4 Novembre
Lezione inglese
Due paesi in crisi e transizione, due soluzioni diverse: in Italia si fanno governi che sono minoranza nel paese, nel Regno Unito si vota. Un'indagine di Lorenzo Castellani tra Brexit e trasformismo
di Lorenzo Castellani
Italia e Regno Unito sono due paesi in forte crisi d’identità. La prima viene dal decennio che ha posto fine alla cosiddetta seconda Repubblica e spazzato via la democrazia dell’alternanza, non è ancora uscita dalla crisi economica iniziata nel 2010, non riesce a produrre élite nazionali in grado di tirarla fuori dalle secche, ha lasciato irrisolto il rapporto con l’Unione Europea. Il Regno Unito è un paese diviso e fratturato territorialmente e politicamente, in cui la democrazia ha fatto esplodere inaspettatamente il petardo della Brexit, che si è infilato in un processo di contrattazione multilivello, con l’UE e con gli stati interni al Regno, che sembra senza fine e deve fare i conti con un sistema politico traumatizzato dalla fine del vecchio e quasi sempre saldo bipartitismo. Due paesi molto diversi, ma uniti dalla profondità della crisi che li attraversa. Due paesi in cui si è consumata una rottura forte tra un pezzo e l’altro della nazione, due stati con un rapporto problematico con l’Unione Europea.
L’Italia era il paese più euro entusiasta ed oggi è la nazione dell’eurozona con uno dei più alti tassi di euroscetticismo, il Regno Unito cerca di salvare la propria unità cercando di rispettare il risultato del referendum che ha sancito popolarmente l’uscita, ma non i termini della stessa. Per l’Italia l’Europa è un vincolo esterno, una rete di sicurezza sui conti pubblici ma anche una camicia di forza da cui il paese non riesce a divincolarsi. A Londra il sovranismo ha trionfato, ma si è scontrato con la realtà del Parlamento, con la vischiosità dei partiti e con le divisioni interne al proprio territorio.
In questo quadro di somiglianze e differenze gli ultimi mesi appaiono ancora più interessanti.
Ci sono due premier. Giuseppe Conte, lo sconosciuto professore di diritto, che...
di Lorenzo Castellani
Italia e Regno Unito sono due paesi in forte crisi d’identità. La prima viene dal decennio che ha posto fine alla cosiddetta seconda Repubblica e spazzato via la democrazia dell’alternanza, non è ancora uscita dalla crisi economica iniziata nel 2010, non riesce a produrre élite nazionali in grado di tirarla fuori dalle secche, ha lasciato irrisolto il rapporto con l’Unione Europea. Il Regno Unito è un paese diviso e fratturato territorialmente e politicamente, in cui la democrazia ha fatto esplodere inaspettatamente il petardo della Brexit, che si è infilato in un processo di contrattazione multilivello, con l’UE e con gli stati interni al Regno, che sembra senza fine e deve fare i conti con un sistema politico traumatizzato dalla fine del vecchio e quasi sempre saldo bipartitismo. Due paesi molto diversi, ma uniti dalla profondità della crisi che li attraversa. Due paesi in cui si è consumata una rottura forte tra un pezzo e l’altro della nazione, due stati con un rapporto problematico con l’Unione Europea.
L’Italia era il paese più euro entusiasta ed oggi è la nazione dell’eurozona con uno dei più alti tassi di euroscetticismo, il Regno Unito cerca di salvare la propria unità cercando di rispettare il risultato del referendum che ha sancito popolarmente l’uscita, ma non i termini della stessa. Per l’Italia l’Europa è un vincolo esterno, una rete di sicurezza sui conti pubblici ma anche una camicia di forza da cui il paese non riesce a divincolarsi. A Londra il sovranismo ha trionfato, ma si è scontrato con la realtà del Parlamento, con la vischiosità dei partiti e con le divisioni interne al proprio territorio.
In questo quadro di somiglianze e differenze gli ultimi mesi appaiono ancora più interessanti.
Ci sono due premier. Giuseppe Conte, lo sconosciuto professore di diritto, che è stato presidente nel primo patto populista d’Europa e si è abilmente riproposto per il nuovo accordo parlamentare con il Pd, accarezzato e spinto dalle cancellerie europee. Boris Johnson, l’uomo dell’establishment populista, il frontman del Leave, da dieci anni il politico più popolare del Regno Unito, il vincitore del referendum, poi leader dei Conservatori e Primo Ministro. È arrivato a Downing Street senza passare dalle urne per sbrogliare la situazione su Brexit lasciata da Theresa May, una condizione che pesa all’ex sindaco di Londra. Il quale ha giocato abilmente sul tavolo verde per tornare alle urne.
