6 Ottobre
Poesia, croce, passione, nazione. Polonia
Un viaggio alla scoperta di un paese incompreso. Da dove nasce il suo nazionalismo che oggi stupisce gli europeisti senza storia? Valeria Rossella esplora le profondità culturali e politiche, di ieri e di oggi, di uno Stato conquistatore e conquistato, eroico e ribelle
di Valeria Rossella
Nell’enciclopedia Treccani il nazionalismo viene definito come un “movimento politico e ideologico avente quale programma l’esaltazione e la difesa della nazione. […] Spesso adoperato in senso approssimativo o lato, il termine nazionalismo significa propriamente l’esaltazione dell’idea di nazione, come antecedente allo Stato e trascendente gli individui stessi, e ingloba in sé una visione conservatrice e autoritaria dei problemi politici […]; punto di sbocco poi di ogni concezione nazionalistica è la realizzazione di una potenza nazionale…”.
Ma è veramente sempre così? Da dove nasce per esempio il nazionalismo polacco, quello di una “nazione sulle ruote”, i cui confini politici vennero definiti e ridefiniti continuamente nel corso della storia?
“Per la nostra e la vostra libertà”
Il nazionalismo polacco per secoli è servito a mantenere un’idea di nazione in assenza di uno stato (“la Polonia ancora non è morta finché noi viviamo”, dicono i primi versi dell’inno nazionale: la Polonia virtuale in assenza della Polonia reale). E sostanzialmente non fu violento come quello ucraino e balcanico, per restare in zona. Vorrei ricordare una poesia di Mickiewicz (1798-1855), il più importante poeta romantico polacco, Agli amici di Mosca, in cui l’autore si rivolge commosso ai decabristi del 1825, che egli conobbe e che furono giustiziati od esiliati dallo zar Nicola I. “Per la nostra e la vostra libertà” (za wolność naszą i waszą) era il motto apparso sulle bandiere polacche nell’insurrezione del 1830, in russo e in polacco, parole rivolte ai russi vittime anch’essi del giogo zarista. Motto divenuto celebre anche fra i dissidenti sovietici (comparve durante la manifestazione del 25 agosto 1968 sulla Piazza Rossa, contro l’invio dei carri armati a Praga), e infine inciso all’ingresso del cimitero militare polacco di Montecassino.
Herbert dedica ai sovietici che invasero la Polonia da oriente il 17 settembre del...
di Valeria Rossella
Nell’enciclopedia Treccani il nazionalismo viene definito come un “movimento politico e ideologico avente quale programma l’esaltazione e la difesa della nazione. […] Spesso adoperato in senso approssimativo o lato, il termine nazionalismo significa propriamente l’esaltazione dell’idea di nazione, come antecedente allo Stato e trascendente gli individui stessi, e ingloba in sé una visione conservatrice e autoritaria dei problemi politici […]; punto di sbocco poi di ogni concezione nazionalistica è la realizzazione di una potenza nazionale…”.
Ma è veramente sempre così? Da dove nasce per esempio il nazionalismo polacco, quello di una “nazione sulle ruote”, i cui confini politici vennero definiti e ridefiniti continuamente nel corso della storia?
“Per la nostra e la vostra libertà”
Il nazionalismo polacco per secoli è servito a mantenere un’idea di nazione in assenza di uno stato (“la Polonia ancora non è morta finché noi viviamo”, dicono i primi versi dell’inno nazionale: la Polonia virtuale in assenza della Polonia reale). E sostanzialmente non fu violento come quello ucraino e balcanico, per restare in zona. Vorrei ricordare una poesia di Mickiewicz (1798-1855), il più importante poeta romantico polacco, Agli amici di Mosca, in cui l’autore si rivolge commosso ai decabristi del 1825, che egli conobbe e che furono giustiziati od esiliati dallo zar Nicola I. “Per la nostra e la vostra libertà” (za wolność naszą i waszą) era il motto apparso sulle bandiere polacche nell’insurrezione del 1830, in russo e in polacco, parole rivolte ai russi vittime anch’essi del giogo zarista. Motto divenuto celebre anche fra i dissidenti sovietici (comparve durante la manifestazione del 25 agosto 1968 sulla Piazza Rossa, contro l’invio dei carri armati a Praga), e infine inciso all’ingresso del cimitero militare polacco di Montecassino.
Herbert dedica ai sovietici che invasero la Polonia da oriente il 17 settembre del ’39 versi che sono insieme sfida e remissione:
La mia patria inerme ti accoglierà invasore
e la strada per cui Hänsel e Gretel trotterellavano a scuola
non si spalancherà in un abisso
Fiumi troppo pigri non inclini ai diluvi
i cavalieri addormentati sui monti continueranno a dormire
ti sarà quindi facile entrare ospite non invitato
Ma i figli della terra si aduneranno di notte
ridicoli carbonari congiurati della libertà
puliranno le loro armi da museo
giureranno sull’aquila e i due colori
E poi come sempre - bagliori ed esplosioni
ragazzi gagliardi condottieri insonni
zaini pieni di sconfitte rossastri campi di gloria
la confortante coscienza di essere – soli
La mia patria inerme ti accoglierà invasore
e ti darà due metri di terra sotto il salice – e la pace
perché chi verrà dopo di noi apprenda di nuovo
la più difficile delle arti – la remissione delle colpe
Seguiamo dunque un po’ le manifestazioni di questo fenomeno, detto nazionalismo polacco, attraverso alcune divagazioni storico-culturali e un interrogativo finale.
