26 Marzo
Cosa è andato storto in Europa?
Anticipazione di Aspenia. Conversazione con Giulio Tremonti: "Questa Europa è diventata troppo elitaria, troppo totalitaria, troppo finanziaria". "Maastricht non basta per capire quello che è successo, risale al 1992. La creazione del WTO è del 1994. Ciò vuol dire che Maastricht è stato fatto prima della globalizzazione"
"La battaglia d'Europa" è il titolo dell'ultimo numero di Aspenia, la rivista dell'Aspen Institute, diretta da Marta Dassù. Il titolare di List ne consiglia l'acquisto (la trovate in edicola e qui) perché è un'indagine approfondita su cosa non ha funzionato, come si va avanti e cosa si può raddrizzare di questo progetto che ha subito un duro colpo da una crisi che non è solo economica, ma è in realtà soprattutto politica, un problema di architettura e di sostanza.
Il numero di Aspenia è idealmente tripartito con un'idea (la crisi dell'ordine democratico), uno scenario (l'Unione che sarà: gli squilibri interni) e un forum (Il continente debole: le pressioni esterne). I contributi sono tanti e come sempre di grande qualità. List ne anticiperà alcuni. Cominciamo con una conversazione con Giulio Tremonti il cui titolo è il cuore del problema: "Cosa è andato storto in Europa?". Buona lettura.
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Aspenia. Sono disponibili moltissime analisi su dove si trova oggi l’Europa, su quali mali l’affliggono, sui limiti della sua azione comune, sui gravi squilibri che la condizionano; ma è forse altrettanto importante ricostruire le origini dell’Europa, per meglio capire come si sia evoluta e su che basi.
Giulio Tremonti. Comincerei da Shakespeare, La tempesta, atto II: “What is past is prologue”. L’“idea” di Europa è un’idea vecchia di circa due millenni. All’origine è stata un’idea mitica, eroica, poetica. Poi è divenuta un’idea filosofica: da Althusius a Kant, da Saint-Simon a Tocqueville. Comincia a essere un’idea politica con Voltaire, ne Il secolo di Luigi XIV, dove si configura l’Europa come “Une Grande République”. E poi dopo la grande guerra, ma come idea che circola solo tra le élite: da Briand a Churchill, da Rathenau a Pigou, da Renault ad Agnelli a Pirelli. Tutto ha comunque termine nel 1938, con Monaco.
È solo con la seconda guerra mondiale che...
"La battaglia d'Europa" è il titolo dell'ultimo numero di Aspenia, la rivista dell'Aspen Institute, diretta da Marta Dassù. Il titolare di List ne consiglia l'acquisto (la trovate in edicola e qui) perché è un'indagine approfondita su cosa non ha funzionato, come si va avanti e cosa si può raddrizzare di questo progetto che ha subito un duro colpo da una crisi che non è solo economica, ma è in realtà soprattutto politica, un problema di architettura e di sostanza.
Il numero di Aspenia è idealmente tripartito con un'idea (la crisi dell'ordine democratico), uno scenario (l'Unione che sarà: gli squilibri interni) e un forum (Il continente debole: le pressioni esterne). I contributi sono tanti e come sempre di grande qualità. List ne anticiperà alcuni. Cominciamo con una conversazione con Giulio Tremonti il cui titolo è il cuore del problema: "Cosa è andato storto in Europa?". Buona lettura.
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Aspenia. Sono disponibili moltissime analisi su dove si trova oggi l’Europa, su quali mali l’affliggono, sui limiti della sua azione comune, sui gravi squilibri che la condizionano; ma è forse altrettanto importante ricostruire le origini dell’Europa, per meglio capire come si sia evoluta e su che basi.
Giulio Tremonti. Comincerei da Shakespeare, La tempesta, atto II: “What is past is prologue”. L’“idea” di Europa è un’idea vecchia di circa due millenni. All’origine è stata un’idea mitica, eroica, poetica. Poi è divenuta un’idea filosofica: da Althusius a Kant, da Saint-Simon a Tocqueville. Comincia a essere un’idea politica con Voltaire, ne Il secolo di Luigi XIV, dove si configura l’Europa come “Une Grande République”. E poi dopo la grande guerra, ma come idea che circola solo tra le élite: da Briand a Churchill, da Rathenau a Pigou, da Renault ad Agnelli a Pirelli. Tutto ha comunque termine nel 1938, con Monaco.
È solo con la seconda guerra mondiale che quella d’Europa cessa d’essere solo un’idea, per diventare un’entità politica. E questo è stato in tre luoghi diversi: due in Italia, uno in Olanda. In Italia: prima nell’isola di Ventotene e poi a Roma. In Olanda: a Maastricht.
Il Manifesto di Ventotene, scritto nell’inverno del 1941 nel profondo della guerra e nel profondo del mediterraneo, conteneva una di quelle utopie che in inglese si dicono “terrific”. La “dividente” politica, la “linea di demarcazione”, non sarebbe più stata tra “sinistra e destra”, ma tra i difensori degli Stati-nazione e i sognatori di un’Europa unita.
Gli Stati-nazione nel Manifesto erano tutti considerati come origine sistematica di guerre e di dittature e perciò destinati “a giacere fracassati al suolo”. L’Europa, al contrario, era considerata come matrice di pace e di libertà.
Spieghiamo meglio, per i nostri lettori, che tipo d’Europa si prefigurava nel Manifesto. Che tipo di assetto e di federazione europea?
