2 Aprile
Il falso allarme sulle democrazie. La malattia è la dittatura
Anticipazione di Aspenia. Si fa presto a dire che la democrazia è in crisi, soprattutto se non si guardano errori e orrori dei regimi illiberali. Un saggio di Walter Russell Mead rimette al loro posto i pezzi sulla scacchiera del grande gioco della politica
La battaglia di Westminter sulla Brexit è in corso (Theresa May ha chiesto un nuovo rinvio e l'appoggio delle opposizioni) e fa parte di un conflitto più grande, è "La battaglia d'Europa", il titolo dell'ultimo numero di Aspenia, la rivista dell'Aspen Institute, diretta da Marta Dassù. L'ultimo numero in edicola aiuta a cogliere la direzione del nostro tempo, la parabola di una storia che si scompone e ricompone sotto i nostri occhi.
Dopo la pubblicazione della conversazione con Giulio Tremonti dal titolo "Cosa è andato storto in Europa", anticipiamo un altro testo dell'ultimo numero di Aspenia, un saggio di Walter Russell Mead intitolato "Il falso allarme sulle democrazie". È un testo molto importante che riequilibra catastrofismi e disfattismi, rimette al centro del paese la Chiesa della Libertà e del metodo democratico, spazza via gli stereotipi e certe tentazioni che appaiono sull'uomo forte, la cessione di libertà e concessione alla tirannide. Walter Russell Mead è un grande studioso, è distinguished fellow allo Hudson Institute, editorialista al Wall Street Journal e James Clarke Chace Professor di studi umanistici all’università di Bard, nello stato di New York. Siamo felici di anticipare su List questo suo brillante contributo. Buona lettura.
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di Walter Russell Mead
Il Venezuela ha subito un’escalation della sua crisi politica; in Turchia sale la paura per la fuga dei capitali e le prospettive economiche; il sondaggista di fiducia di Vladimir Putin lancia un disperato allarme sulla sua popolarità in picchiata. Intanto, si sente parlare con sorprendente insistenza di “crisi della democrazia”. Si tratta, secondo molti osservatori, di un fatto politico determinante del nostro tempo. Ed è sorprendente il numero di analisti che, di fronte a un Putin costretto a un’impopolare riforma delle pensioni a causa della crisi economica interna, continuano a porre l’accento sulla presunta abilità e forza del Cremlino.
Le difficoltà delle democrazie
...La battaglia di Westminter sulla Brexit è in corso (Theresa May ha chiesto un nuovo rinvio e l'appoggio delle opposizioni) e fa parte di un conflitto più grande, è "La battaglia d'Europa", il titolo dell'ultimo numero di Aspenia, la rivista dell'Aspen Institute, diretta da Marta Dassù. L'ultimo numero in edicola aiuta a cogliere la direzione del nostro tempo, la parabola di una storia che si scompone e ricompone sotto i nostri occhi.
Dopo la pubblicazione della conversazione con Giulio Tremonti dal titolo "Cosa è andato storto in Europa", anticipiamo un altro testo dell'ultimo numero di Aspenia, un saggio di Walter Russell Mead intitolato "Il falso allarme sulle democrazie". È un testo molto importante che riequilibra catastrofismi e disfattismi, rimette al centro del paese la Chiesa della Libertà e del metodo democratico, spazza via gli stereotipi e certe tentazioni che appaiono sull'uomo forte, la cessione di libertà e concessione alla tirannide. Walter Russell Mead è un grande studioso, è distinguished fellow allo Hudson Institute, editorialista al Wall Street Journal e James Clarke Chace Professor di studi umanistici all’università di Bard, nello stato di New York. Siamo felici di anticipare su List questo suo brillante contributo. Buona lettura.
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di Walter Russell Mead
Il Venezuela ha subito un’escalation della sua crisi politica; in Turchia sale la paura per la fuga dei capitali e le prospettive economiche; il sondaggista di fiducia di Vladimir Putin lancia un disperato allarme sulla sua popolarità in picchiata. Intanto, si sente parlare con sorprendente insistenza di “crisi della democrazia”. Si tratta, secondo molti osservatori, di un fatto politico determinante del nostro tempo. Ed è sorprendente il numero di analisti che, di fronte a un Putin costretto a un’impopolare riforma delle pensioni a causa della crisi economica interna, continuano a porre l’accento sulla presunta abilità e forza del Cremlino.