Churchill, Roosevelt e Stalin. Jalta
La foto del tradimento è stata scattata nel febbraio del 1945, e ritrae i protagonisti della Conferenza di Jalta, in Crimea (la Tauride greca, giardino di delizie e terra d’Averno): Churchill, Roosevelt e Stalin. I tre potenti che avevano sconfitto la Germania nazista (e Stalin poteva mettere sul piatto della bilancia venti milioni di morti, e la presenza fisica dell’Armata Rossa “liberatrice” sul terreno degli stati dell’Europa orientale) si accordarono, dopo lunga trattativa, sul fatto che in Polonia si sarebbe insediato un “governo provvisorio” che avrebbe dovuto condurre a libere elezioni.
A Londra esisteva un governo polacco in esilio dal 1939, riconosciuto da tutti gli alleati, che diresse la resistenza dell’Armia Krajowa sul suolo nazionale (sia militare che civile: oltre i partigiani combattenti sorse un vero stato-ombra con scuole e stampa clandestine) e il Secondo corpo d’armata del generale Anders che combatté a fianco degli alleati su vari fronti di guerra, soprattutto in medio Oriente e in Italia (celebre la battaglia di Montecassino), e che nel 1945 arrivò a contare 75.000 uomini. Questo governo fantasma continuò ad esistere per tutti gli anni di permanenza della Polonia nel Patto di Varsavia e cessò di esistere solo nel 1990, con le prime elezioni libere dopo il crollo del muro di Berlino, trasferendo a Wałęsa la bandiera, i sigilli e la copia della Costituzione del 1935). Insomma, c’era un esercito nazionale polacco, agli ordini del governo legale in esilio, inquadrato nel gruppo di armate del generale inglese Alexander, che ha combattuto a fianco degli alleati per tutta la guerra. Nonostante ciò, sappiamo che libere elezioni in Polonia non ci furono, e che il paese finì al di là di quella che Churchill definì “la cortina di ferro”, che sancì per decenni l’esistenza di due diverse Europe sul continente. Del resto chiare avvisaglie di questo destino si erano già manifestate durante la rivolta di Varsavia (1 agosto – 2 ottobre 1944, la più grande rivolta armata sotterranea dell’Europa contro l’occupante tedesco), quando le truppe russe, stanziate oltre la Vistola ad appena 20 chilometri di distanza, non si mossero in aiuto degli insorti dell’Armia Krajowa lasciando che i nazisti distruggessero la città (87 per cento di rovine, metà della popolazione massacrata, circa 250.000 morti).
Terminata la guerra, i partigiani sopravvissuti dell’Armia Krajowa furono perseguitati, molti arrestati o uccisi. C’è una meravigliosa poesia, Lupi, di Zbigniew Herbert (1924-1998), uno dei maggiori poeti polacchi del ‘900, che ne parla:
Poiché vissero con legge di lupo
la storia li copre d'un cupo silenzio
di loro restò nella neve fitta
urina giallastra e una traccia di lupo
più rapida dello sparo alla schiena traditore
colpì il cuore la disperazione vendicativa
bevvero vodka scadente mangiarono miseria
così cercarono di tener testa al destino
ormai non diventerà agronomo
"lo Scuro" - né ragioniere "il Chiaro"
non diventerà madre "Marusia"
né "il Fulmine" poeta - incanutisce la neve
le loro giovani teste
Elettra non li pianse
non li seppellì Antigone
così per sempre nella neve fonda
durerà eterna la loro agonia
persero la loro casa in una bianca selva
donde turbinando viene la friabile neve
non sta a noi - scribacchini - compiangerli
e accarezzarne il pelame scompigliato
poiché vissero con legge di lupo
la storia li copre d'un cupo silenzio
restò per sempre nella neve mite
urina giallastra e una pesta di lupo
Grazie al patto Ribbentrop-Molotov, la cosiddetta “quarta spartizione” (le prime tre avvennero nel Settecento, sempre ad opera dei medesimi ingombranti vicini), la Polonia contò 6 milioni di morti alla fine della guerra, di cui la metà ebrei; Varsavia prima della guerra aveva 1.300.00 abitanti, rimasero in meno di 300.000 nel paesaggio di rovine in cui era ridotta quella che era una delle più eleganti capitali europee. Cinque anni di deportazioni, violenze, devastazioni, la distruzione del patrimonio artistico e culturale e l’eliminazione fisica della classe intellettuale: basti ricordare la deportazione dei professori dell’università di Cracovia e la fucilazione di quelli dell’università di Łódź. Stalin fece sterminare o deportare nei gulag siberiani e degli Urali decine di migliaia di civili e circa 22.000 vittime fra militari e prigionieri di guerra furono fucilate dai sovietici nel 1940 nei pressi di Smolensk (le fosse di Katyn).
Certo, francesi e inglesi infine scelsero di morire per Danzica.
Ma a Jalta la Polonia si sentì tradita. Un mio amico polacco, a cui recentemente chiedevo ragione dell’odierno atlantismo polacco, così chiudeva la sua mail di risposta: “Effettivamente per via dell’eredità storica di Jalta e di quarantacinque anni di cortina di ferro e per via della sua posizione geografica la Polonia si regola secondo il principio della fiducia limitata nei confronti dei propri vicini”.
La Polonia, c’est à dire, nulle part
L’Ubu Re di Jarry è ambientato en Pologne, c’est à dire, nulle part (la pièce teatrale è del 1896, la Polonia da un secolo non esisteva più sulle carte politiche d’Europa…). Czesław Miłosz (premio Nobel per la letteratura nel 1980 – l’anno di Solidarność) ricorda nell’esergo di una sua poesia che la Polonia nel ’39 veniva definita dai francesi come "un pays marecageux, ou habitent les Juif" .
