17 Maggio
Politica estera. Salvini, Di Maio e due linee incompatibili
Il leader della Lega: "Siamo fedeli all'Alleanza Atlantica che qualcuno mette in discussione". Venezuela, Cina, F-35, relazione con l'America di Trump. Un'indagine sull'interesse nazionale e l'Italia che non può allontanarsi dall'Occidente
Capire che cosa succede là fuori non è facile, ma se dovessimo farlo utilizzando le parole della campagna elettorale (italiana) per l'Europa, saremmo completamente fuori strada. Bisogna guardare the big picture, unire i puntini e provare a ragionare sul nuovo (dis)ordine mondiale per orientarsi. Per questo il nostro interesse per la geopolitica e gli affari internazionali è massimo. A nove giorni dall'apertura dei seggi per eleggere il nuovo Parlamento europeo, gli italiani hanno capito una cosa: che queste elezioni servono ai partiti per misurarsi sul piano interno in vista di un altro voto, quello politico, quando ci sarà. Le ultime due copertine dell'Economist sono dedicate a temi che non sono mai entrati nella campagna per il voto europeo:

Cina e Medio Oriente, Pacifico e Golfo, una combinazione di elementi, terra e mare, popoli e civiltà. E una presenza costante, l'America, il punto di riferimento (piaccia o meno) dell'Occidente. Nelle due copertine c'è un elemento comune: la potenza marittima, la vastità degli oceani, la dimensione della "talassocrazia" (Enciclopedia Treccani: "Dominio del mare, potere che si appoggia sulla signoria dei mari, e anche il complesso dei fattori che costituiscono il potere marittimo; il termine è usato soprattutto con riferimento alle grandi potenze che esercitarono tale potere nell’epoca classica").
Questa dimensione acquatica della potenza dovrebbe innescare il moto di qualche neurone nel Parlamento, nel governo, nella classe politica dell'Italia. Il nostro paese è al centro del Mar Mediterraneo, è in mezzo al mare ma non lo domina. Siamo tra i migliori costruttori del mondo di navi da crociera e militari, abbiamo una nave scuola che è uno dei velieri più belli del mondo - l'Amerigo Vespucci - ma la nostra flotta è sottodimensionata rispetto alle esigenze operative e alla proiezione che il nostro paese ha nel quadrante Mediterraneo. Il nostro spazio naturale, il nostro interesse...
Capire che cosa succede là fuori non è facile, ma se dovessimo farlo utilizzando le parole della campagna elettorale (italiana) per l'Europa, saremmo completamente fuori strada. Bisogna guardare the big picture, unire i puntini e provare a ragionare sul nuovo (dis)ordine mondiale per orientarsi. Per questo il nostro interesse per la geopolitica e gli affari internazionali è massimo. A nove giorni dall'apertura dei seggi per eleggere il nuovo Parlamento europeo, gli italiani hanno capito una cosa: che queste elezioni servono ai partiti per misurarsi sul piano interno in vista di un altro voto, quello politico, quando ci sarà. Le ultime due copertine dell'Economist sono dedicate a temi che non sono mai entrati nella campagna per il voto europeo:

Cina e Medio Oriente, Pacifico e Golfo, una combinazione di elementi, terra e mare, popoli e civiltà. E una presenza costante, l'America, il punto di riferimento (piaccia o meno) dell'Occidente. Nelle due copertine c'è un elemento comune: la potenza marittima, la vastità degli oceani, la dimensione della "talassocrazia" (Enciclopedia Treccani: "Dominio del mare, potere che si appoggia sulla signoria dei mari, e anche il complesso dei fattori che costituiscono il potere marittimo; il termine è usato soprattutto con riferimento alle grandi potenze che esercitarono tale potere nell’epoca classica").
