28 Novembre
Il fondo salva Stati e la politica seduta sul Big One
Scontro totale sul Mes. Il ministro dell'Economia Gualtieri dice che il trattato non è modificabile, Salvini chiede l'intervento del Capo dello Stato. Il terremoto politico presente e invisibile. Un'indagine di Lorenzo Castellani su debito pubblico, vincolo esterno e governo debole
Il caso del nuovo trattato sul Mes (Meccanismo europeo di stabilità) è aperto. L'opposizione incalza il presidente del Consiglio Giuseppe Conte accusandolo di non aver informato il Parlamento sul funzionamento del nuovo fondo salva Stati. Matteo Salvini in conferenza stampa stamattina ha chiesto l'intervento del Capo dello Stato e attaccato duramente il premier: "Torniamo in Parlamento e vediamo cosa dice il Parlamento. Questo è un attentato alla sovranità del Parlamento. I traditori in periodo di pace pagano. Contiamo che il garante della costituzione faccia valere quello che sancisce la Costituzione. Si torna in Parlamento. Sospendiamo tutto. Fermi, ci spiegate in Parlamento cosa state facendo e poi semmai si va avanti. Occorre un altro atto parlamentare, se M5s ha cambiato idea". Il ministro dell'Economia, Roberto Gualtieri, ha detto che il testo "non è firmato, ma non è modificabile". Quest'ultimo aspetto - la non emendabilità - ha inasprito ulteriormente lo scenario. Conte ha ribadito di esser pronto a riferire in Parlamento. Giorgia Meloni ha commentato: "Lo aspettiamo a braccia aperte e speriamo che il presidente Conte venga a spiegarci che non è vero quello che il ministro dell'Economia ha detto ieri e cioè che il Mes sarebbe inemendabile e un trattato già sottoscritto per il quale è stato completamente bypassato il Parlamento italiano".
di Lorenzo Castellani
Pomeriggio inoltrato, già buio pesto. Laptop, libri e scrivania. Roma piovosa, avvolgente, bipolare e lurida. Squilla il telefono, è il titolare di List. “Lorenzo, che succede?”. “Niente Mario, non succede niente. Tutto fermo e noioso, ma il precipizio pare sempre più vicino, che ne pensi?”. “Anche secondo me, aspettiamo la tempesta e quando arriverà saremo comunque impreparati. La sentiamo, è nell’aria”. “Già, come quel terremoto devastante che aspettano da anni in California... come è che lo chiamano?”
The Big One. È il terremoto che tutti aspettano e...
Il caso del nuovo trattato sul Mes (Meccanismo europeo di stabilità) è aperto. L'opposizione incalza il presidente del Consiglio Giuseppe Conte accusandolo di non aver informato il Parlamento sul funzionamento del nuovo fondo salva Stati. Matteo Salvini in conferenza stampa stamattina ha chiesto l'intervento del Capo dello Stato e attaccato duramente il premier: "Torniamo in Parlamento e vediamo cosa dice il Parlamento. Questo è un attentato alla sovranità del Parlamento. I traditori in periodo di pace pagano. Contiamo che il garante della costituzione faccia valere quello che sancisce la Costituzione. Si torna in Parlamento. Sospendiamo tutto. Fermi, ci spiegate in Parlamento cosa state facendo e poi semmai si va avanti. Occorre un altro atto parlamentare, se M5s ha cambiato idea". Il ministro dell'Economia, Roberto Gualtieri, ha detto che il testo "non è firmato, ma non è modificabile". Quest'ultimo aspetto - la non emendabilità - ha inasprito ulteriormente lo scenario. Conte ha ribadito di esser pronto a riferire in Parlamento. Giorgia Meloni ha commentato: "Lo aspettiamo a braccia aperte e speriamo che il presidente Conte venga a spiegarci che non è vero quello che il ministro dell'Economia ha detto ieri e cioè che il Mes sarebbe inemendabile e un trattato già sottoscritto per il quale è stato completamente bypassato il Parlamento italiano".
di Lorenzo Castellani
Pomeriggio inoltrato, già buio pesto. Laptop, libri e scrivania. Roma piovosa, avvolgente, bipolare e lurida. Squilla il telefono, è il titolare di List. “Lorenzo, che succede?”. “Niente Mario, non succede niente. Tutto fermo e noioso, ma il precipizio pare sempre più vicino, che ne pensi?”. “Anche secondo me, aspettiamo la tempesta e quando arriverà saremo comunque impreparati. La sentiamo, è nell’aria”. “Già, come quel terremoto devastante che aspettano da anni in California... come è che lo chiamano?”