Cosa sappiamo noi della Polonia? Che è stata invasa da Hitler nel ’39, che è la patria di Chopin e di Papa Wojtyła, di Solidarność e della Szymborska? Un paese il cui inno nazionale non è una marcia ma una mazurka, che ha avuto una regina italiana, la prima Costituzione scritta europea (nel 1791), e che sconta, e fa scontare a tutta l'Europa, il suo drammatico destino di cerniera nevralgica nel cuore del continente. Un paese senza confini naturali, su cui nel corso dei secoli si abbatterono tartari, svedesi, russi, tedeschi.
La questione dei kresy, i confini orientali. La Polonia prima della seconda guerra mondiale, e comunque per molti secoli, era spostata molto più a est, e aveva al suo interno molte minoranze, etniche e religiose, come vedremo. Uno stato molto meno monolitico di quello attuale. E nel ‘500, il suo secolo d’oro, molto vasto e potente: nella sua forma di Confederazione polacco-lituana (Unione di Lublino, 1569) si estendeva dal Baltico al Mar Nero.
Benché fin dagli albori del nuovo stato si fossero susseguite secolari lotte con l’Ordine Teutonico (l’ossessione tedesca del Drang nach Osten…), alfine sconfitto nella battaglia di Grunwald (1410), il disastro della Polonia, priva di confini naturali se non al sud con la catena dei Carpazi, iniziò alla fine del XVI secolo, quando la monarchia, divenuta elettiva dopo Sigismondo II Augusto, l’ultimo Jagellone, diventa ostaggio della “Repubblica nobiliare” degenerata in oligarchia magnatizia. È il periodo della cosiddetta złota wolność (libertà dorata), vale il principio del liberum veto grazie al quale qualunque membro della Dieta può bloccare una legge. Invece dell’accentramento del potere, che andava affermandosi in tutta l’Europa, si ha il suo decentramento e infine polverizzazione. In Europa l’assolutismo, in Polonia l’anarchia.
Molto romantico ed esiziale, naturalmente.
Polska nierządem stoi, si diceva (“la Polonia si regge nel non-governo”). Effetto: intorno alla metà del ‘600 guerre con i turchi, i cosacchi (la Polonia perde metà dell’Ucraina, il granaio d’Europa, con conseguenti gravi danni economici), la Moscovia, e soprattutto la Svezia. Le incursioni di Carlo X devastarono per cinque anni il paese: il periodo viene ricordato come potop, il diluvio. Henryk Sienkiewicz, l’autore del Quo vadis?, ne fece l’oggetto del romanzo centrale della sua Trilogia. Ma è alla fine del ‘700 che la Polonia sparisce dalla mappa politica dell’Europa, spartita definitivamente fra Austria, Prussia e Russia nel 1795, dopo una delle sue tante eroiche e vane insurrezioni destinate al fallimento, quella di Kościuszko nel 1794, iniziata con la battaglia di Racławice cui presero parte i contadini armati di falci. Rinasce nel 1918, dopo la fine della I guerra mondiale, con la sconfitta della Germania e il collasso dell’impero zarista e di quello austro-ungarico.
Barocco polacco, identità nazionale. Il Sarmatismo
Per capire il fenomeno del nazionalismo polacco, bisogna tenere ben presente la sua storia a partire del XVII secolo ai giorni nostri, il manifestarsi del sarmatismo e del messianesimo, e forse una nota di colore: nella tradizione popolare polacca, il diavolo era vestito da tedesco…
Il sarmatismo, corrente culturale del barocco polacco, venne configurandosi come peculiare espressione delle caratteristiche della szlachta, la piccola nobiltà che costituiva il 10 per cento della popolazione e deteneva il diritto di voto. La costruzione del feticcio iniziò alla fine del ‘500 per culminare nel secolo successivo. Si sviluppava sulla base di ricerche degli storici polacchi sui propri antenati e i loro usi, un’esaltazione dell’elemento slavo e orientale sia nei costumi (le lunghe vesti e sopravesti, la sciabola ricurva) che nelle qualità personali (una certa megalomania, il tradizionalismo soprattutto religioso). Tutto ciò era peculiarmente “sarmatico” e collegabile, in prospettiva, con il panslavismo, i miti nazionali ceco (husstitismo) e russo (il mito di Mosca Terza Roma sotto Ivan il Terribile).
Un concetto che getta profonde radici nel sarmatismo è quello della Polonia come Antemurale Christanitatis (titolo originariamente conferito da Leone X al popolo croato, che si era opposto all’invasione ottomana). Lo vediamo esplicitarsi nell’epopea della Wojna chocimska (Guerra di Chocim), poema epico di Wacław Potocki che narra le gesta di polacchi e cosacchi dello Zaporoże, guidati dall’etmanno Chodkiewicz, che respinsero l’esercito del sultano Osman (1621), e soprattutto nell’impresa del re polacco Jan Sobieski che liberò Vienna dall’assedio dei turchi nel 1683, salvando l’Europa cristiana dal dilagare dell’impero ottomano (Wespazjan Kochowski ne trasse ispirazione per i suoi Canti sulla Vienna liberata).