Cosa ha fatto Boris, gemello cattivo di Conte, odiato e temuto nelle capitali europee? Prima ha minacciato il No Deal, poi ha migliorato l’accordo della May, promesso la Brexit entro il 31 Ottobre. Il gioco di sponda tra Bruxelles e opposizione ha prodotto una navigazione difficile nelle acque parlamentari di Westminster, oramai popolate di fazioni e tribù in lotta tra loro. Boris non ha potuto avere Brexit entro ottobre, ma la pressione mediatica che ha imposto con il nuovo Deal ha costretto l’opposizione a votare in favore delle urne anticipate. Il 12 dicembre i britannici saranno chiamati al voto per una delle general elections più importanti della loro storia. Johnson finisce da dove era partito, il voto popolare. Opposizione e maggioranza, di un paese declinante ma pur sempre patria del self-government, hanno deciso di ridare la parola ai cittadini per chiarificare una situazione incagliata tra gli scranni del Parlamento. Nel breve periodo tutti rischiano: Corbyn una rovinosa sconfitta, Boris di non tornare a Downing Street, il paese di avere un parlamento ancora litigioso ed indeciso. Eppure votano. Ridanno la parola a chi paga le tasse.
Cosa è successo in Italia? Dopo dieci anni di furibonda opposizione, di fronte alla rottura del patto di governo tra Lega e Cinque Stelle, il Partito Democratico ha deciso di allearsi con i pentastellati. L’obiettivo? Evitare le urne e la vittoria del centrodestra. Il tutto legittimato dall’abuso della storia, con la retorica del ritorno del fascismo e dalla “democratura”, e con l’illusione di riguadagnare le stellette di paese europeista. Tolto di mezzo Salvini, l’Italia avrebbe riguadagnato credito e credibilità agli occhi degli altri paesi europei (dove in vari casi governano destre più estreme di quella italiana), con il ritorno in riga i problemi finanziari, economici e dell’immigrazione sarebbero stati automaticamente risolti da Bruxelles. L’Unione Europea avrebbe concesso maggiore flessibilità sui conti, più investimenti e aiuto sull’immigrazione. Macabro idealismo, ipocrisia sempre più evanescente. Di fatti ad oggi, i risultati scarseggiano e la legittimità del governo vacilla. Il baratro tra paese legale e paese reale è sempre più ampio.
Se nel Regno Unito i cittadini prevalgono sulle poltrone, in Italia è il contrario. Se sul Tamigi la matassa si sbroglia con il voto, sul Tevere i palazzi si trincerano. D’altronde la storia parla per sé: uno è il paese di Churchill, l’altro quello del trasformismo. Se fosse una partita a scacchi l’Italia arroccherebbe per cercare la patta e il Regno Unito, invece, sacrificherebbe un alfiere subito per vincere la partita. La sedicente élite italiana, gli illuminati pedagoghi democratici, rifiutano il confronto elettorale. Intessono un accordo con il partito che più li ha martoriati nei consensi e da cui erano considerati corrotti e autoreferenziali.
C’è in questa differenza, di due situazioni simili seppur difficili da paragonare, una differenza nell’interpretare il sentimento e la coscienza nazionale. Mentre nell’ex impero la sovranità del Parlamento è indiscutibile e dal mandato elettorale proviene la forza delle scelte rispetto agli altri paesi, l’Italia resta una paese commissariato dall’esterno, appesantito da debolezze irrisolvibili, con gruppi dirigenti pronti a seguire più le indicazioni europee che quelle popolari. Un paese che pagherà presto il capolavoro di cinismo della sua classe politica democratica e grillina.
Non sappiamo cosa succederà nei prossimi mesi nel Regno Unito ed in Italia, ma questa crisi di lungo periodo d’entrambe mostra la differenza nell’affrontare i problemi come nazione. La prima, con una legge elettorale invariata da duecento anni, ricorre alle urne per semplificare lo scenario politico con un accordo tra maggioranza e opposizione. Ognuno si accolla rischi e responsabilità. La seconda, terra d’azzeccagarbugli e bizantinismi, evita le urne senza un programma comune né legatura ideale con un accordo tra principale partito di maggioranza e principale partito d’opposizione per non votare e sventare la sconfitta. Un capolavoro di machiavellismo da precipizio, con un esecutivo in bilico che si barcamena tra nuove tasserelle, litiga su micro-politiche, rifiuta di pensare qualsiasi riforma. Status quo e nudo potere. Mentre il Regno Unito cerca una pragmatica riconciliazione, l’Italia aspetta di essere investita da un’onda ancora più forte.