Un tipo d’Europa affatto particolare, dentro uno schema politico mirato alla costituzione di un “solido stato internazionale”, basato sulla “definitiva abolizione della divisione dell’Europa in stati nazionali” (stati, si noti, con la s minuscola). E questo perché, “data la Germania” (!), si pensava che non si potesse mantenere un “equilibrio tra stati europei indipendenti”. Così che, nell’economia politica del Manifesto, i vecchi Stati-nazione europei venivano trattati come “quasi stati”, con funzione limitata, utili solo per “articolare in forma residuale lo sviluppo della vita politica secondo le peculiari caratteristiche dei singoli popoli”. Tutto inoltre in Europa – e anche questo è essenziale, per capire il Manifesto – doveva svilupparsi sotto la dominante di un disegno economico socialista: “la rivoluzione europea dovrà essere socialista”. E dovrà essere portata avanti da un “partito rivoluzionario”, per il quale saranno determinanti la “classe operaia” e i “ceti intellettuali”!
Prima del 25 marzo del 1957 – firma del Trattato di Roma – da Dio fu invocata una benedizione: “per illuminare le menti e guidare le mani di chi andava a firmarlo”. Il Trattato di Roma è un trattato confederale, stipulato tra sei Stati sovrani che trasferivano a Bruxelles, e dunque devolvevano verso l’alto, le competenze legislative e amministrative ritenute necessarie per costruire il Mercato europeo comune (mec). Ma solo queste competenze, non altre. È in questi termini che il Trattato di Roma generò una struttura istituzionale piramidale, una piramide larga in basso e piccola in alto. Un esempio: l’imposizione indiretta fu oggetto di espressa e specifica rinunzia nazionale a favore dell’Europa, perché era necessario armonizzarla proprio per fare il mec, e poi perché si trattava comunque di un tipo di imposizione con bassa “cifra” politica. Diversamente, l’imposizione diretta fu espressamente conservata a livello nazionale, come base storica e simbolica del principio “No taxation without representation”, considerato questo come l’essenza della democrazia.
Lo spirito politico del Trattato, firmato da sei Stati democratici, era infatti assolutamente democratico: popolo ed élite, insieme. Nessuna élite senza popolo, nessun popolo senza élite. I popoli si riconoscevano negli Stati e gli Stati derivavano dai popoli la loro legittimazione democratica. Il mec ha garantito decenni di progresso economico e sociale.
Questo era dunque l’assetto e il percorso definito dai Padri fondatori, durato sostanzialmente per tutta la guerra fredda. Ma poi arriva lo stravolgimento del 1989 a rimescolare le carte in modo radicale.
Il Trattato di Maastricht, 7 febbraio del 1992, è stato firmato 700 giorni dopo la caduta del Muro di Berlino. Settecento giorni nei quali la storia è stata prima compressa e poi esplosa. Il Trattato era fatto da tre parti sostanziali, marcate da tre segni essenziali: valuta, piramide, rivincita. La prima parte, con il primo segno, sono noti. Non lo stesso, si può dire, per le altre due. Cominciamo dalla moneta: l’euro esisteva già, nei laboratori, e per così dire “in vitro”. Fu estratto da questi luoghi come condizione politica per l’unificazione tedesca. Comunque, all’origine dell’euro non c’è mai stata solo un’idea “economica”, ma piuttosto e soprattutto anche una generale idea politica: “federate i loro portafogli e federerete i loro cuori!”. Su questa base, per la prima volta nella storia moderna, e comunque su così vasta scala, si è generata una moneta affatto particolare: una moneta per così dire multinazionale. Una moneta senza governi e governi senza moneta. Con quello che necessariamente ne è derivato e ne deriva, anche nella particolarità e nella complessità della sua governance. Tra l’altro, sulle banconote della maggior parte dei paesi ci sono simboli storici o culturali o politici. Sulla sterlina inglese, c’è la regina; sul dollaro, ci sono i presidenti. Sull’euro, ci sono infrastrutture. In ogni caso oggi l’euro è davvero irreversibile, soprattutto dopo la globalizzazione: non solo perché ispira fiducia, ma anche perché ispira paura. Paura per il rischio della sua scomparsa o di improvvisate alternative. Vediamo poi la piramide. Da Maastricht in poi la piramide di Roma è stata capovolta. Basti notare che oggi Bruxelles ha 26 competenze esclusive, ovvero ha competenza su quasi tutto. Ciò è stato, vedremo, l’effetto di una crescente massiccia aspirazione di poteri operata dall’Europa verso l’alto. Infine, la rivincita. Maastricht ha introdotto il cosiddetto Meccanismo finanziario europeo. Gli Stati nazionali sono obbligati a trasferire una parte dei loro fondi nazionali a Bruxelles. Bruxelles li “restituisce”, ma direttamente alle regioni, scavalcando gli Stati nazionali ... esattamente come previsto nel Manifesto di Ventotene. Un meccanismo che in Italia ha funzionato molto male, ma che in Spagna ha invece funzionato... fin troppo bene. Si veda il caso della Catalogna! E si noti che la Catalogna potrebbe essere solo l’inizio di un processo di decostruzione politica capace di interessare anche altre “regioni” europee.
In ogni caso, fermarsi a Maastricht assolutamente non basta per capire quello che è successo dopo e quello che è oggi. Maastricht risale infatti al 1992; la creazione del Wto (l’Organizzazione mondiale del Commercio) è del 1994. Ciò vuol dire che Maastricht è stato fatto e scritto prima della globalizzazione, ancora nell’età del telefono fisso!
