23 Febbraio
Storie di fantasmi (e spettri politici)
Biblioteca della Cittadella. Case piene di fantasmi, ghost town, ideologie traboccanti di spiriti inquieti (e letali). Marco Gervasoni parte dalle creature dell'aldilà per svelare i mostri terreni
di Marco Gervasoni
Sono tra noi ma non sono come noi. Stiamo parlando degli spettri, o fantasmi, o apparizioni, o spiriti, come dir si voglia. La presenza della creatura dell’aldilà (o del mondo di mezzo, di chi ancora non vi è giunto e la cui anima continua a vagare) accompagna la storia dell’umanità fin dalle sue origini. È tuttavia con la modernità, dalla fine del Settecento, che nella cultura occidentale gli spettri prendono a essere onnipresenti nell’immaginario: nei sogni, nei romanzi, nelle poesie, nei dipinti, in musica e nell’opera. E non solo in quello: cominciano le sedute spiritiche e con i nuovi exploit della tecnica si mettono a punto strumenti per vedere le presenze e addirittura misurarle. Ce ne parla la storica della letteratura Simona Cigliana, in questo Due secoli di fantasmi (Ed. Mediterranee, 313 pagine, 23 euro) miniera ricchissima per capire come la nostra modernità sia ossessionata dagli spettri: fa sorridere pensare che un positivista duro come Cesare Lombroso non solo fosse un accanito frequentatore di sedute spiritiche ma che avesse scritto lunghi saggi per ragionare sulla misurabilità dei fantasmi.
Con la modernità trionfa al tempo stesso la razionalità rispetto allo scopo e la credenza negli spiriti: dialettica dell’Illuminismo l’avrebbero chiamata Horkheimer e Adorno. I quali, ben conoscendo Marx, sapevano quanto nelle sue opere le metafore fantasmatiche fossero presenti: e se nel giovane Marx il comunismo che si aggira per l’Europa nel 1848 è uno «spettro», il Marx maturo del Capitale vede nella realtà degli spiriti, dove il fenomeno viene preso per l’essenza, il fantasma per reale e viceversa, uno degli effetti della reificazione indotta dal capitalismo.
La stessa vicenda del socialismo e del comunismo la possiamo studiare come un storia di spettri: fantasmi metaforici, le grandi illusioni, e soprattutto a un certo punto l’ancoraggio a un passato che...
di Marco Gervasoni
Sono tra noi ma non sono come noi. Stiamo parlando degli spettri, o fantasmi, o apparizioni, o spiriti, come dir si voglia. La presenza della creatura dell’aldilà (o del mondo di mezzo, di chi ancora non vi è giunto e la cui anima continua a vagare) accompagna la storia dell’umanità fin dalle sue origini. È tuttavia con la modernità, dalla fine del Settecento, che nella cultura occidentale gli spettri prendono a essere onnipresenti nell’immaginario: nei sogni, nei romanzi, nelle poesie, nei dipinti, in musica e nell’opera. E non solo in quello: cominciano le sedute spiritiche e con i nuovi exploit della tecnica si mettono a punto strumenti per vedere le presenze e addirittura misurarle. Ce ne parla la storica della letteratura Simona Cigliana, in questo Due secoli di fantasmi (Ed. Mediterranee, 313 pagine, 23 euro) miniera ricchissima per capire come la nostra modernità sia ossessionata dagli spettri: fa sorridere pensare che un positivista duro come Cesare Lombroso non solo fosse un accanito frequentatore di sedute spiritiche ma che avesse scritto lunghi saggi per ragionare sulla misurabilità dei fantasmi.
Con la modernità trionfa al tempo stesso la razionalità rispetto allo scopo e la credenza negli spiriti: dialettica dell’Illuminismo l’avrebbero chiamata Horkheimer e Adorno. I quali, ben conoscendo Marx, sapevano quanto nelle sue opere le metafore fantasmatiche fossero presenti: e se nel giovane Marx il comunismo che si aggira per l’Europa nel 1848 è uno «spettro», il Marx maturo del Capitale vede nella realtà degli spiriti, dove il fenomeno viene preso per l’essenza, il fantasma per reale e viceversa, uno degli effetti della reificazione indotta dal capitalismo.
