22 Ottobre
Sorpresa. Ha (ri)vinto Trump
I repubblicani vincono in Georgia. La realtà americana non è quella descritta sui media. Immigrazione, il premier Gentiloni in Senato critica l'Unione europea
Che ci faccio qui? Scriveva sul suo taccuino il grande scrittore-viaggiatore Bruce Chatwin. Molto più modestamente il piccolo titolare di List si chiede: che ci facciamo in Georgia stamattina? Moltissimo. Perché qui nel Peach State (sì, lo Stato delle pesche) ieri sera è successo qualcosa di interessante, istruttivo, inesorabile: è tornata la realtà, Donald Trump ha (ri)vinto.
Le elezioni suppletive in Georgia per un seggio alla Camera dei rappresentanti erano state presentate dai media come un referendum contro Trump. Il referendum è fallito. Per mesi il sistema del mainstream media ha martellato sul voto, sulla sua importanza, sul fatto che i repubblicani avrebbero perso il seggio. Poi è arrivata la realtà, puntuale, onesta, inesorabile e il risultato è stato chiaro: la candidata repubblicana Karen Handel ha vinto nettamente la sfida con il democratico Jon Ossof con un distacco di quasi quattro punti, 51.9 a 48.1.
Puf! I desideri sono evaporati di fronte alla scelta degli elettori, alla realtà americana che è diversa da quella osservata con le lenti del moral bias. Il pregiudizio conduce inevitabilmente non solo a distorsioni dei fatti, ma a analisi errate e scelte dall’esito finale fallimentare. I democratici avevano pompato in queste elezioni tutto il loro arsenale: i media, il partito (o quel che ne resta), ma soprattutto il denaro, una massa enorme per un’elezione di piccola dimensione: Ossof aveva raccolto oltre 25 milioni di dollari. I democratici volevano cominciare da qui il piano del take down Trump. E’ crollato come un castello di sabbia di fronte all’alta marea. E ancora una volta si conferma una regola: senza soldi negli Stati Uniti (e altrove) non si fa politica, ma con i soldi e basta non si vince. Mai. Serve il consenso, la sintonia con il paese. E l’America, nonostante tutto (e in quel tutto per...
Che ci faccio qui? Scriveva sul suo taccuino il grande scrittore-viaggiatore Bruce Chatwin. Molto più modestamente il piccolo titolare di List si chiede: che ci facciamo in Georgia stamattina? Moltissimo. Perché qui nel Peach State (sì, lo Stato delle pesche) ieri sera è successo qualcosa di interessante, istruttivo, inesorabile: è tornata la realtà, Donald Trump ha (ri)vinto.
Le elezioni suppletive in Georgia per un seggio alla Camera dei rappresentanti erano state presentate dai media come un referendum contro Trump. Il referendum è fallito. Per mesi il sistema del mainstream media ha martellato sul voto, sulla sua importanza, sul fatto che i repubblicani avrebbero perso il seggio. Poi è arrivata la realtà, puntuale, onesta, inesorabile e il risultato è stato chiaro: la candidata repubblicana Karen Handel ha vinto nettamente la sfida con il democratico Jon Ossof con un distacco di quasi quattro punti, 51.9 a 48.1.
Puf! I desideri sono evaporati di fronte alla scelta degli elettori, alla realtà americana che è diversa da quella osservata con le lenti del moral bias. Il pregiudizio conduce inevitabilmente non solo a distorsioni dei fatti, ma a analisi errate e scelte dall’esito finale fallimentare. I democratici avevano pompato in queste elezioni tutto il loro arsenale: i media, il partito (o quel che ne resta), ma soprattutto il denaro, una massa enorme per un’elezione di piccola dimensione: Ossof aveva raccolto oltre 25 milioni di dollari. I democratici volevano cominciare da qui il piano del take down Trump. E’ crollato come un castello di sabbia di fronte all’alta marea. E ancora una volta si conferma una regola: senza soldi negli Stati Uniti (e altrove) non si fa politica, ma con i soldi e basta non si vince. Mai. Serve il consenso, la sintonia con il paese. E l’America, nonostante tutto (e in quel tutto per il titolare di List c’è molto che non va) è ancora con Trump. Riluttante, a tratti smarrita, ma alla fine, quando si tratta di decidere, non vota i democratici e sceglie The Donald. Otto anni di Obama non sono stati l’Arcadia, l’ombra di Hillary c’è ancora (non si ritira, nonostante il partito le abbia chiesto di uscire dalla scena) e l’economia – ecco un elemento chiave, non l’unico – con Trump non solo non è crollata, ma è cresciuta ancora e Wall Street (il forziere dove c’è il risparmio degli americani) è a livelli stellari (l’altro ieri l’indice Dow Jones e lo S&P 500 hanno macinato ancora una volta tutti i record). Se non si parte da questa realtà, non si può capire né cosa accade negli Stati Uniti né il mondo contemporaneo.