Giulio Tremonti (Foto Ansa)C’è stato quindi un crescente trasferimento di poteri, realizzato però in modo squilibrato o comunque inadeguato. Il punto è che la globalizzazione accentua queste asimmetrie. Come ha risposto l’Europa?
Il Trattato di Maastricht è stato superato tanto da una serie di successivi atti europei (il Patto di Stabilità e di Crescita è del 1997/1999, Lisbona è del 2000/2001, Nizza è del 2007), quanto e soprattutto dalla cascata dei fenomeni che dopo il 1992 sono venuti con la globalizzazione. In Europa – o sull’Europa – si sono in specie manifestati quattro fenomeni, ciascuno con un’altissima “cifra” politica, tutti insieme causa di effetti rivoluzionari, causa di fortissime torsioni e tensioni delle/nelle strutture economiche, sociali e infine politiche europee. Fenomeni tutti questi che non sono stati compresi, nella loro origine e nella loro portata politica, dai “governanti” europei.
Primo: la globalizzazione. Non è l’Europa che è entrata nella globalizzazione, ma la globalizzazione che è entrata in Europa, trovandola incantata e impreparata. L’Europa, con il suo “mercato perfetto”, un tipo di mercato che ci si illudeva potesse essere modello per il mercato globale, è venuta a dover competere, e sul mercato globale, con altri paesi. Questi ultimi hanno spesso un diverso e più forte tipo di governance politica; normalmente hanno anche un più basso livello di regolamentazione: nell’insieme, l’Europa ne è uscita spiazzata. In specie, fu suicida l’idea europea, dogmaticamente mercatista, di rimuovere di colpo e unilateralmente i dazi europei. Ancora, parlando di globalizzazione e di intelligenza politica, va notato che per troppo tempo le migrazioni sono state considerate, a Bruxelles, solo come una “grande opportunità” e non anche come un problema drammatico, come è al giorno d’oggi. Così che nel 2001 (già nel 2001!) l’idea del governo italiano di introdurre una “detax” per l’Africa fu, per quasi unanime decisione, affossata!
Analizziamo meglio questo punto: in che senso la globalizzazione (anche se non solo la globalizzazione) ha modificato la struttura dell’Europa?
Al principio il “mantra” era questo: la globalizzazione richiede una potenza continentale. Gli Stati nazionali sono troppo piccoli. Solo Bruxelles, che rappresenta l’intera struttura continentale europea, può dialogare con gli altri continenti e così difendere i singoli Stati. Il risultato è stato un immenso transfer di potere. Questo ha determinato un drammatico processo di mutazione dell’Europa: l’ha fatta uscire dalla sua originaria dimensione economica, per farla entrare in una diversa e vastissima dimensione politica. Ciò è appunto stato attraverso una massiccia devoluzione di poteri, dagli Stati nazionali a Bruxelles, una cessione pressoché illimitata, e non propriamente democratica, delle competenze non solo amministrative, ma anche legislative. In definitiva, delle competenze politiche che un tempo erano storicamente proprie degli Stati. È così che da “corpus” economico l’Europa è via via divenuta un “corpus” politico, se pure sui generis. È così che l’idea europea è venuta via via identificandosi con l’idea di progettare e realizzare la “perfetta società europea”. In media, ogni anno e per anni, venivano prodotti a Bruxelles dieci chilometri lineari di nuove regole. E certo non tutte regole necessarie per la formazione del mercato unico o per la difesa dell’interesse economico europeo, ma proprio regole universali. E in specie regole invasive e dilaganti nella vita dei cittadini. Ad esempio, relative alla costruzione dei circuiti elettrici delle nostre case o dei sistemi idrici dei nostri sanitari. Mentre gli Stati Uniti hanno standardizzato le ferrovie, e comunque ciò che si muoveva e poteva o doveva muoversi sul mercato, l’Europa ha invece esteso la sua regolamentazione anche al de minimis delle attività locali, fino al ridicolo delle regole: “per il benessere degli animali”! Questo è uno dei motivi – non l’unico, ma certo un motivo importante – per cui le popolazioni hanno reagito e stanno reagendo, contro l’Europa, con il loro voto elettorale, difendendo le loro tradizioni, i loro costumi, la loro libertà.
Almeno un fattore endogeno sembra essere stato altrettanto decisivo nel trasformare l’Unione Europea e i suoi delicati equilibri: l’allargamento a est, con tutte le sue conseguenze.
L’allargamento a est era inevitabile. Ma è stato fatto troppo in fretta. Il numero allargato di paesi membri ha creato complicazioni nel meccanismo politico dell’Unione. Non solo: è stato anche per soddisfare la domanda di democrazia proveniente dai paesi post-comunisti che l’Europa ha accelerato la sua mutazione in corpus politico, prospettandosi come la fabbrica della democrazia postmoderna.
In realtà, le cose rischiano di andare in senso opposto: stiamo assistendo, per le ragioni descritte in questo numero, a un indebolimento delle democrazie occidentali.
Sarei più drastico. Stanno cedendo i vecchi pilastri della democrazia europea, con la crisi generale della politica del Novecento. Per mezzo secolo, e comunque a partire dal dopoguerra, il sistema politico e democratico europeo si è basato su tre pilastri fondamentali.
Primo pilastro: la dimensione limitata e l’origine quasi domestica dei problemi che i governi nazionali dovevano gestire, e per cui appunto erano votati. Problemi di questo tipo i governi nazionali potevano in effetti gestirli, e più o meno bene tutti li hanno comunque gestiti per decenni.
