26 Ottobre
C'era una volta la classe media
Cosa è successo al cuore della società occidentale? L'impoverimento e lo smarrimento cominciano fin dagli anni Settanta, gli anni Novanta accelerano la spaccatura del ceto medio tra nuove classi popolari e borghesia vincitrice della globalizzazione. Marco Gervasoni fa una straordinaria cavalcata nella storia
di Marco Gervasoni
Nutro poca simpatia per la socio-fisiognomica ma mi pare di avere intravisto, nei volti del Circo Massimo pentastellato, il profilo della classe media nuova. Ho posto l’aggettivo dopo il sostantivo perché qui la sua novità sta nell’essere sopravvissuta a un uragano, tanto che si potrebbe pure definire superstite. L’uragano, neanche c’è bisogno di dirlo, è quello della Grande Recessione cominciata nel 2008 e da noi, caso quasi unico nelle economie europee, preceduta e seguita da un periodo di crescita debolissima e anemica; Italia che dalla fine degli anni Novanta mai ha saputo riprendersi, in concomitanza con l’entrata nell’Euro (solo una coincidenza?).
Non si capisce nulla infatti di quello che sta avvenendo in Europa e negli Usa se non si coglie che la globalizzazione più la Grande Recessione hanno prima dissanguato poi colpito in maniera feroce la classe media, assai più di quelle popolari e di quelle alte. Secondo alcuni studiosi l’avrebbe addirittura cancellata. Economicamente, prima di tutto: perdita di posti di lavoro, diminuzione delle entrate, crollo degli investimenti familiari, deprezzamento delle proprietà. Fin nel centro dell’impero, gli Usa, il paese che aveva creato ed esportato la classe media.
Guardiamo questo grafico su dati forniti dalla Fed, sui cambiamenti nella ricchezza degli americani dal 2007 al 2016. Le più colpite dalla grande Recessione sono state le due classi intermedie per censo (colonna azzurra). Se poi passiamo alla colonna verde vediamo che esse hanno faticato ad approfittare della ripresa, soprattutto quella medio bassa, mentre quella bottom ha addirittura perso ulteriormente ricchezza rispetto al periodo di recessione. La recovery è andata alla grande invece per la classe top, l’unica ad essere accresciuta rispetto al periodo precedente.
Un diluvio, sul piano economico, non v’è dubbio. Ma qui non vogliamo parlare di economia. La ferita o forse la morte della classe media...
di Marco Gervasoni
Nutro poca simpatia per la socio-fisiognomica ma mi pare di avere intravisto, nei volti del Circo Massimo pentastellato, il profilo della classe media nuova. Ho posto l’aggettivo dopo il sostantivo perché qui la sua novità sta nell’essere sopravvissuta a un uragano, tanto che si potrebbe pure definire superstite. L’uragano, neanche c’è bisogno di dirlo, è quello della Grande Recessione cominciata nel 2008 e da noi, caso quasi unico nelle economie europee, preceduta e seguita da un periodo di crescita debolissima e anemica; Italia che dalla fine degli anni Novanta mai ha saputo riprendersi, in concomitanza con l’entrata nell’Euro (solo una coincidenza?).
Non si capisce nulla infatti di quello che sta avvenendo in Europa e negli Usa se non si coglie che la globalizzazione più la Grande Recessione hanno prima dissanguato poi colpito in maniera feroce la classe media, assai più di quelle popolari e di quelle alte. Secondo alcuni studiosi l’avrebbe addirittura cancellata. Economicamente, prima di tutto: perdita di posti di lavoro, diminuzione delle entrate, crollo degli investimenti familiari, deprezzamento delle proprietà. Fin nel centro dell’impero, gli Usa, il paese che aveva creato ed esportato la classe media.
Guardiamo questo grafico su dati forniti dalla Fed, sui cambiamenti nella ricchezza degli americani dal 2007 al 2016. Le più colpite dalla grande Recessione sono state le due classi intermedie per censo (colonna azzurra). Se poi passiamo alla colonna verde vediamo che esse hanno faticato ad approfittare della ripresa, soprattutto quella medio bassa, mentre quella bottom ha addirittura perso ulteriormente ricchezza rispetto al periodo di recessione. La recovery è andata alla grande invece per la classe top, l’unica ad essere accresciuta rispetto al periodo precedente.
Un diluvio, sul piano economico, non v’è dubbio. Ma qui non vogliamo parlare di economia. La ferita o forse la morte della classe media è avvenuta infatti non solo sul piano monetario, che pure conta. È occorsa su quello dei valori di società e di immaginario, della perdita di influenza all’interno della comunità, dello sgretolamento del tessuto sociale che, in Occidente, dalla Seconda guerra mondiale si era costruito proprio attorno alla classe media. Se l’Ottocento fu il secolo della borghesia (anche se solo relativamente, e limitatamente al periodo 1870-1914) di certo gli anni che vanno dal Dopoguerra fino alla crisi del 2008 dovrebbero essere chiamati quelli della classe media, tanto la sua visione del mondo ne ha definito l’universo.
La ferita o forse la morte della classe media è avvenuta infatti non solo sul piano monetario, che pure conta. È occorsa su quello dei valori di società e di immaginario, della perdita di influenza all’interno della comunità, dello sgretolamento del tessuto sociale
Borghesia, classe media, ceto medio. Storici, politologi e sociologi si sono impegnati nelle fatiche di Sisifo per distinguere questi diversi concetti, che secondo alcuni prendono significati diversi tra loro. Molto dipende da cosa si intenda per classe sociale e quali siano i parametri per definirla. Noi qui seguiremo l’impostazione della grande sociologia storica austro-tedesca della Belle Epoque, per intenderci: Max Weber, Georg Simmel, Werner Sombart. Pur con tutte le differenze che li dividevano, tutti tendevano a definire la classe sociale sulla base della condivisione di un ethos, di un sistema di valori, di uno stare nel mondo. Ben noto e discusso è il paradigma weberiano dell’etica protestante, mentre per Simmel (Il Denaro, 1900) il borghese è colui che assorbe nella sua psicologia la trasformazione del denaro da mezzo a fine (e aveva in mente il nascente capitale finanziario). Quanto a Sombart, (Il borghese, 1913) egli indica le quattro qualità che definiscono l’identità borghese: «l’avvallamento della quantità», «la rapidità» , «il nuovo», «il prurito della potenza».