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10. Limitazione di responsabilità
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migliorare l'efficienza e la sicurezza del Servizio; tali interventi potrebbero comportare il rallentamento
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l'interruzione del Servizio. Il Fornitore si impegna a contenere i periodi di interruzione o rallentamento
nel minore
tempo possibile e nelle fasce orarie in cui generalmente vi è minore disagio per gli Utenti. Ove
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Servizio si protragga per oltre 24 ore, l'Utente avrà diritto a un'estensione dell'Abbonamento per un numero
di giorni
pari a quello dell'interruzione; in tali casi, l'Utente riconosce che l'estensione dell'Abbonamento è
l'unico rimedio in
suo favore, con la conseguente rinunzia a far valere qualsivoglia altra pretesa nei confronti del
Fornitore.
10.3 L'Utente riconosce e accetta che nessuna responsabilità è imputabile al Fornitore:
- per disservizi dell'Abbonamento derivanti da malfunzionamenti di reti elettriche e telefoniche ovvero di
ulteriori
servizi gestiti da terze parti che esulano del tutto dalla sfera di controllo e responsabilità del Fornitore
(per
esempio, disservizi della banca dell'Utente, etc...);
- per la mancata pubblicazione di contenuti editoriali che derivi da cause di forza maggiore.
10.4 In tutti gli altri casi, l'Utente riconosce che la responsabilità del Fornitore in forza del contratto
è limitata
alle sole ipotesi di dolo o colpa grave.
10.5 Ai fini dell'accertamento di eventuali disservizi, l'Utente accetta che faranno fede le risultanze dei
sistemi
informatici del Fornitore.
11. Modifica dei termini d'uso
11.1 L'Abbonamento è disciplinato dai termini d'uso approvati al momento dell'acquisto.
11.2 Durante il periodo di validità del contratto, il Fornitore si riserva di modificare i termini della
fornitura per
giustificati motivi connessi alla necessità di adeguarsi a modifiche normative o obblighi di legge, alle
mutate
condizioni del mercato di riferimento ovvero all'attuazione di piani aziendali con ricadute sull'offerta dei
contenuti.
11.3 I nuovi termini d'uso saranno comunicati all'Utente con un preavviso di almeno 15 giorni rispetto alla
scadenza del
periodo di fatturazione in corso ed entreranno in vigore a partire dall'inizio del periodo di fatturazione
successivo.
Se l'Utente non è d'accordo con i nuovi termini d'uso, può esercitare la disdetta secondo quanto previsto al
precedente
articolo 3.
11.4 Ove la modifica dei termini d'uso sia connessa alla necessità di adeguarsi a un obbligo di legge, i
nuovi termini
d'uso potranno entrare in vigore immediatamente al momento della comunicazione; resta inteso che, solo in
tale ipotesi,
l'Utente potrà recedere dal contratto entro i successivi 30 giorni, con il conseguente diritto ad ottenere
un rimborso
proporzionale al periodo di abbonamento non goduto.
12. Trattamento dei dati personali
12.1 In conformità a quanto previsto dal Regolamento 2016/679 UE e dal Codice della privacy (decreto
legislativo 30
giugno 2003, n. 196), i dati personali degli Utenti saranno trattati per le finalità e in forza delle basi
giuridiche
indicate nella privacy policy messa a disposizione dell'Utente in sede di registrazione e acquisto.
12.2 Accettando i presenti termini di utilizzo, l'Utente conferma di aver preso visione della privacy policy
messa a
disposizione dal Fornitore e di averne conservato copia su supporto durevole.
12.3 Il Fornitore si riserva di modificare in qualsiasi momento la propria privacy policy nel rispetto dei
diritti degli
Utenti, dandone notizia a questi ultimi con mezzi adeguati e proporzionati allo scopo.
13. Servizio clienti
13.1 Per informazioni sul Servizio e per qualsiasi problematica connessa con la fruizione dello stesso,
l'Utente può
contattare il Fornitore attraverso i seguenti recapiti: help@newslist.it
14. Legge applicabile e foro competente
14.1 Il contratto tra il Fornitore e l'Utente è regolato dal diritto italiano.
14.2 Ove l'Utente sia qualificabile come consumatore, per le controversie comunque connesse con la
formazione,
esecuzione, interpretazione e cessazione del contratto, sarà competente il giudice del luogo di residenza o
domicilio
del consumatore, se ubicato in Italia.