Una riedizione novecentesca, in chiave grottesca e disperata, di questo concetto della Polonia come baluardo di civiltà lo ritroviamo nei romanzi di Stanisław Ignacy Witkiewicz (tradotti anche in italiano), Addio all’autunno (1927) e Insaziabilità (1930). Qui l’ossessione del “diluvio” si presenta come la presa del potere, in chiave collettiva e spersonalizzante, di masse manovrate cinicamente, e notabene provenienti da Oriente (Witkiewicz si suiciderà il 18 settembre 1939, un giorno dopo l’invasione sovietica della Polonia già messa in ginocchio dai nazisti). Bisogna ricordare che la Polonia è occidente slavo, la sua religione proviene dalla chiesa di Roma, la sua cultura ha antiche radici latine. La sua letteratura medievale è in latino, il Rinascimento è bilingue, latino e polacco più o meno fino al ‘700 convivono. L’università di Cracovia è una delle più antiche d’Europa, fondata nel 1364. I suoi intellettuali del Rinascimento vennero a studiare nelle università italiane (Jan Kochanowski a Padova).
Questi elementi spiegano perché oggi la Polonia si senta nuovamente antemurale in difesa dell’Unione Europea dall’islamismo, anche se questa non è che una delle sue identità, come vedremo. Ma è quella che ora emerge, in un contesto di crisi e spostamento degli assi di equilibrio.
La Polonia in croce. Il Messianesimo
“Vedo... vedo volare quest'orda di carri, sospinti come nubi dal vento...ah, Signore, sono i nostri figli...là, a Nord, ecco dunque il loro destino...l' esilio! Lascerai dunque che vengano tutti sterminati nel fiore degli anni? Annienterai fino all' ultimo figlio della Polonia?" scrive il già ricordato Adam Mickiewicz intonando quello che è un vero e proprio martirologio: il destino della Polonia è di essere crocefissa per mano di Austria, Russia e Prussia :"La croce ha braccia lunghe come l' Europa... formata da tre popoli inariditi come legno morto".
Il monumento in onore di Adam Mickiewicz a Varsavia. Foto di Guillaume Speurt.I versi citati provengono da un poema drammatico intitolato Dziady. In polacco questo termine indica la Festa dei Morti, che conserva le tracce di un antico rito pagano, in cui si evocano le anime degli avi. Però qui per la prima volta si manifesta chiaramente quello che sarà definito come “messianesimo” polacco, un’ideologia mistico-politica sviluppata da Mickiewicz e dagli altri due poeti della celebre triade romantica, Słowacki e Krasiński, e teorizzata dal teosofo Adrzej Towiański. Questa teoria concepiva una speciale ‘missione’ per la nazione polacca, che cristologicamente crocefissa, sarebbe risorta per la libertà di tutti. La Polonia è quindi il Cristo delle nazioni, messia e agnello sacrificale, e gli emigrati dal suo suolo martoriato (per sfuggire alle persecuzioni russe dopo i moti del 1830-31) sono i suoi nunzi. Mickiewicz scriverà un libro che avrà una notevole diffusione, tradotto anche in italiano e conosciuto da Mazzini e Garibaldi: Il libro della Nazione e dei Pellegrini polacchi (e non a caso per gli emigrati si usa un termine religioso, definendoli pellegrini). Mickiewicz, che era egli stesso un esiliato, e intendeva il poeta come voce corale e guida, e la poesia come poiesis, fare, infine entra nella prassi politica: nel 1848 crea una legione polacca che combatte prima in Lombardia e poi per la Repubblica Romana, pubblica dei risorgimentalissimi Discorsi agli italiani, quindi va a morire a Costantinopoli nel 1855 nel tentativo di formare un corpo di combattimento per la guerra in Crimea.
Poesia e azione storica. I Romantici polacchi
Ciò che è più interessante e notevole nella poesia romantica polacca non è l’infiammato patriottismo o il senso del divenire storico che si fa palpabile. I poemi e le poesie dei romantici polacchi alfine non sono scritti o letti da gente afflitta dal mal du siècle, ma da congiurati, persone al bando politico, deportati in Siberia. Il nesso fra voce dei poeti e azione storica è fortissimo in Polonia: nel marzo 1968 a Varsavia scoppiarono proteste dopo il divieto di rappresentare gli Dziady, e durante gli scioperi nei cantieri di Danzica nel 1980, alla nascita di Solidarność, venne trasmesso il Libro dei pellegrini polacchi.
Ricordiamo almeno le insurrezioni di cui fu costellato il XIX secolo, la prima nel 1830-31, seguita da una grave repressione e quindi da un tentativo di russificazione capillare: furono chiuse le università di Varsavia e di Vilnius, la Polonia definita “Governatorato lungo la Vistola”, con damnatio memoriae perfino del nome. Ne conseguì quella che viene definita Grande Emigrazione: migliaia di insorti, anche poeti ed artisti, lasciarono il paese rifugiandosi soprattutto a Parigi (sede privilegiata, con Londra, anche della seconda grande emigrazione, quella posteriore al 1945), che divenne centro dell’attività politica degli emigrati, dalla destra liberal-aristocratica dei Czartoryski alla sinistra democratica di Lelewel. Nel salotto della principessa Czartoryska suonava Chopin, e le dame sfoggiavano il lutto al braccio per la Polonia oppressa.
Emigrati polacchi erano presenti su tutte le barricate e in tutte le cospirazioni del XIX secolo. Nel 1848 ci fu un’insurrezione nel Granducato di Poznań contro la Prussia occupante (ricordiamo che la spartizione della Polonia era triplice) e di nuovo nel 1863-64 contro la Russia. Anche questa volta la repressione fu spietata, con esecuzioni pubbliche e deportazioni in Siberia. La russificazione si intensifica. In Slesia Pomerania Posnania imperversa la Kulturkampf bismarckiana, mentre la situazione in Galizia, sotto l’impero austroungarico, è migliore.
