6 Maggio

Il problema del liberalismo senza borghesia

La supremazia della tecnica, la separazione tra gestione e capitale, l'alienazione del produttore, l'esaltazione dell'algoritmo e della macchina. Perché nel voto europeo il tema di fondo è la deriva del liberalismo manageriale. Un'indagine di Lorenzo Castellani. Prima puntata

di Lorenzo Castellani

In vista delle elezioni europee si isserà spesso la bandiera del liberalismo. In particolare i partiti europeisti denunceranno, non senza qualche ragione dal loro punto di vista, la minaccia illiberale del sovranismo di destra e del radicalismo di sinistra. Tuttavia, è sempre più difficile definire il liberalismo di oggi. In Europa le forze che si proclamano liberali (ed europeiste) sono per gran parte sovrapponibili all’establishment politico che governa l’Unione Europea. Sono forze che vorrebbero veder progredire il progetto europeo, creare strutture sovranazionali più forti ed integrate, dare vita a concentrazioni economiche maggiori, mantenere un approccio cosmopolita, dare seguito ancora maggiore alla transizione da economie produttive a economie finanziarizzate e, di fatto, aumentare i vincoli europei sulle democrazie nazionali. 

Questo è il liberalismo ufficiale, istituzionale, di oggi. Che, sul piano politico, difende il pluralismo purché sia all’interno di determinati limiti (divieto di hate speech e tentativo di esclusione di chi non accetta quei vincoli) e vorrebbe ampliare le politiche dal taglio globale e cosmopolita, come l’accoglienza dei migranti o una ulteriore internazionalizzazione del mercato dei servizi. Questo liberalismo ufficiale potrebbe anche essere chiamato liberalismo manageriale. I suoi sostenitori credono nel cosmopolitismo, nel pluralismo condizionato, nel gigantismo economico e nella centralizzazione istituzionale sia nazionale che, soprattutto, sovranazionale. Al tempo stesso esso propugna un individualismo radicale composto da uomini sradicati e globalizzati capaci di vivere allo stesso modo ovunque, dotati di competenze che possono essere spese in qualsiasi azienda,istituzione o società senza importanza su dove essa si trovi o dove quelle competenze siano state acquisite. Ciò che importa è che siano competenze certificate, cioè di primo livello accademico.

La meritocrazia, che ha permesso a molti più che in passato di salire sull’ascensore sociale grazie alle proprie capacità intellettive, ha mostrato nel lungo periodo anche i suoi lati oscuri....


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