Secondo pilastro: la presenza quasi ovunque di ideologie organizzate in partiti politici permanenti così che, con una sola parola – popolare o socialista, democristiano o laburista – si identificavano “palinsesti” politici, forme di pensiero e di azione, storie, prassi e progetti, persone e impegni, così che l’elettore che votava sapeva a priori per chi e per cosa votava. E i governi dovevano governare di conseguenza.
Terzo pilastro: la spesa pubblica, per decenni finanziata in deficit e su vasta scala, permetteva di acquisire gradi di consenso o di ridurre il dissenso. Questi tre pilastri hanno da tempo cominciato a cedere, ma per troppi anni questo non è stato compreso e per questo le élite europee hanno seguitato come se nulla fosse. La dimensione e l’origine dei problemi, tende ormai a superare le capacità e le forze dei governi nazionali, che vengono così via via spiazzati da flussi crescenti di sfiducia. Si tratta di problemi reali o solo immaginari, ma in politica è lo stesso, problemi che vanno dalla paura per il nuovo che viene da fuori (l’immigrazione) o che viene dal futuro (le macchine “ruba-lavoro” e “ruba-pensiero”), per arrivare all’effettivo ma spesso insoddisfatto bisogno di aiuto, a fronte degli effetti della crisi.
Se è vero che la democrazia è voto dato a un governo perché governi, è proprio per tutte queste ragioni che oggi il voto politico tende a essere sentito dai popoli come inutile o comunque di fatto diventa davvero inutile. Questo genera forme crescenti di astensione e, di riflesso, governi minoritari e perciò deboli. Non solo. Le vecchie totalizzanti ideologie politiche, soprattutto quelle del secolo scorso, sono ormai svanite, anche perché troppo a lungo sono rimaste ferme nella reciproca opposizione, tra bene e male, tra destra e sinistra, come ai tempi della guerra fredda. Infine, la spesa pubblica in deficit non è più un mezzo per prendere consenso e ridurre il dissenso. Piuttosto, dovendo essere ridotta la spesa pubblica proprio a causa degli eccessi di debito accumulati nel mezzo secolo che è passato dalla fine della guerra, oggi la partita dei conti pubblici è diventata un mezzo non per prendere, ma per perdere voti. Per superare tutte queste criticità e difficoltà, non ha senso pensare a scorciatoie, come ad esempio è stato con le proposte di nuove leggi elettorali che, per effetto di una magia “premiale”, fossero capaci di trasformare quella che nel paese è in realtà solo una minoranza reale, comunque in una maggioranza parlamentare. Proposte di questo tipo non servono a niente e proporle equivaleva a non aver capito niente.
In questa condizione di difficoltà, l’Europa è stata colpita dalla peggiore crisi economica dal 1929: inevitabile che vi fossero profondi effetti sociali, politici e strategici.
I trattati internazionali sono normalmente scritti proprio come i contratti matrimoniali: “nella buona e nella cattiva sorte”. Non era così nel caso dei trattati ue. Sulla base di una ideologia pienamente positiva e progressiva, una ideologia tipicamente europea, al principio i trattati ue sono stati infatti stipulati solo sull’ipotesi della “buona sorte”.
Se ne leggete i testi, non vi trovate la parola crisi (se non a proposito delle crisi prodotte da calamità naturali o dallo squilibrio della bilancia commerciale in un singolo Stato). Ma la crisi è infine arrivata ed è arrivata nella forma e nella sostanza di un fenomeno sistemico e perciò drammatico. E non prevista o compresa, come fu evidente fin dall’inizio, ad esempio nella gestione del caso Northernrock da parte del governo britannico. Gestione che l’Europa al principio voleva sanzionare, considerandola in termini di aiuto di Stato vietato per deviazione dal mercato, non comprendendo che ormai era il mercato a deviare da sé stesso! Va ricordato che la filosofia economica ortodossa si schiantò subito dopo, con Lehman Brothers! L’Europa non era stata creata e organizzata per gestire eventi di questo tipo. E certo non per gestire crisi vere o create dal nulla, come quelle della Grecia. Nel caso della Grecia (non è stata la Grecia che è entrata in Europa, ma l’Europa che è entrata in Grecia, inondandola di denaro facile) l’Europa ha violato il suo principio fondamentale di “solidarietà”. Non parlo poi del caso dell’Italia, creato nel 2011. Oggi abbiamo la Brexit. Ricordo le lunghe notti gotiche dell’Eurogruppo, incontri dominati da una visione continentale; seguiti però, la mattina dopo, dall’Ecofin, dove la visione si apriva, con l’arrivo del Regno Unito, con l’arrivo dell’anglosfera. Il parlamento britannico ha votato a suo tempo per l’ingresso in Europa, avvenuto il 1° gennaio 1973. Cosa è successo in questi anni? Oggi l’Europa sembra quasi convinta che la perdita dell’“anglosfera” possa essere superata aprendosi ai Balcani. Ma, guardando alla storia, si vede che i Balcani sono, secondo l’osservazione attribuita a Churchill, un posto dove si produce più storia di quella che si consuma in loco, e perciò la si esporta. E comunque non sono, i Balcani, un posto fortunato per l’Europa.
In realtà, troppi parlano di cosa sta succedendo o succederà nel Regno Unito; pochi considerano che il distacco dell’Europa dall’anglosfera la destina a forme progressive di irrilevanza geopolitica.
Che costruzione europea abbiamo di fronte oggi, dopo questo percorso tortuoso e che in alcuni passaggi è stato compreso soltanto a posteriori?