Questa dimensione acquatica della potenza dovrebbe innescare il moto di qualche neurone nel Parlamento, nel governo, nella classe politica dell'Italia. Il nostro paese è al centro del Mar Mediterraneo, è in mezzo al mare ma non lo domina. Siamo tra i migliori costruttori del mondo di navi da crociera e militari, abbiamo una nave scuola che è uno dei velieri più belli del mondo - l'Amerigo Vespucci - ma la nostra flotta è sottodimensionata rispetto alle esigenze operative e alla proiezione che il nostro paese ha nel quadrante Mediterraneo. Il nostro spazio naturale, il nostro interesse nazionale.

Salvini ha detto stamattina in un incontro con la stampa estera - dove di solito si fanno domande che hanno un senso e un interesse reale - una cosa interessante. L'ha detta à la Salvini, ma è significativa:
Siamo lealmente fedeli all'Alleanza Atlantica, che qualcuno mette in discussione ma noi no. Qualcuno mette in discussione anche gli F35 noi no. Quanto al disarmo, non è utile, sarebbe un suicidio economico, e poi il settore difesa è strategico per i prossimi cinquant'anni. Un Paese disarmato è un paese occupato e occupabile. Noi abbiamo una diversa posizione su questo rispetto al Movimento Cinque Stelle.
Questo passaggio ha finalmente messo in chiaro cosa c'è in gioco davvero in Europa, la natura dell'Occidente, il tema dell'Alleanza Transatlantica e la frattura netta e profonda con l'alleato di governo sul tema chiave della politica estera. In sintesi: il posizionamento dell'Italia sulla scacchiera della geopolitica.
Quando si fanno discorsi sul futuro bisogna chiedersi sempre dove stiamo e con chi stiamo. La politica estera à la carte, dove scelgo di volta in volta le pietanze del menù, è un'utopia. Così abbiamo espresso negli ultimi mesi una non-posizione sulla crisi in Venezuela (che si è trasformata logicamente in un via libera alla repressione di Maduro) e abbiamo firmato un'intesa solitaria (unico paese del G7) con la Cina sulla Belt and Road con la pretesa di fare da soli, senza consultare gli alleati, pensando di non subire conseguenze inattese (che hanno puntualmente bussato alla porta in Libia).

Il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, oggi ha detto che sul Venezuela "la posizione italiana da qualcuno è stata fraintesa". No, non è stata fraintesa per niente, è stata letta per quello che era ed è: pilatesca, ambigua, de facto filo-madurista, filo-russa e filo-cinese. Si tratta di uno spostamento dell'asse della nostra politica estera verso Oriente. Il premier si sta specializzando nelle dichiarazioni né né. Così in Venezuela non stiamo né con Maduro né con Guaidó e naturalmente in Libia non stiamo né con Haftar né con Sarraj. Il neutralismo del Conte. Che riesce a vanificare perfino aperture di credito come quella che gli era stata fatta da Trump nella visita alla Casa Bianca: il primato sul Nord Africa. Come lo abbiamo esercitato? Siamo spariti dal radar, à la Conte.
Venezuela e Cina sono due gravi errori diplomatici dell'Italia. Entrambe le scelte sono state fatte dal Movimento Cinque Stelle - e perciò Conte le ha avallate con entusiasmo - e la Lega le ha prima colpevolmente sottovalutate e infine le ha subite. Sul punto il partito di Salvini dovrebbe essere più vigile, reattivo e intransigente, queste non sono polemiche interne senza conseguenze, qui abbiamo molto da perdere, quasi tutto. Il leghismo di Bossi in politica estera fu pragmatico e pacifista fino a contraddirsi (era contro l'intervento della Nato in Yugoslavia), quello di Salvini appare più ancorato all'America di quanto raccontino le cronache sulle relazioni con la Russia di Putin, con il quale si deve parlare (tutti lo fanno) ma con grande prudenza perché l'uomo è un grande stratega e Mosca e Pechino hanno in mente un ordine mondiale alternativo a quello di cui l'Italia fa parte (basta andare a leggere i documenti del vertice dei Brics a Xiamen, dare un'occhiata ai discorsi di Putin e Xi Jinping). Ma se alle parole non seguono i fatti, siamo punto e a capo. Non si può lavorare a compartimenti stagni sui dossier della politica estera, in questo caso non si discute del reddito di cittadinanza o quota 100, ogni errore in questo campo diventa un problema ciclopico. L'intesa con la Cina andava fermata, non si doveva firmare alcun patto sulla Nuova Via della Seta e la posizione sul Venezuela doveva essere non solo contestata, ma affondata.