The Big One. È il terremoto che tutti aspettano e non arriva mai. Eppure arriverà, inesorabile. Magari quando meno i californiani se lo immagineranno, la faglia di San Andreas deciderà di rompersi inghiottendo case, strade, vite. La tragedia è sempre inaspettata.
La politica italiana è la nostra faglia di San Andreas. Il debito pubblico, il vincolo esterno, il governo debole. Il terremoto arriverà, anche se per ora non succede niente. Cadono solamente i ponti, infausto presagio di uno Stato a pezzi. Non succede niente al governo che prosegue le politiche dell’esecutivo precedente, a cui ha aggiunto un immobilismo ricolmo di retorica europeista ed una patina di spocchia culturale che solo la sinistra italiana poteva adeguatamente fornire. Niente al debito pubblico che, nonostante le feroci polemiche interne e gli allarmi di Bruxelles, continua a crescere chiunque governi, garantito proprio da quelle istituzioni europee che tanto critiche appaiono verso il fardello pubblico italiano. Niente succede nemmeno al vincolo esterno europeo, che permane e stringe lentamente sempre più forte, come la riforma del MES dimostra. Sursum corda. Passo dopo passo, il terremoto si avvicina. È invisibile, ma di fronte a noi. Chi non lo vede?
Gran parte della classe dirigente italiana continua ad invocare l’intervento esterno, ignorando rischi economici e politici di questa scelta. Sintomatico l’atteggiamento dei grandi e piccoli media mainstream a difesa della riforma del MES, gravemente dannosa per il paese per come progettata oggi. Così come quello del Partito Democratico che pur di non perdere la reputazione di partito filo-europeista sembra disposto a silenziare persino le voci interne dubbiose sul nuovo fondo salva-stati, come quelle dell’economista Galli, e a fare orecchie da mercante sulle parole di tecnici come Cottarelli o di esponenti delle istituzioni come Ignazio Visco. Insomma, per un pezzo di classe dirigente italiana una eventuale ristrutturazione del debito unita ad una richiesta di condizionalità politica sulle riforme molto forte, evidentemente non rappresenta un problema. Infervorati dalla necessità di ottenere un positivo riconoscimento franco-tedesco, rinfocolati dal disprezzo verso il proprio paese che rifiuta sia di farsi dirigere dall’alto sia di accordar loro ampio consenso, gli europeisti preferiscono ignorare le catastrofiche conseguenze politiche e civili che uno scenario del genere potrebbe produrre. Un Big One.
Il paradosso, che evidenzia l’accecamento ideologico, è che questa volta persino i tecnici sono schierati più sulle posizioni dei populisti che con il ministro dell’Economia Gualtieri. L’equivoco è sempre lo stesso, ma si aggrava: pensare che qualche istituzione tecnocratica di Bruxelles possa risolvere i problemi dell’Italia. Credere che le riforme possano essere imposte dall’esterno e funzionare, pretendere che le istituzioni funzionino sulla base di un’uniformità scientifica e non sul senso d’appartenenza o sulla cultura comune.
