11 Dicembre

C'era una volta Macron, c'è sempre la Francia

Il grande abbaglio del mainstream a una dimensione che ha sopravvalutato il Presidente e sottovalutato la storia della nazione francese. Lorenzo Castellani racconta un caso che rimette al centro del dibattito il primato della politica e della storia sull'economicismo senza spirito

di Lorenzo Castellani

La retromarcia di Macron segna il fallimento dell’interpretazione economicista della politica contemporanea. Sin dalla sua elezione gran parte dell’opinione pubblica mainstream ha considerato il Presidente francese come il suo vero rappresentante globale. Macron per circa un anno e mezzo è stato il pezzo pregiato della collezione dell’intellighenzia liberal: educato nelle scuole migliori, alto burocrate, banchiere, poi politico capace di salvare l’Eliseo dall’assedio populista e Presidente dall’afflato europeista, globalista, liberale autoproclamato sia sul piano economico che politico. Dunque tutto il bene veniva ricondotto al nuovo Presidente per le sue  proposte economiche e la sua contrapposizione ai populisti. La posizione di gran parte degli analisti era chiara: il suo programma è il migliore in Europa e poco importa delle variabili politiche nazionali ed internazionali perché tutto andrà bene.

Su questo taccuino avevamo sempre invitato a diffidare delle apparenze poiché chi ha una minima conoscenza della storia francese conosce le tradizioni di quel paese: un forte Stato amministrativo, una rottura ciclica tra Parigi e le province, un nazionalismo sotto traccia sempre pronto a risalire in superficie. Il progetto europeista di Macron non era quello di rendere più forte l’Unione Europea, come complesso d’istituzioni neutrali e condivise, ma di rendere più incisivo il protagonismo ed il ruolo della sua Francia. La cancelleria tedesca, ed i suoi alleati nord europei, non hanno ceduto all’offerta dell’Eliseo, i progetti di riforma della governance sono stati presto accantonati così come quello di rafforzare il bilancio europeo.

Eppure mentre falliva Macron continuava a scaldare gli animi dell’establishment sia per la sua arroganza ancien regime che per le sue politiche rigoriste. Per la prima volta in dieci anni la Francia avrebbe smesso di violare la regola del 3 per cento nel rapporto tra deficit e Pil. L’interpretazione benevola fornita dagli analisti politici sulla Francia macroniana era tutta sbilanciata...


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