17 Ottobre
Washington, Bruxelles, Roma. Il triangolo della politica italiana
La visita del Presidente della Repubblica negli Stati Uniti, la fase critica delle Relazioni Transatlantiche. La guerra in Libia e quella finanziaria nel 2011, il conflitto in Siria e l'intervento dei turchi. Dalla grande crisi del 1992 a quella del 2011, dal voto del 2013 allo shock del 2018. Dal Conte 1 al Conte 2. Un'indagine sul sottosopra permanente dell'Italia politica
In quale quadro globale è collocata l'Italia? Perché politica estera e interna non possono esser separate? L'ambasciata della Finlandia a Roma, in occasione della visita a Roma della Commissione Parlamentare Finlandese per il Futuro, ha invitato List a una discussione sulla politica italiana e lo scenario internazionale. Ecco l'intervento del titolare, buona lettura.
Signore e Signori,
Vi ringrazio per il vostro invito, è un piacere e un onore essere qui con voi.
Sono un giornalista, partiamo dai fatti: il Presidente Sergio Mattarella è a Washington, ha incontrato il Presidente Trump. C'è stata una burrascosa conferenza stampa - la più dura di sempre l'ha definita il Presidente americano - in cui sono emerse le differenze caratteriali tra i due presidenti (questo è normale, nonostante i giornali in Italia mettano in evidenza il punto, cercando uno scandalo che non c'è) e divisioni tra le politiche nazionali che invece riguardano le Relazioni Transatlantiche.
"A che punto è la notte?" è la domanda che compare nel più grande affresco letterario sul potere scritto da William Shakespeare, il Macbeth. È esattamente al punto del dramma del Bardo, la notte e il giorno sono in lite, nessuno dei due ha vinto ancora. Così è la situazione delle Relazioni Transatlantiche oggi, gli Stati Uniti hanno ingaggiato una lotta all'ultimo container con la Cina e in mezzo c'è l'Europa. Nel più grande romanzo della letteratura italiana, I Promessi Sposi, di Alessandro Manzoni, c'è una magnifica espressione che è perfetta per definire la situazione dell'Europa nella guerra dei dazi tra Stati Uniti e Cina: "Un vaso di coccio tra i vasi di ferro".
Il Presidente Mattarella è giunto a Washington per cucire e riavvicinare le due sponde dell'Atlantico. E lo fa con tatto istituzionale, ricerca del dialogo e fermezza. Il garbo e il tono giusto derivano dalla sua terra (la Sicilia),...
In quale quadro globale è collocata l'Italia? Perché politica estera e interna non possono esser separate? L'ambasciata della Finlandia a Roma, in occasione della visita a Roma della Commissione Parlamentare Finlandese per il Futuro, ha invitato List a una discussione sulla politica italiana e lo scenario internazionale. Ecco l'intervento del titolare, buona lettura.
Signore e Signori,
Vi ringrazio per il vostro invito, è un piacere e un onore essere qui con voi.
Sono un giornalista, partiamo dai fatti: il Presidente Sergio Mattarella è a Washington, ha incontrato il Presidente Trump. C'è stata una burrascosa conferenza stampa - la più dura di sempre l'ha definita il Presidente americano - in cui sono emerse le differenze caratteriali tra i due presidenti (questo è normale, nonostante i giornali in Italia mettano in evidenza il punto, cercando uno scandalo che non c'è) e divisioni tra le politiche nazionali che invece riguardano le Relazioni Transatlantiche.
"A che punto è la notte?" è la domanda che compare nel più grande affresco letterario sul potere scritto da William Shakespeare, il Macbeth. È esattamente al punto del dramma del Bardo, la notte e il giorno sono in lite, nessuno dei due ha vinto ancora. Così è la situazione delle Relazioni Transatlantiche oggi, gli Stati Uniti hanno ingaggiato una lotta all'ultimo container con la Cina e in mezzo c'è l'Europa. Nel più grande romanzo della letteratura italiana, I Promessi Sposi, di Alessandro Manzoni, c'è una magnifica espressione che è perfetta per definire la situazione dell'Europa nella guerra dei dazi tra Stati Uniti e Cina: "Un vaso di coccio tra i vasi di ferro".
Il Presidente Mattarella è giunto a Washington per cucire e riavvicinare le due sponde dell'Atlantico. E lo fa con tatto istituzionale, ricerca del dialogo e fermezza. Il garbo e il tono giusto derivano dalla sua terra (la Sicilia), la capacità di ascolto, dialogo e fermezza sono il prodotto della sua cultura politica (la grande storia della Democrazia Cristiana).
Trump non ha cambiato idea sui dazi. Dobbiamo ricordare in tutta onestà che la bilancia commerciale degli Stati Uniti parla chiaro: sul piano dei numeri il Presidente americano ha le sue ragioni. Dobbiamo anche ricordare che nell'arbitrato tra Boeing e Airbus il WTO ha dato ragione agli Stati Uniti sugli aiuti di Stato. Antonio Gramsci, uno dei più grandi filosofi della politica di sempre, invitava a "conoscere l'avversario" e a non sottovalutarlo mai. Si evitano spiacevoli sorprese e sconfitte. Per sapere, per capire che cosa succede, dobbiamo tutti fare uno sforzo di comprensione, evitare il pregiudizio, il moral bias, sulla politica americana e in particolare su questa amministrazione. La Casa Bianca ha sempre vissuto fasi diverse incarnate da uomini diversi. Basta andarsi a rileggere la storia dei presidenti americani per farsi un'idea chiara. E voi tutti sapete quanto sia vero tutto questo, perché fa parte di una materia che conoscete bene, la storia della diplomazia.
La politica dei dazi per l'Italia è un enorme problema: l'export del Made in Italy in America vale 20 miliardi di dollari di surplus della nostra bilancia commerciale con gli Stati Uniti. I dazi sono un colpo al nostro sistema produttivo in settori chiave come l'alimentare, il design, la moda, la manifattura avanzata. Serve una soluzione, ma non possiamo trovarla da soli, occorre una visione europea. E francamente si percepisce solo il vuoto. Ci torneremo tra un po', su questo vuoto europeo che mi preoccupa per le conseguenze inattese.
