30 Dicembre
Gli smemorati dei maxiemendamenti
Fiducia e maxiemendamenti sulla manovra sono stati deplorati, tollerati e praticati da tutte le maggioranze degli ultimi vent'anni. Oggi improvvisamente si grida all'allarme democratico. Breve ripasso delle puntate precedenti e dell'attuale scenario politico
La fiducia è passata (non notizia), il Parlamento è morto (bugia), la Costituzione è stata violata (sempre) e mentre i blindati sono in strada e in un messaggio a reti unificate Salvini e Di Maio annunciano il colpo di stato, deputati e senatori vanno a festeggiare il Capodanno.
L'Italia è immersa in questa scena surreale e l'approvazione della legge di bilancio è il chiodo al quale appendere questo quadro che ora andiamo a (s)comporre.
Il voto di fiducia è uno strumento parlamentare legittimo, regolato dalla Costituzione all'articolo 94. Quando il governo pone la questione di fiducia, usa la nuclear option di fronte ai parlamentari: se votate no, l'esecutivo cade e (spesso, non sempre) si va al voto anticipato. Si tratta di uno degli atti politici più importanti e dunque dovrebbe essere usato raramente.
Così non accade perché viviamo tempi in cui è necessario avere una "legislazione motorizzata". Questo significa che l'iniziativa legislativa è passata nel corso del tempo dal Parlamento al governo. Il decreto legge e la fiducia sono diventati lo strumento per governare con rapidità e efficacia (più o meno). Ciò che dovrebbe essere usato secondo la Costituzione (articolo 77) "in casi straordinari di necessità e di urgenza" è diventato strumento ordinario. E non da oggi.
Questa è la comparazione sull'uso dei voti di fiducia rispetto alle leggi approvate, dati Openpolis:
Il governo Conte ha usato finora tanti voti di fiducia in percentuale alle leggi approvate quanto il governo Gentiloni. Se applicassimo i "ragionamenti" (esageriamo) che sono stati irradiati in queste ore su tv e giornali, la faccenda andrebbe così: se sono golpisti i giallo-verdi, allora lo sono anche i suoi predecessori. La dittatura non c'è, è presente invece una gran confusione e sono presenti legioni di smemorati. Sono gli stessi che fanno ricorso alla Corte Costituzionale richiamando il fatto che...
La fiducia è passata (non notizia), il Parlamento è morto (bugia), la Costituzione è stata violata (sempre) e mentre i blindati sono in strada e in un messaggio a reti unificate Salvini e Di Maio annunciano il colpo di stato, deputati e senatori vanno a festeggiare il Capodanno.
L'Italia è immersa in questa scena surreale e l'approvazione della legge di bilancio è il chiodo al quale appendere questo quadro che ora andiamo a (s)comporre.
Il voto di fiducia è uno strumento parlamentare legittimo, regolato dalla Costituzione all'articolo 94. Quando il governo pone la questione di fiducia, usa la nuclear option di fronte ai parlamentari: se votate no, l'esecutivo cade e (spesso, non sempre) si va al voto anticipato. Si tratta di uno degli atti politici più importanti e dunque dovrebbe essere usato raramente.
Così non accade perché viviamo tempi in cui è necessario avere una "legislazione motorizzata". Questo significa che l'iniziativa legislativa è passata nel corso del tempo dal Parlamento al governo. Il decreto legge e la fiducia sono diventati lo strumento per governare con rapidità e efficacia (più o meno). Ciò che dovrebbe essere usato secondo la Costituzione (articolo 77) "in casi straordinari di necessità e di urgenza" è diventato strumento ordinario. E non da oggi.