L’8 novembre in America non è accaduto qualcosa che passa come un soffio di vento, non è Trump con il suo ciuffo da coiffeur dadaista, è tornato il jacksonismo, in una forma tutta nuova, di difficile comprensione per coloro che hanno in testa lo schema bianco e nero, il manicheismo a una dimensione. Fare analisi politiche accurate significa accogliere i dati della realtà con distacco, disporre i pezzi sulla scacchiera e provare a immaginare le mosse del gioco facendo un mix di elementi che agiscono in profondità sull’immaginario, i desideri, le pulsioni, le aspettative degli elettori: l’economia, la composizione sociale, la demografia, le dinamiche locali, il dibattito nazionale, la credibilità dei media, ma soprattutto due elementi persistenti che producono ondate di cambiamento e rivoluzione: lo Zeitgeist, lo spirito dei tempi, e la Storia, questa forza ciclopica che continua a forgiare la vita degli uomini anche quando crediamo che essa sia svanita, scomparsa. In realtà è solo mimetizzata, assume altre forme, è camaleontica, aspetta pazientemente la preda e…zac! Eccola, la storia in Georgia.
E’ una lezione importantissima, il turno elettorale avrà un impatto sul dibattito nazionale in America più grande di quanto si immagini: darà al Partito repubblicano il carburante che serve per condurre in porto al Congresso la riforma della sanità e del welfare, rassicura Trump sulla sua presa nell’elettorato, mette i democratici di fronte a una realtà sconvolgente: fanno un’opposizione che non ha un’agenda politica. E senza agenda presto o tardi si fa la fine della nave senza mappe nautiche sul ponte di comando: si finisce sugli scogli. I democratici hanno bisogno di un programma, le elezioni di mid-term non saranno la passeggiata che viene narrata nell’universo anti-trumpiano. Odiano Trump, non sono usciti dal lutto della sconfitta, ma tutto questo non si traduce – almeno per il momento, poi vedremo i fatti, come sempre – in vittorie elettorali. Sul terreno di battaglia continuano a perdere (a proposito, i dem hanno perso anche in South Carolina ieri sera) e la vittoria di Trump in Georgia dovrebbe suggerire quello che mesi fa – inascoltato – Rahm Emmanuel (segnalato allora da List) disse ai suoi colleghi democratici: “Dem needs to take a chill pill”, i democratici hanno bisogno di una pillola per raffreddarsi. E pensare.
E’ solo l’inizio di una battaglia lunga, durerà quattro anni. Ah, no, c’è all’orizzonte un fatto che potrebbe risolvere tutto. Quale? Il Russiagate. Su questo punto il titolare ha già provato a spiegare più volte quanto la mossa sia lunga, complicata, difficile. Esistono i regolamenti parlamentari, i precedenti istruttivi sul percorso più che arduo – ancora una volta la storia bussa alla porta - per lo stato d’accusa del Presidente e soprattutto per ora non esiste un quadro probatorio sufficiente per mandare Trump a casa. Servono i fatti, un dossier ultra-verificato da portare davanti al Congresso. Sul taccuino del titolare resta la domanda: a che ora è l’impeachment? E’ sempre in ritardo. Le elezioni invece sono puntuali: ha (ri)vinto Trump. Lo Zeitgeist dice che il cuore del mondo batte a un ritmo diverso. Quale? Seguite il titolare di List, facciamo un salto nel pianeta di Aspenia.
01
Il populismo è morto...anzi no
C’è un fil rouge che lega Macron e Trump, Parigi e Washington, il gollismo europeista di Emmanuel e la rivoluzione jaksoniana reloaded di The Donald. Il Potomac e la Senna ieri furono il teatro della nascita della democrazia, il secolo dei lumi e l’indipendenza, oggi sono l’epicentro di un sottosopra tutto da scoprire, la fine dei partiti tradizionali, la chiusura dell’immenso portone del Novecento. Su Aspenia, la rivista dell’Aspen Institute diretta da Marta Dassù, il titolare di List ha fatto una breve (trentamila battute, respirate profondamente, è una lunga corsa al galoppo nel presente) incursione nella trincea della politica contemporanea. E’ un viaggio nel populismo, nelle sue nobili e sulfuree origini radicali e socialiste, anti-zariste (la parola ha origine dal russo narod, popolo), nel suo viaggio dal remoto fino al presente, nell’elemento costitutivo della politica. La Francia e gli Stati Uniti sono il centro del maelstroem.