Presidenti. Sergio Mattarella e Donald Trump ieri alla Casa Bianca (Foto Ansa)Il viaggio del Presidente Mattarella a Washington in questo senso è un'occasione importante per cercare di catturare le differenze, le assonanze e soprattutto vedere la parabola della sfida della contemporaneità, il suo punto di caduta. Donald Trump ha detto mentre era con Mattarella alla Casa Bianca che "l'Ue non dovrebbe fare ritorsioni contro gli Usa dopo la decisione del WTO sugli aiuti ad Airbus. Ha già ottenuto vantaggi e si è approfittata dei precedenti presidenti". Trump è stato duro, non ha concesso nulla, ma da abile dealer qual è alla fine ha lasciato una porta aperta, più retorica che reale, ma va registrata, annotata sul taccuino: "Gli Stati Uniti valuteranno attentamente le rimostranze dell'Italia che ritiene di essere troppo penalizzata". Trump sa bene che il nostro Paese ha una grande importanza strategica. Quale?
Qui entriamo nel Grande Gioco della politica estera che, come vedremo, è il solo gioco che conta, insieme a quello globale delle banche centrali, The Only Game In Town, titolo di un bel libro di Mohamed A. El-Erian.
L'Italia è un paese chiave della politica del Mediterraneo, lo è de facto e lo è ancora di più in teorica potenza. Il problema è che la sua classe politica ignora queste potenzialità, si perde in discussioni e lotte tribali, ripiegata su se stessa non vede e riconosce quello che nel Piccolo Principe viene definito in maniera sublime: "L'essenziale è invisibile agli occhi". La politica italiana troppo spesso non vede l'essenziale.
La posizione dell'Italia nel Mediterraneo ne fa un paese facile da raggiungere e paradossalmente difficile da comprendere per il Grande Nord. Qui tra noi c'è un invitato che non ha bisogno di alcun biglietto d'ingresso e non chiede il permesso di partecipare a questa nostra riunione: è la Storia. E accanto alla Storia, al vostro fianco, proprio dove ora siete seduti, c'è la politica, c'è l'economia, c'è la psicologia, c'è l'antropologia, c'è la geografia, c'è la geopolitica. E ci sono fenomeni ai quali l'Italia, proprio per la sua posizione, è esposta più di altri paesi: la rivoluzione demografica (invecchiamento e immigrazione), la carestia, la fame e le rivoluzioni dell'Africa, le guerre del Vicino Oriente.
L'Italia è il punto d'approdo, il passaggio, di queste forze che plasmano la contemporaneità. Non possiamo sfuggire al nostro destino, ma dobbiamo fare in modo che queste forze non ci travolgano. L'Italia è il paese più vecchio del mondo insieme al Giappone e alla Germania, il rapporto tra nati e morti e l'allungamento dell'età media sono un problema enorme per la nostra società, la sfida più grande. C'è chi sostiene che si possano sostituire gli italiani con gli stranieri, c'è chi si oppone a questa teoria con veemenza, siamo su un terreno di scontro politico incandescente, la propaganda è tanta da una parte e dall'altra, e fa danni. E come sempre accade la verità sta nel mezzo. Il Grande Inverno demografico è una realtà, il problema della regolazione dei flussi migratori è ineludibile, la soluzione per ora è lontana perché una politica comune europea purtroppo non esiste. Prevalgono gli egoismi.
Lo scenario politico italiano è profondamente cambiato a causa della sottovalutazione del fenomeno migratorio da parte dei governi nazionali e dell'Unione europea.
L'ascesa della Lega è in gran parte dovuta a questo errore di percezione e reazione. Matteo Salvini ha costruito un partito nazionale che è il primo nei sondaggi e tale si conferma a ogni turno elettorale. La Lega è un pezzo importante della scacchiera politica italiana e provare a fare un'operazione di rimozione - come sta avvenendo - di questo punto condurrà presto a un amaro risveglio. L'immaginario dell'elettore italiano non è quello dei salotti colti, non è quello a senso unico stampato dai giornali, non è quello del mainstream media. Viviamo in un tempo in cui l'identità politica è polarizzata, i partiti offrono soluzioni semplicistiche a problemi complessi, il dibattito pubblico è stato degradato a lite sui social media dagli stessi leader politici. Siamo in una trappola retorica che ha gravi conseguenze sul piano dell'azione di governo.
Torniamo alle origini del problema migratorio e al suo impatto, uno tsunami, sulla politica italiana. Una sciagurata guerra in Libia, un piano A (far cadere il colonnello Gheddafi) che non aveva un piano B (con chi sostituire Gheddafi), ha condotto al disastro che è sotto gli occhi di tutti. Dal 2011 quel paese è nel caos, sono trascorsi otto anni dalla morte di Gheddafi e guardate cosa è rimasto della Libia: un paese polverizzato in mano a gang criminali, in guerra, con un governo sostenuto dall'Onu che non controlla neppure i sobborghi di Tripoli e un esercito, quello del generale Kalifa Haftar, che partito da Bengasi non riesce a conquistare la capitale libica. La Libia è nel coma permanente della guerra senza sbocco politico. Perché come sapete tutti e come scriveva il più grande teorico della guerra, il generale Carl von Clausewitz, la guerra è la continuazione della politica. Ma senza un obiettivo politico qualsiasi guerra è destinata a diventare una palude.
Il segretario di Stato Hillary Clinton a Londra nel 2011 a una conferenza sul futuro della Libia (Foto Ansa)Quella guerra fu incoraggiata dagli Stati Uniti, fatta dalla Francia, sostenuta dal Regno Unito, accettata senza convinzione e con dubbi poi rivelatisi poi fondati dall'Italia. Doveva "liberare" la Libia da Gheddafi, un satrapo, l'ha resa prigioniera di un altro incubo. E ha spalancato i cancelli del deserto ai trafficanti di uomini, donne, bambini. L'errore politico, l'hubrys che conduce all'orrore.