Le difficoltà delle democrazie e i disastri dei regimi autoritari
Certo, diversi segnali indicano che i sistemi politici liberaldemocratici non funzionano bene come dovrebbero. In Gran Bretagna, il partito laburista è in preda all’estremismo e a un antisemitismo dilagante, mentre i conservatori di Theresa May sembrano incapaci di sbloccare l’impasse sulla Brexit. Gli indici di consenso del presidente francese Emmanuel Macron, pur in risalita dal picco negativo, restano bassissimi. Il suo ambizioso programma di riforme è stato nettamente ridimensionato, e le proteste dei “gilet gialli” l’hanno costretto a dolorose concessioni. In Italia, la litigiosa coalizione di governo si avvia inesorabilmente al banco di prova di una recessione economica; Roma avrà anche costretto Bruxelles a concederle una maggiore flessibilità fiscale, ma i mercati paiono indifferenti alle sorti del Belpaese. In Germania, la coalizione al governo tra cristianodemocratici e socialdemocratici sembra incapace di offrire politiche appetibili e sta spingendo gli elettori tra le braccia frementi dell’AfD, dei Verdi e di Die Linke. Dopo i rovesci elettorali subiti in Baviera e in Assia, Angela Merkel ha annunciato che non correrà per un nuovo mandato come leader di partito, né si ricandiderà come cancelliera. Nonostante l’ascesa della sua alleata Annegret Kramp-Karrenbauer alla guida della cdu, l’indebolimento della Merkel rende ancora più debole il progetto europeo.
Anche sulla sponda occidentale dell’Atlantico i sistemi democratici hanno i loro problemi. Il più lungo shutdown della storia degli Stati Uniti (tra dicembre e gennaio) si è concluso senza una soluzione definitiva della questione che agita la politica americana – quella dei migranti e delle frontiere – e la controversa presidenza Trump continua a sfidare i vincoli giuridico costituzionali del sistema. In Brasile, l’indagine denominata “Operazione Autolavaggio” ha rivelato come una gigantesca rete di corruzione abbia inquinato gran parte dell’establishment politico e polverizzato le forze centriste. È stata proprio la corruzione, unita alla debolezza economica, a favorire la vittoria di Jair Bolsonaro, il populista di destra insediato a gennaio, che ha fatto perfino temere ad alcuni analisti un ritorno al regime militare e una nuova stretta sui diritti civili. Più in generale, secondo Freedom House, dal 2006 a oggi 113 paesi sono regrediti sul piano delle libertà civili e dei diritti politici. Nello stesso periodo, solo 62 sono migliorati. Se i sistemi liberali si trovano sotto attacco su più fronti, la stessa sorte è riservata ai princìpi dell’ordine economico liberale nato dalle ceneri della guerra fredda.
La domanda è secca: l’era del libero scambio e dei flussi di capitale senza barriere ha creato la pace e la ricchezza promesse dai loro fautori, oppure l’instabilità, le crisi finanziarie e le crescenti diseguaglianze sono la conseguenza di un eccesso di liberalismo in un mondo che non era ancora pronto a gestirlo? I fallimenti, reali o presunti, delle singole liberaldemocrazie e dell’ordine mondiale liberale (sempre che quest’ultimo esista davvero) continueranno a stimolare analisi e commenti, ma basta volgere lo sguardo alle condizioni degli Stati illiberali e autoritari per rendersi conto che in molti casi i loro problemi sono almeno altrettanto gravi – e spesso assai peggiori. Le disfatte degli Stati autoritari sono di gran lunga più preoccupanti delle emergenze che inquietano le Cassandre dell’Occidente liberale. Nel mondo democratico non c’è crisi paragonabile al tracollo economico del Venezuela o alle condizioni infernali della Siria. Né si direbbe che l’antiliberalismo e l’autoritarismo offrano risposte valide alle comunità in cerca di alternative. La Germania o l’Europa starebbero meglio se l’AfD conquistasse la maggioranza al Bundestag? Un uomo forte darebbe qualche giovamento al Belgio? Lo stesso vale per il mondo in via di sviluppo. Una recrudescenza della corruzione e del malaffare pubblico che hanno segnato la politica sudafricana sotto la presidenza Zuma risolverebbe i problemi sociali o economici di quel paese? Una dittatura ancora più rigida risanerebbe l’Egitto?