Questa borghesia studiata dalla grande sociologia austro-tedesca finisce per infrangersi contro la Grande Guerra, colpevole, secondo un altro più giovane austriaco, Joseph Schumpeter ne La sociologia dell'imperialismo (1919) di essere stata troppo attratta dall’attività finanziaria. La letteratura tedesca ne coglie a fondo i sintomi di dissoluzione, Thomas Mann in particolare, dai Buddenbrook (1901) alla Montagna incantata (1924), il Mann per noi più lucido, rispetto a quello posteriore «democratico», il Mann conservatore delle Considerazioni di un impolitico (1918), per il quale la fine della borghesia costituisce l’avvento della democrazia alla francese, quella del numero, che trasforma il politico in «un urlatore dei diritti dell’uomo, in un ciarlatano della libertà».
Siamo un passo dalla formazione di quella società di massa di cui parla Ortega y Gasset negli Anni Trenta. E infatti il periodo tra le due guerre è caratterizzato da un conflitto trasversale tra le tre classi della rivoluzione industriale: la borghesia, le classi medie, il proletariato. La narrazione democratica vuole ancora oggi che si trattasse di una partita borghesia vs. proletariato, con la classe media schierata con la prima. Ma è una visione parziale e distorta; non si comprende nulla di quel periodo se non ci coglie che, attorno al conflitto capitale-lavoro, esteso su dimensioni inimmaginabili prima della guerra, si sovrappose uno scontro tra classi medie e proletariato da un lato e classi medie e borghesia dall’altro. Come capirono subito due fondatori del Pci, uno diventato nel frattempo ex e l’altro capo, Angelo Tasca (La nascita del fascismo, 1938) e Palmiro Togliatti (Corso sugli avversari. Lezioni sul fascismo, 1935) il fascismo era in realtà il regime delle classi medie fattesi masse, non certo quello del «grande capitale» come invece voleva la propaganda comunista. Da qui, e ciò vale anche il nazional-socialismo, l’essere il fascismo né di destra né di sinistra, socialista e capitalista al tempo stesso, con il capo e la nazione (o, nel caso del nazismo, l’Impero) a fare da mediatori.
Come capirono subito due fondatori del Pci, uno diventato nel frattempo ex e l’altro capo, Angelo Tasca e Palmiro Togliatti il fascismo era in realtà il regime delle classi medie fattesi masse, non certo quello del «grande capitale» come invece voleva la propaganda comunista
Finita la guerra, agli americani divenne chiaro che se non si voleva dare in pasto l’Europa occidentale ai comunisti occorreva tenere queste classi medie all’interno della democrazia, trasformandola secondo il modello americano. Sono infatti gli Usa a inventare la classe media come la conosciamo o come l’abbiamo conosciuta: e la inventano proprio nel momento di maggior devastazione economica, la Grande Depressione. Sono le politiche del New Deal a dare forma a questa nuova classe media, per molti aspetti diversa da quella coeva europea. Ed essa appare, a livello filosofico nel new liberalism di John Dewey, e in quello artistico nei romanzi di Scott Fitzgerald e di Sinclair Lewis, nei film di George Cukor, di Frank Capra e soprattutto in The Crowd (1928) di King Vidor.
Quali sono i valori di questa classe media? Essa eredita in parte i valori e l’ethos della borghesia e in parte quelli delle classi popolari e del proletario. Dalla borghesia prende la ricerca della «novità» e della «rapidità», come avrebbe detto Sombart, mentre dalle classi popolari quella che George Orwell nello stesso periodo chiama «common decency» e lo spirito di socialità, di orizzontalità e di schiettezza. Ne esce uno strano animale, ritratto già nel 1950 dal sociologo David Riesman in La Folla solitaria, che, a partire dalla fine della guerra, riesce ad inglobare, nel suo sistema di valori, in parte le classi elevate, la borghesia, ma soprattutto il proletariato, gli operai d’industria - tanto che Riesman si chiede se esista ancora una «classe dominante».
Dopo la guerra in Usa l’operaio comincia a diventare sempre più indistinguibile dalle classe media. In ragione della debolezza del movimento operaio ? Sì in parte, ma soprattutto perché gli Usa fin dagli anni Venti seppero offrire agli operai:
- il mercato di massa;
- la crescita dei salari;
- la mobilità sociale;
- il senso di indipendenza, se non sul luogo di lavoro, al di fuori (si pensi all’automobile).
Poter consumare, aumentare il proprio reddito, consentire che la condizione dei figli sia migliore di quella dei padri, il senso di indipendenza, questo sono i quattro meccanismi che hanno reso forte ed espansiva la classe media.