Le riforme storicamente trovano la loro benzina quando una classe dirigente di qualità si avvale di una qualche ideologia diffusa o dell’idea che la nazione possa riscattarsi (si pensi al miracolo italiano), ma non funzionano quando sono fatte discendere artificialmente da istituzioni poco legittimate. Per comprendere ciò basta guardare alla storia italiana degli ultimi dieci anni. La crisi del debito sovrano, che si è abbattuta su un’Italia già debole ed incapace di risolvere i suoi problemi di lungo periodo, ha fatto stringere le maglie del vincolo esterno, aumentato la condizionalità imposta da Bruxelles, portato un governo tecnico al potere per eseguire un programma gran parte scritto in Europa, distrutto il vecchio sistema politico. Il risultato di questa dinamica sono stati l’esplosione dell’anti-politica e del sovranismo ed una sola riforma importante portata a casa, la riforma Fornero, che però ha iniziato ad essere depotenziata già dal governo PD di Matteo Renzi. Il livello della classe politica, tutta, è drammaticamente sprofondato; seguito a ruota libera dal resto della classe dirigente. L’economia è sostanzialmente rimasta a zero, mentre il debito pubblico è cresciuto. Appare evidente, dunque, che la cura esterna non abbia funzionato. Ciò che un pezzo di establishment continua a non comprendere è che il vincolo esterno non induce il Paese a correggersi, perché è un fatto culturale: se si deve correggere, lo si deve fare dall'interno e non su imposizione esterna.
È il vincolo interno che va ricostruito, poiché la ristrutturazione del debito o l’avvento di una troika possono correggere temporaneamente i conti, ma per riformare lo Stato e rimettere in moto l’economia serve lo spirito dei cittadini. Uno spirito che può essere curato e risollevato soltanto dalla civilizzazione nazionale. Quella della ricostruzione del vincolo interno è un concetto che dovrebbe iniziare ad interessare anche a destra, cioè all’opposizione. Se certe posizioni realiste sullo stato dell’Unione Europea e la difesa dell’interesse nazionale incontrano favore nella popolazione, allora il programma non può limitarsi ad una serie di veti o alla mera protezione. Dev’essere una ricostituzione nazionale dentro l’Europa per poter contrattare di più e diversamente con Bruxelles. Solo degli sprovveduti non capirebbero che l’Italia non è un paese sovrano e che quindi il sovranismo per oggi può essere solo immaginario. Se le porzioni di potestà nazionale devono essere difese, si dovrebbe al tempo stesso prendere atto della situazione ed immaginare una strategia ricostituente che rinforzi il vincolo interno (economia, amministrazione, infrastrutture, aziende strategiche) per poter allentare il vincolo esterno, senza pretendere di distruggerlo in fretta e furia e col rischio di ottenere il peggio.
Rileggendo Tocqueville s’imparano sempre cose nuove. Ad esempio, il grande pensatore nella Democrazia in America teneva molto a distinguere tra due tipi di accentramento: quello politico e quello amministrativo. Il primo era per Tocqueville molto positivo poiché significava avere una classe politica unita ed un governo pronto, quando necessario, a gestire rapidamente ed efficacemente le emergenze; padrone di funzioni che permettevano d’intervenire e dominare lo stato d’eccezione senza spaccature profonde. L’accentramento politico è il vincolo interno, che quando è saldo erode lo spazio del vincolo esterno poiché garantisce capacità di risposta e contrattazione. Il secondo, l’accentramento amministrativo, era considerato, invece, il potenziale veleno per la democrazia poiché portatore di burocrazia, regolamentazione e tassazione predatoria. Esso scavava un fossato profondo tra il popolo e la classe politica-burocratica, sacrificava l’auto-governo per il dirigismo democratico. In altre parole, l’accentramento amministrativo era per Tocqueville il primo passo verso il dispotismo e la mollezza morale di un popolo. Il disfacimento del vincolo interno che apre alla dipendenza dal vincolo esterno. Egli scrive perentorio “quando le nazioni sono giunte a questo punto, bisogna o che modifichino le loro leggi e i loro costumi, o che periscano, poiché la fonte delle pubbliche virtù si è essiccata: vi sono ancora sudditi ma non più cittadini. Io dico che simili nazioni sono in condizione di essere conquistate.”
Forse si può ripartire da qui: accentramento politico in Italia per ricostruire il vincolo interno e decentramento amministrativo, sia a Roma che a Bruxelles, per scrollarsi di dosso il vincolo esterno. Prima del Big One, per scongiurarlo. Oppure anche solo per affrontarlo e non perire.