In Libia, otto anni dopo, quella che doveva essere una primavera araba e si è rivelata un lungo inverno, è il nostro problema più urgente di politica estera. Nessuno pare abbia la seria intenzione di risolverlo. Ma là c'è l'interesse nazionale dell'Italia. E la concorrenza di altri paesi come Francia e Inghilterra. La Libia è un immenso campo petrolifero e un pezzo strategico del puzzle dell'Africa e del Medio Oriente. Ai giocatori di fronte alla scacchiera va aggiunta la Russia di Vladimir Putin che, va sottolineato, fino a qualche anno fa in Libia non muoveva un solo pezzo sulla scacchiera e oggi invece è un player con il quale non si può non parlare. Dove ci sono difficoltà, la Russia s'infila abilmente, è la grande lezione del passato che viene dal principe della diplomazia dello Zar, Alexander Gorchakov, una tradizione ancora oggi ispira la politica estera della Russia. I busti e i dipinti di Gorchakov sono presenti nel grattacielo del ministero degli Esteri, una delle Sette Sorelle di Mosca.
La guerra è il punto di svolta del nostro racconto. Nel 2011 le rivoluzioni in Africa del Nord innescano un altro conflitto, la rivoluzione in Siria. Anche qui, la retorica si scontra in maniera drammatica con la realtà e proxy war americana si rivela presto un incubo. Armare le fazioni dei "ribelli" contro Assad conduce a una guerra civile che ha prodotto oltre 200 mila morti e più di 4 milioni di rifugiati in altri paesi, ai quali vanno aggiunti altri 6 milioni di sfollati interni. Quella guerra ha prodotto l'Isis, l'allargamento del conflitto all'Iraq, tensioni crescenti con la Turchia e il Libano. L'esito finale è stato l'indecisione di Obama sulla "red line", l'intervento della Russia, di Hezbollah, dell'Iran e una reazione americana a sostegno dei curdi. Quella storia oggi vede un altro capitolo svolgersi sotto i nostri occhi: l'invasione della Turchia sulla Siria del Nord, il disimpegno americano e l'abbandono dei curdi, la reazione di Assad e il ruolo centrale della Russia, ancora una volta, ormai in tutto il Medio Oriente.
Per l'Italia lo scenario siriano è fondamentale, ha delle conseguenze. Il governo italiano sostiene una netta posizione di condanna dell'intervento della Turchia, ha annunciato il blocco della fornitura di armi. Bene, c'è solo un dettaglio: la Turchia era l'unico paese su cui l'Italia poteva ancora contare nella sua partita in Libia. È un fattore di cui è stato tenuto conto?
Come vedete, la politica del Mediterraneo riemerge e il rapporto con Washington, dal quale eravamo partiti, è il dilemma di fronte al quale ci pone la contemporaneità. Cosa deve fare l'Italia, cosa deve fare l'Europa di fronte alla nuova politica estera degli Stati Uniti? Dazi e meno impegno militare sono un fatto reale.
Come dobbiamo trattare il problema di una Turchia in espansione, come valutare le mosse del secondo esercito della Nato che si muove dentro e fuori della Nato, cosa fare con quella Turchia alla quale l'Europa (in questo caso bisogna leggere alla voce Germania) ha affidato la difesa dei suoi confini a Sud, come rispondere a Erdogan quando dice che aprirà le porte dell'Europa a 3,6 milioni di rifugiati?
In questo scenario, l'unico soggetto al quale si può e si deve guardare con fiducia è il Presidente Mattarella. È il Quirinale l'elemento di stabilità, il punto di riferimento della politica estera, il giocatore in campo.
Nel giro di poche settimane, in un quadro di politica interna in rapida mutazione - e ora vedremo come - Mattarella ha incontrato il Presidente della Francia, il Presidente della Germania e il Presidente degli Stati Uniti. Macron, Steinmeier e Trump. Parigi, Berlino e Washington. Sintesi: i due paesi chiave dell'Europa e il nostro storico partner nell'Alleanza Atlantica. Mi pare chiaro il disegno: tenere saldamente ancorata l'Italia alle sue alleanze storiche, in un quadro di cooperazione multilaterale, nella versione di una media potenza, un paese fondatore dell'Unione europea che ha un ruolo chiave nel Mediterraneo.
Tutto semplice, tutto complicato dal quadro della politica interna.
L'Italia dal 1992 a oggi è in una fase di composizione e ricomposizione del quadro politico. Possiamo anche dire di essere di fronte a una transizione che non è mai terminata. Non finisce perché il nostro disegno istituzionale e politico non è compiuto fino in fondo. Sono mancate le riforme e viviamo in un sistema che fa il taglio dei parlamentari e si pensa che questa sia la chiave per vincere la sfida della contemporaneità. Siamo ovviamente di fronte a una favola e alle favole di questi tempi non credono neppure i bambini.
Il problema è che al posto della fiction arriva sempre la realtà. Inesorabile, puntuale, onesta.
Nessun governo degli ultimi 30 anni è riuscito a sfuggire a questo destino. Il conto arriva. Le crisi politiche italiane sono cicliche, regolari, con periodi di 10 e 20 anni. In ognuno di questi cicli c'è l'ascesa e il declino di una figura politica importante: Benito Mussolini (20 anni), De Gasperi (dieci anni), Fanfani (dieci anni), Moro (dieci anni), Craxi (dieci anni), Berlusconi (vent'anni). Non ci siamo ancora organizzati per i prossimi 10/20 anni. Certo, ci sono altri personaggi che hanno avuto ruoli di grande significato, pensate a Giulio Andreotti, a Palmiro Togliatti, a Enrico Berlinguer, a importanti traghettatori della nostra storia, come Giovanni Spadolini e Carlo Azeglio Ciampi, alla figura di Francesco Cossiga, al federatore della sinistra Romano Prodi. Ma qui parliamo di leader a tutto tondo e uomini che hanno impresso un segno indelebile all'Italia, ne hanno plasmato e interpretato il carattere, nel bene e nel male. Dieci e vent'anni sono dunque la misura del ciclo politico italiano.