Quando tali condizioni appaiono anche in Europa, cioè con il piano Marshall, il Welfare State, la quasi piena occupazione, il gioco è fatto. E già a metà degli anni Cinquanta, nel Regno Unito, che pure cresce meno di Italia e Germania, troviamo una presa d’atto molto chiara da parte dei più avvertiti osservatori sociali. Che, stranamente, sono a sinistra. Nel 1956 il deputato laburista Anthony Crosland in The Future of socialism spiega che il vecchio proletariato di Marx e del primo laburismo non esiste più e sta per essere sostituito da una nuova classe media. Nel 1957 lo storico della letteratura, vicino al Partito comunista britannico, Richard Hoggart dipinge in The Uses of literacy lo svanire della tradizionale e plurisecolare, precedente addirittura la rivoluzione industriale, working class culture e la sua sostituzione con una cultura della classe media di «massa» fondata su «progressivismo» (culto del nuovo), «indifferentsmo» (ai valori), «personalizzazione» (individualismo) e « frammentazione ». L’anno dopo infine il sociologo e teorico laburista Michael Young pubblica The Rise of Meritocracy, coniando anche il termine, in cui descrive il declino delle classi basse e del proletariato, in ragione di meccanismi di promozione individuale che tendono a rompere i legami solidaristici - meritocrazia non è, per il creatore di questa parola, un fenomeno positivo.
Karl Marx.È la classe media a rendere «gloriosi» i trent’anni che dal 1945 vanno al 1975, secondo la definizione di Jean Fourestié, è la classe media a rendere compatta, stabile e coesa le società europee, ed è la stessa classe media, quando questo modello comincia a funzionare meno, a dare fiducia a coloro (Reagan, Thatcher) che ne propongono non la distruzione ma una riforma: Maggie, con il suo capitalismo popolare e la casa di proprietà per tutti, è il leader delle classi medie per eccellenza, mentre il presidente francese Giscard d'Estaing, liberale, si presenta come il rappresentante del nuovo ceto medio, che poi numericamente è costituito da «due francesi su tre», come titola un suo libro del 1984. Era riformabile il modello? Non sappiamo, sta di fatto che nel tentativo di salvare il sistema, Reagan e Thatcher e in Francia il secondo Mitterrand, aprono ai processi di globalizzazione e ai mercati finanziari in un modo che poi non riescono più a controllare. O meglio, Reagan Thatcher Mitterrand ancora vi riescono perché operano durante la Guerra Fredda. Ai loro successori però la situazione sfugge di mano, e per ironia della storia, saranno esponenti di sinistra come Clinton, Blair e Schroeder a premere l’acceleratore del capitale finanziario a livelli a cui non si erano spinti neppure Maggie e Ron. Venuto meno il nemico, non è più infatti necessario che il capitale, nella sua nuova versione iper finanziaria, sia regolato dalla politica. Comincia la stagione del Ceo capitalism, come lo chiama anche qui su List Riccardo Ruggeri. È un capitalismo dotato di un «nuovo spirito», come titola il libro fondamentale di Luc Boltanski e Eve Chiapello (Le nouveau esprit du capitalisme, 1999), che conquista «una libertà di gioco e di mercato a cui non era mai giunto perché, in un mondo in cui tutte le differenze si equivalgono, nulla merita di essere protetto dal mercato e tutto potrà diventare oggetto di commercio». La classe media non finisce con la guerra fredda: ma la fine della guerra fredda comica a intaccarne le fondamenta.
La globalizzazione inizia prima del 1989, già mostra i suoi primi segni negli anni Settanta. Ed è la globalizzazione, secondo Branko Milanovic (Global inequality, 2016) a colpire le «classi medio basse del mondo sviluppato», anche aprendo all’universo della finanza quella classe media che prima ne era rimasta lontana. In due libri recenti Peter Temin (The Vanishing Middle Class, MIT press, 2017) e Devin Fergus (Land of the Fee. Hidden Cost and the Decline of the American Middle Class, Oxford University press 2018) mostrano come l’accesso della classe media al mondo dell'investimento e dei prestiti ne abbia eroso il capitale familiare, intensificando la propensione all’ iper consumo invece che al risparmio, finendo per investire la stesso bene primario della casa e poi dell’istruzione: con la crescita delle spese universitarie per le famiglie americane e la necessità di contrarre prestiti sempre più onerosi e sempre più difficili da rimborsare. Temin e Fergus sono due storici economici molto liberal e il nome del colpevole lo svelano subito: Reagan. Sarebbe stata la politica fiscale (abbassamento di tasse), scolastica (riduzione dei finanziamenti pubblici) e finanziaria (deregulation) del presidente americano a creare le condizioni per la distruzione della classe media americana.
La globalizzazione inizia prima del 1989, già mostra i suoi primi segni negli anni Settanta. Ed è la globalizzazione, secondo Branko Milanovic a colpire le «classi medio basse del mondo sviluppato», anche aprendo all’universo della finanza quella classe media che prima ne era rimasta lontana
Non v’è dubbio che le politiche di deregulation, che in realtà iniziarono con Carter, abbiano contribuito a indebolire un tessuto sociale ed è altrettanto indubbio, come ha scritto David Frum, un intellettuale neo-con, già speech writer di George Bush jr, che «la più grande generazione fu la generazione statalista», e che grazie allo stato regolatore e allo stimolo pubblico si venne a creare una forte classe media. Bisogna chiedersi però se la società non si stesse già sfilacciando in ragione della progressiva insostenibilità delle politiche del big government. In ogni caso, ha poco senso rimproverare ai conservatori di essere stati tali. Semmai, furono i dem o la sinistra che, tornati al potere dopo gli anni reaganiani (o thatcheriani) avrebbe dovuto spostare il peso della bilancia verso un maggior ritorno dello Stato. Non solo evitarono questa strada ma, con Clinton soprattutto, spinsero ancora più avanti i processi di deregulation. Tanto che nelle elezioni del 2000 il programma di passionate conservatism di Georges Bush jr poteva considerarsi più «a sinistra» di quello di Al Gore.