Questa Europa è divenuta troppo elitaria, troppo totalitaria, troppo finanziaria. L’attuale élite europea oggi è simile ai Borbone, dopo la Rivoluzione francese: “ricordano tutto, ma non capiscono nulla”. In ogni caso Google non perdona chi, oggi per sopravvivere, dice e scrive l’opposto di quello che prima e per decenni diceva o scriveva per vivere. Questa Europa è troppo totalitaria, come è evidente nella produzione infinita e invadente delle regole europee. Questa Europa è troppo finanziaria, come si può vedere dalla cabala degli acronimi finanziari che dovrebbero governare l’euro: ltro, omt, esm, efm, e così via. I leader, a Bruxelles e a Francoforte, dicono: l’Europa ha bisogno di un’unione bancaria più forte. Ma se sali su un autobus o entri in un bar, e proclami che ciò di cui l’Europa ha realmente bisogno è un’unione bancaria più forte, potresti essere spinto fuori. Al contrario, se dici che l’Europa ha bisogno di cose più concrete, ad esempio un esercito unificato, o un migliore sistema di intelligence, o una maggiore sicurezza, allora forse qualcuno ti stringerà la mano o addirittura ti pagherà da bere. La crisi ha cambiato l’assetto del mondo, con enormi effetti sull’Europa. Per usa e Cina è diverso. È per l’Europa che è finito il magico mondo del G7. L’Europa rappresenta circa il 6% della popolazione mondiale, circa il 20% del pil globale, circa il 40% del welfare, finanziato in deficit. Ecco perché deve cambiare struttura. Un serio tentativo di riflessione comune, e proprio in questi termini, fu fatto nel 2009 e proprio nel corso delle lunghe notti dell’Eurogruppo: in alto, abbiamo bisogno di serietà, coerenza e coordinamento nei bilanci pubblici degli Stati membri; in basso, abbiamo bisogno di solidarietà, verso gli Stati in crisi; nel mezzo, abbiamo bisogno di un Fondo europeo (proposto proprio dal governo italiano, già nel 2008) che emetta Eurobond. In specie, per il finanziamento delle infrastrutture e soprattutto per il finanziamento della difesa europea. Ricordo che il ministro tedesco rifiutò il piano, dicendo: “no a un maggior debito pubblico!”. Non aveva capito che gli Eurobond non erano destinati a emettere più debito di quello consentito, ma solo a farlo in modo diverso e per altri fini. Il cancelliere dello Scacchiere capì invece il senso politico degli Eurobond. E, di conseguenza, la sua reazione fu: gli Eurobond sarebbero uno strumento per la costruzione della nazione europea. No grazie! Il ministro tedesco disse no, perché non aveva capito. Il cancelliere dello Scacchiere disse no, perché aveva capito! La sequenza degli eventi drammatici che si sono succeduti negli ultimi due decenni sta mettendo a dura prova le nostre strutture economiche e poi sociali e infine politiche.
Ciò genera oggi una drammatica asimmetria, tra la necessità di una politica in grado di intendere la “cifra” politica dei problemi e di dimostrare un’effettiva capacità di gestirli. Stiamo vedendo emergere in Europa un drammatico deficit di capitale umano e politico. Guardate la foto delle persone che hanno firmato il Trattato di Roma. È in bianco e nero. Sono tutti uomini seri e profondi, la maggior parte di loro aveva combattuto in guerra, per le loro idee, o erano stati in esilio o in prigione o si erano nascosti nelle biblioteche. Guardate invece qualsiasi “foto di famiglia” dei leader dell’Unione Europea di oggi: la differenza, tra le due foto, non è limitata ai colori!
Per guardare avanti con qualche spiraglio di ottimismo, cosa dobbiamo augurarci allora per il continente europeo?
Forse ciò di cui abbiamo bisogno è una benedizione, proprio come quella che fu implorata prima della firma del Trattato di Roma. Se è vero che il passato è il prologo, come è stato tanti anni fa, dopo la guerra, così può essere oggi, dopo la crisi: “In Europa le ferite della guerra, così recente, sono ancora troppo aperte, troppo dolorose perché si possa sperare che le collettività nazionali facciano quello sforzo di cui solo gli individui superiori sono capaci… sforzo che consiste nel dominare i propri sentimenti”. Così Albert Camus, “Sul futuro della civiltà europea”, lezione detta ad Atene, nel 1955.
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2.1 Ai fini dell'acquisto di un Abbonamento è necessario (i) aprire un account List; (ii) selezionare un
pacchetto tra
quelli disponibili; (iii) seguire la procedura di acquisto all'interno del Sito o dell'Applicazione,
confermando la
volontà di acquistare l'Abbonamento mediante l'apposito tasto virtuale. L'Abbonamento si intende acquistato
al momento
della conferma della volontà di acquisto da parte dell'Utente; a tal fine, l'Utente accetta che faranno fede
le
risultanze dei sistemi informatici del Fornitore. La conferma vale come espressa accettazione dei presenti
termini
d'uso.
2.2 L'Utente riceverà per email la conferma dell'attivazione del Servizio, con il riepilogo delle condizioni
essenziali
applicabili e il link ai termini d'uso e alla privacy policy del Fornitore; è onere dell'Utente scaricare e
conservare
su supporto durevole il testo dei termini d'uso e della privacy policy.
2.3 Una volta confermato l'acquisto, l'intero costo dell'Abbonamento, così come specificato nel pacchetto
acquistato,
sarà addebitato anticipatamente sullo strumento di pagamento indicato dall'Utente.
