6 Dicembre
Il surreale dibattito sul fondo salva Stati
O si difende il Mes da europeisti ortodossi o si è contrari all'Euro. È vietato dal conformismo esprimere posizioni terze, ragionate. Il governo è diviso, l'opposizione tenta la spallata. Un'indagine di Lorenzo Castellani sull'immaturità democratica
Firmare il Mes? Luigi Di Maio: "Prima bisogna vedere che cosa cambia".
Firme contro il Mes. Matteo Salvini: "Nessuna uscita dall'Euro o dall'Europa, la Lega vuole solo fermare un governo che mette a rischio la democrazia, la sovranità e i risparmi degli italiani. Sabato e domenica saremo in più di 1.000 piazze italiane per informare e raccogliere firme: stop Mes".
Il Mes non è la Spectre. Roberto Gualtieri, ministro dell'Economia: "Eravamo nel consiglio dei governatori del Mes e stavamo discutendo la questione del personale di questa specie di 'organismo privato', che è stato dipinto come se fosse la Spectre. Ora vi spiego che cosa è il Mes: siamo noi. Vorrei svelare questo segreto".
Sorpresa. Valdis Dombrovskis, vicepresidente Commissione Ue: "Non mi aspettavo questa reazione in Italia a uno stadio così avanzato, dopo una lunga discussione
di Lorenzo Castellani
Il dibattito sul MES ha preso una piega surreale. Non soltanto per l’approssimazione della politica italiana, che si è ricordata di una questione tanto importante solo a negoziazioni concluse, e nemmeno per le reticenze e l’opacità dell’azione del premier Giuseppe Conte. Il vero surrealismo è dato dal dispiegarsi di un dibattito pubblico sempre più fuori dalla misura. Ma andiamo con ordine.
La questione del Meccanismo europeo di stabilità interessa a pochi: giornalisti, accademici, politici, operatori finanziari e quel manipolo di persone che ancora legge qualche quotidiano. Parliamo di una porzione molto ristretta dell’elettorato italiano, dunque di un caso eccellente per comprendere le striature ideologiche della classe dirigente.
La divisione. Il dibattito ammette sempre più difficilmente, complice la pastoia dei social network, terze posizioni. O si difende il MES da europeisti ortodossi o si è contrari all’euro. Chiunque cerchi di occupare posizioni ragionate, intermedie e non preconcette viene tranciato dal proprio gruppo di riferimento e da quelli avversari. Un esempio? Le correzioni e le retromarce di alcuni grandi esperti in...
Firmare il Mes? Luigi Di Maio: "Prima bisogna vedere che cosa cambia".
Firme contro il Mes. Matteo Salvini: "Nessuna uscita dall'Euro o dall'Europa, la Lega vuole solo fermare un governo che mette a rischio la democrazia, la sovranità e i risparmi degli italiani. Sabato e domenica saremo in più di 1.000 piazze italiane per informare e raccogliere firme: stop Mes".
Il Mes non è la Spectre. Roberto Gualtieri, ministro dell'Economia: "Eravamo nel consiglio dei governatori del Mes e stavamo discutendo la questione del personale di questa specie di 'organismo privato', che è stato dipinto come se fosse la Spectre. Ora vi spiego che cosa è il Mes: siamo noi. Vorrei svelare questo segreto".
Sorpresa. Valdis Dombrovskis, vicepresidente Commissione Ue: "Non mi aspettavo questa reazione in Italia a uno stadio così avanzato, dopo una lunga discussione
di Lorenzo Castellani
Il dibattito sul MES ha preso una piega surreale. Non soltanto per l’approssimazione della politica italiana, che si è ricordata di una questione tanto importante solo a negoziazioni concluse, e nemmeno per le reticenze e l’opacità dell’azione del premier Giuseppe Conte. Il vero surrealismo è dato dal dispiegarsi di un dibattito pubblico sempre più fuori dalla misura. Ma andiamo con ordine.
La questione del Meccanismo europeo di stabilità interessa a pochi: giornalisti, accademici, politici, operatori finanziari e quel manipolo di persone che ancora legge qualche quotidiano. Parliamo di una porzione molto ristretta dell’elettorato italiano, dunque di un caso eccellente per comprendere le striature ideologiche della classe dirigente.
