in Consiglio dei Ministri e le sortite del Ministro dello sviluppo economico che chiede pareri legali sul caso Ilva e sulla scelta del gestore Arcelor-Mittal, prima ad ANAC e poi all’Avvocatura dello Stato, la sua conferenza stampa dove parla di "delitto perfetto", sollecitano oggi nuove considerazioni.
Vogliamo sottolineare due aspetti, l’uno che...
"Su Ilva è stato commesso il delitto perfetto", dice il ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico, Luigi Di Maio, durante la conferenza stampa per illustrare il parere dell'Avvocatura dello Stato sulla procedura di aggiudicazione dell'Ilva. Esito della frase di Di Maio? Che lui, del resto del governo non sappiamo, è pronto a riaprire la gara: "Se oggi, dopo 2 anni e 8 mesi, esistessero aziende che volessero partecipare alla gara noi potremmo revocare questa procedura per motivi di opportunità. Oggi non abbiamo aziende che vogliono partecipare, ma se esistesse anche solo una azienda ci sarebbe motivo per revocare la gara".
di Parlamentarius
Avevamo previsto sin dai primi vagiti del Governo giallo-verde che uno dei terreni di divergenza potesse essere quello delle infrastrutture. Sappiamo che Ilva, TAV, TAP sono stati e restano punti controversi e che ai mainstream media non dispiace affatto insistere su questi temi, se del caso ingigantendo un po’ lo spessore dei conflitti nell’Esecutivo.
Avevamo anche detto che l’ostilità dei Cinque Stelle verso grandi opere e operazioni industriali, siano esse di salvataggio dell’esistente (come Ilva) o di realizzazione di nuovi impianti, era in fondo figlia di una cultura dei diritti che da un lato ha radici profonde in Italia e che però dall’altro lato non è affatto detto si vada a conciliare con lo spirito del “Governo del cambiamento”: un Governo che guarda al popolo e alle sue esigenze concrete, senza cedere all’una o altra ideologia.
Le dichiarazioni del Presidente Conte sulla ricerca di una sintesi in Consiglio dei Ministri e le sortite del Ministro dello sviluppo economico che chiede pareri legali sul caso Ilva e sulla scelta del gestore Arcelor-Mittal, prima ad ANAC e poi all’Avvocatura dello Stato, la sua conferenza stampa dove parla di "delitto perfetto", sollecitano oggi nuove considerazioni.
Vogliamo sottolineare due aspetti, l’uno che riguarda gli obiettivi, l’altro il metodo.
Gli obiettivi
Il primo è piuttosto evidente e sembra però esser sfuggito sinora al dibattito e agli analisti. I casi Ilva, TAV e TAP non incrociano soltanto l’indirizzo politico generale e la politica industriale del Governo. Essi non si limitano solo a rilanciare l’interrogativo se sia o meno un bene che l’Italia sia diventata uno Stato nel quale è pressoché impossibile progettare e realizzare alcunché, senza finire sotto un crogiolo di ostacoli legali di ogni tipo: dal rischio penale alla contabilità pubblica, dai ricorsi al TAR all’anticorruzione, dalla violazione antitrust alla c.d. autotutela amministrativa (sì, iniziamo a parlarne, la “autotutela”, altrimenti detta ripensamento dell’amministrazione sulle sue scelte).
Non si tratta soltanto di questi temi generali, pur cruciali. La particolarità dei casi nell’agenda politica sta nel fatto che si stanno mettendo in discussione scelte già fatte, decisioni amministrative già prese al più alto livello governativo, contratti già stipulati. Si volge lo sguardo al passato, insomma.
Non è certo un dato minore, questo. Anzitutto si deve aver contezza del fatto che il Governo della Repubblica italiana ha (e deve avere) una sua continuità sul piano degli impegni presi, quali che siano le forze politiche che ne assumono la guida. Acquistereste una sim telefonica da un operatore che vi dicesse che, se dovessero mai mutare gli azionisti, le condizioni contrattuali e di copertura del segnale potrebbero cambiare radicalmente nonostante l’impresa sia sempre la stessa e senza assicurarvi risarcimenti? Poi, il punto è che rispettare gli impegni presi è un postulato dello Stato di diritto. Il Governo è una tra le istituzioni repubblicane che dello Stato di diritto si fa garante e quindi non può disinvoltamente decidere di disattendere (e nemmeno prospettarlo in verità) gli impegni presi, giusti o sbagliati che siano.