2.4 Effettuando la richiesta di acquisto dell'Abbonamento, l'Utente acconsente a che quest'ultimo venga
attivato
immediatamente senza aspettare il decorso del periodo di recesso previsto al successivo articolo 4.
2.5 Per effetto dell'acquisto, l'Utente avrà diritto a fruire del Servizio per l'intera durata
dell'abbonamento;
l'Utente, tuttavia, non può sospendere per alcun motivo la fruizione del Servizio durante il periodo di
validità
dell'Abbonamento.
3. DURATA, DISDETTA E RINNOVO DELL'ABBONAMENTO
3.1 L'Abbonamento avrà la durata di volta in volta indicata nel pacchetto scelto dall'Utente (per esempio,
mensile o
annuale).
3.2 L'Abbonamento si rinnoverà ciclicamente e in modo automatico per una durata eguale a quella
originariamente scelta
dall'Utente, sino a quando una delle Parti non comunichi all'altra la disdetta dell'Abbonamento almeno 24
ore prima del
momento della scadenza. In mancanza di disdetta nel termine indicato, l'Abbonamento è automaticamente
rinnovato.
3.3 L'Utente potrà esercitare la disdetta in ogni momento e senza costi attraverso una delle seguenti
modalità:
seguendo la procedura per la gestione dell'Abbonamento all'interno del proprio profilo utente sia sul Sito
che
nell'Applicazione;
inviando una mail al seguente indirizzo: help@newslist.it.
3.4 Gli effetti della disdetta si verificano automaticamente alla scadenza del periodo di abbonamento in
corso; fino a
quel momento, l'Utente ha diritto a continuare a fruire del proprio Abbonamento. La disdetta non dà invece
diritto ad
alcun rimborso per eventuali periodi non goduti per scelta dell'Utente.
3.5 In caso di mancato esercizio della disdetta, il rinnovo avverrà al medesimo costo della transazione
iniziale, salvo
che il Fornitore non comunichi all'Utente la variazione del prezzo dell'Abbonamento con un preavviso di
almeno 30 giorni
rispetto alla data di scadenza. Se, dopo aver ricevuto la comunicazione della variazione del prezzo,
l'Utente non
esercita la disdetta entro 24 ore dalla scadenza, l'Abbonamento si rinnova al nuovo prezzo comunicato dal
Fornitore.
3.6 Il Fornitore addebiterà anticipatamente l'intero prezzo dell'Abbonamento subito dopo ogni rinnovo sullo
stesso
strumento di pagamento in precedenza utilizzato dall'Utente ovvero sul diverso strumento indicato
dall'Utente attraverso
l'area riservata del proprio account personale.
4. Recesso DEL CONSUMATORE
4.1 L'Utente, ove qualificabile come consumatore – per consumatore si intende una persona fisica che agisce
per scopi
estranei all'attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale eventualmente svolta, ha
diritto di
recedere dal contratto, senza costi e senza l'onere di indicarne i motivi, entro 14 giorni dalla data di
attivazione
dell'Abbonamento acquistato.
4.2 L'Utente può comunicare la propria volontà di recedere, inviando al Fornitore una comunicazione
esplicita in questo
senso mediante una delle seguenti modalità:
mediante raccomandata a.r. indirizzata alla sede del Fornitore;
per email al seguente indirizzo help@newslist.it;
4.3 Ai fini dell'esercizio del recesso l'Utente può, a sua scelta, utilizzare questo modulo
4.4 Il termine per l'esercizio del recesso si intende rispettato se la comunicazione relativa all'esercizio
del diritto
di recesso è inviata dall'Utente prima della scadenza del periodo di recesso.
4.5 In caso di valido esercizio del recesso, il Fornitore rimborserà all'Utente il pagamento ricevuto in
relazione
all'Abbonamento cui il recesso si riferisce, al netto di un importo proporzionale a quanto è stato fornito
dal Fornitore
fino al momento in cui il consumatore lo ha informato dell'esercizio del diritto di recesso; per il calcolo
di tale
importo, si terrà conto dei numeri o comunque dei contenuti fruiti e/o fruibili dal consumatore fino
all'esercizio del
diritto di recesso. Il rimborso avverrà entro 14 giorni dalla ricezione della comunicazione di recesso sullo
stesso
mezzo di pagamento utilizzato per la transazione iniziale.
4.6 Eventuali eccezioni al diritto di recesso, ove previste da Codice del consumo – decreto legislativo 6
settembre
2005, n. 206, saranno comunicate al consumatore in sede di offerta prima dell'acquisto.
5. Modalità di pagamento
5.1 L'Abbonamento comporta l'obbligo per l'Utente di corrispondere al Fornitore il corrispettivo nella
misura
specificata nell'offerta in relazione al pacchetto scelto dall'Utente.
5.2 Tutti i prezzi indicati nell'offerta si intendono comprensivi di IVA.
5.3 Il pagamento dei corrispettivi può essere effettuato mediante carte di credito o debito abilitate ad
effettuare gli
acquisti online. Le carte accettate sono le seguenti: Visa, Mastercard, American Express.
5.4 L'Utente autorizza il Fornitore ad effettuare l'addebito dei corrispettivi dovuti al momento
dell'acquisto
dell'Abbonamento e dei successivi rinnovi sulla carta di pagamento indicata dallo stesso Utente.