La straordinaria impresa di Macron che in sei mesi ha lanciato una start-up politica e ha premuto il tasto del seggiolino eiettabile del Partito socialista francese e i Républicain. Au revoir, senza paracadute. E’ Trump che con la mietitrebbia dell’Ohio ha falciato il Partito repubblicano e scagliato in una seduta di autocoscienza i democratici. E’ la presa della Bastiglia 2.0, è il software aggiornato del 4 luglio. E’ la storia che si tras-forma. E’ la forza del popolo, il voto sopra di me e la legge morale in me (ok, è una cover di Immanuel Kant). La copertina di Aspenia è dedicata a questo viaggio, è un numero ricchissimo (un’intervista top a Giulio Tremonti, un pezzo magnifico di Marina Valensise, un’analisi di John C. Hulsman sui rapporti tra Stati Uniti e Germania e molto altro ancora), la rivista la trovate in edicola. Avviso del titolare di List: chi non lo compra è zarista!
E ora che si fa? Prendiamo il volo, andiamo da un’altra parte, in quel luogo dove vige la regola del “se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi”. Che luogo? Cribbio, è l’Italia.
02
Immigrazione. Gentiloni critica l'Ue
Oplà, (ri)eccoci nel paese del Gattopardo (capolavoro di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, pubblicato da Feltrinelli nel 1958) e della politica che trova sempre un modo per dire che è colpa degli altri. Anche se… in questo caso Paolo Gentiloni ha qualche ragione. Intervenendo al Senato per illustrare l’agenda del prossimo Consiglio Ue (comincia domani, ecco l’agenda) il premier ha pronunciato la seguente frase: “Vogliamo sapere se sul tema dell'immigrazione abbiamo alle nostre spalle l'Unione europea con le sue risorse e con il suo impegno politico, oppure se dobbiamo continuare a cavarcela da soli”. Duretto, l’Italia ha i suoi deficit (sono politici, non facciamo abbastanza bene il nostro lavoro nelle strutture burocratiche dell’Unione) e soprattutto ha un bilancio di impegni crescenti alla voce gestione del problema migratorio. Il titolare di List ha sul tavolo le tabelle del Documento di economia e finanza, ecco il conto:
In uno scenario costante (l’estate è ormai arrivata e i numeri sono destinati a cambiare parecchio) la fattura è di 4,3 miliardi di euro, mentre in uno scenario di crescita (probabile) il saldo arriva a 4,7 miliardi. Al netto dei contributi Ue la cifra – a scenario costante – si abbassa a 4,2 miliardi. L’Unione europea è ben lontana da avere una politica comune, il grosso del lavoro finora lo hanno fatto la Germania e l’Italia, il fronte della Grecia è stato protetto dall’accordo tra l’Unione e la Turchia (miliardi per Erdogan) per controllare il flusso di profughi dalla Siria, ma il Mediterraneo è quello scoperto per il caos libico, la stabilità fragile dell’Egitto, la massa di uomini, donne e bambini che dal deserto puntano alle coste del Nord Africa e da qui si proiettano in Europa. E’ un problema ciclopico che non si risolve con gli slogan. La dimensione esatta è data da questo grafico (fonte sempre Tesoro, Def) che mostra la dinamica degli sbarchi negli ultimi cinque anni:
Il flusso comincia a diventare un’ondata tra il 2010 e 2011. La principale causa è la rottura delle frontiere dei paesi del Nord Africa a causa delle “primavere arabe” che poi si sono rivelate dei lunghi inverni. Dal 2011 in poi la situazione di instabilità apre il corridoio verso le coste italiane, l’andamento è esponenziale, si passa da meno di 20 mila sbarchi nel 2010 ai 180 mila del 2016. Il futuro passa attraverso la sicurezza e stabilità dei governi del Nord Africa, per l’Italia è vitale avere un governo che in Libia funziona. La caduta del colonnello Gheddafi – operazione condotta da Francia, Regno Unito e Stati Uniti – non ha ancora trovato una soluzione: il governo dell’Onu guidato da Serraj non controlla neppure i quartieri centrali di Tripoli. Val la pena di ricordare – sempre la storia – che l’operazione in Libia fu autorizzata dal presidente Obama e la regia politica fu del segretario di Stato Hillary Clinton. Un nation building fallimentare ha condotto al risultato che vediamo nella cronaca: sbarchi continui. Il tema immigrazione non è solo accoglienza, è un’agenda di politica estera, di azione sull’area del Mediterraneo che non si vede. Il nation building fallito ieri, è il primo punto dell’agenda di oggi e domani. C’è un’idea per evitare che il Mare Nostrum sia una via di fuga dalla guerra? Bisogna fermare la guerra. E si ferma con la guerra. Gente disposta a morire per Tripoli? Nessuno. E’ l’Europa descritta da Kissinger: gigante economico, nano politico, verme militare. Duro. Ma vero. Che si fa? Si attende il Gentiloni d’Europa. Più o meno come aspettare Godot (oh yes, è Beckett). Bene, ora dove si vola? Basta jet, prendiamo l’automobile. Clicchiamo sull’app, saliamo a bordo di Uber.