Non ne facciamo, beninteso, un problema di risarcimenti e indennizzi altrimenti dovuti, benché anche questo sia un capitolo tutto da esplorare, perché se sciogliersi dai contratti costasse troppo, potrebbe essere sconsigliabile cambiare idea rispetto al passato. La questione è assai più delicata e profonda e la visione che serve a comprenderla è più vasta. Se lo Stato di diritto vacilla, se un Governo mostra di non (saper o voler) rispettare gli impegni già assunti, significa che quella “Nazione sovrana” (un termine che dovrebbe interessare al Governo giallo-verde) è un interlocutore inaffidabile. Le conseguenze di questo esito, però, possono essere davvero drammatiche e quindi è bene fare molta attenzione: vero e proprio materiale esplosivo. Se l’Italia dovesse essere percepita come Paese inospitale per gli investitori e se soprattutto dovesse essere affermato il principio che i contratti fatti da un Governo potrebbero essere rivisti dal Governo successivo solo qualche tempo dopo, il disincentivo potrebbe incidere pesantemente sulle prospettive di ricchezza collettiva. Non basterebbe metabolizzare accadimenti di questo tipo con la formula della decrescita felice; troviamo piuttosto più efficace ammonire sul fatto che un Paese del genere non potrebbe probabilmente garantire un reddito di cittadinanza a chicchessia.
Attenti a strapazzare un po’ troppo indiani, cinesi o americani o altri ancora. Chiedete ad un imprenditore di dimensione multinazionale il perché non si è investito e non si investe in Paesi instabili e vi risponderà che il rischio di instabilità porta con sé quello della nazionalizzazione delle imprese (funesta pratica talora seguita in Centro e Sudamerica e in Africa da Stati che hanno ammannito al loro popolo solo desolazione e povertà, e non redditi di cittadinanza) o quantomeno della polverizzazione dell’iniziativa economica. Dunque, lo Stato di diritto conta, le regole pure. Un conto è parlare del futuro, altro conto è pretendere di rivoltare il passato.
Il metodo
Veniamo al metodo. Nella vicenda Ilva il Ministro dello sviluppo economico ha già chiesto due pareri: uno ad ANAC, già reso, non di facilissima lettura in verità e nel quale si parla di “criticità” nel procedimento di scelta del gestore dell’impianto industriale, ed uno all’avvocatura dello Stato, su cui si è esibito oggi il ministro Di Maio.
Risparmiamo al lettore incursioni di dettaglio sui problemi sollevati e concediamo pure ad ANAC e Avvocatura un beneficio di esattezza. Però, una sensazione già si ha ed è netta: che si vada alla ricerca di questioni, criticità, “cavilli”, li chiami come si vuole, che, declinati in buon giuridichese, possano dimostrare che sì, quella gara non è stata ben fatta. E che quindi va annullata, va rifatta, va rivista. Si evoca la possibilità dell’autotutela, vale a dire il diritto dell’amministrazione di ripensarci, ma l’impressione è che, di questi tempi, una “criticità” in fondo la si possa trovar sempre. E comprensibilmente il Ministro nelle sue dichiarazioni lascia trasparire, in contropartita, la volontà di ottenere miglioramenti sul fronte occupazionale e ambientale.
Bene, ma se è così, vale la pena di avvertire che questo tipo di metodo è esattamente quello che ha reso l’Italia un luogo nel quale, al posto dello Stato di diritto, sembra imperare “il diritto nello Stato”. La polverizzazione del potere pubblico in nome del pluralismo ha creato moltissimi centri decisionali: oltre alle dinamiche tra Stato, Regioni, Province (sì ci sono ancora anche quelle) e Comuni, vantiamo autorità, agenzie, regolatori, garanti, giudici, e così abbiamo una schiera di decisori e controllori, ciascuno armato di una buona scorta di regole giuridiche, magari condensate in salsa economica, a patto beninteso di non fare mai i conti con la storia, la politica e la filosofia. E giù un fiume di regole (che però adesso chiamiamo “regolazione” e non più leggi), decreti, sentenze, determine, linee guida, istruttorie, ordinanze, sanzioni. La cultura dei diritti, della pianificazione, del disegno utopistico di una società legale e quindi perfetta ha generato una selva di norme, ha sovrapposto regole su regole, adempimenti su adempimenti, controlli su controlli. L’esito è il blocco, è l’opposto del governare.
Ecco, il Ministro (Di Maio) sta utilizzando proprio questo tipo di strumentario. Ma di una cosa non sappiamo se vi sia anche consapevolezza piena, di questo dicastero come degli altri del Governo che dovranno fare la sintesi: restando su questa strada a lungo, sono pochi gli obiettivi realisticamente raggiungibili, da questo Governo come dai successivi. L’Italia avrà sì bisogno di un “cambiamento” e di guardare perciò ai bisogni veri della sua gente, senza troppe intermediazioni pseudo-culturali, ma l’obiettivo non si può realizzare senza prima analizzare in modo serio e critico e senza mettere in discussione quelle sovrastrutture, con i loro derivati giuridico-economici, che hanno ormai esorbitato le legittime funzioni e dimensioni e che hanno uno scopo che sul piano storico è stato abbondantemente raggiunto.