5.5 Il Fornitore non entra in possesso dei dati della carta di pagamento utilizzata dall'Utente. Tali dati
sono
conservati in modo sicuro dal provider dei servizi di pagamento utilizzato dal Fornitore (Stripe o il
diverso provider
che in futuro potrà essere indicato all'Utente). Inoltre, a garanzia dell'Utente, tutte le informazioni
sensibili della
transazione vengono criptate mediante la tecnologia SSL – Secure Sockets Layer.
5.6 È onere dell'Utente: (i) inserire tutti i dati necessari per il corretto funzionamento dello strumento
di pagamento
prescelto; (ii) mantenere aggiornate le informazioni di pagamento in vista dei successivi rinnovi (per
esempio,
aggiornando i dati della propria carta di pagamento scaduta in vista del pagamento dei successivi rinnovi
contrattuali).
Qualora per qualsiasi motivo il pagamento non andasse a buon fine, il Fornitore si riserva di sospendere
immediatamente
l'Abbonamento fino al buon fine dell'operazione di pagamento; trascorsi inutilmente 3 giorni senza che il
pagamento
abbia avuto esito positivo, è facoltà del Fornitore recedere dal contratto con effetti immediati.
Pagamenti all'interno dell'applicazione IOS
5.7 In caso di acquisto dell'Abbonamento mediante l'Applicazione per dispositivi IOS, il pagamento è gestito
interamente
attraverso la piattaforma App Store fornita dal gruppo Apple. Il pagamento del corrispettivo è
automaticamente
addebitato sull'Apple ID account dell'Utente al momento della conferma dell'acquisto. Gli abbonamenti
proposti sono
soggetti al rinnovo automatico e all'addebito periodico del corrispettivo. L'Utente può disattivare
l'abbonamento fino a
24h prima della scadenza del periodo di abbonamento in corso. In caso di mancata disattivazione,
l'abbonamento si
rinnova per un eguale periodo e all'Utente viene addebitato lo stesso importo sul suo account Apple.
L'Utente può
gestire e disattivare il proprio abbonamento direttamente dal proprio profilo su App Store. Per maggiori
informazioni al
riguardo: https://www.apple.com/it/legal/terms/site.html. Il Fornitore non è responsabile per eventuali
disservizi della
piattaforma App Store.
6. Promozioni
6.1 Il Fornitore può a sua discrezione offrire agli Utenti delle promozioni sotto forma di sconti o periodi
gratuiti di
fruizione del Servizio.
6.2 Salvo che non sia diversamente specificato nella pagina di offerta della promozione, l'adesione a una
promozione
comporta, alla sua scadenza, l'attivazione automatica del Servizio a pagamento con addebito periodico del
corrispettivo
in base al contenuto del pacchetto di volta in volta selezionato dall'Utente.
6.3 L'Utente ha la facoltà di disattivare il Servizio in qualunque momento prima della scadenza del periodo
di prova
attraverso una delle modalità indicate nel precedente articolo 3).
7. Obblighi e garanzie dell'Utente
7.1 L'Utente dichiara e garantisce:
- di essere maggiorenne;
- di sottoscrivere l'Abbonamento per scopi estranei ad attività professionali, imprenditoriali, artigianali
o commerciali
eventualmente svolte;
- che tutti i dati forniti per l'attivazione dell'Abbonamento sono corretti e veritieri;
- che i dati forniti saranno mantenuti aggiornati per l'intera durata dell'Abbonamento.
7.2 L'Utente si impegna al pagamento del corrispettivo in favore del Fornitore nella misura e con le
modalità definite
nei precedenti articoli.
7.3 L'Utente si impegna ad utilizzare l'Abbonamento e i suoi contenuti a titolo esclusivamente personale, in
forma non
collettiva e senza scopo di lucro; l'Utente è inoltre responsabile per qualsiasi uso non autorizzato
dell'Abbonamento e
dei suoi contenuti, ove riconducibile all'account dell'Utente medesimo; per questo motivo l'Utente si
impegna ad
assumere tutte le precauzioni necessarie per mantenere riservato l'accesso all'Abbonamento attraverso il
proprio account
(per esempio, mantenendo riservate le credenziali di accesso ovvero segnalando senza ritardo al Fornitore
che la
riservatezza di tali credenziali risulta compromessa per qualsiasi motivo).
7.4 La violazione degli obblighi stabiliti nel presente articolo conferisce al Fornitore il diritto di
risolvere
immediatamente il contratto ai sensi dell'articolo 1456 del codice civile, fatto salvo il risarcimento dei
danni.
8. Tutela della proprietà intellettuale e industriale
8.1 L'Utente riconosce e accetta che i contenuti dell'Abbonamento, sotto forma di testi, immagini,
fotografie, grafiche,
disegni, contenuti audio e video, animazioni, marchi, loghi e altri segni distintivi, sono coperti da
copyright e dagli
altri diritti di proprietà intellettuale e industriale di volta in volta facenti capo al Fornitore e ai suoi
danti causa
e per questo si impegna a rispettare tali diritti.
8.2 Tutti i diritti sono riservati in capo ai titolari; l'Utente accetta che l'unico diritto acquisito con
il contratto
è quello di fruire dei contenuti dell'Abbonamento con le modalità e i limiti propri del Servizio. Fatte
salve le
operazioni di archiviazione e condivisione consentite dalle apposite funzionalità del Servizio, qualsiasi
attività di
riproduzione, pubblica esecuzione, comunicazione a terzi, messa a disposizione, diffusione, modifica ed
elaborazione dei
contenuti è espressamente vietata.
8.3 La violazione degli obblighi stabiliti nel presente articolo conferisce al Fornitore il diritto di
risolvere
immediatamente il contratto ai sensi dell'articolo 1456 del codice civile, fatto salvo il risarcimento dei
danni.
