22 Ottobre
Una Spagna. A Barcellona
Grande manifestazione unionista in Catalogna. Rajoy: pronto a usare l'articolo 155 della Costituzione. La Vanguardia contro la secessione: uno tsunami economico incalcolabile. Intanto, in Italia, la sinistra fa una cosa nuova: si divide. La crisi nera dei partiti socialisti
Una Spagna. La corsa allo scontro finale tra unionisti e secessionisti sta accelerando. Ieri è scesa in piazza Madrid, oggi Barcellona (sopra, nella foto Ansa). Il giornalista collettivo in questi casi scrive "manifestazioni imponenti". È lo stesso che fino all'altro ieri mandava in rotativa il ciclostilato di una Catalogna unita per l'indipendenza. Dettagli, andiamo avanti. Siamo a quello che in termini militari si definirebbe show of force, mostrare i muscoli. Il premier spagnolo Mariano Rajoy ha tenuto ferma la sua linea: nessuna concessione ai separatisti, il referendum è illegale e faremo tutto per fermare qualsiasi ipotesi secessionista. Tutto cosa? Intervistato da El Pais il primo ministro ha messo sul tavolo l'opzione nucleare: l'uso dell'articolo 155 della Costituzione spagnola, quello che sospende l'autonomia di una regione ribelle. A Rajoy si possono imputare molti errori (e ne ha fatti parecchi), a cominciare dalla mano pesante usata dalla polizia spagnola durante la domenica del referendum, ma bisogna ammettere che il polso fermo ce l'ha. Detto questo, bisogna capire ancora se riuscirà davvero a mantenere l'unità spagnola. Anche se la partita sembra aver girato pagina.
Un collega che guarda i fatti internazionali con grande acutezza e realismo, Fabio Squillante, fondatore e direttore dell'agenzia Nova, durante una chiacchierata con il titolare di List ha concluso: "Rajoy ha fatto bene a non cedere. Ha salvato la Spagna. Puigdemont ha già perso. Ha ottenuto l'appoggio del Re, ha tenuto duro, i catalani si sono trovati improvvisamente davanti alla brutalità delle conseguenze di un atto eversivo e si sono resi conto che avrebbero perso più di quanto immaginassero. Le manifestazioni di piazza sono una conseguenza. Rajoy o assisteva inerme al disfacimento dello Stato, oppure andava fino alle estreme conseguenze. Che poi, senza giri di parole, significa l'uso della forza armata. Quando i catalani hanno cominciato a capire...
Una Spagna. La corsa allo scontro finale tra unionisti e secessionisti sta accelerando. Ieri è scesa in piazza Madrid, oggi Barcellona (sopra, nella foto Ansa). Il giornalista collettivo in questi casi scrive "manifestazioni imponenti". È lo stesso che fino all'altro ieri mandava in rotativa il ciclostilato di una Catalogna unita per l'indipendenza. Dettagli, andiamo avanti. Siamo a quello che in termini militari si definirebbe show of force, mostrare i muscoli. Il premier spagnolo Mariano Rajoy ha tenuto ferma la sua linea: nessuna concessione ai separatisti, il referendum è illegale e faremo tutto per fermare qualsiasi ipotesi secessionista. Tutto cosa? Intervistato da El Pais il primo ministro ha messo sul tavolo l'opzione nucleare: l'uso dell'articolo 155 della Costituzione spagnola, quello che sospende l'autonomia di una regione ribelle. A Rajoy si possono imputare molti errori (e ne ha fatti parecchi), a cominciare dalla mano pesante usata dalla polizia spagnola durante la domenica del referendum, ma bisogna ammettere che il polso fermo ce l'ha. Detto questo, bisogna capire ancora se riuscirà davvero a mantenere l'unità spagnola. Anche se la partita sembra aver girato pagina.