Italia e Polonia. Questi fantasmi
Legato al martirologio patriottico e al messianesimo è naturalmente il tema dell’esilio: la patria è sì bella e perduta, e il suo fantasma torna nel Pan Tadeusz, ultima opera di Mickiewicz e caposaldo della letteratura romantica, epopea e romanzo storico in versi, studiato nella scuole polacche come da noi la Divina Commedia o I promessi sposi. Non a caso ho introdotto un riferimento alla nostra storia, i legami fra Italia e Polonia sono molti, e non solo perché i due inni nazionali citano l’uno la patria dell’altro (caso più unico che raro), perché ci furono intense relazioni durante il Rinascimento (e Bona Sforza, un’italiana, fu regina di Polonia, come vedremo), ma perché nei momenti in cui ci si batteva per la liberazione nazionale ci fu una reciproca partecipazione alla lotta: il garibaldino Francesco Nullo cadde combattendo nell’insurrezione del 1863 e in Polonia è considerato eroe nazionale, e della legione polacca creata da Mickiewicz, nonché del corpo d’armata del generale Anders nella seconda guerra mondiale abbiamo già detto.
Si scopron le tombe, si levano i morti, i martiri nostri son tutti risorti…
Che suggestione, questi legami italo-polacchi. Il nostro romanticismo, garibaldino e lirico-melodrammatico (l’opera lirica, Verdi, sono stati il nostro unico vero romanticismo), e quello polacco, epico e fantasmagorico. Maria Janion, polacca, eminente critica e studiosa del fenomeno, ha pubblicato nel 2000 un libro intitolato In Europa, ma con in nostri morti. Milioni di fantasmi. Sul piano storico, un paradigma romantico che dalle insurrezioni del XIX secolo passa per l’indipendenza riguadagnata con la prima guerra mondiale, la resistenza nobile e perdente, che si permette come sempre il lusso della sconfitta, nella seconda, e infine l’epopea di Solidarność. Sul piano letterario, le visioni allucinate dei poeti romantici, gli Dziady di Mickiewicz, il Re Spirito di Słowacki, macabro fantastico e simbolico, in cui le vicende storiche sono rievocate tramite le reincarnazioni di spiriti possenti nei sovrani polacchi, e la Rapsodia funebre in memoria del generale Bem di Norwid…
Perché, Ombra, cavalchi lontano, con le mani incrociate sulla corazza,
alla luce delle torce, che giocano con scintille intorno ai tuoi ginocchi?
La spada è verde d’alloro ed oggi aspersa dal pianto di sacre candele,
si slancia il falco e il tuo destriero stacca i passi come un danzatore.
Sventolano, sventolano bandiere e palpitano,
come le mobili tende degli eserciti, erranti per il cielo.
[…]
E noi condurremo il corteo, levando un lamento per le città ghermite dal sonno,
battendo con le urne alle porte, fischiando sulle tacche delle falci,
finché le mura di Gerico crollino, come ceppi,
i cuori svenuti rivivano – scrostino i popoli la muffa dagli occhi...
Eh, non è finita, nella pièce teatrale Wesele (Le nozze) di Wyspiański (1869-1907) torna l’aborto della rinascita nazionale, ancora una danza di spettri. Come in quasi tutto il teatro d’avanguardia polacco, uno dei più interessanti del ‘900: in Witkiewicz dove i morti non sono mai abbastanza morti, e nella Classe morta di Kantor.
E i poeti morti a vent’anni, Gajcy, Baczyński, nella rivolta di Varsavia, 1944. E il poeta Sebyła, ricordato da Miłosz in questi versi del Trattato poetico:
Gli ultimi versi dell'epoca erano in stampa.
Il loro autore, Władysław Sebyła, amava
di sera estrarre il violino dall'armadio
mettendo la custodia sui libri di Norwid.
Portava l'uniforme sbottonata
(lavorava in Praga, nelle ferrovie).
In questo suo poema, quasi un testamento,
paragonava la patria a Światowid.
Giungono fischi e rulli di tamburi
dalle pianure di oriente e di occidente,
la patria sogna le api che ronzano,
i pomeriggi nei giardini delle Esperidi.
Per questo spareranno alla nuca di Sebyła
e lo seppelliranno nel bosco di Smolensk?
(piccola nota: “Praga” è un quartiere di Varsavia)
La Polonia oggi
La Polonia oggi è antemurale e messianica, benché la Borsa Valori di Varsavia si trovi in quella che fu la sede del Poup, l’economia polacca sia cresciuta più di qualsiasi altra economia europea tra il 1990 e il 2015, il paese non abbia risentito della recessione del 2008 e sia quello che fruisce maggiormente dei fondi strutturali assegnati dall’UE. Il Pis, il partito conservatore oggi al governo dal 2015, ha vinto le elezioni con il 37 per cento, ma i votanti sono stati solo il 51 per cento, dunque la percentuale di rappresentanza è più bassa. La parte più conservatrice degli elettori si trova nella zona orientale, più rurale, e in genere apparteneva alla classe meno abbiente: ma a Nowy Sącz (82.000 abitanti, disoccupazione al 6%, piccola oasi ambientale) il Pis ha ottenuto il 60,5 per cento, dato che indica la penetrazione fra le classi medie. Ha uno slogan, dobra zmiana, cambiamento positivo, ma i polacchi che pure volevano il cambiamento nel 2015 interrogati dai sondaggisti non sapevano specificare in cosa avrebbe dovuto consistere (manifestavano genericamente critiche al servizio sanitario, avanzavano richieste su welfare, scuola, disoccupazione – motivi ricorrenti in molti altri casi in Europa). Un secondo slogan, molto insistito, recita “la Polonia ai polacchi”. C’è una difesa gelosa nei confronti dell’UE.