Questa è la comparazione sull'uso dei voti di fiducia rispetto alle leggi approvate, dati Openpolis:
Il governo Conte ha usato finora tanti voti di fiducia in percentuale alle leggi approvate quanto il governo Gentiloni. Se applicassimo i "ragionamenti" (esageriamo) che sono stati irradiati in queste ore su tv e giornali, la faccenda andrebbe così: se sono golpisti i giallo-verdi, allora lo sono anche i suoi predecessori. La dittatura non c'è, è presente invece una gran confusione e sono presenti legioni di smemorati. Sono gli stessi che fanno ricorso alla Corte Costituzionale richiamando il fatto che la procedura di approvazione non è conforme alla Costituzione. Il Pd con questo atto dimostra di essere un partito allo sbando perché dimentica di guardarsi allo specchio e leggere la sua biografia.
Si dice che bisogna rispettare l'articolo 72 della Costituzione, perbacco che scoperta. È vero, Guido Crosetto in aula lo ha ricordato con un buon intervento. Cosa dice? Primo comma: "Ogni disegno di legge, presentato ad una Camera è, secondo le norme del suo regolamento, esaminato da una Commissione e poi dalla Camera stessa, che l'approva articolo per articolo e con votazione finale". Il governo dei golpisti di cartapesta ha scritto una legge di bilancio, poi l'ha cambiata dopo un negoziato con la Commissione Ue, l'ha spedita alle Camere quando scorrevano i titoli di coda del 2018, ha presentato un maxiemendamento e l'ha votata.
Esattamente come in passato è stato cangurato lo spirito e la lettera dell'articolo 72 della Costituzione. Carlo Azeglio Ciampi e Giorgio Napolitano sollevarono la questioni dei maxi-emendamenti. Ciampi in un messaggio del 2004 scrisse che bisognava porre "l'attenzione del Parlamento su un modo di legiferare – invalso da tempo – che non appare coerente con la ratio delle norme costituzionali che disciplinano il procedimento legislativo e, segnatamente, con l'articolo 72 della Costituzione, secondo cui ogni legge deve essere approvata “articolo per articolo e con votazione finale". I governi naturalmente continuarono a presentare maxiemendamenti. Nel 2007 la finanziaria era composta da 1.364 commi, il 30 novembre del 2017 il Senato diede il via libera a un maxiemendamento di 687 commi presentato dal Governo Gentiloni, l'articolo 1 della sua manovra era di 134 pagine!
Tutti golpisti? No, ma tutti responsabili della degenerazione del processo legislativo e tutti nello stesso tempo di fronte alla necessità di governare in un contesto storico accelerato: il potere di emendamento delle Camere (sono organi complessi, non va considerata solo l'aula, ma anche la discussione in commissione) si scontra con la realtà. Pensate a quanto è accaduto con questa legge di bilancio: il governo si trova a giugno con uno scenario economico diverso rispetto a quello di novembre (sorvoliamo sul fatto che i segnali c'erano e qui su List è dall'estate scorsa che scriviamo che la congiuntura economica sarebbe mutata), vara una manovra espansiva, palesemente contraria al rigorismo brussellese (anch'esso fuori contesto storico), i due partiti della maggioranza provano a applicare il loro programma di governo (piaccia o meno, è un fatto), così vanno allo scontro diretto con la Commissione Ue - un potere politico non neutro ma di segno opposto al governo di Roma - si apre un duro negoziato, i mercati spingono su lo spread tra Btp e Bund e diventano un fattore decisivo della dinamica politica, in autunno arrivano dati negativi sulla produzione industriale nella zona euro (la Germania rallenta vistosamente), le previsioni degli analisti confermano il congelamento dell'economia, la Bce annuncia la fine del quantitative easing ma mantiene i tassi bassi, la Cina dà segni di rallentamento, Wall Street innesca una correzione che in un paio di settimane brucia tutti i guadagni record del 2018, la guerra dei dazi comincia a farsi sentire sui settori chiave dell'acciaio, dell'alluminio e dell'automobile, l'asta dei Btp Italia va male nel mercato retail, salgono le tensioni tra Cinque Stelle e Lega sui provvedimenti della legge di bilancio, l'Europa chiude un trattato sulla Brexit con il Regno Unito e scoppia la crisi nel governo di Theresa May, in Francia il Presidente Emmanuel Macron dopo quattro settimane di guerriglia urbana va in tv e fa una strambata sulla politica economica che condurrà allo sforamento del tetto del 3 per cento, alla fine Juncker e Conte trovano un accordo che consente all'Unione europea di non mettere altra legna sul fuoco (una crisi sul debito pubblico italiano) e all'Italia di andare avanti in attesa che le forze di governo - se mai sarà possibile - si rendano conto che la campagna elettorale è finita da un pezzo e nella stanza dei bottoni ci sono loro.
