14 Settembre

Il testa-coda europeo su Ungheria e Polonia

Ieri un entusiastico allargamento, oggi una chiusura perché sarebbero regimi autoritari. Orban e Kaczynski non sono due dittatori, a Budapest e Varsavia non ci sono Erdogan e Putin. Lorenzo Castellani racconta la storia di un abbaglio

La Polonia in caso di discussione nel Consiglio europeo metterà il veto sull'ipotesi di applicare sanzioni Ue all'Ungheria. Lo ha affermato il ministro degli Esteri polacco Jacek Czaputowicz.

di Lorenzo Castellani

In molti consessi prestigiosi si sente dire e si legge che i paesi dell’Est Europa, Polonia e Ungheria in particolare, starebbero virando verso forme di autoritarismo. Commentatori e analisti di peso si lanciano in paragoni con il passato,  richiamando nazismo e fascismo, oppure con il presente accoppiando i governi di Visegrad con Erdogan e Putin. Eppure la questione appare, storicamente e politicamente, ben più complessa. Partiamo, come spesso facciamo su List, dalla storia.

Nei primi anni 2000 l’Unione Europea festeggiava, in nome della democrazia liberale e del suo trionfo, l’apertura ad Est con l'ingresso nell'Unione delle ex repubbliche sovietiche. All’epoca la storia di quei paesi, per tradizione meno liberale e democratica dell’Europa occidentale, veniva dimenticata per far spazio ad una nuova frontiera ove delocalizzare la produzione. Servivano nuovi mercati e, soprattutto, una manodopera a basso costo per le multinazionali europee. A ciò si univa la convinzione che la “rule of law” europea avrebbe rafforzato quelle democrazie rendendole progressivamente più vicine agli standard democratici dell'Occidente. Tuttavia, l'ingresso dei paesi dell'Est sollevò subito dei problemi. I primi squilibri nella politica europea, infatti, si mostravano già all’epoca con i lavoratori a basso costo di quei paesi che migrava verso le aree più ricche della UE, come il Regno Unito. La questione avrà lungo corso poiché  riemergerà prepotentemente nella campagna referendaria sulla Brexit dove i lavoratori dell'Est europa venivano accusati di godere di un welfare a cui avevano poco contribuito per il lavoro nero e i bassi salari. Nel frattempo, dopo l'ingresso, per trainare uno sviluppo che serviva anche ai paesi fondatori si ricoprivano di miliardi di euro di sussidi questi paesi e...


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