15 Settembre

Politica e identità. Fukuyama è arrivato in ritardo

Il suo ultimo libro arriva dopo opere ben più forti e originali. Un solo punto è interessante: quando traduce, in forma ideologica, il progetto di una parte dell'establishment e della élite globalista per battere i populisti: tornare alla nazione. Per loro è una missione impossibile. Marco Gervasoni stronca l'autore de "La fine della storia"

di Marco Gervasoni

I libri di Francis Fukuyama sono come un gin tonic analcolico. Non credo esista sul mercato, e francamente spero che a nessuno venga in mente di introdurlo, ma consumarlo  provocherebbe la stessa sensazione della lettura dei volumi del politologo americano: il gusto apparentemente simile a quello di un vero testo filosofico, ma senza quella carica che gradualmente  ti prende fin dai primi sorsi, che solo il vero gin tonic regala. Un drink senza identità. Eppure proprio di questa, l’identità, si occupa il nuovo libro di Fukuyama, Identity. The Demand for Dignity and the Politics of Resentment (Farrar, Straus and Giroux), che tuttavia finisce per esserne del tutto priva, un po’ troppo… identico a quelli di altri autori degli ultimi anni.

Non che mi aspettassi sfracelli, ben inteso. Fukuyama è un po’ come quei cantanti rock e pop che all’album di esordio, da perfetti sconosciuti, sbancano, ma poi non riescono a bissarne il successo, restando per tutta la vita legati a quel loro, fugace, passato. La fine della storia o l’ultimo uomo (1992) fu proprio così, il classico libro più noto che letto, meno sciocco di quanto i suoi numerosi detrattori pensino, una fonte importante per capire la visione del mondo o l’illusione che accompagnò gran parte delle élite occidentali dopo la caduta del Muro. Ma Ralph Dahrendorf (altro autore sopravvalutato, ancorché più solido) che all’epoca previde a Fukuyama un warholiano quarto d’ora di celebrità seguito da un altrettanto rapido ritorno nel dimenticatoio, non sbagliò di molto. I lavori successivi del politologo americano, infatti, pur sempre accompagnati da traduzioni, recensioni sui quotidiani di tutto il globo e vendite buone, non sfiorarono tuttavia neppure lontanamente il  clamore della sua opera d’esordio.

Fukuyama, che ha pretese di essere pensatore originale, si impegnò  allora persino in una poderosa e impegnativa opera...


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