03
Uber ha perso la testa
Wall Street ha chiesto e ottenuto la testa di Travis Kalanick, Ceo e fondatore di Uber. La defenestrazione era nell’aria, scandali, cultura aziendale e pratiche di business del gigante del trasporto via app sono diventati nel giro di pochi mesi come una baracca del tiro a segno al Luna Park. E gli investitori non si accontentano di un orsacchiotto vinto sparando con il fucile a salve, puntano ai dollari pesanti, chiedono risultati, trasparenza, condotte in linea con gli standard richiesti al management di una delle più grandi società del mondo. Kalanick è un tipo geniale, ma lontanissimo da tutto questo, ha un carattere ad alto voltaggio, ha perso la madre poco tempo fa in un incidente in barca mentre i genitori facevano una gita in un lago a Fresno, in California, Uber è finita sotto la lente delle autorità di vigilanza per una serie di scandali sessuali consumati all’interno dell’azienda, ha una causa aperta con Alphabet (Google) per i segreti carpiti sul progetto di auto senza pilota, e nonostante il fatturato monstre, Uber continua a perdere container di dollari, segno che il suo business model funziona, ma la gestione ha bisogno del to fix di Wall Street per fare profitti. Nel 2016 Uber ha perso 2.8 miliardi di dollari, nel primo trimestre del 2017 il rosso è stato di 708 milioni di dollari contro un fatturato di 3.8 miliardi di dollari. Il genio di Travis nella creazione di Uber fa a pugni con la sua sregolatezza: i clienti cliccano, gli autisti guidano, ma Uber ha perso la testa. In poche parole, serve un capo. E anche la coda.
04
Il mistero dei gatti e l'antico Egitto
Il titolare di List ne ha due (Giotto e Macchia) e pensa che questi animali siano non solo elegantissimi e dotati di stile unico, ma siano anche... misteriosi. Come l'Antico Egitto. Furono gli egiziani a rendere domestici i gatti. Per loro erano animali sacri. Anche per il titolare. Un articolo (e uno studio) da delibare sul tema su Science. Per quelli che la scienza proprio no, dai a quest'ora ci sono le fettuccine al cinghiale, allora una poesia da inviare all'amata o amato, è tratta dai Fiori del Male, Charles Baudelaire:
Viens, mon beau chat, sur mon coeur amoureux;
Retiens les griffes de ta patte,
Et laisse-moi plonger dans tes beaux yeux,
Mêlés de métal et d'agate.
05
Le zanzare sono attratte da voi?
Rieccoci con le domande che vi ponete appena vi alzate, d'altronde la stagione è arrivata e non se ne può fare a meno: le zanzare hanno un'irresistibile attrazione per voi? Ecco, non grattatevi e trovate qualche risposta in questo articolo di Scientific American.
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soggetti al rinnovo automatico e all'addebito periodico del corrispettivo. L'Utente può disattivare
l'abbonamento fino a
24h prima della scadenza del periodo di abbonamento in corso. In caso di mancata disattivazione,
l'abbonamento si
rinnova per un eguale periodo e all'Utente viene addebitato lo stesso importo sul suo account Apple.
L'Utente può
gestire e disattivare il proprio abbonamento direttamente dal proprio profilo su App Store. Per maggiori
informazioni al
riguardo: https://www.apple.com/it/legal/terms/site.html. Il Fornitore non è responsabile per eventuali
disservizi della
piattaforma App Store.