La stessa vicenda del socialismo e del comunismo la possiamo studiare come un storia di spettri: fantasmi metaforici, le grandi illusioni, e soprattutto a un certo punto l’ancoraggio a un passato che non passa; ma fantasmi reali, quelli prodotti dalle politiche di sterminio degli Stalin, dei Mao Tse Tung, dei Pol Pot, in cui spariscono non solo i corpi ma anche le anime, perché gli apparati della repressione cancellano anche il ricordo di chi è perito nel tentativo di costruire «l’uomo nuovo». Sta agli storici, ascoltatori dei morti come voleva il grande francese del XIX secolo Jules Michelet, far riemergere da questo nulla almeno l’ombra degli uomini che furono. E una ricerca di fantasmi è questa di Massimiliano Marzillo, Antifascisti. Maria Ciarravano, Sergio Di Modugno e altre storie (Cosmo Iannone Editore, 15 euro, 150 pagine) alla ricerca di antifascisti italiani che, raminghi durante il fascismo fuori d’Italia, sono spesso spariti nel nulla.
La vicenda più interessante è quello della coppia di coniugi anarchici Ciarravano-Di Modugno, che la politica divide in giro per l’Europa. Di Modugno, fedele alla dottrina e prassi anarchica dell’omicidio politico, uccide nel 1927 il vice console italiano a Parigi. Fugge quindi, ma dove? In Unione sovietica, posto non proprio accogliente per un anarchico, e infatti viene sbattuto in un gulag e dopo qualche anno è una delle centinaia di migliaia di vittime del Grande Terrore: il suo corpo non è mai stato trovato, di lui nulla si sa, se non che il suo dossier fu trattato da Togliatti, che non mosse un dito per evitare la morte del suo compatriota. Gli antichi direbbero che il suo spirito vaga senza pace.
Di Modugno è solo uno dei tanti spettri creati dal comunismo e di chi credeva di scorgere in questo atroce esperimento la redenzione dell’umanità:erano milioni, ma milioni che inseguivano una chimera, che è dopotutto una forma di fantasma. Così come dopo il crollo del Muro di Berlino, della sinistra, e non solo di estrazione comunista, è rimasta un'ombra. E non solo sul piano politico, dove comunque per qualche anno partiti e forze politiche di sinistra hanno continuato a raccogliere consensi, pur proponendo programmi che di sinistra sembravano avere poco. Proprio sul piano intellettuale e teorico, che era sempre stato il suo fiore all’occhiello, la cultura di sinistra negli ultimi decenni si denota per la sua afasia: in grosso, per non avere nulla da dire. Giorgio Cesarale sembra pensarla diversamente nel suo A sinistra. Il pensiero critico dopo il 1989 (Laterza, 216 pagine, 19 euro) dove si parla di Immanuel Wallerstein e di Giovanni Arrighi, di Giorgio Agamben e di Toni Negri, di Alain Badiou e di Slavoj Žižek, di Ernesto Laclau e di Frederic Jameson.
Non pochi italiani, in un panorama che però conferma la forte frammentazione della cultura di sinistra (o meglio di quella che una volta sarebbe stata definita rivoluzionaria, e che negli Usa si chiama radical) dove ogni autore fa storia a sé o quasi. Resta poi da capire in che senso possa essere definita «di sinistra», la filosofa del femminismo queer Judith Butler o la «necropolitica» di Achille Mbembe. Colpisce che buona parte degli autori si sia impegnato in questi anni a distruggere il concetto di sovranità nazionale: salvo poi accorgersi che, così facendo, stavano lavorando per il re di Prussia, ciò per quello che essi definiscono «neo liberismo» e che noi definiremo progressismo globalista. Se qualcuno pensa che possa esistere un nuovo Marx o un nuovo Gramsci, difficilmente lo troverà negli autori citati, buoni molti di loro solo a mandare in solluchero i ragazzini ricchi delle università Ivy League americane o dei college d’élite inglesi.