Un collega che guarda i fatti internazionali con grande acutezza e realismo, Fabio Squillante, fondatore e direttore dell'agenzia Nova, durante una chiacchierata con il titolare di List ha concluso: "Rajoy ha fatto bene a non cedere. Ha salvato la Spagna. Puigdemont ha già perso. Ha ottenuto l'appoggio del Re, ha tenuto duro, i catalani si sono trovati improvvisamente davanti alla brutalità delle conseguenze di un atto eversivo e si sono resi conto che avrebbero perso più di quanto immaginassero. Le manifestazioni di piazza sono una conseguenza. Rajoy o assisteva inerme al disfacimento dello Stato, oppure andava fino alle estreme conseguenze. Che poi, senza giri di parole, significa l'uso della forza armata. Quando i catalani hanno cominciato a capire questo, la partita è girata. La cosa era evidente da un paio di giorni". Bene, allora, squaderniamo il taccuino e wait and see.
Mentre la folla sfilava a Barcellona (950 mila persone secondo gli organizzatori, 350 mila secondo la polizia), lo scrittore Mario Vargas Llosa chiosava con durezza: "La passione può essere pericolosa quando è spinta dal fanatismo e dal razzismo. La peggiore di tutte è la passione nazionalista. Questa manifestazione è la migliore dimostrazione che c'è un settore molto ampio dei catalani che non vuole il colpo di stato propiziato dal governo".
Gli unionisti stanno giocando le loro carte e il premier Mariano Rajoy su Twitter mostra sicurezza:
Messa così, la partita sembra chiusa, ma in realtà bisognerà attendere martedì, quando il capo del governo catalano, Carles Puigdemont, dirà la sua di fronte al Parlamento. Solo allora sapremo come sono messi davvero i pezzi sulla scacchiera della Spagna. Rilancerà? Arretrerà? Si è spinto molto in avanti, questo è chiaro. La fotografia più vera l'ha scattata La Vanguardiacon uno splendido editoriale: "Stiamo mostrando al mondo la nostra discordia, i nostri errori di calcolo, la nostra incapacità di dialogo, la nostra tendenza al conflitto, questa nostra capacità autodistruttiva. (...) Siamo di fronte a uno tsunami di incalcolabili conseguenze per l'economia catalana (...) CaixaBank (València), Banco Sabadell (Alicante), Criteria (Madrid), Fondazione La Caixa (Palma), Gas Natural (Madrid), Agbar (Madrid). In quarantotto ore, il top management dell'economia catalana ha spostato la propria sede al di fuori della Catalogna per proteggersi dai possibili effetti negativi di una dichiarazione unilaterale di indipendenza, che sarebbe immediatamente contestata dal governo centrale con l' attivazione dell'articolo 155 della Costituzione e il conseguente intervento sull'economia. Terra incognita". Mai mettersi in viaggio se non sai dove stai andando. La parola chiave è una sola: "Parliamoci".
E noi dove andiamo? In Italia. A guardare altre secessioni, più comiche che drammatiche, ma dagli effetti politici devastanti per quel che resta della sinistra. Seguite il titolare di List con fiducia, conosce la strada.
01
I sinistrati del 3 per cento
Cosa c'è di nuovo? Il vecchio. Sono la domanda e la risposta della politica italiana che ormai è una poltiglia di personaggi che si parlano addosso. A sinistra sono passati dall'Ulivo ai Balcani, una guerra dove il tutti contro tutti è imbarazzante. L'altro ieri Pisapia invitava D'Alema (sopra, nel collage con Speranza e Pisapia, foto Ansa) a farsi da parte, subito dopo è cominciato una sorta di duello a distanza con il giovane Speranza (nomen omen) che alla fine si è risolto stamattina con una rottura totale e una cartolina di tanti saluti spedita da Pisapia: "Auguro buon viaggio a Roberto Speranza, sono sicuro che ci ritroveremo in tante battaglie. Per noi non c'è problema io continuo in quello che ho sempre detto: non credo nella necessità di un partitino del 3 per cento, credo in un movimento molto più ampio, molto più largo e soprattutto capace di unire non di dividere". Unire e non dividere, sembra facile. A sinistra c'è uno con il quale nessuno vuole più stare, Matteo Renzi. Quest'ultimo, dopo aver favorito la scissione, ha fatto del Pd un partito non coalizzabile, dal perimetro limitato, inchiodato nei sondaggi e senza un messaggio politico chiaro, tanto che, paradossalmente, ha un solo alleato potenziale per il domani: Berlusconi.