28 aprile 1994, Berlusconi durante la convention di Forza Italia (Foto Ansa)Questi cicli sono incastonati idealmente in tre stagioni: Prima Repubblica (1945-1993), Seconda Repubblica (1994-2012), Terza Repubblica (2013 - ?). La Prima è la "Repubblica dei partiti" (titolo di un bel libro di Pietro Scoppola che andrebbe ristampato), la Seconda è la Repubblica dei leader senza partito (quello di Berlusconi non è mai stato un vero partito e Prodi non aveva partito), la Terza è la Repubblica dei populismi e del disordine mondiale (fine del patto di Jalta, crisi dell'Europa e allentamento del Patto Atlantico).
Dal 1992 in poi le crisi di governo italiane sono scatenate da un cocktail letale di emergenza economica e istituzionale. Questi shock si sono risolti (in realtà sono sempre aperti e rinviati) in governi tecnici o esperimenti politici. Il profilo della crisi è sempre lo stesso: cova in silenzio, si manifesta improvvisamente e con violenza, conduce a provvedimenti dolorosi, il sistema politico viene spazzato via. E si ricomincia, fino ad arrivare a un nuovo evento traumatico.
Amato, Ciampi e la crisi del 1992.
Il governo di Giuliano Amato andò a casa dopo 10 mesi e un giorno, una finanziaria da 100 mila miliardi, la più importante del dopoguerra, e il prelievo forzoso dai conti correnti bancari, la notte di venerdì 10 luglio 1992. Si è detto e scritto che quella crisi fu causata dalla speculazione di George Soros, ma la sua fu l'azione di un raider che approfittava in realtà di uno scenario creato dalla incompiuta ma già disfunzionante Europa. Al posto di Amato a Palazzo Chigi arriva nell'aprile del 1993 Carlo Azeglio Ciampi, il governatore di Bankitalia. Al suo posto a Palazzo Koch arriva Antonio Fazio.
Il governo Ciampi arriva come esecutivo di transizione, il primo nella storia della Repubblica guidato da un non parlamentare, un governo di tecnici ma in realtà più che politico. Siamo nell'aprile del 1993, la crisi di Tangentopoli sta polverizzando il sistema dei partiti. L'esecutivo Ciampi doveva vedere per la prima volta i post-comunisti al governo (allora erano sotto la sigla del Pds) ma entrano ed escono dal governo in sole 10 ore perché il Parlamento respinge le autorizzazioni a procedere contro Bettino Craxi. Qui il Pds compie un grave errore - uno dei tanti - della sua storia e decide di ritirare i propri ministri. Una scelta che lo terrà sul terreno dell'ambiguità, stretto tra il desiderio di essere forza di governo e la retorica antica della "diversità" che si manifesta con l'adesione a un partito che non c'è, quello della magistratura. Ciampi fa il suo lavoro di traghettatore, è un periodo durissimo, non solo sul piano economico, è una stagione in cui si incrociano la crisi di Tangentopoli e l'attacco della mafia allo Stato con le bombe a Firenze, Milano e Roma.
Il ventennio di Berlusconi e la crisi del 2011
Lo sbocco di quella crisi tremenda fu il voto del 1994, la fine della Prima Repubblica e l'avvio della Seconda, parte il ventennio berlusconiano. L'emersione della Lega di Bossi, il partito dei giudici e quello degli avvocati. Un paese bloccato dal nuovo -ismo, il berlusconismo e l'anti-berlusconismo. Una sinistra incapace di svoltare e capace di governare solo in litigiose coalizioni. Un paese senza riforme con una Costituzione bloccata e un sistema economico con pochi capitali e molti capitani di carta. Un sistema dove il governo è la mera gestione dell'esistente. In due parole: la palude.
Il 1992, la crisi economica e finanziaria, la gestione dell'emergenza con una figura istituzionale, un tecnico, ma con una copertura politica ampia, sono il copione che si ripete perfettamente nel 2011, l'altra grande crisi italiana.
Sono fatti che si stanno allontanando rapidamente dalla memoria, per questo bisogna ricordare la loro genesi, perché su questo periodo si è esercitata la fantasia dei partitanti in cerca di giustificazioni per i loro comportamenti di ieri, di oggi e di domani.
La scintilla del sottosopra italiano è nella Grande Crisi del 2007-2008, il crac dei mutui subprime in America che porta al collasso di alcune banche, scatena una crisi finanziaria che ha come esito il credit-crunch e culmina con il fallimento di Lehman Brothers (15 settembre 2008). Quei fatti condurranno all'elezione di Barack Obama in America e all'intervento della Federal Reserve guidata da Ben Bernanke per salvare i settori chiave dell'economia americana, le banche e l'industria dell'auto in testa. In Germania governa la cancelliera Angela Merkel, in Italia a Palazzo Chigi governa per soli due anni Romano Prodi (2006-2008) sostituito poi nuovamente con il voto del 2008 da Silvio Berlusconi che allora sembra avviato a governare alla sua massima potenza. In Francia all'Eliseo c'è un agguerrito Nicolas Sarkozy, il Presidente della Banca centrale europea è il francese Jean-Claude Trichet, sta per arrivare Mario Draghi e alla Bundesbank Jens Weidmann.
15 settembre 2008. Lehman Brothers va in fallimento (Foto Ansa)Mentre l'economia americana avvia la sua galoppata verso un periodo di eccezionale crescita che dura da dieci anni, l'Europa ha un problema di tenuta finanziaria e sfiducia che si abbatte sul rating sovrano e naturalmente sui paesi con alto debito e bassa crescita. La Grecia è il primo paese a cadere, ma il vero gigante a cui tutti guardano è l'Italia con il suo debito pubblico monstre. In un clima di generale sfiducia e innalzamento della valutazione del rischio-paese, nel 2011 l'Italia è al centro del maelstrom finanziario. Il governo Berlusconi risponde alla crisi... rinviandola. Mentre l'Italia entra in una turbolenza politica gigantesca, cominciano le primavere arabe: cadono i regimi di Ben Alì in Tunisia e di Mubarak in Egitto, i francesi a Bengasi preparano la caduta del regime del colonnello Gheddafi in Libia. Il Financial Times il 14 febbraio del 2011 pubblica un editoriale dal titolo chiaro e definitivo: "Arrivederci, Silvio".