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migliorare l'efficienza e la sicurezza del Servizio; tali interventi potrebbero comportare il rallentamento
o
l'interruzione del Servizio. Il Fornitore si impegna a contenere i periodi di interruzione o rallentamento
nel minore
tempo possibile e nelle fasce orarie in cui generalmente vi è minore disagio per gli Utenti. Ove
l'interruzione del
Servizio si protragga per oltre 24 ore, l'Utente avrà diritto a un'estensione dell'Abbonamento per un numero
di giorni
pari a quello dell'interruzione; in tali casi, l'Utente riconosce che l'estensione dell'Abbonamento è
l'unico rimedio in
suo favore, con la conseguente rinunzia a far valere qualsivoglia altra pretesa nei confronti del
Fornitore.
10.3 L'Utente riconosce e accetta che nessuna responsabilità è imputabile al Fornitore:
- per disservizi dell'Abbonamento derivanti da malfunzionamenti di reti elettriche e telefoniche ovvero di
ulteriori
servizi gestiti da terze parti che esulano del tutto dalla sfera di controllo e responsabilità del Fornitore
(per
esempio, disservizi della banca dell'Utente, etc...);
- per la mancata pubblicazione di contenuti editoriali che derivi da cause di forza maggiore.
10.4 In tutti gli altri casi, l'Utente riconosce che la responsabilità del Fornitore in forza del contratto
è limitata
alle sole ipotesi di dolo o colpa grave.
10.5 Ai fini dell'accertamento di eventuali disservizi, l'Utente accetta che faranno fede le risultanze dei
sistemi
informatici del Fornitore.
11. Modifica dei termini d'uso
11.1 L'Abbonamento è disciplinato dai termini d'uso approvati al momento dell'acquisto.
11.2 Durante il periodo di validità del contratto, il Fornitore si riserva di modificare i termini della
fornitura per
giustificati motivi connessi alla necessità di adeguarsi a modifiche normative o obblighi di legge, alle
mutate
condizioni del mercato di riferimento ovvero all'attuazione di piani aziendali con ricadute sull'offerta dei
contenuti.
11.3 I nuovi termini d'uso saranno comunicati all'Utente con un preavviso di almeno 15 giorni rispetto alla
scadenza del
periodo di fatturazione in corso ed entreranno in vigore a partire dall'inizio del periodo di fatturazione
successivo.
Se l'Utente non è d'accordo con i nuovi termini d'uso, può esercitare la disdetta secondo quanto previsto al
precedente
articolo 3.
11.4 Ove la modifica dei termini d'uso sia connessa alla necessità di adeguarsi a un obbligo di legge, i
nuovi termini
d'uso potranno entrare in vigore immediatamente al momento della comunicazione; resta inteso che, solo in
tale ipotesi,
l'Utente potrà recedere dal contratto entro i successivi 30 giorni, con il conseguente diritto ad ottenere
un rimborso
proporzionale al periodo di abbonamento non goduto.
12. Trattamento dei dati personali
12.1 In conformità a quanto previsto dal Regolamento 2016/679 UE e dal Codice della privacy (decreto
legislativo 30
giugno 2003, n. 196), i dati personali degli Utenti saranno trattati per le finalità e in forza delle basi
giuridiche
indicate nella privacy policy messa a disposizione dell'Utente in sede di registrazione e acquisto.
12.2 Accettando i presenti termini di utilizzo, l'Utente conferma di aver preso visione della privacy policy
messa a
disposizione dal Fornitore e di averne conservato copia su supporto durevole.
12.3 Il Fornitore si riserva di modificare in qualsiasi momento la propria privacy policy nel rispetto dei
diritti degli
Utenti, dandone notizia a questi ultimi con mezzi adeguati e proporzionati allo scopo.
13. Servizio clienti
13.1 Per informazioni sul Servizio e per qualsiasi problematica connessa con la fruizione dello stesso,
l'Utente può
contattare il Fornitore attraverso i seguenti recapiti: help@newslist.it
14. Legge applicabile e foro competente
14.1 Il contratto tra il Fornitore e l'Utente è regolato dal diritto italiano.
14.2 Ove l'Utente sia qualificabile come consumatore, per le controversie comunque connesse con la
formazione,
esecuzione, interpretazione e cessazione del contratto, sarà competente il giudice del luogo di residenza o
domicilio
del consumatore, se ubicato in Italia.