Si coltiva anche un filone martirologico e del nazionalismo offeso, il mito di Smolensk: Kaczyński, presidente del Pis e colui che “detta la linea”, è convinto che suo fratello sia stato deliberatamente ucciso in un assassinio ideato dalla Russia e approvato dal governo liberale polacco al potere in quel momento. Il paese fa parte gruppo di Višegrad, un riccio chiuso. Peraltro non risultano ancora pienamente rielaborate dopo la fine della Seconda guerra mondiale le vicende legate ai pogrom (Jedwabne e Kielce) e al conflitto etnico polacco-ucraino (per esempio fra l’Esercito insurrezionale ucraino e l’Armia Krajowa nel ’43 in Volinia).
L’opposizione, la cui sigla principale è il Kod (Komitet Obrony Demokracji, Comitato per la difesa della democrazia) è però ancora divisa e debole, benché abbia organizzato numerose proteste di piazza e nell’ottobre del 2017, notizia poco riportata sui giornali occidentali, un uomo si sia dato fuoco a Varsavia davanti al Palazzo della Cultura, come Jan Palach a Praga (Miłosz ricorda in una poesia del 1946 quei “figli d’Europa” che godono di una “salvezza malvagia” a scapito dei “creduli,/degli appassionati ma deboli, che curarono poco la propria vita”). Eppure i sondaggi mostrano che per ora una grande maggioranza dei polacchi, superiore all’80 per cento, continua a sostenere l’adesione all’UE.
Bisogna qui aprire un altro e conclusivo discorso, che parte dalla considerazione del peso che ebbero deportazioni e spostamenti dopo la II guerra mondiale, Lwów che divenne Lviv, Breslau, Wrocław… Decimati gli ebrei, gli ortodossi rimasti oltre i nuovi confini, la Polonia che per la prima volta si ritrova compattamente polacca e cattolica… Perché nella Polonia del ’39, più estesa territorialmente di quella postbellica e più orientale, la composizione sociale era molto più eterogenea dell’attuale, i polacchi erano meno del 70 per cento, le minoranze ucraina, ebrea, bielorussa, tedesca, facevano sentire la loro presenza. C’erano lituani, russi, cechi, zingari. Oggi i polacchi sono quasi il 98 per cento. Riprendiamo a questo proposito un argomento accennato all’inizio, quello della grande mescolanza di razze, culture, religioni che c’era nell’antica Polonia, nella Polonia del Rinascimento, e per essere precisi nella Confederazione polacco-lituana (Unione di Lublino, 1569, un solo parlamento), forse l’unico caso di ingrandimento pacifico di uno stato. Uno stato plurinazionale e pluriconfessionale (i cattolici erano al 60%), con minoranze di ebrei, ortodossi e riformati.
La Polonia, paradisus haereticorum
Nella Polonia del XVI secolo regnava, come moglie di Sigismondo I Jagellone, una regina italiana, Bona Sforza, figlia di Gian Galeazzo e Isabella d’Aragona. Al suo seguito giunsero in Polonia artisti, umanisti, architetti, e persino cuochi italiani (in polacco, per dire verdura, si usa il termine włoszczyzna, che significa lo stesso anche lingua italiana). In Polonia c’erano ortodossi, cristiani armeni, luterani, musulmani, ebrei, calvinisti, antitrinitari. Bona formalmente era cattolica ma il suo medico era un antitrinitario, il precettore del figlio un calvinista.
Il 28 gennaio 1573 la Confederazione di Varsavia assicurò la pace religiosa in Polonia e la libertà di culto, questo mentre in tutta l’Europa scoppiavano persecuzioni e guerre di religione (del 1572 è l’atroce notte di San Bartolomeo, e si sta preparando la devastante guerra dei Trent’anni). Polonia “stato senza roghi” come venne definita, “paradisus haereticorum”. Vi affluirono molti perseguitati stranieri, come per esempio il pensatore religioso radicale italiano Fausto Socini. Vengono realizzate traduzioni della Bibbia, una Bibbia calvinista e una ariana. Tutto iniziò a cambiare dopo l’arrivo dei gesuiti che alla fine del ‘500 cominciarono a prendere il sopravvento, e con loro un irrigidimento controriformista. L’inizio del mito sarmatico.
Non possiamo dimenticare però la costituzione del 3 maggio 1791, la prima in Europa e la seconda nel mondo dopo quella degli Stati Uniti d’America, che incluse nel concetto di nazione tutte le classi della società civile, quindi non solo l’aristocrazia, ma anche la borghesia e i contadini. Questa Costituzione abolì (troppo tardi!) il liberum veto introducendo anche il principio maggioritario. La Polonia, tradita dai magnati e dal suo re, cadde e venne definitivamente smembrata proprio nel momento in cui aveva trovato la strada per il risorgimento e la modernità. Toccò allora a Mickiewicz scrivere, nel 1848 (in italiano e in polacco, e firmato dai primi dodici membri della sua Legione), il Simbolo politico polacco che fra i suoi punti ne ha alcuni di straordinaria modernità: […] In Polonia, libertà di culto e associazione […] Ognuno della nazione, cittadino; ogni cittadino eguale nei diritti e dinnanzi l’autorità […] Alla compagna della vita, la femmina, fratellanza, cittadinanza, eguaglianza del tutto nei diritti […]
Dunque, per concludere: la cultura identitaria si sceglie sempre una identità (fra quelle possibili della propria storia).
Una identità fra quelle possibili
Nella ricerca della sua identità nazionale, la Polonia quale Polonia vuole essere? Questa dovrebbe essere la domanda, e non solo per la Polonia… La Polonia del mito jagellonico o l’Antemurale Christianitatis? La Polonia sarmatica e selvatica, la Polonia del martirologio e degli spettri, o la Polonia coraggiosa e illuminata, che guarda al futuro e non al passato come l’Angelus Novus di Benjamin?