Mentre le primavere arabe montano la rivolta, si fa strada l'idea che il Cavaliere in Italia - alla pari di Ben Alì e di Mubarak e di Gheddafi - non possa restare in sella. Berlusconi è inseguito dalla magistratura per il Rubygate, l'Italia è in una situazione complicata con gli alleati perché si oppone all'azione militare in Libia già decisa da Sarkozy, appoggiata dagli inglesi e dal Dipartimento di Stato di Hillary Clinton, con Obama che lascia il comando delle operazioni a "Lady Libia".
La crisi finanziaria dell'Europa diventa ciclopica e nel novembre del 2011 si compie la storia del "salvataggio dell'Euro" raccontata da Peter Spiegel sul Financial Times nel 2014.
Cannes, novembre 2011, Angela Merkel piange. In un drammatico vertice nella notte la Cancelliera scoppia in lacrime. L'Eurozona è in pericolo. I problemi si chiamano Grecia e Italia. Ma se Atene si può salvare, l'Italia è il problema del "too big to bail", troppo grande (il debito) per essere salvata, le stime dell'epoca parlano di un piano da 600 miliardi di euro che nessuno ovviamente ha a disposizione, né la Banca centrale europea né il Fondo monetario internazionale. Christine Lagarde arriva a Cannes con un piano di assistenza per l'Italia da 80 miliardi. Il governo italiano non è d'accordo e a sorpresa Barack Obama pronuncia questa frase: "I think Silvio is right", penso che Berlusconi abbia ragione. Il prestito del Fmi non s'ha da fare. Giulio Tremonti, il ministro dell'Economia, mantiene la posizione: l'Italia può accettare il monitoraggio del Fmi, ma non il programma di assistenza. La cancelliera Merkel inoltre ha un problema con la Bundesbank che non sposa il piano. Il vertice si chiude con un nulla di fatto, Obama che consola con un abbraccio Angela Merkel (nella foto qui sotto) e Silvio Berlusconi che rivela ciò che doveva essere segreto: il Fmi ha offerto assistenza all'Italia che l'ha rifiutata. Quella notizia scatenerà l'indomani mattina il fuoco dei mercati.
La pressione finanziaria già nell'estate del 2011 è al massimo, lo spread in novembre sale a 575 punti, Berlusconi ha da tempo sulla sua scrivania l'opzione Monti. L'ex commissario dell'Unione europea (scelto da Berlusconi) va a Palazzo Chigi con l'accordo di (quasi) tutti il 16 novembre del 2011. Il voto di fiducia arriva due giorni dopo, il 18 novembre, ecco come andarono le cose alla Camera: tutti favorevoli al governo tecnico, tranne il gruppo parlamentare della Lega. Un mese dopo quel governo varerà un pacchetto di misure economiche urgenti chiamato "Salva Italia". Ecco come andò il voto: tutti favorevoli, tranne la Lega, l'Italia dei Valori e un pugno di voti ribelli.
Ancora una volta l'Italia ha una crisi economica, un sottosopra giudiziario, un governo d'emergenza. Il governo Monti - come quelli di Amato e Ciampi - resterà in carica per un anno, il 21 dicembre del 2012 si dimette e l'Italia dopo l'esperienza di un esecutivo tecnico (sostenuto come abbiamo visto da quasi tutti i partiti) andrà al voto per cercare una svolta. Si chiude la seconda Repubblica, si apre la Terza, una stagione di traumi molteplici.
Il 2013 e la Terza Crisi
Addomesticata la crisi finanziaria, l'Italia entra in un'altra crisi, quella istituzionale. Nel febbraio del 2013 la mappa politica diventa più complessa e barocca, il Movimento Cinque Stelle entra in Parlamento, uno tsunami che rende la formazione di un governo quasi impossibile. Il Pd è riuscito a pareggiare le elezioni che lo vedevano iperfavorito con un Berlusconi all'angolo che riesce a mettere a segno un incredibile recupero elettorale. Pierluigi Bersani tenta di far entrare nella maggioranza i pentastellati senza riuscirci, la situazione è caotica, alla fine il Pd si arrende all'evidenza: bisogna fare un governo di larghe intese con Berlusconi. Nasce il governo di Enrico Letta, la collaborazione tra il Pd e Forza Italia si rafforza con l'arrivo di Matteo Renzi (dicembre 2013) alla segreteria del Pd. Renzi lancia uno "stai sereno" a Letta e gli soffia il posto al Palazzo Chigi pochi mesi dopo, nel febbraio del 2014. E qui si presenta una scadenza istituzionale che cambia tutto lo scenario: Giorgio Napolitano, che aveva concesso il bis alla Presidenza della Repubblica - su richiesta di tutti i partiti che non riuscivano a trovare l'accordo per eleggerne uno nuovo - chiede di lasciare il Quirinale. E Renzi fa il primo grande errore: sceglie come candidato Sergio Mattarella senza consultarsi con Berlusconi. Crac. La collaborazione si rompe e il segretario del Pd e Presidente del Consiglio Renzi da quel momento comincia a declinare e va incontro alla sconfitta durissima del referendum costituzionale del 2016. Renzi si dimette, arriva Paolo Gentiloni. In una legislatura il Pd consuma tre governi, liti furiose, scissioni, una guerra fratricida che ne mina l'immagine. Il Movimento Cinque Stelle e la Lega si preparano all'incasso.
Amara campanella. 22 febbraio 2014, Matteo Renzi va a Palazzo Chigi al posto di Enrico Letta (Foto Ansa)Nel frattempo i conti dell'Italia sono ipotecati. L'austerità era già finita con l'era Renzi, la sua politica di spesa segue il ciclo elettorale, gli 80 euro impegnano il governo per 10 miliardi, le clausole di salvaguardia dell'Iva diventano una consuetudine, non viene riformata la spesa, l'avanzo primario viene consumato, il debito pubblico cresce con impressionante regolarità, la crescita viene presentata come una conquista trionfale ma è a quota 1 per cento e l'Italia è il fanalino di coda dell'Europa. La cassa continua ad essere radioattiva, ma è là, dimenticata in un angolo del ministero dell'economia. In un periodo eccezionale con alta crescita in tutto il mondo, tassi a zero, pax finanziaria, prezzi energetici bassi, l'Italia consuma tempo, risorse e non mette fieno in cascina. La politica del Pd renziano è quella di chiedere un po' di flessibilità in Europa, gestire la spesa e continuare la spremitura fiscale, una linea continuista.