Dalla Cina alla Turchia all'Arabia Saudita: i limiti dei sistemi illiberali
La Cina, spesso descritta come l’archetipo del nuovo autoritarismo, sta cadendo su test di governance decisivi. Con il modello economico del paese in stato di crisi conclamata, la censura cinese passa il tempo a rimuovere da internet le immagini di Winnie the Pooh, perché l’“orsetto dal cervello piccolo” somiglierebbe pericolosamente a Xi Jinping. La recente inchiesta sulla piaga dei vaccini contraffatti e inefficaci ha portato a una valanga di multe e numerosi arresti, ma ha anche messo in luce l’incapacità di Pechino di tenere sotto controllo le sue industrie di punta. La crisi di governance in Cina va al di là di una manciata di scandali o dell’ego ipersuscettibile dei suoi più alti dignitari. I leader cinesi sanno che il loro paese risente di un massiccio sovrainvestimento nel settore manifatturiero e delle costruzioni, che il suo mercato immobiliare è una bolla tale da far impallidire persino la febbre dei tulipani olandese, che il debito – sia quello tradizionale, sia quello del cosiddetto “sistema bancario ombra” – è troppo alto e cresce troppo in fretta. Il Partito comunista accentra il potere e reprime il dissenso, però tentenna di fronte al difficile e oneroso compito di indirizzare lo sviluppo economico nazionale su un percorso sostenibile. Le autorità cinesi hanno tentato di affrontare alcune di queste problematiche, ma tendono a tirarsi indietro non appena le riforme cominciano a dar fastidio e i potentati passano al contrattacco. La soluzione di Xi? Impedire ai media nazionali di parlare del rallentamento dell’economia, del debito degli enti locali, del crollo di fiducia dei consumatori, dello spettro della stagflazione o degli effetti della guerra commerciale con gli Stati Uniti. Leader autoritari senza l’autorità di riformare l’economia: non è certo questo il risultato cui ambiva il comunismo cinese.
Xi Jinping e Donald Trump. Sullo sfondo, a sinistra, la First Lady Melania (Foto Ansa)Né la Cina, né le altre grandi dittature propongono un modello valido per affrontare i problemi che incombono sulle società odierne. La democrazia islamista di Erdogan è una farsa; dopo aver suscitato speranze di una pacifica convivenza tra Islam e democrazia, la Turchia a guida akp è sul punto di esplodere. L’incarcerazione di giornalisti e professori universitari può fungere da temporaneo puntello per un regime sempre più inflessibile, ma non ripristinerà la fiducia degli investitori in una leadership nazionale che ha smarrito la strada. In Venezuela, il socialismo bolivariano di Hugo Chávez ha scatenato un’epidemia di fame e violenza. Per trovare lavoro, cibo e beni di prima necessità, milioni di venezuelani sono scappati dai negozi vuoti del loro paese sparpagliandosi in tutta la regione. Nicolás Maduro sembra aver perso il controllo della situazione, mentre il leader di opposizione Juan Guaidó ha ottenuto ampio riconoscimento internazionale come presidente ad interim. Il governo cubano, dal canto suo, non trova una via d’uscita dal cul de sac politico ed economico nel quale è stato trascinato da due generazioni di malgoverno castrista.
