22 Marzo

L'aquila tedesca e il mondo dopo il coronavirus

La rottura del tabù del pareggio di bilancio da parte della Germania e la sospensione del patto di stabilità nell'Unione sono il segnale di una svolta della storia. Il governo italiano verso la chiusura delle attività produttive, ma dov'è il piano straordinario di politica economica? L'ascesa inesorabile di nuove tecnocrazie e la compresenza del populismo nei governi. Un'indagine di Lorenzo Castellani sul Big Bang del coronavirus

di Lorenzo Castellani

La locomotiva della nazione tedesca vuole riprendere a fischiare. Rompendo i tabù, più propagandistici che reali, dell’ordoliberalismo e del pareggio di bilancio lo Stato tedesco si dichiara pronto a dispiegare l’artiglieria pesante. Il governo tedesco ha appena varato un piano di intervento pubblico da 356 miliardi di euro, pari al 10% del PIL tedesco. Secondo Handelsblatt, la Germania ha considerato la possibilità di spendere fino a seicento miliardi di euro per fronteggiare l’epidemia: quattrocento a garanzia dei debiti delle aziende tedesche in sofferenza, cento di interventi diretti nel capitale azionario delle imprese (leggere nazionalizzazioni totali o parziali), altri cento erogati sotto forma di prestito dalla KFW (la cassa depositi e prestiti di Berlino). Seppure lo Stato tedesco non è mai mancato, specie nelle sue capacità di coordinamento bancario e produttivo, siamo di fronte ad una svolta della storia. Un sommovimento che ha immediatamente prodotto la sospensione del Patto di Stabilità per tutta l’eurozona.

In questo scenario di cambio di paradigma, il governo italiano, con una decisione gravissima è drammatica, proclama la chiusura delle attività produttive per due settimane, senza presentare un piano straordinario di politica economica. Qualche giorno fa, il Presidente del Consiglio ha proposto a Bruxelles l’apertura della linea di credito del MES, il fondo salva-stati, senza condizionalità sulle riforme, spalleggiato da Francia e Spagna. Tuttavia, il fondo nasce per interventi di emergenza in caso di mancanza di solvibilità degli Stati. Non è il caso dell’Italia di oggi. L’impressione, dunque, è che la volontà di ricorrere al MES sia più politica che economica: la ricerca un paracadute di responsabilità europeo. Per cristallizzare la situazione politica italiana e blindare l’attuale governo. Una strategia per attutire i rischi di un aumento del deficit e delle conseguenti politiche espansive che, senza un intervento europeo, ricadrebbero tutti in capo al...


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