Mentre Renzi (de)costruiva questo partito autoreferenziale, dall'altra parte, à gauche, si esercitavano nell'arte dell'altrettanto costruttivo "mai con Renzi" e della scissione dell'atomo che stamattina è arrivata alla dissoluzione delle già difficili prove tecniche di intesa tra Pisapia e gli speranzosi di Mdp che hanno tante teste, pochi voti, molte idee ben confuse. Siamo all'indietro tutta della politica e a una probabile affermazione del centrodestra alle elezioni prima per demerito altrui e poi per abile esercizio berlusconiano nell'arte del silenzio. Meno parla, più voti guadagna. Fanno tutto gli avversari.
Basta vedere i messaggi di queste sinistre in lotta per capire che il declino è (quasi) inevitabile. Renzi twitta cose proto-grilline su Europa e credito, Marco Minniti dice che lo Ius Soli va approvato entro la legislatura, Delrio fa lo sciopero della fame per lo Ius Soli, ma precisa "come cittadino" inaugurando la scissione interiore del progressismo, il resto del partito tace, Gentiloni cerca di chiudere con dignità (conquistata pienamente) il suo cammino da presidente del Consiglio che Renzi non ha mai voluto e sempre tentato di disarcionare in anticipo, Mdp ha un'idea novecentesca della politica dove il compagno Lenin appare decisamente più moderno, ricco di pensiero e azione (e lo è), Pisapia (detto e scritto con stima per il gentleman) non si capisce dove voglia approdare visto che non è né neo-ulivista né a sinistra-sinistra né con il Pd. L'unico che da quelle parti dice cose sensate, serie, piene di idee e fa analisi interessanti sul mondo contemporaneo è Romano Prodi, classe 1939, uno di quelli che i ragazzi della via Pal volevano rottamare e alla fine dovranno recuperare per non finire loro, i nuovisti, completamente demoliti dalla loro incapacità.
Questa confusione da aspirina doppia è la crisi della socialdemocrazia europea che in Italia ha preso la via della Balcanizzazione, sembra la Jugoslavia prima, durante e dopo la sua dissoluzione. E il quadro declinante riguarda tutta Europa. L'abbiamo già scritto su List, la picchiata del centro-sinistra nel Vecchio Continente è un fatto dal quale bisogna partire per fare l'analisi politica contemporanea senza moral bias e molto realismo. Qualche giorno fa, Sheri Berman sul New York Times ha fissato in pagina un paio di ulteriori fatti che il titolare ha annotato sul suo taccuino:
1. I socialdemocratici tedeschi hanno messo a segno alle ultime elezioni il loro peggior risultato dal dopoguerra a oggi;
2. In Francia e in Olanda i socialisti sono colati a picco;
3. In Scandinavia i socialdemocratici sono tornati ai livelli degli anni Venti, Trenta;
4. Il declino dei partiti di centro-sinistra ha aperto lo spazio ai partiti populisti (il titolare di List non ama la parola, troppo facilmente liquidatoria di un tema complesso);
5. Furono Blair e Schroeder a cambiare pelle ai laburisti e ai socialdemocratici: erano dentro il capitalismo ma non aspiravano a correggerne gli effetti nella inefficiente distribuzione della ricchezza e nella tendenza inesorabile a produrre moltitudini di perdenti tra le fasce meno protette. Avviarono una tras-formazione senza conoscere l'esito finale, così siamo al Frankestein (de)componibile dove tutti sono uguali;
6. La sinistra oggi è rappresentata dal "corbynismo" inglese e da Syriza in Grecia, siamo al ripescaggio della critica al capitalismo ma senza ricette per starci dentro in maniera virtuosa.