L’Arabia Saudita offre un altro esempio di autoritarismo fallimentare. Nonostante siano stati annunciati ambiziosi programmi di riforma e liberalizzazione economica, finora il paese ha visto ben poco di concreto, a parte lo scandalo dell’assassinio del giornalista Jamal Khashoggi e una guerra impantanata in Yemen. Le iniziative di diversificazione, tra cui il tentativo di convertire Riyad in un hub finanziario internazionale, si stanno perdendo per strada. L’offerta pubblica di acquisto (ipo) del gigante petrolifero aramco resta un miraggio, e la trasformazione dell’economia saudita resta altrettanto distante di quanto non fosse il giorno in cui il principe ereditario, Mohammed bin Salman, presentò il suo audace progetto. Il mondo non è alle prese con una crisi della democrazia. Quella che abbiamo di fronte è una profonda crisi di governance, una crisi che colpisce sia gli Stati democratici sia quelli autoritari. Invece di azzardare diagnosi di problematiche eccezionali della società liberale, faremmo meglio a concentrarci sulle ondate di cambiamento che stanno mettendo alla prova istituzioni umane e sistemi politici in ogni angolo del mondo, a prescindere dal colore dei governi o dai livelli di sviluppo. Tanto le società liberali che quelle illiberali sono sotto pressione, per cui è arduo sostenere che sia in atto una crisi specifica del mondo democratico. Molte democrazie versano in difficoltà; lo stesso vale per le società non democratiche. Il xxi secolo è fatto di tante dinamiche, ma la “Primavera degli Autocrati” non è tra queste.
Il mito dei geniali hacker russi e la realtà della rivoluzione digitale
Gli osservatori più preoccupati per la democrazia tendono a focalizzarsi sul ruolo degli Stati autoritari, a partire dalla Russia, nella destabilizzazione di democrazie deboli o comunque in fase di difficoltà. La Russia cerca chiaramente di perseguire i suoi obiettivi con mezzi riprovevoli – e il fatto che sia riuscita a preoccupare così profonda mente le élite occidentali dimostra che i suoi sforzi non sono stati del tutto vani. Tuttavia, Putin non è in grado di annientare la democrazia nel resto del mondo; così come non è in grado di rianimare la stagnante economia di casa propria. Di recente, gli elettori russi hanno preso coscienza dei propri guai economici; persino l’istituto demoscopico del Cremlino ha diffuso sondaggi che danno l’indice di fiducia nel presidente ai minimi dai livelli pre-invasione della Georgia. Una forza infinitamente più potente degli hacker russi è all’opera sulla scena internazionale: il flusso di distruzione creatrice noto come “rivoluzione digitale”. Dall’Alaska all’Azerbaigian, da Pyongyang al Perù, internet rompe le gerarchie sociali e aziendali, l’automazione trasforma la vita economica, e i social media cambiano il modo di produrre e condividere notizie.
Vladimir Putin e il patriarca ortodosso di Mosca e di tutte le Russie, Kirill (Foto Ansa)Democrazie e dittature sono altrettanto impreparate ad affrontare in presa diretta uno degli eventi più importanti e incontrollabili della storia mondiale. Vladimir Putin è un abile statista che – rispetto ai leader di paesi come la Germania e gli Stati Uniti – ha sempre avuto una più nitida comprensione delle dinamiche in atto nel mondo contemporaneo. Proprio perché non è un liberale, e guarda all’ideologia liberale con lucido disincanto, riesce spesso a rilevare le criticità e le contraddizioni del mondo occidentale prima e meglio degli occidentali stessi. Il che gli ha consentito di sfruttare le vulnerabilità di quelle società e di mettere a segno una serie di successi di politica estera che, nel loro insieme, contribuiscono a demoralizzare e confondere il mondo liberale. Non per questo, tuttavia, la Russia è riuscita a superare la sua crisi di sviluppo; a distanza di una generazione dal crollo dell’Unione Sovietica, l’economia russa resta incapace tanto di seguire la via liberale alla prosperità, quanto di tracciare una nuova e proficua rotta propria. La vera questione riguardo al futuro della democrazia non è se le operazioni segrete russe possano sovvertire il mondo democratico, ma se le società democratiche possano sfruttare le energie liberate dalla rivoluzione digitale senza essere travolte dalla loro carica dirompente.