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diritto di recesso. Il rimborso avverrà entro 14 giorni dalla ricezione della comunicazione di recesso sullo
stesso
mezzo di pagamento utilizzato per la transazione iniziale.
4.6 Eventuali eccezioni al diritto di recesso, ove previste da Codice del consumo – decreto legislativo 6
settembre
2005, n. 206, saranno comunicate al consumatore in sede di offerta prima dell'acquisto.
5. Modalità di pagamento
5.1 L'Abbonamento comporta l'obbligo per l'Utente di corrispondere al Fornitore il corrispettivo nella
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specificata nell'offerta in relazione al pacchetto scelto dall'Utente.
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effettuare gli
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dell'acquisto
dell'Abbonamento e dei successivi rinnovi sulla carta di pagamento indicata dallo stesso Utente.
5.5 Il Fornitore non entra in possesso dei dati della carta di pagamento utilizzata dall'Utente. Tali dati
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conservati in modo sicuro dal provider dei servizi di pagamento utilizzato dal Fornitore (Stripe o il
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Qualora per qualsiasi motivo il pagamento non andasse a buon fine, il Fornitore si riserva di sospendere
immediatamente
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Pagamenti all'interno dell'applicazione IOS
5.7 In caso di acquisto dell'Abbonamento mediante l'Applicazione per dispositivi IOS, il pagamento è gestito
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attraverso la piattaforma App Store fornita dal gruppo Apple. Il pagamento del corrispettivo è
automaticamente
addebitato sull'Apple ID account dell'Utente al momento della conferma dell'acquisto. Gli abbonamenti
proposti sono
soggetti al rinnovo automatico e all'addebito periodico del corrispettivo. L'Utente può disattivare
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l'abbonamento si
rinnova per un eguale periodo e all'Utente viene addebitato lo stesso importo sul suo account Apple.
L'Utente può
gestire e disattivare il proprio abbonamento direttamente dal proprio profilo su App Store. Per maggiori
informazioni al
riguardo: https://www.apple.com/it/legal/terms/site.html. Il Fornitore non è responsabile per eventuali
disservizi della
piattaforma App Store.
6. Promozioni
6.1 Il Fornitore può a sua discrezione offrire agli Utenti delle promozioni sotto forma di sconti o periodi
gratuiti di
fruizione del Servizio.
6.2 Salvo che non sia diversamente specificato nella pagina di offerta della promozione, l'adesione a una
promozione
comporta, alla sua scadenza, l'attivazione automatica del Servizio a pagamento con addebito periodico del
corrispettivo
in base al contenuto del pacchetto di volta in volta selezionato dall'Utente.
6.3 L'Utente ha la facoltà di disattivare il Servizio in qualunque momento prima della scadenza del periodo
di prova
attraverso una delle modalità indicate nel precedente articolo 3).
7. Obblighi e garanzie dell'Utente
7.1 L'Utente dichiara e garantisce:
- di essere maggiorenne;
- di sottoscrivere l'Abbonamento per scopi estranei ad attività professionali, imprenditoriali, artigianali
o commerciali
eventualmente svolte;
- che tutti i dati forniti per l'attivazione dell'Abbonamento sono corretti e veritieri;
- che i dati forniti saranno mantenuti aggiornati per l'intera durata dell'Abbonamento.
7.2 L'Utente si impegna al pagamento del corrispettivo in favore del Fornitore nella misura e con le
modalità definite
nei precedenti articoli.
7.3 L'Utente si impegna ad utilizzare l'Abbonamento e i suoi contenuti a titolo esclusivamente personale, in
forma non
collettiva e senza scopo di lucro; l'Utente è inoltre responsabile per qualsiasi uso non autorizzato
dell'Abbonamento e
dei suoi contenuti, ove riconducibile all'account dell'Utente medesimo; per questo motivo l'Utente si
impegna ad
assumere tutte le precauzioni necessarie per mantenere riservato l'accesso all'Abbonamento attraverso il
proprio account
(per esempio, mantenendo riservate le credenziali di accesso ovvero segnalando senza ritardo al Fornitore
che la
riservatezza di tali credenziali risulta compromessa per qualsiasi motivo).
7.4 La violazione degli obblighi stabiliti nel presente articolo conferisce al Fornitore il diritto di
risolvere
immediatamente il contratto ai sensi dell'articolo 1456 del codice civile, fatto salvo il risarcimento dei
danni.
8. Tutela della proprietà intellettuale e industriale
8.1 L'Utente riconosce e accetta che i contenuti dell'Abbonamento, sotto forma di testi, immagini,
fotografie, grafiche,
disegni, contenuti audio e video, animazioni, marchi, loghi e altri segni distintivi, sono coperti da
copyright e dagli
altri diritti di proprietà intellettuale e industriale di volta in volta facenti capo al Fornitore e ai suoi
danti causa
e per questo si impegna a rispettare tali diritti.
8.2 Tutti i diritti sono riservati in capo ai titolari; l'Utente accetta che l'unico diritto acquisito con
il contratto
è quello di fruire dei contenuti dell'Abbonamento con le modalità e i limiti propri del Servizio. Fatte
salve le
operazioni di archiviazione e condivisione consentite dalle apposite funzionalità del Servizio, qualsiasi
attività di
riproduzione, pubblica esecuzione, comunicazione a terzi, messa a disposizione, diffusione, modifica ed
elaborazione dei
contenuti è espressamente vietata.