La divisione. Il dibattito ammette sempre più difficilmente, complice la pastoia dei social network, terze posizioni. O si difende il MES da europeisti ortodossi o si è contrari all’euro. Chiunque cerchi di occupare posizioni ragionate, intermedie e non preconcette viene tranciato dal proprio gruppo di riferimento e da quelli avversari. Un esempio? Le correzioni e le retromarce di alcuni grandi esperti in materia di finanza pubblica come Carlo Cottarelli, Maria Cannata, Vincenzo Visco, Giampaolo Galli. Ognuno di essi aveva espresso dubbi e criticità rispetto al MES, ma tutti sono stati costretti a far marcia indietro sia per le pressioni dei colleghi del mainstream che, soprattutto, per aver realizzato tardi di aver alzato un assist alle posizioni più euro-critiche dell’opposizione. Una grande parata di disciplina conformista. Lo stesso discorso vale per chi, seppur scettico sulla riforma del fondo salva-Stati, non intende scadere nelle propaganda anti-euro o rassegnarsi a farsi bollare come tale. Un’immaturità democratica che il paese sarà destinato a pagare, prima o poi.
La storia è surreale anche perché i giornali filo-governativi o d’area centrista continuano a nascondere un elemento fondamentale: se lo spread risale, i mercati mostrano nervosismo e i politici europei s’indispongono, la colpa non è certo dell’opposizione, bensì delle divisioni in seno alla maggioranza e al governo. Si agita lo spettro dell’Italexit contro la Lega, mentre il principale partito del parlamento e della maggioranza, il Movimento 5 Stelle, solleva dubbi sul MES e la sua ratifica contro il proprio premier. Accecati dalla furia ideologica, e dalla paura di una deriva euroscettica inarrestabile nei prossimi anni, i giornali mainstream dimenticano la scommessa fatta dall’establishment filo-PD sull’addomesticamento dei 5 Stelle. La bestia non sembra intenzionata ad ascoltare l’addestratore, né sul MES né sul resto. Una Waterloo per il partito dei competenti, costretto a subire le bizze di Di Maio.
Il problema dunque, prima dell’opposizione, è il governo: debole, litigioso, diviso, privo di linea che non sia quella del mantenimento del potere. In questa fragilità s’inserisce il colpo spregiudicato di Matteo Salvini che, sobillato dalle critiche al MES degli insospettabili esperti sopra menzionati, ha cavalcato l’onda per opporsi alla revisione del trattato. Sul piano politico la partita è vincente. Il leghista ed i suoi alleati hanno spaccato il governo, aperto una crepa bella grossa in un muro già pericolante. Inoltre, possono giocare su una propaganda oggettivamente semplice: opporsi ad un fondo finanziario di matrice europea, che coinvolge banche e debito pubblico, è una partita facile da vincere. Costringere gli avversari al governo, in un paese in cui la fiducia nell’UE è crollata negli ultimi anni, a difendere qualcosa di oscuro e tecnocratico per gran parte della popolazione non può che portare acqua al bacino dell’opposizione. Sfiducia, nazionalismo, protezione. Un cocktail perfetto per mettere carburante alla macchina della destra.
Tuttavia, ancora una volta Salvini rischia di fare il passo più lungo della gamba. Se criticare la riforma del MES, opporsi ad essa sul piano parlamentare e mediatico, rientra nella fisiologia della strategia politica e non è priva di ragioni, occorre evitare di esagerare e bruciarsi la credibilità internazionale (già ammaccata da alcuni episodi del governo giallo-verde). Dunque, la prudenza richiederebbe di rifuggire da posizioni apocalittiche, come la proposta di abolizione dello stesso meccanismo di stabilità. Anche perché il fondo salva-Stati opera dal 2011, la richiesta di abolizione del MES sarebbe una campagna troppo tardiva per la Lega e che alimenterebbe i fondati sospetti di una eccessiva influenza della corrente no-euro sul capo del centrodestra. Chi in futuro ambisce a governare deve sapere quando accelerare (Salvini ed i suoi sono bravissimi in questo), ma anche quando frenare (molto meno eccellenti). Senza considerare che, in alcuni casi, è bene pagare per un’assicurazione poiché una crisi economico-finanziaria può sempre arrivare. Poi sulle regole, la governance, i meccanismi di credito è bene che si discuta.
Infine c’è il problema politico che nessuno affronta, poiché tutti, favorevoli e contrari, sembrano essere posseduti dal demone dell’economicismo. L’accrescimento dei poteri del MES rafforza o indebolisce le istituzioni europee? Si spostano le decisioni politiche ultimative, quelle sulla vita di uno Stato di fronte al collasso di un potenziale default, nelle mani di un fondo con governance stile corporate. La politica, sul piano europeo, ne esce davvero più forte? Sia concesso il beneficio del dubbio. Perché, infatti, una decisione così politica non viene lasciata interamente ad organismi politici, seppure imperfetti, come il Consiglio e la Commissione? Il fondo può sempre intervenire ed erogare i prestiti una volta trovato un accordo politico tra nazioni. Perché, inutile trovare scuse o arrampicarsi sulle teorie, ogni decisione su come affrontare le crisi è politica ed ogni decisione presa a Bruxelles è figlia delle posizioni e degli interessi degli Stati-membri.