Il pendolo della storia oscilla più verso la politica e meno verso l’utopia programmatoria. Proprio per questo, però, nel prendere le scelte di Governo non perdiamo di vista lo scenario complessivo: più Stato di diritto e meno diritto nello Stato, per carità.
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l'interruzione del Servizio. Il Fornitore si impegna a contenere i periodi di interruzione o rallentamento
nel minore
tempo possibile e nelle fasce orarie in cui generalmente vi è minore disagio per gli Utenti. Ove
l'interruzione del
Servizio si protragga per oltre 24 ore, l'Utente avrà diritto a un'estensione dell'Abbonamento per un numero
di giorni
pari a quello dell'interruzione; in tali casi, l'Utente riconosce che l'estensione dell'Abbonamento è
l'unico rimedio in
suo favore, con la conseguente rinunzia a far valere qualsivoglia altra pretesa nei confronti del
Fornitore.
10.3 L'Utente riconosce e accetta che nessuna responsabilità è imputabile al Fornitore:
- per disservizi dell'Abbonamento derivanti da malfunzionamenti di reti elettriche e telefoniche ovvero di
ulteriori
servizi gestiti da terze parti che esulano del tutto dalla sfera di controllo e responsabilità del Fornitore
(per
esempio, disservizi della banca dell'Utente, etc...);
- per la mancata pubblicazione di contenuti editoriali che derivi da cause di forza maggiore.
10.4 In tutti gli altri casi, l'Utente riconosce che la responsabilità del Fornitore in forza del contratto
è limitata
alle sole ipotesi di dolo o colpa grave.
10.5 Ai fini dell'accertamento di eventuali disservizi, l'Utente accetta che faranno fede le risultanze dei
sistemi
informatici del Fornitore.
11. Modifica dei termini d'uso
11.1 L'Abbonamento è disciplinato dai termini d'uso approvati al momento dell'acquisto.
11.2 Durante il periodo di validità del contratto, il Fornitore si riserva di modificare i termini della
fornitura per
giustificati motivi connessi alla necessità di adeguarsi a modifiche normative o obblighi di legge, alle
mutate
condizioni del mercato di riferimento ovvero all'attuazione di piani aziendali con ricadute sull'offerta dei
contenuti.
11.3 I nuovi termini d'uso saranno comunicati all'Utente con un preavviso di almeno 15 giorni rispetto alla
scadenza del
periodo di fatturazione in corso ed entreranno in vigore a partire dall'inizio del periodo di fatturazione
successivo.
Se l'Utente non è d'accordo con i nuovi termini d'uso, può esercitare la disdetta secondo quanto previsto al
precedente
articolo 3.
11.4 Ove la modifica dei termini d'uso sia connessa alla necessità di adeguarsi a un obbligo di legge, i
nuovi termini
d'uso potranno entrare in vigore immediatamente al momento della comunicazione; resta inteso che, solo in
tale ipotesi,
l'Utente potrà recedere dal contratto entro i successivi 30 giorni, con il conseguente diritto ad ottenere
un rimborso
proporzionale al periodo di abbonamento non goduto.
12. Trattamento dei dati personali
12.1 In conformità a quanto previsto dal Regolamento 2016/679 UE e dal Codice della privacy (decreto
legislativo 30
giugno 2003, n. 196), i dati personali degli Utenti saranno trattati per le finalità e in forza delle basi
giuridiche
indicate nella privacy policy messa a disposizione dell'Utente in sede di registrazione e acquisto.
12.2 Accettando i presenti termini di utilizzo, l'Utente conferma di aver preso visione della privacy policy
messa a
disposizione dal Fornitore e di averne conservato copia su supporto durevole.
12.3 Il Fornitore si riserva di modificare in qualsiasi momento la propria privacy policy nel rispetto dei
diritti degli
Utenti, dandone notizia a questi ultimi con mezzi adeguati e proporzionati allo scopo.
13. Servizio clienti
13.1 Per informazioni sul Servizio e per qualsiasi problematica connessa con la fruizione dello stesso,
l'Utente può
contattare il Fornitore attraverso i seguenti recapiti: help@newslist.it
14. Legge applicabile e foro competente
14.1 Il contratto tra il Fornitore e l'Utente è regolato dal diritto italiano.
14.2 Ove l'Utente sia qualificabile come consumatore, per le controversie comunque connesse con la
formazione,
esecuzione, interpretazione e cessazione del contratto, sarà competente il giudice del luogo di residenza o
domicilio
del consumatore, se ubicato in Italia.