Il governo giallo-verde
Il gong arriva regolarmente il 4 marzo del 2018, un altro passaggio della crisi istituzionale italiana. Il voto consegna la vittoria travolgente dei Cinque Stelle, il sorpasso della Lega di Salvini su Forza Italia, l'immagine declinante di Berlusconi e Renzi. Partito democratico e Forza Italia che si erano messi d'accordo sulla riforma elettorale - il Rosatellum - che serviva a marginalizzare le forze estreme (Cinque Stelle e Lega) e preparare un altro governo di larghe intese, perdono le elezioni. Gli italiani chiedono una svolta. Dopo settimane di lunghe e drammatiche trattative va a dama l'unico governo possibile: l'alleanza tra Cinque Stelle e Lega, il Governo Frankenstein. Siamo dentro un'altra crisi, ma la soluzione ora non è un esecutivo tecnico, siamo in presenza di un governo politico, un Grosse Koalition all'italiana che immediatamente rivela la sua necessità e i suoi limiti. Nel giugno del 2018 Giuseppe Conte diventa Presidente del Consiglio, Salvini e Di Maio vanno al governo.
La necessità è dettata dai numeri, il governo tra Cinque Stelle e Lega non ha format alternativi in Parlamento. I limiti sono quelli dell'alleanza tra un partito d'opposizione nato per distruggere (i Cinque Stelle) e un partito che governa le regioni più avanzate d'Italia con una formula di centrodestra. I mercati colgono la contraddizione e fanno schizzare di nuovo lo spread. Il rischio-paese dell'Italia è aumentato.
Come nel gioco dell'oca, l'Italia torna alla casella di partenza: il suo ciclopico debito pubblico e la spesa per interessi.
Mentre lo spread torna a correre e si stabilizza ampiamente sopra i 200 punti (con un effetto micidiale sui conti pubblici), la maggioranza scrive il contratto di governo senza fare i conti con lo scenario economico che è mutato. I segnali ci sono tutti, ma nessuno vuole vederli. La Germania rallenta bruscamente la sua corsa, tutti gli altri seguono. L'Italia dopo un inutile e dispendioso (fa schizzare i tassi d'interesse sui titoli di Stato) braccio di ferro con la Commissione Ue presenta una legge di Bilancio con obiettivi che oggi sono ampiamente fuori controllo.
Resa dei conti. 20 agosto 2019, crisi di governo, Conte attacca in Senato Matteo Salvini (Foto Ansa)Il governo Frankenstein si spegne dopo un anno di vita (spericolata) per due semplici ragioni:
1. I suoi obiettivi economici sono irrealizzabili senza un piano di riforme (traduzione: servono idee e non slogan);
2. 2. Il voto europeo ribalta i rapporti di forza dell'alleanza, la Lega diventa primo partito e la coabitazione dalla fine di maggio 2019 diventa impossibile;
3. Nasce una nuova legislatura europea e un disegno per contenere i partiti nazionalisti, euroscettici, isolarli e provare a riformare la politica di bilancio europea, continuare il quantitative easing della Bce e aumentare la spesa, in poche parole, fare quello che prima non era stato fatto: risolvere i problemi, fronteggiare i populisti.
Aperta la crisi, commesso l'errore, nel varco aperto da Salvini s'infila un abilissimo giocatore di poker politico, Matteo Renzi. Dato per finito, colui che marzo del 2018 aveva impedito la nascita di un governo tra Pd e Cinque Stelle, ora lo favorisce e con uno spettacolare auto-ribaltone scongela i voti del Pd e battezza il governo giallo-rosso. Stupefacente? No, tutto molto coerente con la politica italiana. Renzi è il miglior attore del gioco di Palazzo e oggi è l'uomo che ha la golden share sul governo. Lo ha fatto nascere e può spegnerlo quando vuole.
Il governo giallo-rosso
Il governo giallo-rosso diventa una realtà perché è funzionale agli equilibri europei. Serve a isolare i partiti nazionalisti in Europa e mettere all'angolo il sovranismo immaginario di Salvini in Italia. Bruxelles e Strasburgo non possono permettersi un governo euroscettico a Roma con la Brexit di Boris Johnson alle porte, l'instabilità che avanza in Germania e la distopia di una Francia conservatrice governata da una macroniana non-sinistra. Salvini ha dato l'occasione, le cancellerie l'hanno colta. E Conte ha fatto il suo gioco. Il governo a Roma è caduto il giorno in cui il Movimento Cinque Stelle ha dato i suoi voti all'elezione di Ursula von der Leyen alla presidenza della Commissione Ue. Quello è stato il momento in cui il Conte 1 è caduto.
Al vertice del G7 in Francia, a Biarritz, è arrivata l'investitura a Conte che è diventato il "Giuseppi" di Donald Trump. Il dado è tratto, si va in discesa verso il Conte 2.
Dolce Francia. 25 agosto 2019, il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte al G7 di Biarritz (Foto Ansa)Il Conte 1 diventa Conte 2 con un semplice cambio cromatico: il giallo resta, il verde passa, arriva il rosso. Voilà, la politica italiana. È sintomatico che il Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, oggi intervistato dal Corriere della Sera dica: "Non temo ribaltoni". Lo dice lui, che ne ha appena portato a termine uno, di ribaltone. Conte è un uomo molto abile ma non sfugge a nessuno la sua metamorfosi da "avvocato del popolo" a figura chiave di un'operazione internazionale di realpolitik europeista.