Sui programmi della Difesa e i nostri impegni militari siamo arrivati a un punto che ricorda certe discussioni surreali che hanno poi distrutto la credibilità della sinistra di governo, la trincea di carta di quelli che no l'Amerika no e quelli che siamo con l'Occidente ma sia chiaro eh, che le nostre sono missioni di pace. Salvo dover sparare quando siamo attaccati, si capisce, cosa accaduta con regolarità. Durante una visita al Dipartimento di Stato, Washington DC, eravamo alla fine del 2004, in piena campagna irachena, il vostro cronista disse all'assistente del Segretario di Stato per gli affari europei, l'ambasciatrice Elizabeth Jones, che dopo la Spagna (Zapatero lo annunciò in aprile) ci sarebbe stato prima o poi anche un ritiro dell'Italia dal teatro iracheno, questo per le tensioni interne alla maggioranza di centrosinistra. Seguì uno sguardo incredulo e naturalmente il "non è possibile". Il 1° dicembre del 2006 l'Italia ammainò il tricolore a Nassyria.

Non siamo una potenza militare per ipocrisia culturale - pur avendo eccezionali risorse umane nelle Forze Armate - e crediamo di poter contare sulla benevolenza (e difesa) di altri (l'America) senza adempiere pienamente ai patti sottoscritti. A un certo punto di questa prima fase pazza della legislatura si è scoperto che non stavamo pagando quanto pattuito per il programma dei caccia F-35 (fatto rivelato dal Capo di Stato Maggiore dell'aeronautica militare, il generale Alberto Rosso, durante un'audizione in Parlamento il 12 marzo scorso) e abbiamo appreso improvvisamente che la Difesa - guidata dalla pentastellata Elisabetta Trenta - stava studiando un piano di ritiro dall'Afghanistan di cui il ministero degli Esteri non sapeva niente. Quel che si dice coordinamento della politica estera.
Questo non significa che l'Italia non debba avere una sua autonomia, tutt'altro, la deve esercitare, dare il suo importante contributo alle decisioni che contano, ma è un'azione che si dispiega nel campo che non a caso si chiama delle "relazioni internazionali". Non siamo soli nell'universo. Il mondo non è un club al quale sono iscritte solo persone che tendono al bene comune, i cattivi esistono. E sono letali. Ne abbiamo la prova tutti i giorni. La dimensione dello sterminio non è scomparsa con la fine della Seconda guerra mondiale, i regimi illiberali sono ancora tutti là e l'estensione del loro dominio è un fatto che galoppa insieme alla proliferazione delle armi di distruzione di massa, nella guerra asimmetrica e per procura (la proxy war), nella cyberwarfare e nella sorveglianza, nel controllo dei dati e nel sabotaggio delle infrastrutture di rete. Interesse nazionale. E sicurezza nazionale.

Qualcuno dirà che questi dossier non ci riguardano, sono il gioco esclusivo delle grandi potenze e noi dobbiamo pensare ad altro. Cos'altro, di grazia? È la famosa linea politica "spaghetti e mandolino". Ricordiamo che poi dopo il pranzo e la strimpellata c'è sempre l'oste che presenta il conto a tavola. La crisi tra Stati Uniti e Cina impatta direttamente sulla nostra economia, sull'export dei prodotti italiani in America (oltre 30 miliardi di dollari di surplus commerciale italiano, altro che le carrette di arance da spedire in Cina), la sfida tecnologica con Pechino può minare uno dei settori in cui l'Italia eccelle, la robotica, mentre la penetrazione delle aziende cinesi nel nostro sistema di reti e logistica è un tema sottovalutato che finirà un giorno per riservarci cattive sorprese. La storia si rivela, improvvisamente e inesorabilmente, nel tempo lungo.