Siamo entrati nel paradosso, da sempre presente nella costruzione europea, secondo cui l’integrazione si rafforza con le procedure e con strumenti tecnici più che con la politica a viso aperto. Il MES, così riformato, è l’ennesima dimostrazione della disfunzionalità delle istituzioni europee e della loro sempre maggiore difficoltà a sintetizzare interessi comuni. La prova che lo “schema Monnet”, cioè di un’integrazione economico-funzionale che si nasconde dalla politica democratica e si nutre della logica del fatto compiuto, non è mai stato superato. Così si cerca di far passare le decisioni altrove, fuori dal perimetro delle istituzioni politiche e aumentando troppo il grado di complessità delle procedure. Ciò che non si capisce, spaventa. E la legittimazione del potere europeo vacilla. Sono così certi, gli europeisti, che sia una buona strada quella di continuare ad integrare l’Europa riducendo al minimo la politica ed il controllo rappresentativo e democratico? Così sicuri di voler puntare tutto sulla riforma di un fondo salva-stati per difendere il liberalismo democratico a cui tanto dicono di tenere? Il rischio è quello di rafforzare temporaneamente le istituzioni europee, ma di esporsi allo sfaldamento delle stesse nel lungo periodo.
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servizi gestiti da terze parti che esulano del tutto dalla sfera di controllo e responsabilità del Fornitore
(per
esempio, disservizi della banca dell'Utente, etc...);
- per la mancata pubblicazione di contenuti editoriali che derivi da cause di forza maggiore.
10.4 In tutti gli altri casi, l'Utente riconosce che la responsabilità del Fornitore in forza del contratto
è limitata
alle sole ipotesi di dolo o colpa grave.
10.5 Ai fini dell'accertamento di eventuali disservizi, l'Utente accetta che faranno fede le risultanze dei
sistemi
informatici del Fornitore.
11. Modifica dei termini d'uso
11.1 L'Abbonamento è disciplinato dai termini d'uso approvati al momento dell'acquisto.
11.2 Durante il periodo di validità del contratto, il Fornitore si riserva di modificare i termini della
fornitura per
giustificati motivi connessi alla necessità di adeguarsi a modifiche normative o obblighi di legge, alle
mutate
condizioni del mercato di riferimento ovvero all'attuazione di piani aziendali con ricadute sull'offerta dei
contenuti.
11.3 I nuovi termini d'uso saranno comunicati all'Utente con un preavviso di almeno 15 giorni rispetto alla
scadenza del
periodo di fatturazione in corso ed entreranno in vigore a partire dall'inizio del periodo di fatturazione
successivo.
Se l'Utente non è d'accordo con i nuovi termini d'uso, può esercitare la disdetta secondo quanto previsto al
precedente
articolo 3.
11.4 Ove la modifica dei termini d'uso sia connessa alla necessità di adeguarsi a un obbligo di legge, i
nuovi termini
d'uso potranno entrare in vigore immediatamente al momento della comunicazione; resta inteso che, solo in
tale ipotesi,
l'Utente potrà recedere dal contratto entro i successivi 30 giorni, con il conseguente diritto ad ottenere
un rimborso
proporzionale al periodo di abbonamento non goduto.
12. Trattamento dei dati personali
12.1 In conformità a quanto previsto dal Regolamento 2016/679 UE e dal Codice della privacy (decreto
legislativo 30
giugno 2003, n. 196), i dati personali degli Utenti saranno trattati per le finalità e in forza delle basi
giuridiche
indicate nella privacy policy messa a disposizione dell'Utente in sede di registrazione e acquisto.
12.2 Accettando i presenti termini di utilizzo, l'Utente conferma di aver preso visione della privacy policy
messa a
disposizione dal Fornitore e di averne conservato copia su supporto durevole.
12.3 Il Fornitore si riserva di modificare in qualsiasi momento la propria privacy policy nel rispetto dei
diritti degli
Utenti, dandone notizia a questi ultimi con mezzi adeguati e proporzionati allo scopo.
13. Servizio clienti
13.1 Per informazioni sul Servizio e per qualsiasi problematica connessa con la fruizione dello stesso,
l'Utente può
contattare il Fornitore attraverso i seguenti recapiti: help@newslist.it
14. Legge applicabile e foro competente
14.1 Il contratto tra il Fornitore e l'Utente è regolato dal diritto italiano.
14.2 Ove l'Utente sia qualificabile come consumatore, per le controversie comunque connesse con la
formazione,
esecuzione, interpretazione e cessazione del contratto, sarà competente il giudice del luogo di residenza o
domicilio
del consumatore, se ubicato in Italia.