Come è potuto accadere questo sottosopra? Matteo Salvini ha aperto la crisi al buio e come tutte le crisi al buio è finito dentro una botola. Il leader della Lega ha aperto la crisi ma non l'aveva "apparecchiata", non era affatto certo che l'esito sarebbe stato quello del voto. Errore grave. Mostra un grande limite. Salvini è un formidabile cacciatore di voti, ma non è capace nel gioco istituzionale. Piazze piene, palazzi vuoti.
I Cinque Stelle non hanno un'ideologia, non sono di sinistra né di destra, semplicemente "non sono". Nel senso che non sono catalogabili secondo antichi schemi di analisi politica. Sono anti- ecco, questo mi pare evidente. Sono anti-capitalisti, per esempio, e in questo senso sono intrisi di un ambientalismo che ha le idee di Malthus in testa pur non avendolo letto. Sono una forza politica "à la carte" e in un'epoca più gassosa che liquida, questo è molto efficace. Liberati dalla stretta della Lega, ora infatti capitalizzano il loro ruolo a Palazzo Chigi facendo il partito di lotta e di governo. Il premier Conte vara la legge di Bilancio, Di Maio la vota ma nello stesso tempo la critica. E così naturalmente fa anche Renzi. Il copione si recita quasi esclusivamente nella coalizione di governo. Durerà? Non lo sappiamo. La chiave di tutto non è il taglio dei parlamentari, ma la legge elettorale. Se ne scrivono una contro Italia Viva, il partito di Renzi, il governo cade. Questo è il dato certo che possiamo mettere nero su bianco in questo momento.
Sintesi
Che scenario si presenta davanti a noi? Sintesi: gli Stati Uniti hanno in corso una guerra commerciale, i dazi colpiscono l'export italiano in misura decisiva; la Francia è un paese con crescenti problemi interni; l'economia tedesca sta rallentando ed è colpita direttamente (auto e acciaio) dai dazi americani; il Regno Unito è nel pieno del disordine della Brexit; la piccola ma dinamica Olanda ha fermato i suoi importanti investimenti diretti in Italia; dipendiamo dalla Russia per l'energia (che è in guerra con gli Stati Uniti sul mercato del gas); la Cina è un mondo tutto da scoprire, è il mercato dal potenziale più grande ma presenta rischi seri sul fronte geopolitico ed è considerata una minaccia dal nostro principale alleato, gli Stati Uniti.
Non siamo soli nell'universo. Vale per l'Italia, vale per l'Europa. Come andrà a finire? Come cantava un grande artista italiano, Lucio Battisti, "lo scopriremo solo vivendo".
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fino al momento in cui il consumatore lo ha informato dell'esercizio del diritto di recesso; per il calcolo
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stesso
mezzo di pagamento utilizzato per la transazione iniziale.
4.6 Eventuali eccezioni al diritto di recesso, ove previste da Codice del consumo – decreto legislativo 6
settembre
2005, n. 206, saranno comunicate al consumatore in sede di offerta prima dell'acquisto.
5. Modalità di pagamento
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specificata nell'offerta in relazione al pacchetto scelto dall'Utente.
5.2 Tutti i prezzi indicati nell'offerta si intendono comprensivi di IVA.
5.3 Il pagamento dei corrispettivi può essere effettuato mediante carte di credito o debito abilitate ad
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dell'Abbonamento e dei successivi rinnovi sulla carta di pagamento indicata dallo stesso Utente.
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Pagamenti all'interno dell'applicazione IOS
5.7 In caso di acquisto dell'Abbonamento mediante l'Applicazione per dispositivi IOS, il pagamento è gestito
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6. Promozioni
6.1 Il Fornitore può a sua discrezione offrire agli Utenti delle promozioni sotto forma di sconti o periodi
gratuiti di
fruizione del Servizio.
6.2 Salvo che non sia diversamente specificato nella pagina di offerta della promozione, l'adesione a una
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comporta, alla sua scadenza, l'attivazione automatica del Servizio a pagamento con addebito periodico del
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6.3 L'Utente ha la facoltà di disattivare il Servizio in qualunque momento prima della scadenza del periodo
di prova
attraverso una delle modalità indicate nel precedente articolo 3).
7. Obblighi e garanzie dell'Utente
7.1 L'Utente dichiara e garantisce:
- di essere maggiorenne;
- di sottoscrivere l'Abbonamento per scopi estranei ad attività professionali, imprenditoriali, artigianali
o commerciali
eventualmente svolte;
- che tutti i dati forniti per l'attivazione dell'Abbonamento sono corretti e veritieri;
- che i dati forniti saranno mantenuti aggiornati per l'intera durata dell'Abbonamento.
7.2 L'Utente si impegna al pagamento del corrispettivo in favore del Fornitore nella misura e con le
modalità definite
nei precedenti articoli.
7.3 L'Utente si impegna ad utilizzare l'Abbonamento e i suoi contenuti a titolo esclusivamente personale, in
forma non
collettiva e senza scopo di lucro; l'Utente è inoltre responsabile per qualsiasi uso non autorizzato
dell'Abbonamento e
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impegna ad
assumere tutte le precauzioni necessarie per mantenere riservato l'accesso all'Abbonamento attraverso il
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(per esempio, mantenendo riservate le credenziali di accesso ovvero segnalando senza ritardo al Fornitore
che la
riservatezza di tali credenziali risulta compromessa per qualsiasi motivo).
7.4 La violazione degli obblighi stabiliti nel presente articolo conferisce al Fornitore il diritto di
risolvere
immediatamente il contratto ai sensi dell'articolo 1456 del codice civile, fatto salvo il risarcimento dei
danni.
8. Tutela della proprietà intellettuale e industriale
8.1 L'Utente riconosce e accetta che i contenuti dell'Abbonamento, sotto forma di testi, immagini,
fotografie, grafiche,
disegni, contenuti audio e video, animazioni, marchi, loghi e altri segni distintivi, sono coperti da
copyright e dagli
altri diritti di proprietà intellettuale e industriale di volta in volta facenti capo al Fornitore e ai suoi
danti causa
e per questo si impegna a rispettare tali diritti.