La pratica dei maxiemendamenti è un tema antico, se ne discute sul piano politico e giuridico da moltissimo tempo. Ci sono in archivio, disponibili a tutti coloro che non si bevono l'amaro quotidiano dei presunti competenti, interventi e messaggi di Carlo Azeglio Ciampi e Giorgio Napolitano sul tema, il dibattito tra i costituzionalisti è ampio. Si capisce benissimo che alla luce dell'articolo 72 della Costituzione i maxiemendamenti hanno una base precaria, la loro costituzionalità è debole, ma tutti - nessuno escluso - ne hanno fatto un vasto uso bipartisan. Fino a oggi la cosa era deplorata e regolarmente praticata, ora che al governo sono arrivati i pentastellati e i leghisti, i barbari, la faccenda crea lo scandalo e la vibrante prostesta dei presunti colti che fino a ieri se ne servivano per far passare rapidamente in Parlamento le loro leggi di bilancio. Il doppiopesismo costituzionale, complimenti vivissimi.
I maxiemendamenti sono chiaramente il “surrogato italiano del vote bloqué previsto dalla Costituzione francese” (Vincenzo Lippolis) e sono una pratica di assai dubbia tenuta costituzionale perché queste prassi “se non si vogliono definire illegittime, sono quantomeno in frode ai principi costituzionali ed elusive della più ampia concezione materiale del tessuto costituzionale del 1948" (Lorenzo Cuocolo), ma allora siamo di fronte a un problema serissimo di credibilità del quadro politico degli ultimi 20 anni, visto che dal 2001 la pratica dei maxiemendamenti è diventata una consuetudine. Ieri era tollerata e praticata, oggi diventa un problema di "emergenza democratica". Non c'è arma di distruzione di massa della politica più efficace del ridicolo.
L'opposizione aveva molte buone ragioni per criticare questa manovra e la maggioranza, poteva con ottimi argomenti dire che questo non è il governo del cambiamento, ma di un inadeguato continuismo, ha invece preferito scegliere la scorciatoia del new grillism, una protesta che oscilla tra il ricorso giudiziario e la mascherata parlamentare. Così Forza Italia fa un défilé a Montecitorio in gilet blu (i democratici qualche settimana prima avevano sfilato con una maschera bianca) e il Pd annuncia un ricorso alla Corte Costituzionale senza curarsi troppo di andare a guardare la sua biografia di partito di governo.
D'altronde, tutto si tiene e tutto torna, prima del voto Forza Italia e Pd avevano scritto insieme e approvato una legge elettorale su misura - il genialissimo Rosatellum - che doveva servire a "tagliare le ali" e sigillare l'inciucio tra Renzi e Berlusconi. È andata come sappiamo, gli elettori non sono fessi. Invece di rimboccarsi le maniche e elaborare una nuova proposta politica, costruire con pazienza un'alternativa di governo, andare a scavare tra i propri errori e umilmente disporsi all'ascolto dell'elettore, qualche mese dopo, in chiusura del 2018, assistiamo alla paradossale protesta e all'allarme democratico lanciato da chi aveva approvato la legge elettorale con il voto di fiducia. Tanti auguri.