6. Promozioni
6.1 Il Fornitore può a sua discrezione offrire agli Utenti delle promozioni sotto forma di sconti o periodi
gratuiti di
fruizione del Servizio.
6.2 Salvo che non sia diversamente specificato nella pagina di offerta della promozione, l'adesione a una
promozione
comporta, alla sua scadenza, l'attivazione automatica del Servizio a pagamento con addebito periodico del
corrispettivo
in base al contenuto del pacchetto di volta in volta selezionato dall'Utente.
6.3 L'Utente ha la facoltà di disattivare il Servizio in qualunque momento prima della scadenza del periodo
di prova
attraverso una delle modalità indicate nel precedente articolo 3).
7. Obblighi e garanzie dell'Utente
7.1 L'Utente dichiara e garantisce:
- di essere maggiorenne;
- di sottoscrivere l'Abbonamento per scopi estranei ad attività professionali, imprenditoriali, artigianali
o commerciali
eventualmente svolte;
- che tutti i dati forniti per l'attivazione dell'Abbonamento sono corretti e veritieri;
- che i dati forniti saranno mantenuti aggiornati per l'intera durata dell'Abbonamento.
7.2 L'Utente si impegna al pagamento del corrispettivo in favore del Fornitore nella misura e con le
modalità definite
nei precedenti articoli.
7.3 L'Utente si impegna ad utilizzare l'Abbonamento e i suoi contenuti a titolo esclusivamente personale, in
forma non
collettiva e senza scopo di lucro; l'Utente è inoltre responsabile per qualsiasi uso non autorizzato
dell'Abbonamento e
dei suoi contenuti, ove riconducibile all'account dell'Utente medesimo; per questo motivo l'Utente si
impegna ad
assumere tutte le precauzioni necessarie per mantenere riservato l'accesso all'Abbonamento attraverso il
proprio account
(per esempio, mantenendo riservate le credenziali di accesso ovvero segnalando senza ritardo al Fornitore
che la
riservatezza di tali credenziali risulta compromessa per qualsiasi motivo).
7.4 La violazione degli obblighi stabiliti nel presente articolo conferisce al Fornitore il diritto di
risolvere
immediatamente il contratto ai sensi dell'articolo 1456 del codice civile, fatto salvo il risarcimento dei
danni.
8. Tutela della proprietà intellettuale e industriale
8.1 L'Utente riconosce e accetta che i contenuti dell'Abbonamento, sotto forma di testi, immagini,
fotografie, grafiche,
disegni, contenuti audio e video, animazioni, marchi, loghi e altri segni distintivi, sono coperti da
copyright e dagli
altri diritti di proprietà intellettuale e industriale di volta in volta facenti capo al Fornitore e ai suoi
danti causa
e per questo si impegna a rispettare tali diritti.
8.2 Tutti i diritti sono riservati in capo ai titolari; l'Utente accetta che l'unico diritto acquisito con
il contratto
è quello di fruire dei contenuti dell'Abbonamento con le modalità e i limiti propri del Servizio. Fatte
salve le
operazioni di archiviazione e condivisione consentite dalle apposite funzionalità del Servizio, qualsiasi
attività di
riproduzione, pubblica esecuzione, comunicazione a terzi, messa a disposizione, diffusione, modifica ed
elaborazione dei
contenuti è espressamente vietata.
8.3 La violazione degli obblighi stabiliti nel presente articolo conferisce al Fornitore il diritto di
risolvere
immediatamente il contratto ai sensi dell'articolo 1456 del codice civile, fatto salvo il risarcimento dei
danni.
9. Manleva
9.1 L'Utente si impegna a manlevare e tenere indenne il Fornitore contro qualsiasi costo – inclusi gli
onorari degli
avvocati, spesa o danno addebitato al Fornitore o in cui il Fornitore dovesse comunque incorrere in
conseguenza di usi
impropri del Servizio da parte dell'Utente o per la violazione da parte di quest'ultimo di obblighi
derivanti dalla
legge ovvero dai presenti termini d'uso.
10. Limitazione di responsabilità
10.1 Il Fornitore è impegnato a fornire un Servizio con contenuti professionali e di alta qualità; tuttavia,
il
Fornitore non garantisce all'Utente che i contenuti siano sempre privi di errori o imprecisioni; per tale
motivo,
l'Utente è l'unico responsabile dell'uso dei contenuti e delle informazioni veicolate attraverso di
essi.