8.3 La violazione degli obblighi stabiliti nel presente articolo conferisce al Fornitore il diritto di
risolvere
immediatamente il contratto ai sensi dell'articolo 1456 del codice civile, fatto salvo il risarcimento dei
danni.
9. Manleva
9.1 L'Utente si impegna a manlevare e tenere indenne il Fornitore contro qualsiasi costo – inclusi gli
onorari degli
avvocati, spesa o danno addebitato al Fornitore o in cui il Fornitore dovesse comunque incorrere in
conseguenza di usi
impropri del Servizio da parte dell'Utente o per la violazione da parte di quest'ultimo di obblighi
derivanti dalla
legge ovvero dai presenti termini d'uso.
10. Limitazione di responsabilità
10.1 Il Fornitore è impegnato a fornire un Servizio con contenuti professionali e di alta qualità; tuttavia,
il
Fornitore non garantisce all'Utente che i contenuti siano sempre privi di errori o imprecisioni; per tale
motivo,
l'Utente è l'unico responsabile dell'uso dei contenuti e delle informazioni veicolate attraverso di
essi.
10.2 L'Utente riconosce e accetta che, data la natura del Servizio e come da prassi nel settore dei servizi
della
società dell'informazione, il Fornitore potrà effettuare interventi periodici sui propri sistemi per
garantire o
migliorare l'efficienza e la sicurezza del Servizio; tali interventi potrebbero comportare il rallentamento
o
l'interruzione del Servizio. Il Fornitore si impegna a contenere i periodi di interruzione o rallentamento
nel minore
tempo possibile e nelle fasce orarie in cui generalmente vi è minore disagio per gli Utenti. Ove
l'interruzione del
Servizio si protragga per oltre 24 ore, l'Utente avrà diritto a un'estensione dell'Abbonamento per un numero
di giorni
pari a quello dell'interruzione; in tali casi, l'Utente riconosce che l'estensione dell'Abbonamento è
l'unico rimedio in
suo favore, con la conseguente rinunzia a far valere qualsivoglia altra pretesa nei confronti del
Fornitore.
10.3 L'Utente riconosce e accetta che nessuna responsabilità è imputabile al Fornitore:
- per disservizi dell'Abbonamento derivanti da malfunzionamenti di reti elettriche e telefoniche ovvero di
ulteriori
servizi gestiti da terze parti che esulano del tutto dalla sfera di controllo e responsabilità del Fornitore
(per
esempio, disservizi della banca dell'Utente, etc...);
- per la mancata pubblicazione di contenuti editoriali che derivi da cause di forza maggiore.
10.4 In tutti gli altri casi, l'Utente riconosce che la responsabilità del Fornitore in forza del contratto
è limitata
alle sole ipotesi di dolo o colpa grave.
10.5 Ai fini dell'accertamento di eventuali disservizi, l'Utente accetta che faranno fede le risultanze dei
sistemi
informatici del Fornitore.
11. Modifica dei termini d'uso
11.1 L'Abbonamento è disciplinato dai termini d'uso approvati al momento dell'acquisto.
11.2 Durante il periodo di validità del contratto, il Fornitore si riserva di modificare i termini della
fornitura per
giustificati motivi connessi alla necessità di adeguarsi a modifiche normative o obblighi di legge, alle
mutate
condizioni del mercato di riferimento ovvero all'attuazione di piani aziendali con ricadute sull'offerta dei
contenuti.
11.3 I nuovi termini d'uso saranno comunicati all'Utente con un preavviso di almeno 15 giorni rispetto alla
scadenza del
periodo di fatturazione in corso ed entreranno in vigore a partire dall'inizio del periodo di fatturazione
successivo.
Se l'Utente non è d'accordo con i nuovi termini d'uso, può esercitare la disdetta secondo quanto previsto al
precedente
articolo 3.
11.4 Ove la modifica dei termini d'uso sia connessa alla necessità di adeguarsi a un obbligo di legge, i
nuovi termini
d'uso potranno entrare in vigore immediatamente al momento della comunicazione; resta inteso che, solo in
tale ipotesi,
l'Utente potrà recedere dal contratto entro i successivi 30 giorni, con il conseguente diritto ad ottenere
un rimborso
proporzionale al periodo di abbonamento non goduto.
12. Trattamento dei dati personali
12.1 In conformità a quanto previsto dal Regolamento 2016/679 UE e dal Codice della privacy (decreto
legislativo 30
giugno 2003, n. 196), i dati personali degli Utenti saranno trattati per le finalità e in forza delle basi
giuridiche
indicate nella privacy policy messa a disposizione dell'Utente in sede di registrazione e acquisto.
12.2 Accettando i presenti termini di utilizzo, l'Utente conferma di aver preso visione della privacy policy
messa a
disposizione dal Fornitore e di averne conservato copia su supporto durevole.
12.3 Il Fornitore si riserva di modificare in qualsiasi momento la propria privacy policy nel rispetto dei
diritti degli
Utenti, dandone notizia a questi ultimi con mezzi adeguati e proporzionati allo scopo.
13. Servizio clienti
13.1 Per informazioni sul Servizio e per qualsiasi problematica connessa con la fruizione dello stesso,
l'Utente può
contattare il Fornitore attraverso i seguenti recapiti: help@newslist.it
14. Legge applicabile e foro competente
14.1 Il contratto tra il Fornitore e l'Utente è regolato dal diritto italiano.
14.2 Ove l'Utente sia qualificabile come consumatore, per le controversie comunque connesse con la
formazione,
esecuzione, interpretazione e cessazione del contratto, sarà competente il giudice del luogo di residenza o
domicilio
del consumatore, se ubicato in Italia.