8.2 Tutti i diritti sono riservati in capo ai titolari; l'Utente accetta che l'unico diritto acquisito con
il contratto
è quello di fruire dei contenuti dell'Abbonamento con le modalità e i limiti propri del Servizio. Fatte
salve le
operazioni di archiviazione e condivisione consentite dalle apposite funzionalità del Servizio, qualsiasi
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riproduzione, pubblica esecuzione, comunicazione a terzi, messa a disposizione, diffusione, modifica ed
elaborazione dei
contenuti è espressamente vietata.
8.3 La violazione degli obblighi stabiliti nel presente articolo conferisce al Fornitore il diritto di
risolvere
immediatamente il contratto ai sensi dell'articolo 1456 del codice civile, fatto salvo il risarcimento dei
danni.
9. Manleva
9.1 L'Utente si impegna a manlevare e tenere indenne il Fornitore contro qualsiasi costo – inclusi gli
onorari degli
avvocati, spesa o danno addebitato al Fornitore o in cui il Fornitore dovesse comunque incorrere in
conseguenza di usi
impropri del Servizio da parte dell'Utente o per la violazione da parte di quest'ultimo di obblighi
derivanti dalla
legge ovvero dai presenti termini d'uso.
10. Limitazione di responsabilità
10.1 Il Fornitore è impegnato a fornire un Servizio con contenuti professionali e di alta qualità; tuttavia,
il
Fornitore non garantisce all'Utente che i contenuti siano sempre privi di errori o imprecisioni; per tale
motivo,
l'Utente è l'unico responsabile dell'uso dei contenuti e delle informazioni veicolate attraverso di
essi.
10.2 L'Utente riconosce e accetta che, data la natura del Servizio e come da prassi nel settore dei servizi
della
società dell'informazione, il Fornitore potrà effettuare interventi periodici sui propri sistemi per
garantire o
migliorare l'efficienza e la sicurezza del Servizio; tali interventi potrebbero comportare il rallentamento
o
l'interruzione del Servizio. Il Fornitore si impegna a contenere i periodi di interruzione o rallentamento
nel minore
tempo possibile e nelle fasce orarie in cui generalmente vi è minore disagio per gli Utenti. Ove
l'interruzione del
Servizio si protragga per oltre 24 ore, l'Utente avrà diritto a un'estensione dell'Abbonamento per un numero
di giorni
pari a quello dell'interruzione; in tali casi, l'Utente riconosce che l'estensione dell'Abbonamento è
l'unico rimedio in
suo favore, con la conseguente rinunzia a far valere qualsivoglia altra pretesa nei confronti del
Fornitore.
10.3 L'Utente riconosce e accetta che nessuna responsabilità è imputabile al Fornitore:
- per disservizi dell'Abbonamento derivanti da malfunzionamenti di reti elettriche e telefoniche ovvero di
ulteriori
servizi gestiti da terze parti che esulano del tutto dalla sfera di controllo e responsabilità del Fornitore
(per
esempio, disservizi della banca dell'Utente, etc...);
- per la mancata pubblicazione di contenuti editoriali che derivi da cause di forza maggiore.
10.4 In tutti gli altri casi, l'Utente riconosce che la responsabilità del Fornitore in forza del contratto
è limitata
alle sole ipotesi di dolo o colpa grave.
10.5 Ai fini dell'accertamento di eventuali disservizi, l'Utente accetta che faranno fede le risultanze dei
sistemi
informatici del Fornitore.
11. Modifica dei termini d'uso
11.1 L'Abbonamento è disciplinato dai termini d'uso approvati al momento dell'acquisto.
11.2 Durante il periodo di validità del contratto, il Fornitore si riserva di modificare i termini della
fornitura per
giustificati motivi connessi alla necessità di adeguarsi a modifiche normative o obblighi di legge, alle
mutate
condizioni del mercato di riferimento ovvero all'attuazione di piani aziendali con ricadute sull'offerta dei
contenuti.
11.3 I nuovi termini d'uso saranno comunicati all'Utente con un preavviso di almeno 15 giorni rispetto alla
scadenza del
periodo di fatturazione in corso ed entreranno in vigore a partire dall'inizio del periodo di fatturazione
successivo.
Se l'Utente non è d'accordo con i nuovi termini d'uso, può esercitare la disdetta secondo quanto previsto al
precedente
articolo 3.
11.4 Ove la modifica dei termini d'uso sia connessa alla necessità di adeguarsi a un obbligo di legge, i
nuovi termini
d'uso potranno entrare in vigore immediatamente al momento della comunicazione; resta inteso che, solo in
tale ipotesi,
l'Utente potrà recedere dal contratto entro i successivi 30 giorni, con il conseguente diritto ad ottenere
un rimborso
proporzionale al periodo di abbonamento non goduto.
12. Trattamento dei dati personali
12.1 In conformità a quanto previsto dal Regolamento 2016/679 UE e dal Codice della privacy (decreto
legislativo 30
giugno 2003, n. 196), i dati personali degli Utenti saranno trattati per le finalità e in forza delle basi
giuridiche
indicate nella privacy policy messa a disposizione dell'Utente in sede di registrazione e acquisto.
12.2 Accettando i presenti termini di utilizzo, l'Utente conferma di aver preso visione della privacy policy
messa a
disposizione dal Fornitore e di averne conservato copia su supporto durevole.
12.3 Il Fornitore si riserva di modificare in qualsiasi momento la propria privacy policy nel rispetto dei
diritti degli
Utenti, dandone notizia a questi ultimi con mezzi adeguati e proporzionati allo scopo.
13. Servizio clienti
13.1 Per informazioni sul Servizio e per qualsiasi problematica connessa con la fruizione dello stesso,
l'Utente può
contattare il Fornitore attraverso i seguenti recapiti: help@newslist.it
14. Legge applicabile e foro competente
14.1 Il contratto tra il Fornitore e l'Utente è regolato dal diritto italiano.
14.2 Ove l'Utente sia qualificabile come consumatore, per le controversie comunque connesse con la
formazione,
esecuzione, interpretazione e cessazione del contratto, sarà competente il giudice del luogo di residenza o
domicilio
del consumatore, se ubicato in Italia.