Quando Antonio Tajani, presidente del Parlamento europeo, dice che “è un errore clamoroso vendere il porto di Trieste, è un errore clamoroso vendere il porto di Savona ed è un errore clamoroso vendere il porto di Palermo ai cinesi. Noi dobbiamo vendere prodotti non beni immobili, dobbiamo impedire che ci siano insediamenti in punti nevralgici del nostro Paese da parte dei cinesi che faranno il loro interesse e tenteranno una nuova colonizzazione economica di una parte d'Italia e di una parte di Europa", ha ragione. Questo tema va al di là della colorazione politica, dei torti e delle ragioni del partito di Tajani, del suo ruolo e della campagna elettorale, si chiama interesse nazionale. Riguarda tutti. In America questo fatto è ben presente sia ai Repubblicani che ai Democratici. Provate a toccare l'interesse nazionale dei francesi e troverete Macron e Le Pen dalla stessa parte. Così accade anche in Germania e in Spagna. È un problema di cultura politica. Nel nostro attuale Parlamento, il caso è di cultura tout court. E siamo al paradosso che il governo sovranista - unico format possibile, lo ricordiamo a chi vaneggia alternative che in Parlamento non ci sono - non si occupa dell'interesse nazionale, della sovranità, anzi la cede a pezzetti e con leggerezza ad altri soggetti, pensando che tutto andrà bene. Come si può mai pensare di dare a Pechino le chiavi dei nostri porti?

Qualcuno pensa che sia un bene tenersi lontani dall'America di Trump. C'è solo un dettaglio della storia: di solito quando ci si allontana dall'America le cose si mettono male. Perché l'America non solo è la prima potenza mondiale (e lo sarà ancora a lungo) ma potrebbe essere ancora domani il dominio di The Donald (che resta il favorito nella corsa del 2020, basta leggere il New York Times oggi sul contorcimento dei democratici nella campagna presidenziale già avviata) e anche in caso di un cambio alla Casa Bianca, la politica estera degli Stati Uniti non muterà. America First non è un'invenzione di Trump (nel 1915 il presidente Woodrow Wilson, un democratico, usò lo slogan in un discorso per giustificare la neutralità americana durante la Prima guerra mondiale), è uno slogan antico (usato in diversi contesti e sfumature), è il ripescaggio e la rielaborazione del linguaggio e della politica del generale e presidente Andrew Jackson (toh, un altro democratico) e se lasciamo perdere parole e liturgie di questa presidenza vedremo che siamo di fronte a un ciclo tipico della politica americana. Basta leggere "Il serpente e la colomba" di Walter Russell Mead per rendersi conto di quanto ciò che fa il Commander in Chief di oggi (Trump) sia nel solco della tradizionale politica estera americana.
Un nuovo Obama alla Casa Bianca chiederebbe agli alleati di alzare il livello di spesa militare, di partecipare alle missioni all'estero, di mettere boots on the ground, gli stivali sul terreno, quando è necessario, di scegliere da che parte stare. Chi governa dovrebbe sapere che siamo di fronte a una sfida gigantesca: il tentativo di disegnare un nuovo ordine mondiale che, come ricorda Henry Kissinger nel suo splendido libro World Order, è la creazione di un sistema internazionale capace di anticipare la storia nei suoi classici cicli di guerra e pace, evitando la prima e favorendo la seconda. Ma la pace si costruisce solo se si ricorda a chi desidera il conflitto - ai dogs of war, ai mastini della guerra, che praticano la violenza, lo sterminio, la soppressione della libertà - che esiste una forza superiore che alla fine sconfigge il male. È la forza del mondo libero. Chi ha dubbi su questo, è condannato a stare dalla parte sbagliata dalla storia.