Ignorare l’attivismo di Putin sarebbe un grave errore; lasciarsi ossessionare dalla Russia perdendo di vista la sfida più importante sarebbe ancora peggio. Tutti i segnali lasciano presagire un’accentuazione delle pressioni che gli Stati democratici, come quelli non democratici, già stentano a reggere. Il ritmo di sviluppo tecnologico continua ad accelerare; la spinta dei popoli a migrare dai paesi poveri a quelli ricchi va di pari passo, mentre le tensioni sociali nel mondo avanzato acuiscono l’ostilità verso i migranti. Le élite abituate a ragionare secondo gli schemi di epoche più stabili trovano difficile rispondere in modo creativo a queste nuove sfide. La storia insegna che i paesi anglofoni sono riusciti a superare le tempeste della modernità senza cadere vittime di rivoluzioni interne o di invasioni esterne. Gran Bretagna, Canada, Australia, Nuova Zelanda e Stati Uniti hanno saputo proteggere le loro strutture costituzionali e istituzionali dagli sconvolgimenti della rivoluzione industriale. Quando le pressioni democratiche hanno dato adito a riforme politiche o dissidi sociali, quegli stessi paesi sono apparsi meno stabili di Stati europei come la Prussia, l’Austria o la Francia. Ma hanno anche dimostrato capacità di adattamento. Le loro élite sono state spesso costrette a cedere a pressioni dal basso: nel corso del xix secolo, il governo britannico ha progressivamente esteso il diritto di voto sull’onda delle rivendicazioni popolari, e le leadership americane di allora sono state spiazzate dall’avvento della politica di massa e della democrazia jacksoniana. Gli intellettuali del mondo anglofono hanno spesso guardato con una certa invidia alla stabilità e all’efficienza tecnocratica mostrate dalla Prussia o dalla Francia – più o meno come alcuni editorialisti statunitensi contemporanei invidiano alla leadership cinese i suoi orizzonti temporali più lunghi e il suo indiscusso potere politico.
Oggi la domanda senza risposta non riguarda le intenzioni di Putin; riguarda se – e fino a che punto – il modello della rivoluzione industriale sia ancora applicabile alla sempre più intensa rivoluzione digitale. Le prerogative delle società aperte e democratiche – la loro reattività alle pressioni popolari, la loro capacità di cambiare attraverso tanti piccoli passi, invece di restare immobili finché la domanda repressa di cambiamento esplode inevitabilmente in un’azione rivoluzionaria – mettono potenzialmente le democrazie del mondo anglofono (e non solo) in condizioni di sostenere lo stress dell’avvento di un nuovo ordine. Ma è ancora davvero così?
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abbia avuto esito positivo, è facoltà del Fornitore recedere dal contratto con effetti immediati.
Pagamenti all'interno dell'applicazione IOS
5.7 In caso di acquisto dell'Abbonamento mediante l'Applicazione per dispositivi IOS, il pagamento è gestito
interamente
attraverso la piattaforma App Store fornita dal gruppo Apple. Il pagamento del corrispettivo è
automaticamente
addebitato sull'Apple ID account dell'Utente al momento della conferma dell'acquisto. Gli abbonamenti
proposti sono
soggetti al rinnovo automatico e all'addebito periodico del corrispettivo. L'Utente può disattivare
l'abbonamento fino a
24h prima della scadenza del periodo di abbonamento in corso. In caso di mancata disattivazione,
l'abbonamento si
rinnova per un eguale periodo e all'Utente viene addebitato lo stesso importo sul suo account Apple.
L'Utente può
gestire e disattivare il proprio abbonamento direttamente dal proprio profilo su App Store. Per maggiori
informazioni al
riguardo: https://www.apple.com/it/legal/terms/site.html. Il Fornitore non è responsabile per eventuali
disservizi della
piattaforma App Store.
6. Promozioni
6.1 Il Fornitore può a sua discrezione offrire agli Utenti delle promozioni sotto forma di sconti o periodi
gratuiti di
fruizione del Servizio.
6.2 Salvo che non sia diversamente specificato nella pagina di offerta della promozione, l'adesione a una
promozione
comporta, alla sua scadenza, l'attivazione automatica del Servizio a pagamento con addebito periodico del
corrispettivo
in base al contenuto del pacchetto di volta in volta selezionato dall'Utente.
6.3 L'Utente ha la facoltà di disattivare il Servizio in qualunque momento prima della scadenza del periodo
di prova
attraverso una delle modalità indicate nel precedente articolo 3).