Fantasma è anche quello dell’antisemitismo. Che sarebbe riapparso, dopo «decenni», scrivono... Peccato che non se ne fosse mai veramente andato e che in realtà è perlomeno dalla profanazione del cimitero di Carpentras, in Francia, nel 1990, che può dirsi presente sulla scena europea. Di fatto bisognerebbe cominciare a parlare di antisemitismi. Quello oggi prevalente, finito da ultimo sulle cronache con l’aggressione a Alain Finkielkraut, è di matrice islamica, laddove quello storico di estrema destra è ormai, per fortuna, minoritario. Dopo aver pagato il fio alla condanna di Trump e dei populismi (altrimenti si è cacciati dai salotti) lo riconosce e anzi vi si sofferma Deborah Lipstadt in Antisemitism here and now (Scribe, 304 pagine, 15 euro), studiosa dell’antisemitismo, però più nota per aver portato alla sbarra il negazionista David Irving, e per poi essere stata interpretata da Rachel Weisz nel film La verità negata.
Nonostante la mia ritrosia per la via giudiziaria alla storiografia, si trattò di un gesto importante e utile. Così come è utile leggere questo libro, una sorta di introduzione all’antisemitismo storico e a quello contemporaneo. La contraddizione politica in cui la liberal Lipstadt incorre è però questa: non sarà che il multiculturalismo e la caccia al fantasma dell’islamofobia, tutti fenomeni che la storica apprezza, finiscono per mettere in ombra proprio i legami tra la sinistra e il nuovo antisemitismo?
Chissà, certo l’accoglienza silenziosa e vieppiù gelida che il libro ha avuto nel mondo liberal statunitense fa capire che la denuncia dell’antisemitismo come frutto (anche) delle conseguenze dell’immigrazione ha toccato un nervo sensibile.
Una meravigliosa ghost town è quella che accompagna la recensione del «Sunday Times» al libro di Derek Bricker e John Ibbitson, Empty Planet. The Shock of Global Population Decline (Robinson, 304 p., 18 euro), di cui molto si è parlato perché smentisce la convinzione che l’Occidente si stia spopolando. È infatti proprio in tutto il mondo, persino orientale, e con l’eccezione dell’Africa, che i tassi demografici stanno secondo gli autori crollando. È evidente tuttavia che la loro preoccupazione principale stia nello svuotamento dell’Occidente.
L'ultimo cruccio dei due autori, due giornalisti, quindi non demografi, è però quello dello snaturamento culturale. Il loro unico timore sta nella produttività, che a fronte di culle vuote finirà per declinare. Tanto è vero che il rimedio da loro proposto è quasi unico: l’immigrazione. Certo, non in modo selvaggio e disordinato all’europea, ma alla canadese, il loro paese. Come sappiamo, dietro la faccina da bambolotto di Justin Trudeau e ai suoi slogan politicamente corretti, c’è una politica dell‘immigrazione organizzata rigidamente per quote e per necessità del mondo del lavoro, che farebbe inorridire le nostre anime belle, se solo si informassero in luogo di salire e scendere sui barconi. Resta il fatto che il multiculturalismo tanto esaltato dai due autori, oltre a rappresentare, come si vede proprio in Canada, una minaccia per l’Occidente, edifica una sorta di società distopica che, neanche in tanto tempo, assomiglierà a quella dei romanzi di William Gibson. Tra un mondo sovrappopolato, iper produttivo ma spiritualmente morto, ne preferiamo uno un po’ meno popolato e produttivo, ma più coeso. Sarà possibile una via di mezzo tra il paesaggio gerontocratico di Italia e Germania e l’utopia negativa canadese (per non parlare dei formicai orientali)? Altrimenti dell’Occidente resterà solo un fantasma.
***
L'immagine che apre questo numero di WeekList è un'opera datata 1781 del pittore inglese John Downman, "The Ghost of Clytemnestra Awakening the Furies". Downman fu un importante ritrattista, con qualche incursione esoterica rispetto alla sua produzione, come questa.
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10.1 Il Fornitore è impegnato a fornire un Servizio con contenuti professionali e di alta qualità; tuttavia,
il
Fornitore non garantisce all'Utente che i contenuti siano sempre privi di errori o imprecisioni; per tale
motivo,
l'Utente è l'unico responsabile dell'uso dei contenuti e delle informazioni veicolate attraverso di
essi.