L'effetto "sfiducia" di questo scenario è evidente e il successo dei partiti estremi, polarizzati, lo dimostra. In Italia la situazione è ancora più surreale: un partito che poteva vincere per una serie di cause storiche (declino del berlusconismo, assenza di leadership alternative, crisi delle altre rappresentanze - guardate Confindustria e buona parte del sindacato - piccolo establishment senza capitali) ha dissipato la possibilità di diventare un partito nuovo e si è auto-rottamato, la sinistra a vocazione maggioritaria del Pd veltroniano con Renzi ha avuto l'esito dell'isolamento dal resto del pianeta progressista, ma il partito invece di allargarsi si è ristretto. Godono in due: Berlusconi e Grillo. Il primo oggi ha due forni aperti (il suo e quello del Pd) per conquistare il potere, il secondo può diventare una volta per tutte il primo partito italiano e giocare un'altra partita corta quando il Rosatellum darà i suoi frutti: non vincerà nessuno.
02
Ricicciare Veltroni
In questo gioco al massacro, si finisce per ripescare il massacrato che forse tutto questo lo meritava meno di tutti: Walter Veltroni. Umiliato dai D'Alema e dai suoi epigoni auto-ribaltanti, trattato come uno che non aveva niente da dire da Renzi e dai renzisti senza mestiere ma attenti a fare i propri piccoli calcoli di potere transeunte, Veltroni fu "lasciato morire" e abbandonato in strada come res derelicta.
Lui si è messo a fare quello che ha sempre fatto, raccontare storie, visioni, abbandonarsi (massì) alla retorica cinematografara dell'Urbe ciarliera da sempre gli stessi, ma finalmente allargando il cuore, guardandosi allo specchio, con i capelli bianchi che vanno dove vogliono, la guance arrotondate, con quella faccia un po' così pur non essendo uno di Genova per noi (Paolo Conte) che non ha visto l'Africa permanente ma è rimasto qui, in Italia, dove i giorni sono tutti uguali, ogni tanto ha messo qualche buona parola qua e là per evitare sciocchezze nel renzismo cingolato - cosa che non gli è riuscita, ma almeno ci ha provato - e oggi Repubblica lo ripubblica, lo riciccia in progress per fargli dire in fondo due o tre cose condivisibili se devi parlare alla sinistra:
- Il bambino cinese o senegalese che va a scuola con i tuoi figli deve essere considerato cittadino italiano? Può sentirsi parte di un universo di valori o deve essere respinto?
- Ci sono tanti parlamentari di centrodestra sensibili al tema dei diritti. E tanti nel Movimento 5 stelle che non riesco a immaginare sulle posizioni della Lega;
- Tra provare e non farcela oppure comunque non farcela, non ho dubbi. Provarci, accompagnando il tentativo con una sincera campagna civile e culturale;
- Quando qualcuno parla al fegato, la sinistra deve parlare al cuore e al cervello;
- La politica deve collocarsi più avanti del sentimento comune.
Siamo ancora a "Aprile", Nanni Moretti, 1998: "Dite una cosa di sinistra". Se torna Berlusconi, c'è anche Moretti e dunque che si ricicci anche Veltroni.
03
Le chimere d'Europa
Venti miliardi non bastano. La divisione tra Londra e Berlino sull'assegno della Brexit è solo il sintomo della trasformazione in corso nella politica tra Regno Unito, Germania e... Stati Uniti. La riapertura dell'Anglosfera tra Stati Uniti e America è un fatto, la centralità della Germania in Europa non è in discussione ma la sua stabilità sì e le aspirazioni della Francia sono in ogni caso limitate dai suoi problemi interni.