10.2 L'Utente riconosce e accetta che, data la natura del Servizio e come da prassi nel settore dei servizi
della
società dell'informazione, il Fornitore potrà effettuare interventi periodici sui propri sistemi per
garantire o
migliorare l'efficienza e la sicurezza del Servizio; tali interventi potrebbero comportare il rallentamento
o
l'interruzione del Servizio. Il Fornitore si impegna a contenere i periodi di interruzione o rallentamento
nel minore
tempo possibile e nelle fasce orarie in cui generalmente vi è minore disagio per gli Utenti. Ove
l'interruzione del
Servizio si protragga per oltre 24 ore, l'Utente avrà diritto a un'estensione dell'Abbonamento per un numero
di giorni
pari a quello dell'interruzione; in tali casi, l'Utente riconosce che l'estensione dell'Abbonamento è
l'unico rimedio in
suo favore, con la conseguente rinunzia a far valere qualsivoglia altra pretesa nei confronti del
Fornitore.
10.3 L'Utente riconosce e accetta che nessuna responsabilità è imputabile al Fornitore:
- per disservizi dell'Abbonamento derivanti da malfunzionamenti di reti elettriche e telefoniche ovvero di
ulteriori
servizi gestiti da terze parti che esulano del tutto dalla sfera di controllo e responsabilità del Fornitore
(per
esempio, disservizi della banca dell'Utente, etc...);
- per la mancata pubblicazione di contenuti editoriali che derivi da cause di forza maggiore.
10.4 In tutti gli altri casi, l'Utente riconosce che la responsabilità del Fornitore in forza del contratto
è limitata
alle sole ipotesi di dolo o colpa grave.
10.5 Ai fini dell'accertamento di eventuali disservizi, l'Utente accetta che faranno fede le risultanze dei
sistemi
informatici del Fornitore.
11. Modifica dei termini d'uso
11.1 L'Abbonamento è disciplinato dai termini d'uso approvati al momento dell'acquisto.
11.2 Durante il periodo di validità del contratto, il Fornitore si riserva di modificare i termini della
fornitura per
giustificati motivi connessi alla necessità di adeguarsi a modifiche normative o obblighi di legge, alle
mutate
condizioni del mercato di riferimento ovvero all'attuazione di piani aziendali con ricadute sull'offerta dei
contenuti.
11.3 I nuovi termini d'uso saranno comunicati all'Utente con un preavviso di almeno 15 giorni rispetto alla
scadenza del
periodo di fatturazione in corso ed entreranno in vigore a partire dall'inizio del periodo di fatturazione
successivo.
Se l'Utente non è d'accordo con i nuovi termini d'uso, può esercitare la disdetta secondo quanto previsto al
precedente
articolo 3.
11.4 Ove la modifica dei termini d'uso sia connessa alla necessità di adeguarsi a un obbligo di legge, i
nuovi termini
d'uso potranno entrare in vigore immediatamente al momento della comunicazione; resta inteso che, solo in
tale ipotesi,
l'Utente potrà recedere dal contratto entro i successivi 30 giorni, con il conseguente diritto ad ottenere
un rimborso
proporzionale al periodo di abbonamento non goduto.
12. Trattamento dei dati personali
12.1 In conformità a quanto previsto dal Regolamento 2016/679 UE e dal Codice della privacy (decreto
legislativo 30
giugno 2003, n. 196), i dati personali degli Utenti saranno trattati per le finalità e in forza delle basi
giuridiche
indicate nella privacy policy messa a disposizione dell'Utente in sede di registrazione e acquisto.
12.2 Accettando i presenti termini di utilizzo, l'Utente conferma di aver preso visione della privacy policy
messa a
disposizione dal Fornitore e di averne conservato copia su supporto durevole.
12.3 Il Fornitore si riserva di modificare in qualsiasi momento la propria privacy policy nel rispetto dei
diritti degli
Utenti, dandone notizia a questi ultimi con mezzi adeguati e proporzionati allo scopo.
13. Servizio clienti
13.1 Per informazioni sul Servizio e per qualsiasi problematica connessa con la fruizione dello stesso,
l'Utente può
contattare il Fornitore attraverso i seguenti recapiti: help@newslist.it
14. Legge applicabile e foro competente
14.1 Il contratto tra il Fornitore e l'Utente è regolato dal diritto italiano.
14.2 Ove l'Utente sia qualificabile come consumatore, per le controversie comunque connesse con la
formazione,
esecuzione, interpretazione e cessazione del contratto, sarà competente il giudice del luogo di residenza o
domicilio
del consumatore, se ubicato in Italia.