Bill Clinton e George W. Bush.L’entrata della finanza nel mondo della classe media produsse però un altro effetto sul piano dei valori. La finanza è per natura volatile, costruisce un mondo in cui l’astratto diventa concreto e il concreto astratto, i fantasmi diventano reali e il reale diventa fantasmatico. Mentre il sistema di valori della classe media era fondato sulla prevedibilità, sulla certezza dei meccanismi di riproduzione sociale, su un idea di futuro programmabile. Il demone della finanza infrange questa visione del mondo.
Ma solo il demone della finanza? Non sarà che la classe media abbia nutrito nel suo seno il pargolo che l’avrebbe messa in scompiglio? I primi a erodere la classe media, negli anni Sessanta non furono infatti né l'economia, costruita attorno a quel nucleo sociale né la finanza, allora controllata e inglobata: quanto ai tagli alle tasse, Kennedy ne aveva fatto ampio uso facendo crescere produttività e consumi senza generare effetti sgraditi. No, i primi a indebolire la classe media furono i movimenti degli anni Sessanta, poi culminati nel Sessantotto. Al di là dei nemici immaginari (il fascismo, l’America, il complesso militare industriale) la vera nemesi degli studenti di Berkeley, di Parigi, di Milano, era proprio la classe media, cioè la stessa da cui essi provenivano. Già il filosofo Augusto Del Noce (L’epoca della secolarizzazione, 1969) capì che il movimento del Sessantotto, grazie alla «Società opulenta» descritta da John Kennet Galbraith nel 1958 e alla secolarizzazione, avrebbe condotto al suicidio della rivoluzione e alla trasformazione di quelli di sinistra in partiti radicali di massa, interessati esclusivamente ai diritti individuali. Pochi anni dopo l’ex compagno d’armi di Che Guevara in Bolivia e fine intellettuale francese, Regis Debray, definì il Sessantotto una «controrivoluzione riuscita» (titolo di un suo volume uscito nel 1978) arrivata in California, all’esaltazione cioè del capitalismo deregolato e del piacere individualistico, passando per la Cina, travestendosi di marxiana falsa coscienza grazie a tutto l'armamentario retorico rosso. Un anno dopo Debray, lo statunitense Christopher Lasch (La cultura del narcisismo, 1979) mostrò come i movimenti degli anni Sessanta e Settanta avessero introdotto dispositivi di individualismo narcisista in grado di far saltare non solo la classe media ma tutta la società.
I primi a indebolire la classe media furono i movimenti degli anni Sessanta, poi culminati nel Sessantotto. Al di là dei nemici immaginari (il fascismo, l’America, il complesso militare industriale) la vera nemesi degli studenti di Berkeley, di Parigi, di Milano, era proprio la classe media, cioè la stessa da cui essi provenivano
Trasferiamoci ora in Europa. Tutto segue, come sempre da un secolo a questo parte, lo spartito d’oltreoceano, con qualche anno di ritardo e quantitativamente ridimensionato. La deregulation, il dominio della finanza, arrivano negli anni Ottanta in forme attenuate per la minor potenza del capitalismo europeo mentre la classe media trova protezione sotto lo scudo del welfare, assente in quanto tale in Usa. E se il paese che segue più le orme americane da questo punto di vista è il Regno Unito, in Europa occidentale tutto procede in maniera più lenta, quasi impercettibile: ma nella medesima direzione, che alla guida dei governi vi siano socialisti (la Francia con Mitterrand, la Spagna con Gonzalez), democristiani (Germania con Kohl) oppure entrambi (il pentapartito da noi negli anni Ottanta). Più ancora che in Usa però lo smembramento della classe media in Europa si intensifica appena finita la Guerra Fredda. Dopo il crollo dell’Urss non v’è infatti più bisogno di una società stabile e il capitale finanziario (che non è una entità attratta, sono uomini e imprese) necessita di cambiare attori politici, ché quelli pre 1989 appaiono un po’ logori e in fondo non così convinti della bontà della globalizzazione (Kohl, Gonzalez, Craxi, persino Thatcher). Ecco quindi tornare al potere dopo molti anni le sinistre (Blair, Schroeder) o giungervi per la prima volta (Prodi e D'Alema). Sinistre nuove, terza via, che introducono politiche che più di tutti colpiscono le classe media, pur nella convinzione di proteggerla. Aprono poi compiutamente le mura della città alla finanza, e lo fanno a cuore assai più leggero dei Thatcher e dei Reagan perché loro sono «progressisti» (Blair già si definisce tale, e non laburista o di sinistra), europeisti, individualisti: il mondo della globalizzazione è non solo necessario, ma più bello, perché ricco, oltre che di «progresso», di «opportunità» e di «movimento ». Valori della classi medie, ma rivoltatisi contro di loro.
E ora, dopo la fine della classe media europea? Si perché, se alcuni ritengono la diagnosi di morte esagerata, altri pensano che al posto delle classe media si sia definita una nuova polarizzazione sociale, da comprendere in termini spaziali, oltre che sociali. Tra questi il francese Christophe Guilluy con il suo recentissimo No society. La fin de la classe moyenne occidentale (Flammarion). Geografo e sociologo lontano dall’accademia, che si è ben guardata di attrarlo, se volessimo comporre quelle classifiche tanto care alle riviste americane, Guilluy sarebbe certo uno dei venti scienziati sociali da leggere per comprendere la realtà attuale. Con il suo libro La France périphérique: Comment on a sacrifié les classes populaires uscito nel 2014, Guilluy ha spiegato che il nuovo conflitto sociale si svolge tra le classi medio alte e affluenti e le nuove classi popolari periferiche. Definite tali perché espulse dalla città e collocate nelle banlieu o nei piccoli e medi comuni che circondando le città francesi; ma periferiche anche nel senso socio culturale, vittime del modello di globalizzazione (disoccupazione, bassi salari) e spinte ai margini dalle rappresentazioni ideologiche costruite dai mandarini dei media e della università al servizio delle nuove classi dominanti.