Qualche giorno fa il titolare di List ha annotato sul taccuino le parole di Clemens Fuest, l'economista tedesco che guida l'IFO: "Sta per arrivare la Brexit, se le regole del commercio non vengono subito chiarite, potrebbe esserci uno shock per le imprese tedesche". La partita sull'assegno da versare è il chiodo, il quadro è quello del commercio tra la Germania e il Regno Unito, terzo paese per l'export tedesco (oltre 81 miliardi euro) con un surplus netto a favore di Berlino di oltre 50 miliardi. Fare a meno degli inglesi, come dicono gli europeisti senza calcolatrice? Impossibile. La partita è questa, complicata dalle vicende interne: Theresa May rischia di perdere il posto a Downing Street; Angela Merkel ha il problema di fare una coalizione Jamaica e perdere il controllo del ministero delle Finanze in favore dei liberali al titanio di FDP. A Londra si agitano truppe di Tories in rivolta dietro la figura massiccia di Boris Johnson, a Berlino il liberalismo di Christian Lindner non si concilia con i compromessi in stile Club Med a cui l'Italia continua a guardare e francamente speriamo che i liberali tedeschi spengano queste illusioni in fretta e con la necessaria brutalità. Basta illusioni.
L'idea che tutto questo non produca contraccolpi sulla politica europea è ridicola. Il patto Macron-Merkel è già saltato, il presidente francese ha cercato di prendere il comando delle operazioni brussellesi, ma anche questo è velleitario (come gran parte delle cose che dice, nonostante la grande abilità e intuizione veloce) e a dare le carte sarà sempre Berlino, ma non saranno quelle di sempre. Su Handelsblatt, l'economista Hans-Helmut Kotz, già membro del consiglio della Deutsche Bank, oggi docente a Harvard, scrive a chiare lettere che bisogna essere realisti e lasciar perdere le chimere perché il voto della Germania ha fatto una svolta a destra e le politiche che ieri erano indistinte tra la CDU di Merkel e la SPD di Sigmar Gabriel, domani invece avranno un colore giallo e verde, quello del partito liberale e dei Verdi.
In questo quadro l'Italia fa quello che ha sempre fatto: si barcamena. E si lamenta. L'ultimo grido è stato quello dell'ABI (ripreso da Renzi prontamente, senza neanche pensarci sopra un attimo) sulle nuove regole per i crediti a rischio. Vogliamo rifare il sottosopra bancario? Non vi è bastato Mps, non era già un crash Etruria? Non vi basta? Cos'altro volete fare con la cassa? In realtà l'Italia dovrebbe darsi una mossa, perché le debolezze potrebbero aiutarci, ma serve iniziativa, classe dirigente a Bruxelles e quel coraggio che non abbiamo, una dura svolta di realismo per dire al Paese che la sua fase di sonnambulismo sta per finire. Gong!
La Banca centrale europea comincerà a tagliare seriamente il programma di quantitative easing e da quel momento gli anabolizzanti che hanno sorretto un bel pezzo della nostra lenta e piccola ripresa cominceranno a svanire. Tutto quello che viene invece raccontato in questa fase ormai pienamente di campagna elettorale è un altro film. Fate partire la musica dei Goblin, Profondo Rosso. C'è altro da segnalare? Sì, in Giappone la politica presenta una donna che sta facendo girare la testa al premier Shinzo Abe. Dall'Abenomics alla Yurinomics.
04
Yuriko Koike sfida Shinzo Abe
Eccoli qua, Shinzo Abe e Yuriko Koike. Il favorito e la sorpresa. In Giappone si vota il 22 ottobre, elezioni anticipate "chiamate" dal premier per approfittare del momento di divisione dell'opposizione e consolidare il suo potere. Sulla strada di Abe però s'è parata questa donna tenace, il governatore di Tokyo, Yuriko Koike che ha fondato il Partito della Speranza e sembra avere sulla carta parecchi voti. I giapponesi sono gente metodica che non lascia nulla al caso e Koike ha presentato il suo manifesto economico: "Yurinomics". È una sfida diretta all'Abenomics, proprio un colpo al cuore: basta con la politica ultra espansiva della Banca del Giappone guidata da Haruhiko Kuroda, reddito base universale, congelamento dell'aumento dell'imposta sui consumi. Siamo agli antipodi di Shinzo. Funzionerà? Lo spazio sui media c'è, la formula politica è chiara. Il manifesto ha un numero chiave: zero. Eccolo:
Più radicale di così. Zero. Il numero più potente. Il 22 ottobre ci sarà parecchio materiale giapponese sul taccuino del titolare di List. Cosa resta da guardare? Gli appuntamenti della prossima settimana.