7. Obblighi e garanzie dell'Utente
7.1 L'Utente dichiara e garantisce:
- di essere maggiorenne;
- di sottoscrivere l'Abbonamento per scopi estranei ad attività professionali, imprenditoriali, artigianali
o commerciali
eventualmente svolte;
- che tutti i dati forniti per l'attivazione dell'Abbonamento sono corretti e veritieri;
- che i dati forniti saranno mantenuti aggiornati per l'intera durata dell'Abbonamento.
7.2 L'Utente si impegna al pagamento del corrispettivo in favore del Fornitore nella misura e con le
modalità definite
nei precedenti articoli.
7.3 L'Utente si impegna ad utilizzare l'Abbonamento e i suoi contenuti a titolo esclusivamente personale, in
forma non
collettiva e senza scopo di lucro; l'Utente è inoltre responsabile per qualsiasi uso non autorizzato
dell'Abbonamento e
dei suoi contenuti, ove riconducibile all'account dell'Utente medesimo; per questo motivo l'Utente si
impegna ad
assumere tutte le precauzioni necessarie per mantenere riservato l'accesso all'Abbonamento attraverso il
proprio account
(per esempio, mantenendo riservate le credenziali di accesso ovvero segnalando senza ritardo al Fornitore
che la
riservatezza di tali credenziali risulta compromessa per qualsiasi motivo).
7.4 La violazione degli obblighi stabiliti nel presente articolo conferisce al Fornitore il diritto di
risolvere
immediatamente il contratto ai sensi dell'articolo 1456 del codice civile, fatto salvo il risarcimento dei
danni.
8. Tutela della proprietà intellettuale e industriale
8.1 L'Utente riconosce e accetta che i contenuti dell'Abbonamento, sotto forma di testi, immagini,
fotografie, grafiche,
disegni, contenuti audio e video, animazioni, marchi, loghi e altri segni distintivi, sono coperti da
copyright e dagli
altri diritti di proprietà intellettuale e industriale di volta in volta facenti capo al Fornitore e ai suoi
danti causa
e per questo si impegna a rispettare tali diritti.
8.2 Tutti i diritti sono riservati in capo ai titolari; l'Utente accetta che l'unico diritto acquisito con
il contratto
è quello di fruire dei contenuti dell'Abbonamento con le modalità e i limiti propri del Servizio. Fatte
salve le
operazioni di archiviazione e condivisione consentite dalle apposite funzionalità del Servizio, qualsiasi
attività di
riproduzione, pubblica esecuzione, comunicazione a terzi, messa a disposizione, diffusione, modifica ed
elaborazione dei
contenuti è espressamente vietata.
8.3 La violazione degli obblighi stabiliti nel presente articolo conferisce al Fornitore il diritto di
risolvere
immediatamente il contratto ai sensi dell'articolo 1456 del codice civile, fatto salvo il risarcimento dei
danni.
9. Manleva
9.1 L'Utente si impegna a manlevare e tenere indenne il Fornitore contro qualsiasi costo – inclusi gli
onorari degli
avvocati, spesa o danno addebitato al Fornitore o in cui il Fornitore dovesse comunque incorrere in
conseguenza di usi
impropri del Servizio da parte dell'Utente o per la violazione da parte di quest'ultimo di obblighi
derivanti dalla
legge ovvero dai presenti termini d'uso.
10. Limitazione di responsabilità
10.1 Il Fornitore è impegnato a fornire un Servizio con contenuti professionali e di alta qualità; tuttavia,
il
Fornitore non garantisce all'Utente che i contenuti siano sempre privi di errori o imprecisioni; per tale
motivo,
l'Utente è l'unico responsabile dell'uso dei contenuti e delle informazioni veicolate attraverso di
essi.