9. Manleva
9.1 L'Utente si impegna a manlevare e tenere indenne il Fornitore contro qualsiasi costo – inclusi gli
onorari degli
avvocati, spesa o danno addebitato al Fornitore o in cui il Fornitore dovesse comunque incorrere in
conseguenza di usi
impropri del Servizio da parte dell'Utente o per la violazione da parte di quest'ultimo di obblighi
derivanti dalla
legge ovvero dai presenti termini d'uso.
10. Limitazione di responsabilità
10.1 Il Fornitore è impegnato a fornire un Servizio con contenuti professionali e di alta qualità; tuttavia,
il
Fornitore non garantisce all'Utente che i contenuti siano sempre privi di errori o imprecisioni; per tale
motivo,
l'Utente è l'unico responsabile dell'uso dei contenuti e delle informazioni veicolate attraverso di
essi.
10.2 L'Utente riconosce e accetta che, data la natura del Servizio e come da prassi nel settore dei servizi
della
società dell'informazione, il Fornitore potrà effettuare interventi periodici sui propri sistemi per
garantire o
migliorare l'efficienza e la sicurezza del Servizio; tali interventi potrebbero comportare il rallentamento
o
l'interruzione del Servizio. Il Fornitore si impegna a contenere i periodi di interruzione o rallentamento
nel minore
tempo possibile e nelle fasce orarie in cui generalmente vi è minore disagio per gli Utenti. Ove
l'interruzione del
Servizio si protragga per oltre 24 ore, l'Utente avrà diritto a un'estensione dell'Abbonamento per un numero
di giorni
pari a quello dell'interruzione; in tali casi, l'Utente riconosce che l'estensione dell'Abbonamento è
l'unico rimedio in
suo favore, con la conseguente rinunzia a far valere qualsivoglia altra pretesa nei confronti del
Fornitore.
10.3 L'Utente riconosce e accetta che nessuna responsabilità è imputabile al Fornitore:
- per disservizi dell'Abbonamento derivanti da malfunzionamenti di reti elettriche e telefoniche ovvero di
ulteriori
servizi gestiti da terze parti che esulano del tutto dalla sfera di controllo e responsabilità del Fornitore
(per
esempio, disservizi della banca dell'Utente, etc...);
- per la mancata pubblicazione di contenuti editoriali che derivi da cause di forza maggiore.
10.4 In tutti gli altri casi, l'Utente riconosce che la responsabilità del Fornitore in forza del contratto
è limitata
alle sole ipotesi di dolo o colpa grave.
10.5 Ai fini dell'accertamento di eventuali disservizi, l'Utente accetta che faranno fede le risultanze dei
sistemi
informatici del Fornitore.
11. Modifica dei termini d'uso
11.1 L'Abbonamento è disciplinato dai termini d'uso approvati al momento dell'acquisto.
11.2 Durante il periodo di validità del contratto, il Fornitore si riserva di modificare i termini della
fornitura per
giustificati motivi connessi alla necessità di adeguarsi a modifiche normative o obblighi di legge, alle
mutate
condizioni del mercato di riferimento ovvero all'attuazione di piani aziendali con ricadute sull'offerta dei
contenuti.
11.3 I nuovi termini d'uso saranno comunicati all'Utente con un preavviso di almeno 15 giorni rispetto alla
scadenza del
periodo di fatturazione in corso ed entreranno in vigore a partire dall'inizio del periodo di fatturazione
successivo.
Se l'Utente non è d'accordo con i nuovi termini d'uso, può esercitare la disdetta secondo quanto previsto al
precedente
articolo 3.
11.4 Ove la modifica dei termini d'uso sia connessa alla necessità di adeguarsi a un obbligo di legge, i
nuovi termini
d'uso potranno entrare in vigore immediatamente al momento della comunicazione; resta inteso che, solo in
tale ipotesi,
l'Utente potrà recedere dal contratto entro i successivi 30 giorni, con il conseguente diritto ad ottenere
un rimborso
proporzionale al periodo di abbonamento non goduto.
12. Trattamento dei dati personali
12.1 In conformità a quanto previsto dal Regolamento 2016/679 UE e dal Codice della privacy (decreto
legislativo 30
giugno 2003, n. 196), i dati personali degli Utenti saranno trattati per le finalità e in forza delle basi
giuridiche
indicate nella privacy policy messa a disposizione dell'Utente in sede di registrazione e acquisto.
12.2 Accettando i presenti termini di utilizzo, l'Utente conferma di aver preso visione della privacy policy
messa a
disposizione dal Fornitore e di averne conservato copia su supporto durevole.
12.3 Il Fornitore si riserva di modificare in qualsiasi momento la propria privacy policy nel rispetto dei
diritti degli
Utenti, dandone notizia a questi ultimi con mezzi adeguati e proporzionati allo scopo.
13. Servizio clienti
13.1 Per informazioni sul Servizio e per qualsiasi problematica connessa con la fruizione dello stesso,
l'Utente può
contattare il Fornitore attraverso i seguenti recapiti: help@newslist.it
14. Legge applicabile e foro competente
14.1 Il contratto tra il Fornitore e l'Utente è regolato dal diritto italiano.
14.2 Ove l'Utente sia qualificabile come consumatore, per le controversie comunque connesse con la
formazione,
esecuzione, interpretazione e cessazione del contratto, sarà competente il giudice del luogo di residenza o
domicilio
del consumatore, se ubicato in Italia.