Siamo nettamente a sinistra, e persino a sinistra della sinistra, e tuttavia Guilluy proprio a questa, e al suo ceto intellettuale, rimprovera di aver contribuito a produrre una società assai più inegualitaria di quella dei decenni precedenti. Detestato, ricambiato, dalla intellighenzia parigina, Guilluy è stato adottato dalla destra intellettuale conservatrice. Destra o sinistra che sia, La France périphérique non anticipava solo la crescita di Marine Le Pen e poi la vittoria di Macron, ma anche Brexit e Trump: Le Pen, i Leavers e Trump sono i rappresentanti rispettivamente della Francia, del Regno Unito e dell’America periferiche. Mentre Macron è l’incarnazione della élite del centri urbani , del ceto medio affluente, della Francia «d’en haut».
Nel nuovo libro di Guilluy queste tesi sono riprese per dimostrare che la fine nella classe media occidentale ha lasciato dietro di sé la frantumazione della comunità e il conflitto tra due grandi gruppi: da un lato quelle delle «nuove classi popolari» composte dalla vecchia classe media impoverita e privata di senso dalla «stagnazione dei salari, dalla disoccupazione e dalla precarietà degli impieghi ma anche dall’invecchiamento della popolazione». Dall’altro lato troviamo una «nuova borghesia vincitrice della globalizzazione, concentrata nelle metropoli mondializzate, che non si confonde con l’iper classe (l’uno per cento) ma ne sostiene il modello economico e sociale dominante. Che i suoi redditi siano alti o modesti, questa nuova borghesia fa parte integrante del mondo "alto" e partecipa al dominio sociale e culturale del mondo "in basso".
Le nuove classi popolari sono i deplorabili, come li ha definiti, con disprezzo, un esponente della sinistra, Hillary Clinton, a cui le élite impongono politiche migratorie e multiculturaliste, quindi sia la prossimità di immigrati sia i discorsi moraleggianti dei mandarini della classe dominante nel caso i deplorabili decidano di protestare. La stessa appartenenza nazionale, a cui le nuove classi popolari restano aggrappate se non altro come forma di difesa, viene dileggiata dalla nuova borghesia che pensa a tutto il mondo sociale come una entità globale (cioè post nazionale), senza confini, sradicata da un luogo e da un senso di appartenenza.
La fine nella classe media occidentale ha lasciato dietro di sé la frantumazione della comunità e il conflitto tra due grandi gruppi: le «nuove classi popolari» composte dalla vecchia classe media impoverita e la nuova borghesia vincitrice della globalizzazione
E tuttavia, rispetto allo scenario di qualche anno fa, Guilluy è più ottimista: perché vede nei «populisti» tanto demonizzati dalle élite globalista un segnale di reazione politica di questi nuovi ceti popolari. Il loro soft power sono Trump, il Front national e i Cinque Stelle, «creazioni delle classi popolari americane francesi e italiane. L’ondata detta populista è infatti il prodotto della sparizione della classe meda occidentale». E attenzione, scrive Guilluy, che gli elettori di quei movimenti o partiti sono assai meno ideologici di quelli che si riconoscono nei globalisti europeisti, visto che le «classi popolari non si posizionano su nessun asse binario delle classi dirigenti (pro o contro la globalizzazione, pro o contro l’Europa, pro o contro il liberalismo). Non chiedono altro che di essere considerate e protette».
«Considerate e protette». Quando qualcuno verrà prendere sul serio l'impostazione di Guilluy e cercare similitudini e differenze con la società italiana? A prima vista sono assai maggiori le prime che le seconde. Proprio perché nel nostro paese la classe media ha esercitato un peso, un ruolo, una centralità anche politica - come capì già nel 1974 Paolo Sylos Labini con il suo Saggio sulle classi sociali - ben più profondo che nella stessa Francia, Germania o Regno Unito. L’indebolimento o la disintegrazione della classe media e la sua sostituzione con una classe media «nuova » nel senso di impoverita e sfiduciata, è una parte molto importante della rivoluzione del 4 marzo. Che, come tutti i processi rivoluzionari, è al tempo stesso sociale e culturale. Prima i sodali e avversari di questa ondata lo capiranno, meglio sarà per tutti.
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1. Caratteristiche del Servizio
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L'Abbonamento è
disponibile esclusivamente in formato digitale; resta quindi espressamente esclusa dal Servizio la fornitura
dei
contenuti in formato cartaceo.
1.2 Il Servizio è a pagamento e comporta il pagamento di un corrispettivo a carico dell'Utente (con le
modalità previste
nel successivo articolo 5).
1.3 L'Utente può scegliere tra diverse formule a pagamento per la fruizione del Servizio; il costo, la
durata, le
modalità di erogazione e gli specifici contenuti di ciascun pacchetto sono specificati nella pagina di
offerta
pubblicata su https://newslist.it/fe/#!/register ovvero all'interno dell'Applicazione. Il contenuto
dell'offerta deve
intendersi parte integrante dei presenti termini d'uso e del connesso contratto tra il Fornitore e l'Utente.
2. Acquisto dell'abbonamento
2.1 Ai fini dell'acquisto di un Abbonamento è necessario (i) aprire un account List; (ii) selezionare un
pacchetto tra
quelli disponibili; (iii) seguire la procedura di acquisto all'interno del Sito o dell'Applicazione,
confermando la
volontà di acquistare l'Abbonamento mediante l'apposito tasto virtuale. L'Abbonamento si intende acquistato
al momento
della conferma della volontà di acquisto da parte dell'Utente; a tal fine, l'Utente accetta che faranno fede
le
risultanze dei sistemi informatici del Fornitore. La conferma vale come espressa accettazione dei presenti
termini
d'uso.