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specificata nell'offerta in relazione al pacchetto scelto dall'Utente.
5.2 Tutti i prezzi indicati nell'offerta si intendono comprensivi di IVA.
5.3 Il pagamento dei corrispettivi può essere effettuato mediante carte di credito o debito abilitate ad
effettuare gli
acquisti online. Le carte accettate sono le seguenti: Visa, Mastercard, American Express.
5.4 L'Utente autorizza il Fornitore ad effettuare l'addebito dei corrispettivi dovuti al momento
dell'acquisto
dell'Abbonamento e dei successivi rinnovi sulla carta di pagamento indicata dallo stesso Utente.
5.5 Il Fornitore non entra in possesso dei dati della carta di pagamento utilizzata dall'Utente. Tali dati
sono
conservati in modo sicuro dal provider dei servizi di pagamento utilizzato dal Fornitore (Stripe o il
diverso provider
che in futuro potrà essere indicato all'Utente). Inoltre, a garanzia dell'Utente, tutte le informazioni
sensibili della
transazione vengono criptate mediante la tecnologia SSL – Secure Sockets Layer.
5.6 È onere dell'Utente: (i) inserire tutti i dati necessari per il corretto funzionamento dello strumento
di pagamento
prescelto; (ii) mantenere aggiornate le informazioni di pagamento in vista dei successivi rinnovi (per
esempio,
aggiornando i dati della propria carta di pagamento scaduta in vista del pagamento dei successivi rinnovi
contrattuali).
Qualora per qualsiasi motivo il pagamento non andasse a buon fine, il Fornitore si riserva di sospendere
immediatamente
l'Abbonamento fino al buon fine dell'operazione di pagamento; trascorsi inutilmente 3 giorni senza che il
pagamento
abbia avuto esito positivo, è facoltà del Fornitore recedere dal contratto con effetti immediati.
Pagamenti all'interno dell'applicazione IOS
5.7 In caso di acquisto dell'Abbonamento mediante l'Applicazione per dispositivi IOS, il pagamento è gestito
interamente
attraverso la piattaforma App Store fornita dal gruppo Apple. Il pagamento del corrispettivo è
automaticamente
addebitato sull'Apple ID account dell'Utente al momento della conferma dell'acquisto. Gli abbonamenti
proposti sono
soggetti al rinnovo automatico e all'addebito periodico del corrispettivo. L'Utente può disattivare
l'abbonamento fino a
24h prima della scadenza del periodo di abbonamento in corso. In caso di mancata disattivazione,
l'abbonamento si
rinnova per un eguale periodo e all'Utente viene addebitato lo stesso importo sul suo account Apple.
L'Utente può
gestire e disattivare il proprio abbonamento direttamente dal proprio profilo su App Store. Per maggiori
informazioni al
riguardo: https://www.apple.com/it/legal/terms/site.html. Il Fornitore non è responsabile per eventuali
disservizi della
piattaforma App Store.
6. Promozioni
6.1 Il Fornitore può a sua discrezione offrire agli Utenti delle promozioni sotto forma di sconti o periodi
gratuiti di
fruizione del Servizio.
6.2 Salvo che non sia diversamente specificato nella pagina di offerta della promozione, l'adesione a una
promozione
comporta, alla sua scadenza, l'attivazione automatica del Servizio a pagamento con addebito periodico del
corrispettivo
in base al contenuto del pacchetto di volta in volta selezionato dall'Utente.
6.3 L'Utente ha la facoltà di disattivare il Servizio in qualunque momento prima della scadenza del periodo
di prova
attraverso una delle modalità indicate nel precedente articolo 3).
7. Obblighi e garanzie dell'Utente
7.1 L'Utente dichiara e garantisce:
- di essere maggiorenne;
- di sottoscrivere l'Abbonamento per scopi estranei ad attività professionali, imprenditoriali, artigianali
o commerciali
eventualmente svolte;
- che tutti i dati forniti per l'attivazione dell'Abbonamento sono corretti e veritieri;
- che i dati forniti saranno mantenuti aggiornati per l'intera durata dell'Abbonamento.