10.2 L'Utente riconosce e accetta che, data la natura del Servizio e come da prassi nel settore dei servizi
della
società dell'informazione, il Fornitore potrà effettuare interventi periodici sui propri sistemi per
garantire o
migliorare l'efficienza e la sicurezza del Servizio; tali interventi potrebbero comportare il rallentamento
o
l'interruzione del Servizio. Il Fornitore si impegna a contenere i periodi di interruzione o rallentamento
nel minore
tempo possibile e nelle fasce orarie in cui generalmente vi è minore disagio per gli Utenti. Ove
l'interruzione del
Servizio si protragga per oltre 24 ore, l'Utente avrà diritto a un'estensione dell'Abbonamento per un numero
di giorni
pari a quello dell'interruzione; in tali casi, l'Utente riconosce che l'estensione dell'Abbonamento è
l'unico rimedio in
suo favore, con la conseguente rinunzia a far valere qualsivoglia altra pretesa nei confronti del
Fornitore.
10.3 L'Utente riconosce e accetta che nessuna responsabilità è imputabile al Fornitore:
- per disservizi dell'Abbonamento derivanti da malfunzionamenti di reti elettriche e telefoniche ovvero di
ulteriori
servizi gestiti da terze parti che esulano del tutto dalla sfera di controllo e responsabilità del Fornitore
(per
esempio, disservizi della banca dell'Utente, etc...);
- per la mancata pubblicazione di contenuti editoriali che derivi da cause di forza maggiore.
10.4 In tutti gli altri casi, l'Utente riconosce che la responsabilità del Fornitore in forza del contratto
è limitata
alle sole ipotesi di dolo o colpa grave.
10.5 Ai fini dell'accertamento di eventuali disservizi, l'Utente accetta che faranno fede le risultanze dei
sistemi
informatici del Fornitore.
11. Modifica dei termini d'uso
11.1 L'Abbonamento è disciplinato dai termini d'uso approvati al momento dell'acquisto.
11.2 Durante il periodo di validità del contratto, il Fornitore si riserva di modificare i termini della
fornitura per
giustificati motivi connessi alla necessità di adeguarsi a modifiche normative o obblighi di legge, alle
mutate
condizioni del mercato di riferimento ovvero all'attuazione di piani aziendali con ricadute sull'offerta dei
contenuti.
11.3 I nuovi termini d'uso saranno comunicati all'Utente con un preavviso di almeno 15 giorni rispetto alla
scadenza del
periodo di fatturazione in corso ed entreranno in vigore a partire dall'inizio del periodo di fatturazione
successivo.
Se l'Utente non è d'accordo con i nuovi termini d'uso, può esercitare la disdetta secondo quanto previsto al
precedente
articolo 3.
11.4 Ove la modifica dei termini d'uso sia connessa alla necessità di adeguarsi a un obbligo di legge, i
nuovi termini
d'uso potranno entrare in vigore immediatamente al momento della comunicazione; resta inteso che, solo in
tale ipotesi,
l'Utente potrà recedere dal contratto entro i successivi 30 giorni, con il conseguente diritto ad ottenere
un rimborso
proporzionale al periodo di abbonamento non goduto.
12. Trattamento dei dati personali
12.1 In conformità a quanto previsto dal Regolamento 2016/679 UE e dal Codice della privacy (decreto
legislativo 30
giugno 2003, n. 196), i dati personali degli Utenti saranno trattati per le finalità e in forza delle basi
giuridiche
indicate nella privacy policy messa a disposizione dell'Utente in sede di registrazione e acquisto.
12.2 Accettando i presenti termini di utilizzo, l'Utente conferma di aver preso visione della privacy policy
messa a
disposizione dal Fornitore e di averne conservato copia su supporto durevole.
12.3 Il Fornitore si riserva di modificare in qualsiasi momento la propria privacy policy nel rispetto dei
diritti degli
Utenti, dandone notizia a questi ultimi con mezzi adeguati e proporzionati allo scopo.
13. Servizio clienti
13.1 Per informazioni sul Servizio e per qualsiasi problematica connessa con la fruizione dello stesso,
l'Utente può
contattare il Fornitore attraverso i seguenti recapiti: help@newslist.it
14. Legge applicabile e foro competente
14.1 Il contratto tra il Fornitore e l'Utente è regolato dal diritto italiano.
14.2 Ove l'Utente sia qualificabile come consumatore, per le controversie comunque connesse con la
formazione,
esecuzione, interpretazione e cessazione del contratto, sarà competente il giudice del luogo di residenza o
domicilio
del consumatore, se ubicato in Italia.