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forma non
collettiva e senza scopo di lucro; l'Utente è inoltre responsabile per qualsiasi uso non autorizzato
dell'Abbonamento e
dei suoi contenuti, ove riconducibile all'account dell'Utente medesimo; per questo motivo l'Utente si
impegna ad
assumere tutte le precauzioni necessarie per mantenere riservato l'accesso all'Abbonamento attraverso il
proprio account
(per esempio, mantenendo riservate le credenziali di accesso ovvero segnalando senza ritardo al Fornitore
che la
riservatezza di tali credenziali risulta compromessa per qualsiasi motivo).
7.4 La violazione degli obblighi stabiliti nel presente articolo conferisce al Fornitore il diritto di
risolvere
immediatamente il contratto ai sensi dell'articolo 1456 del codice civile, fatto salvo il risarcimento dei
danni.
8. Tutela della proprietà intellettuale e industriale
8.1 L'Utente riconosce e accetta che i contenuti dell'Abbonamento, sotto forma di testi, immagini,
fotografie, grafiche,
disegni, contenuti audio e video, animazioni, marchi, loghi e altri segni distintivi, sono coperti da
copyright e dagli
altri diritti di proprietà intellettuale e industriale di volta in volta facenti capo al Fornitore e ai suoi
danti causa
e per questo si impegna a rispettare tali diritti.
8.2 Tutti i diritti sono riservati in capo ai titolari; l'Utente accetta che l'unico diritto acquisito con
il contratto
è quello di fruire dei contenuti dell'Abbonamento con le modalità e i limiti propri del Servizio. Fatte
salve le
operazioni di archiviazione e condivisione consentite dalle apposite funzionalità del Servizio, qualsiasi
attività di
riproduzione, pubblica esecuzione, comunicazione a terzi, messa a disposizione, diffusione, modifica ed
elaborazione dei
contenuti è espressamente vietata.
8.3 La violazione degli obblighi stabiliti nel presente articolo conferisce al Fornitore il diritto di
risolvere
immediatamente il contratto ai sensi dell'articolo 1456 del codice civile, fatto salvo il risarcimento dei
danni.
9. Manleva
9.1 L'Utente si impegna a manlevare e tenere indenne il Fornitore contro qualsiasi costo – inclusi gli
onorari degli
avvocati, spesa o danno addebitato al Fornitore o in cui il Fornitore dovesse comunque incorrere in
conseguenza di usi
impropri del Servizio da parte dell'Utente o per la violazione da parte di quest'ultimo di obblighi
derivanti dalla
legge ovvero dai presenti termini d'uso.
10. Limitazione di responsabilità
10.1 Il Fornitore è impegnato a fornire un Servizio con contenuti professionali e di alta qualità; tuttavia,
il
Fornitore non garantisce all'Utente che i contenuti siano sempre privi di errori o imprecisioni; per tale
motivo,
l'Utente è l'unico responsabile dell'uso dei contenuti e delle informazioni veicolate attraverso di
essi.
10.2 L'Utente riconosce e accetta che, data la natura del Servizio e come da prassi nel settore dei servizi
della
società dell'informazione, il Fornitore potrà effettuare interventi periodici sui propri sistemi per
garantire o
migliorare l'efficienza e la sicurezza del Servizio; tali interventi potrebbero comportare il rallentamento
o
l'interruzione del Servizio. Il Fornitore si impegna a contenere i periodi di interruzione o rallentamento
nel minore
tempo possibile e nelle fasce orarie in cui generalmente vi è minore disagio per gli Utenti. Ove
l'interruzione del
Servizio si protragga per oltre 24 ore, l'Utente avrà diritto a un'estensione dell'Abbonamento per un numero
di giorni
pari a quello dell'interruzione; in tali casi, l'Utente riconosce che l'estensione dell'Abbonamento è
l'unico rimedio in
suo favore, con la conseguente rinunzia a far valere qualsivoglia altra pretesa nei confronti del
Fornitore.