2.2 L'Utente riceverà per email la conferma dell'attivazione del Servizio, con il riepilogo delle condizioni
essenziali
applicabili e il link ai termini d'uso e alla privacy policy del Fornitore; è onere dell'Utente scaricare e
conservare
su supporto durevole il testo dei termini d'uso e della privacy policy.
2.3 Una volta confermato l'acquisto, l'intero costo dell'Abbonamento, così come specificato nel pacchetto
acquistato,
sarà addebitato anticipatamente sullo strumento di pagamento indicato dall'Utente.
2.4 Effettuando la richiesta di acquisto dell'Abbonamento, l'Utente acconsente a che quest'ultimo venga
attivato
immediatamente senza aspettare il decorso del periodo di recesso previsto al successivo articolo 4.
2.5 Per effetto dell'acquisto, l'Utente avrà diritto a fruire del Servizio per l'intera durata
dell'abbonamento;
l'Utente, tuttavia, non può sospendere per alcun motivo la fruizione del Servizio durante il periodo di
validità
dell'Abbonamento.
3. DURATA, DISDETTA E RINNOVO DELL'ABBONAMENTO
3.1 L'Abbonamento avrà la durata di volta in volta indicata nel pacchetto scelto dall'Utente (per esempio,
mensile o
annuale).
3.2 L'Abbonamento si rinnoverà ciclicamente e in modo automatico per una durata eguale a quella
originariamente scelta
dall'Utente, sino a quando una delle Parti non comunichi all'altra la disdetta dell'Abbonamento almeno 24
ore prima del
momento della scadenza. In mancanza di disdetta nel termine indicato, l'Abbonamento è automaticamente
rinnovato.
3.3 L'Utente potrà esercitare la disdetta in ogni momento e senza costi attraverso una delle seguenti
modalità:
seguendo la procedura per la gestione dell'Abbonamento all'interno del proprio profilo utente sia sul Sito
che
nell'Applicazione;
inviando una mail al seguente indirizzo: help@newslist.it.
3.4 Gli effetti della disdetta si verificano automaticamente alla scadenza del periodo di abbonamento in
corso; fino a
quel momento, l'Utente ha diritto a continuare a fruire del proprio Abbonamento. La disdetta non dà invece
diritto ad
alcun rimborso per eventuali periodi non goduti per scelta dell'Utente.
3.5 In caso di mancato esercizio della disdetta, il rinnovo avverrà al medesimo costo della transazione
iniziale, salvo
che il Fornitore non comunichi all'Utente la variazione del prezzo dell'Abbonamento con un preavviso di
almeno 30 giorni
rispetto alla data di scadenza. Se, dopo aver ricevuto la comunicazione della variazione del prezzo,
l'Utente non
esercita la disdetta entro 24 ore dalla scadenza, l'Abbonamento si rinnova al nuovo prezzo comunicato dal
Fornitore.
3.6 Il Fornitore addebiterà anticipatamente l'intero prezzo dell'Abbonamento subito dopo ogni rinnovo sullo
stesso
strumento di pagamento in precedenza utilizzato dall'Utente ovvero sul diverso strumento indicato
dall'Utente attraverso
l'area riservata del proprio account personale.
4. Recesso DEL CONSUMATORE
4.1 L'Utente, ove qualificabile come consumatore – per consumatore si intende una persona fisica che agisce
per scopi
estranei all'attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale eventualmente svolta, ha
diritto di
recedere dal contratto, senza costi e senza l'onere di indicarne i motivi, entro 14 giorni dalla data di
attivazione
dell'Abbonamento acquistato.
4.2 L'Utente può comunicare la propria volontà di recedere, inviando al Fornitore una comunicazione
esplicita in questo
senso mediante una delle seguenti modalità:
mediante raccomandata a.r. indirizzata alla sede del Fornitore;
per email al seguente indirizzo help@newslist.it;
4.3 Ai fini dell'esercizio del recesso l'Utente può, a sua scelta, utilizzare questo modulo
4.4 Il termine per l'esercizio del recesso si intende rispettato se la comunicazione relativa all'esercizio
del diritto
di recesso è inviata dall'Utente prima della scadenza del periodo di recesso.
4.5 In caso di valido esercizio del recesso, il Fornitore rimborserà all'Utente il pagamento ricevuto in
relazione
all'Abbonamento cui il recesso si riferisce, al netto di un importo proporzionale a quanto è stato fornito
dal Fornitore
fino al momento in cui il consumatore lo ha informato dell'esercizio del diritto di recesso; per il calcolo
di tale
importo, si terrà conto dei numeri o comunque dei contenuti fruiti e/o fruibili dal consumatore fino
all'esercizio del
diritto di recesso. Il rimborso avverrà entro 14 giorni dalla ricezione della comunicazione di recesso sullo
stesso
mezzo di pagamento utilizzato per la transazione iniziale.
4.6 Eventuali eccezioni al diritto di recesso, ove previste da Codice del consumo – decreto legislativo 6
settembre
2005, n. 206, saranno comunicate al consumatore in sede di offerta prima dell'acquisto.
5. Modalità di pagamento
5.1 L'Abbonamento comporta l'obbligo per l'Utente di corrispondere al Fornitore il corrispettivo nella
misura
specificata nell'offerta in relazione al pacchetto scelto dall'Utente.
5.2 Tutti i prezzi indicati nell'offerta si intendono comprensivi di IVA.
5.3 Il pagamento dei corrispettivi può essere effettuato mediante carte di credito o debito abilitate ad
effettuare gli
acquisti online. Le carte accettate sono le seguenti: Visa, Mastercard, American Express.