7.2 L'Utente si impegna al pagamento del corrispettivo in favore del Fornitore nella misura e con le
modalità definite
nei precedenti articoli.
7.3 L'Utente si impegna ad utilizzare l'Abbonamento e i suoi contenuti a titolo esclusivamente personale, in
forma non
collettiva e senza scopo di lucro; l'Utente è inoltre responsabile per qualsiasi uso non autorizzato
dell'Abbonamento e
dei suoi contenuti, ove riconducibile all'account dell'Utente medesimo; per questo motivo l'Utente si
impegna ad
assumere tutte le precauzioni necessarie per mantenere riservato l'accesso all'Abbonamento attraverso il
proprio account
(per esempio, mantenendo riservate le credenziali di accesso ovvero segnalando senza ritardo al Fornitore
che la
riservatezza di tali credenziali risulta compromessa per qualsiasi motivo).
7.4 La violazione degli obblighi stabiliti nel presente articolo conferisce al Fornitore il diritto di
risolvere
immediatamente il contratto ai sensi dell'articolo 1456 del codice civile, fatto salvo il risarcimento dei
danni.
8. Tutela della proprietà intellettuale e industriale
8.1 L'Utente riconosce e accetta che i contenuti dell'Abbonamento, sotto forma di testi, immagini,
fotografie, grafiche,
disegni, contenuti audio e video, animazioni, marchi, loghi e altri segni distintivi, sono coperti da
copyright e dagli
altri diritti di proprietà intellettuale e industriale di volta in volta facenti capo al Fornitore e ai suoi
danti causa
e per questo si impegna a rispettare tali diritti.
8.2 Tutti i diritti sono riservati in capo ai titolari; l'Utente accetta che l'unico diritto acquisito con
il contratto
è quello di fruire dei contenuti dell'Abbonamento con le modalità e i limiti propri del Servizio. Fatte
salve le
operazioni di archiviazione e condivisione consentite dalle apposite funzionalità del Servizio, qualsiasi
attività di
riproduzione, pubblica esecuzione, comunicazione a terzi, messa a disposizione, diffusione, modifica ed
elaborazione dei
contenuti è espressamente vietata.
8.3 La violazione degli obblighi stabiliti nel presente articolo conferisce al Fornitore il diritto di
risolvere
immediatamente il contratto ai sensi dell'articolo 1456 del codice civile, fatto salvo il risarcimento dei
danni.
9. Manleva
9.1 L'Utente si impegna a manlevare e tenere indenne il Fornitore contro qualsiasi costo – inclusi gli
onorari degli
avvocati, spesa o danno addebitato al Fornitore o in cui il Fornitore dovesse comunque incorrere in
conseguenza di usi
impropri del Servizio da parte dell'Utente o per la violazione da parte di quest'ultimo di obblighi
derivanti dalla
legge ovvero dai presenti termini d'uso.
10. Limitazione di responsabilità
10.1 Il Fornitore è impegnato a fornire un Servizio con contenuti professionali e di alta qualità; tuttavia,
il
Fornitore non garantisce all'Utente che i contenuti siano sempre privi di errori o imprecisioni; per tale
motivo,
l'Utente è l'unico responsabile dell'uso dei contenuti e delle informazioni veicolate attraverso di
essi.
10.2 L'Utente riconosce e accetta che, data la natura del Servizio e come da prassi nel settore dei servizi
della
società dell'informazione, il Fornitore potrà effettuare interventi periodici sui propri sistemi per
garantire o
migliorare l'efficienza e la sicurezza del Servizio; tali interventi potrebbero comportare il rallentamento
o
l'interruzione del Servizio. Il Fornitore si impegna a contenere i periodi di interruzione o rallentamento
nel minore
tempo possibile e nelle fasce orarie in cui generalmente vi è minore disagio per gli Utenti. Ove
l'interruzione del
Servizio si protragga per oltre 24 ore, l'Utente avrà diritto a un'estensione dell'Abbonamento per un numero
di giorni
pari a quello dell'interruzione; in tali casi, l'Utente riconosce che l'estensione dell'Abbonamento è
l'unico rimedio in
suo favore, con la conseguente rinunzia a far valere qualsivoglia altra pretesa nei confronti del
Fornitore.