10.2 L'Utente riconosce e accetta che, data la natura del Servizio e come da prassi nel settore dei servizi
della
società dell'informazione, il Fornitore potrà effettuare interventi periodici sui propri sistemi per
garantire o
migliorare l'efficienza e la sicurezza del Servizio; tali interventi potrebbero comportare il rallentamento
o
l'interruzione del Servizio. Il Fornitore si impegna a contenere i periodi di interruzione o rallentamento
nel minore
tempo possibile e nelle fasce orarie in cui generalmente vi è minore disagio per gli Utenti. Ove
l'interruzione del
Servizio si protragga per oltre 24 ore, l'Utente avrà diritto a un'estensione dell'Abbonamento per un numero
di giorni
pari a quello dell'interruzione; in tali casi, l'Utente riconosce che l'estensione dell'Abbonamento è
l'unico rimedio in
suo favore, con la conseguente rinunzia a far valere qualsivoglia altra pretesa nei confronti del
Fornitore.
10.3 L'Utente riconosce e accetta che nessuna responsabilità è imputabile al Fornitore:
- per disservizi dell'Abbonamento derivanti da malfunzionamenti di reti elettriche e telefoniche ovvero di
ulteriori
servizi gestiti da terze parti che esulano del tutto dalla sfera di controllo e responsabilità del Fornitore
(per
esempio, disservizi della banca dell'Utente, etc...);
- per la mancata pubblicazione di contenuti editoriali che derivi da cause di forza maggiore.
10.4 In tutti gli altri casi, l'Utente riconosce che la responsabilità del Fornitore in forza del contratto
è limitata
alle sole ipotesi di dolo o colpa grave.
10.5 Ai fini dell'accertamento di eventuali disservizi, l'Utente accetta che faranno fede le risultanze dei
sistemi
informatici del Fornitore.
11. Modifica dei termini d'uso
11.1 L'Abbonamento è disciplinato dai termini d'uso approvati al momento dell'acquisto.
11.2 Durante il periodo di validità del contratto, il Fornitore si riserva di modificare i termini della
fornitura per
giustificati motivi connessi alla necessità di adeguarsi a modifiche normative o obblighi di legge, alle
mutate
condizioni del mercato di riferimento ovvero all'attuazione di piani aziendali con ricadute sull'offerta dei
contenuti.
11.3 I nuovi termini d'uso saranno comunicati all'Utente con un preavviso di almeno 15 giorni rispetto alla
scadenza del
periodo di fatturazione in corso ed entreranno in vigore a partire dall'inizio del periodo di fatturazione
successivo.
Se l'Utente non è d'accordo con i nuovi termini d'uso, può esercitare la disdetta secondo quanto previsto al
precedente
articolo 3.
11.4 Ove la modifica dei termini d'uso sia connessa alla necessità di adeguarsi a un obbligo di legge, i
nuovi termini
d'uso potranno entrare in vigore immediatamente al momento della comunicazione; resta inteso che, solo in
tale ipotesi,
l'Utente potrà recedere dal contratto entro i successivi 30 giorni, con il conseguente diritto ad ottenere
un rimborso
proporzionale al periodo di abbonamento non goduto.
12. Trattamento dei dati personali
12.1 In conformità a quanto previsto dal Regolamento 2016/679 UE e dal Codice della privacy (decreto
legislativo 30
giugno 2003, n. 196), i dati personali degli Utenti saranno trattati per le finalità e in forza delle basi
giuridiche
indicate nella privacy policy messa a disposizione dell'Utente in sede di registrazione e acquisto.
12.2 Accettando i presenti termini di utilizzo, l'Utente conferma di aver preso visione della privacy policy
messa a
disposizione dal Fornitore e di averne conservato copia su supporto durevole.
12.3 Il Fornitore si riserva di modificare in qualsiasi momento la propria privacy policy nel rispetto dei
diritti degli
Utenti, dandone notizia a questi ultimi con mezzi adeguati e proporzionati allo scopo.
13. Servizio clienti
13.1 Per informazioni sul Servizio e per qualsiasi problematica connessa con la fruizione dello stesso,
l'Utente può
contattare il Fornitore attraverso i seguenti recapiti: help@newslist.it
14. Legge applicabile e foro competente
14.1 Il contratto tra il Fornitore e l'Utente è regolato dal diritto italiano.
14.2 Ove l'Utente sia qualificabile come consumatore, per le controversie comunque connesse con la
formazione,
esecuzione, interpretazione e cessazione del contratto, sarà competente il giudice del luogo di residenza o
domicilio
del consumatore, se ubicato in Italia.