5.4 L'Utente autorizza il Fornitore ad effettuare l'addebito dei corrispettivi dovuti al momento
dell'acquisto
dell'Abbonamento e dei successivi rinnovi sulla carta di pagamento indicata dallo stesso Utente.
5.5 Il Fornitore non entra in possesso dei dati della carta di pagamento utilizzata dall'Utente. Tali dati
sono
conservati in modo sicuro dal provider dei servizi di pagamento utilizzato dal Fornitore (Stripe o il
diverso provider
che in futuro potrà essere indicato all'Utente). Inoltre, a garanzia dell'Utente, tutte le informazioni
sensibili della
transazione vengono criptate mediante la tecnologia SSL – Secure Sockets Layer.
5.6 È onere dell'Utente: (i) inserire tutti i dati necessari per il corretto funzionamento dello strumento
di pagamento
prescelto; (ii) mantenere aggiornate le informazioni di pagamento in vista dei successivi rinnovi (per
esempio,
aggiornando i dati della propria carta di pagamento scaduta in vista del pagamento dei successivi rinnovi
contrattuali).
Qualora per qualsiasi motivo il pagamento non andasse a buon fine, il Fornitore si riserva di sospendere
immediatamente
l'Abbonamento fino al buon fine dell'operazione di pagamento; trascorsi inutilmente 3 giorni senza che il
pagamento
abbia avuto esito positivo, è facoltà del Fornitore recedere dal contratto con effetti immediati.
Pagamenti all'interno dell'applicazione IOS
5.7 In caso di acquisto dell'Abbonamento mediante l'Applicazione per dispositivi IOS, il pagamento è gestito
interamente
attraverso la piattaforma App Store fornita dal gruppo Apple. Il pagamento del corrispettivo è
automaticamente
addebitato sull'Apple ID account dell'Utente al momento della conferma dell'acquisto. Gli abbonamenti
proposti sono
soggetti al rinnovo automatico e all'addebito periodico del corrispettivo. L'Utente può disattivare
l'abbonamento fino a
24h prima della scadenza del periodo di abbonamento in corso. In caso di mancata disattivazione,
l'abbonamento si
rinnova per un eguale periodo e all'Utente viene addebitato lo stesso importo sul suo account Apple.
L'Utente può
gestire e disattivare il proprio abbonamento direttamente dal proprio profilo su App Store. Per maggiori
informazioni al
riguardo: https://www.apple.com/it/legal/terms/site.html. Il Fornitore non è responsabile per eventuali
disservizi della
piattaforma App Store.
6. Promozioni
6.1 Il Fornitore può a sua discrezione offrire agli Utenti delle promozioni sotto forma di sconti o periodi
gratuiti di
fruizione del Servizio.
6.2 Salvo che non sia diversamente specificato nella pagina di offerta della promozione, l'adesione a una
promozione
comporta, alla sua scadenza, l'attivazione automatica del Servizio a pagamento con addebito periodico del
corrispettivo
in base al contenuto del pacchetto di volta in volta selezionato dall'Utente.
6.3 L'Utente ha la facoltà di disattivare il Servizio in qualunque momento prima della scadenza del periodo
di prova
attraverso una delle modalità indicate nel precedente articolo 3).
7. Obblighi e garanzie dell'Utente
7.1 L'Utente dichiara e garantisce:
- di essere maggiorenne;
- di sottoscrivere l'Abbonamento per scopi estranei ad attività professionali, imprenditoriali, artigianali
o commerciali
eventualmente svolte;
- che tutti i dati forniti per l'attivazione dell'Abbonamento sono corretti e veritieri;
- che i dati forniti saranno mantenuti aggiornati per l'intera durata dell'Abbonamento.
7.2 L'Utente si impegna al pagamento del corrispettivo in favore del Fornitore nella misura e con le
modalità definite
nei precedenti articoli.
7.3 L'Utente si impegna ad utilizzare l'Abbonamento e i suoi contenuti a titolo esclusivamente personale, in
forma non
collettiva e senza scopo di lucro; l'Utente è inoltre responsabile per qualsiasi uso non autorizzato
dell'Abbonamento e
dei suoi contenuti, ove riconducibile all'account dell'Utente medesimo; per questo motivo l'Utente si
impegna ad
assumere tutte le precauzioni necessarie per mantenere riservato l'accesso all'Abbonamento attraverso il
proprio account
(per esempio, mantenendo riservate le credenziali di accesso ovvero segnalando senza ritardo al Fornitore
che la
riservatezza di tali credenziali risulta compromessa per qualsiasi motivo).
7.4 La violazione degli obblighi stabiliti nel presente articolo conferisce al Fornitore il diritto di
risolvere
immediatamente il contratto ai sensi dell'articolo 1456 del codice civile, fatto salvo il risarcimento dei
danni.
8. Tutela della proprietà intellettuale e industriale
8.1 L'Utente riconosce e accetta che i contenuti dell'Abbonamento, sotto forma di testi, immagini,
fotografie, grafiche,
disegni, contenuti audio e video, animazioni, marchi, loghi e altri segni distintivi, sono coperti da
copyright e dagli
altri diritti di proprietà intellettuale e industriale di volta in volta facenti capo al Fornitore e ai suoi
danti causa
e per questo si impegna a rispettare tali diritti.
8.2 Tutti i diritti sono riservati in capo ai titolari; l'Utente accetta che l'unico diritto acquisito con
il contratto
è quello di fruire dei contenuti dell'Abbonamento con le modalità e i limiti propri del Servizio. Fatte
salve le
operazioni di archiviazione e condivisione consentite dalle apposite funzionalità del Servizio, qualsiasi
attività di
riproduzione, pubblica esecuzione, comunicazione a terzi, messa a disposizione, diffusione, modifica ed
elaborazione dei
contenuti è espressamente vietata.