10.3 L'Utente riconosce e accetta che nessuna responsabilità è imputabile al Fornitore:
- per disservizi dell'Abbonamento derivanti da malfunzionamenti di reti elettriche e telefoniche ovvero di
ulteriori
servizi gestiti da terze parti che esulano del tutto dalla sfera di controllo e responsabilità del Fornitore
(per
esempio, disservizi della banca dell'Utente, etc...);
- per la mancata pubblicazione di contenuti editoriali che derivi da cause di forza maggiore.
10.4 In tutti gli altri casi, l'Utente riconosce che la responsabilità del Fornitore in forza del contratto
è limitata
alle sole ipotesi di dolo o colpa grave.
10.5 Ai fini dell'accertamento di eventuali disservizi, l'Utente accetta che faranno fede le risultanze dei
sistemi
informatici del Fornitore.
11. Modifica dei termini d'uso
11.1 L'Abbonamento è disciplinato dai termini d'uso approvati al momento dell'acquisto.
11.2 Durante il periodo di validità del contratto, il Fornitore si riserva di modificare i termini della
fornitura per
giustificati motivi connessi alla necessità di adeguarsi a modifiche normative o obblighi di legge, alle
mutate
condizioni del mercato di riferimento ovvero all'attuazione di piani aziendali con ricadute sull'offerta dei
contenuti.
11.3 I nuovi termini d'uso saranno comunicati all'Utente con un preavviso di almeno 15 giorni rispetto alla
scadenza del
periodo di fatturazione in corso ed entreranno in vigore a partire dall'inizio del periodo di fatturazione
successivo.
Se l'Utente non è d'accordo con i nuovi termini d'uso, può esercitare la disdetta secondo quanto previsto al
precedente
articolo 3.
11.4 Ove la modifica dei termini d'uso sia connessa alla necessità di adeguarsi a un obbligo di legge, i
nuovi termini
d'uso potranno entrare in vigore immediatamente al momento della comunicazione; resta inteso che, solo in
tale ipotesi,
l'Utente potrà recedere dal contratto entro i successivi 30 giorni, con il conseguente diritto ad ottenere
un rimborso
proporzionale al periodo di abbonamento non goduto.
12. Trattamento dei dati personali
12.1 In conformità a quanto previsto dal Regolamento 2016/679 UE e dal Codice della privacy (decreto
legislativo 30
giugno 2003, n. 196), i dati personali degli Utenti saranno trattati per le finalità e in forza delle basi
giuridiche
indicate nella privacy policy messa a disposizione dell'Utente in sede di registrazione e acquisto.
12.2 Accettando i presenti termini di utilizzo, l'Utente conferma di aver preso visione della privacy policy
messa a
disposizione dal Fornitore e di averne conservato copia su supporto durevole.
12.3 Il Fornitore si riserva di modificare in qualsiasi momento la propria privacy policy nel rispetto dei
diritti degli
Utenti, dandone notizia a questi ultimi con mezzi adeguati e proporzionati allo scopo.
13. Servizio clienti
13.1 Per informazioni sul Servizio e per qualsiasi problematica connessa con la fruizione dello stesso,
l'Utente può
contattare il Fornitore attraverso i seguenti recapiti: help@newslist.it
14. Legge applicabile e foro competente
14.1 Il contratto tra il Fornitore e l'Utente è regolato dal diritto italiano.
14.2 Ove l'Utente sia qualificabile come consumatore, per le controversie comunque connesse con la
formazione,
esecuzione, interpretazione e cessazione del contratto, sarà competente il giudice del luogo di residenza o
domicilio
del consumatore, se ubicato in Italia.