10.3 L'Utente riconosce e accetta che nessuna responsabilità è imputabile al Fornitore:
- per disservizi dell'Abbonamento derivanti da malfunzionamenti di reti elettriche e telefoniche ovvero di
ulteriori
servizi gestiti da terze parti che esulano del tutto dalla sfera di controllo e responsabilità del Fornitore
(per
esempio, disservizi della banca dell'Utente, etc...);
- per la mancata pubblicazione di contenuti editoriali che derivi da cause di forza maggiore.
10.4 In tutti gli altri casi, l'Utente riconosce che la responsabilità del Fornitore in forza del contratto
è limitata
alle sole ipotesi di dolo o colpa grave.
10.5 Ai fini dell'accertamento di eventuali disservizi, l'Utente accetta che faranno fede le risultanze dei
sistemi
informatici del Fornitore.
11. Modifica dei termini d'uso
11.1 L'Abbonamento è disciplinato dai termini d'uso approvati al momento dell'acquisto.
11.2 Durante il periodo di validità del contratto, il Fornitore si riserva di modificare i termini della
fornitura per
giustificati motivi connessi alla necessità di adeguarsi a modifiche normative o obblighi di legge, alle
mutate
condizioni del mercato di riferimento ovvero all'attuazione di piani aziendali con ricadute sull'offerta dei
contenuti.
11.3 I nuovi termini d'uso saranno comunicati all'Utente con un preavviso di almeno 15 giorni rispetto alla
scadenza del
periodo di fatturazione in corso ed entreranno in vigore a partire dall'inizio del periodo di fatturazione
successivo.
Se l'Utente non è d'accordo con i nuovi termini d'uso, può esercitare la disdetta secondo quanto previsto al
precedente
articolo 3.
11.4 Ove la modifica dei termini d'uso sia connessa alla necessità di adeguarsi a un obbligo di legge, i
nuovi termini
d'uso potranno entrare in vigore immediatamente al momento della comunicazione; resta inteso che, solo in
tale ipotesi,
l'Utente potrà recedere dal contratto entro i successivi 30 giorni, con il conseguente diritto ad ottenere
un rimborso
proporzionale al periodo di abbonamento non goduto.
12. Trattamento dei dati personali
12.1 In conformità a quanto previsto dal Regolamento 2016/679 UE e dal Codice della privacy (decreto
legislativo 30
giugno 2003, n. 196), i dati personali degli Utenti saranno trattati per le finalità e in forza delle basi
giuridiche
indicate nella privacy policy messa a disposizione dell'Utente in sede di registrazione e acquisto.
12.2 Accettando i presenti termini di utilizzo, l'Utente conferma di aver preso visione della privacy policy
messa a
disposizione dal Fornitore e di averne conservato copia su supporto durevole.
12.3 Il Fornitore si riserva di modificare in qualsiasi momento la propria privacy policy nel rispetto dei
diritti degli
Utenti, dandone notizia a questi ultimi con mezzi adeguati e proporzionati allo scopo.
13. Servizio clienti
13.1 Per informazioni sul Servizio e per qualsiasi problematica connessa con la fruizione dello stesso,
l'Utente può
contattare il Fornitore attraverso i seguenti recapiti: help@newslist.it
14. Legge applicabile e foro competente
14.1 Il contratto tra il Fornitore e l'Utente è regolato dal diritto italiano.
14.2 Ove l'Utente sia qualificabile come consumatore, per le controversie comunque connesse con la
formazione,
esecuzione, interpretazione e cessazione del contratto, sarà competente il giudice del luogo di residenza o
domicilio
del consumatore, se ubicato in Italia.