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l'interruzione del Servizio. Il Fornitore si impegna a contenere i periodi di interruzione o rallentamento
nel minore
tempo possibile e nelle fasce orarie in cui generalmente vi è minore disagio per gli Utenti. Ove
l'interruzione del
Servizio si protragga per oltre 24 ore, l'Utente avrà diritto a un'estensione dell'Abbonamento per un numero
di giorni
pari a quello dell'interruzione; in tali casi, l'Utente riconosce che l'estensione dell'Abbonamento è
l'unico rimedio in
suo favore, con la conseguente rinunzia a far valere qualsivoglia altra pretesa nei confronti del
Fornitore.
10.3 L'Utente riconosce e accetta che nessuna responsabilità è imputabile al Fornitore:
- per disservizi dell'Abbonamento derivanti da malfunzionamenti di reti elettriche e telefoniche ovvero di
ulteriori
servizi gestiti da terze parti che esulano del tutto dalla sfera di controllo e responsabilità del Fornitore
(per
esempio, disservizi della banca dell'Utente, etc...);
- per la mancata pubblicazione di contenuti editoriali che derivi da cause di forza maggiore.
10.4 In tutti gli altri casi, l'Utente riconosce che la responsabilità del Fornitore in forza del contratto
è limitata
alle sole ipotesi di dolo o colpa grave.
10.5 Ai fini dell'accertamento di eventuali disservizi, l'Utente accetta che faranno fede le risultanze dei
sistemi
informatici del Fornitore.
11. Modifica dei termini d'uso
11.1 L'Abbonamento è disciplinato dai termini d'uso approvati al momento dell'acquisto.
11.2 Durante il periodo di validità del contratto, il Fornitore si riserva di modificare i termini della
fornitura per
giustificati motivi connessi alla necessità di adeguarsi a modifiche normative o obblighi di legge, alle
mutate
condizioni del mercato di riferimento ovvero all'attuazione di piani aziendali con ricadute sull'offerta dei
contenuti.
11.3 I nuovi termini d'uso saranno comunicati all'Utente con un preavviso di almeno 15 giorni rispetto alla
scadenza del
periodo di fatturazione in corso ed entreranno in vigore a partire dall'inizio del periodo di fatturazione
successivo.
Se l'Utente non è d'accordo con i nuovi termini d'uso, può esercitare la disdetta secondo quanto previsto al
precedente
articolo 3.
11.4 Ove la modifica dei termini d'uso sia connessa alla necessità di adeguarsi a un obbligo di legge, i
nuovi termini
d'uso potranno entrare in vigore immediatamente al momento della comunicazione; resta inteso che, solo in
tale ipotesi,
l'Utente potrà recedere dal contratto entro i successivi 30 giorni, con il conseguente diritto ad ottenere
un rimborso
proporzionale al periodo di abbonamento non goduto.
12. Trattamento dei dati personali
12.1 In conformità a quanto previsto dal Regolamento 2016/679 UE e dal Codice della privacy (decreto
legislativo 30
giugno 2003, n. 196), i dati personali degli Utenti saranno trattati per le finalità e in forza delle basi
giuridiche
indicate nella privacy policy messa a disposizione dell'Utente in sede di registrazione e acquisto.
12.2 Accettando i presenti termini di utilizzo, l'Utente conferma di aver preso visione della privacy policy
messa a
disposizione dal Fornitore e di averne conservato copia su supporto durevole.
12.3 Il Fornitore si riserva di modificare in qualsiasi momento la propria privacy policy nel rispetto dei
diritti degli
Utenti, dandone notizia a questi ultimi con mezzi adeguati e proporzionati allo scopo.
13. Servizio clienti
13.1 Per informazioni sul Servizio e per qualsiasi problematica connessa con la fruizione dello stesso,
l'Utente può
contattare il Fornitore attraverso i seguenti recapiti: help@newslist.it
14. Legge applicabile e foro competente
14.1 Il contratto tra il Fornitore e l'Utente è regolato dal diritto italiano.
14.2 Ove l'Utente sia qualificabile come consumatore, per le controversie comunque connesse con la
formazione,
esecuzione, interpretazione e cessazione del contratto, sarà competente il giudice del luogo di residenza o
domicilio
del consumatore, se ubicato in Italia.