8.3 La violazione degli obblighi stabiliti nel presente articolo conferisce al Fornitore il diritto di
risolvere
immediatamente il contratto ai sensi dell'articolo 1456 del codice civile, fatto salvo il risarcimento dei
danni.
9. Manleva
9.1 L'Utente si impegna a manlevare e tenere indenne il Fornitore contro qualsiasi costo – inclusi gli
onorari degli
avvocati, spesa o danno addebitato al Fornitore o in cui il Fornitore dovesse comunque incorrere in
conseguenza di usi
impropri del Servizio da parte dell'Utente o per la violazione da parte di quest'ultimo di obblighi
derivanti dalla
legge ovvero dai presenti termini d'uso.
10. Limitazione di responsabilità
10.1 Il Fornitore è impegnato a fornire un Servizio con contenuti professionali e di alta qualità; tuttavia,
il
Fornitore non garantisce all'Utente che i contenuti siano sempre privi di errori o imprecisioni; per tale
motivo,
l'Utente è l'unico responsabile dell'uso dei contenuti e delle informazioni veicolate attraverso di
essi.
10.2 L'Utente riconosce e accetta che, data la natura del Servizio e come da prassi nel settore dei servizi
della
società dell'informazione, il Fornitore potrà effettuare interventi periodici sui propri sistemi per
garantire o
migliorare l'efficienza e la sicurezza del Servizio; tali interventi potrebbero comportare il rallentamento
o
l'interruzione del Servizio. Il Fornitore si impegna a contenere i periodi di interruzione o rallentamento
nel minore
tempo possibile e nelle fasce orarie in cui generalmente vi è minore disagio per gli Utenti. Ove
l'interruzione del
Servizio si protragga per oltre 24 ore, l'Utente avrà diritto a un'estensione dell'Abbonamento per un numero
di giorni
pari a quello dell'interruzione; in tali casi, l'Utente riconosce che l'estensione dell'Abbonamento è
l'unico rimedio in
suo favore, con la conseguente rinunzia a far valere qualsivoglia altra pretesa nei confronti del
Fornitore.
10.3 L'Utente riconosce e accetta che nessuna responsabilità è imputabile al Fornitore:
- per disservizi dell'Abbonamento derivanti da malfunzionamenti di reti elettriche e telefoniche ovvero di
ulteriori
servizi gestiti da terze parti che esulano del tutto dalla sfera di controllo e responsabilità del Fornitore
(per
esempio, disservizi della banca dell'Utente, etc...);
- per la mancata pubblicazione di contenuti editoriali che derivi da cause di forza maggiore.
10.4 In tutti gli altri casi, l'Utente riconosce che la responsabilità del Fornitore in forza del contratto
è limitata
alle sole ipotesi di dolo o colpa grave.
10.5 Ai fini dell'accertamento di eventuali disservizi, l'Utente accetta che faranno fede le risultanze dei
sistemi
informatici del Fornitore.
11. Modifica dei termini d'uso
11.1 L'Abbonamento è disciplinato dai termini d'uso approvati al momento dell'acquisto.
11.2 Durante il periodo di validità del contratto, il Fornitore si riserva di modificare i termini della
fornitura per
giustificati motivi connessi alla necessità di adeguarsi a modifiche normative o obblighi di legge, alle
mutate
condizioni del mercato di riferimento ovvero all'attuazione di piani aziendali con ricadute sull'offerta dei
contenuti.
11.3 I nuovi termini d'uso saranno comunicati all'Utente con un preavviso di almeno 15 giorni rispetto alla
scadenza del
periodo di fatturazione in corso ed entreranno in vigore a partire dall'inizio del periodo di fatturazione
successivo.
Se l'Utente non è d'accordo con i nuovi termini d'uso, può esercitare la disdetta secondo quanto previsto al
precedente
articolo 3.
11.4 Ove la modifica dei termini d'uso sia connessa alla necessità di adeguarsi a un obbligo di legge, i
nuovi termini
d'uso potranno entrare in vigore immediatamente al momento della comunicazione; resta inteso che, solo in
tale ipotesi,
l'Utente potrà recedere dal contratto entro i successivi 30 giorni, con il conseguente diritto ad ottenere
un rimborso
proporzionale al periodo di abbonamento non goduto.
12. Trattamento dei dati personali
12.1 In conformità a quanto previsto dal Regolamento 2016/679 UE e dal Codice della privacy (decreto
legislativo 30
giugno 2003, n. 196), i dati personali degli Utenti saranno trattati per le finalità e in forza delle basi
giuridiche
indicate nella privacy policy messa a disposizione dell'Utente in sede di registrazione e acquisto.
12.2 Accettando i presenti termini di utilizzo, l'Utente conferma di aver preso visione della privacy policy
messa a
disposizione dal Fornitore e di averne conservato copia su supporto durevole.
12.3 Il Fornitore si riserva di modificare in qualsiasi momento la propria privacy policy nel rispetto dei
diritti degli
Utenti, dandone notizia a questi ultimi con mezzi adeguati e proporzionati allo scopo.
13. Servizio clienti
13.1 Per informazioni sul Servizio e per qualsiasi problematica connessa con la fruizione dello stesso,
l'Utente può
contattare il Fornitore attraverso i seguenti recapiti: help@newslist.it
14. Legge applicabile e foro competente
14.1 Il contratto tra il Fornitore e l'Utente è regolato dal diritto italiano.
14.2 Ove l'Utente sia qualificabile come consumatore, per le controversie comunque connesse con la
formazione,
esecuzione, interpretazione e cessazione del contratto, sarà competente il giudice del luogo di residenza o
domicilio
del consumatore, se ubicato in Italia.