5 Aprile
Il Capitale Umano
Il dilemma angosciante dei medici in terapia intensiva su chi salvare, il gigantesco impatto del blocco totale sull'economia, una misura che non potrà andare avanti a lungo, il bilancio delle vittime del virus di oggi che sarà superato dal collasso dell'economia domani. Un viaggio di Marco Patricelli nel dominio delle scelte fatali
di Marco Patricelli
Hermann Goering, nella Berlino bombardata di giorno dagli americani e di notte dagli inglesi, che lui non poteva impedire con la Luftwaffe come aveva spergiurato a inizio conflitto, se ne uscì con questa frase di fronte a generali e gerarchi: «Godiamoci la guerra, perché la pace sarà terribile». La guerra contro il Covid-19 prima o poi sarà vinta, forse più poi che prima, ma le macerie che si lascerà dietro faranno impallidire anche il ricordo di Berlino del 1945, perché tutti potranno vederle e dovranno sgomberarle. Indipendentemente dai numeri nessuna pandemia ha portato sconquassi planetari come quelli che appena si intravedono, nell’impossibilità di disegnare con precisione il quadro che verrà. Le catastrofi del passato interessavano un altro tipo di società umana, tutt’altro che interconnessa come quella odierna in cui dove davvero il paradosso del battito d’ali di farfalla in un posto sperduto può avere ripercussioni epocali.
Qual è il dilemma di questo tempo nuovo aperto dal coronavirus? The Economist ha mandato in stampa una copertina che riassume perfettamente la domanda in una sintesi brutale:
Che calcolo? L'articolo del settimanale britannico apre con il dilemma del medico in una sala di terapia intensiva: ho due pazienti gravi e un solo ventilatore, chi salvo e chi sacrifico? Nessuno di noi vorrebbe mai trovarsi di fronte a un bivio così tragico, per i medici in questo momento è un problema di ogni giorno. A livello politico, questa domanda diventa ancora più grande: tra le vittime del coronavirus e quelle che arriveranno dal collasso economico se non facciamo ripartire l'economia, cosa scelgo? "Un certa quantità di disoccupazione e fallimenti è un prezzo che si può pagare, ma quanto? Se il distanziamento sociale non riesce a fermare la malattia, per quanto tempo possiamo andare avanti?", scrive The Economist. Il trade-off...
di Marco Patricelli
Hermann Goering, nella Berlino bombardata di giorno dagli americani e di notte dagli inglesi, che lui non poteva impedire con la Luftwaffe come aveva spergiurato a inizio conflitto, se ne uscì con questa frase di fronte a generali e gerarchi: «Godiamoci la guerra, perché la pace sarà terribile». La guerra contro il Covid-19 prima o poi sarà vinta, forse più poi che prima, ma le macerie che si lascerà dietro faranno impallidire anche il ricordo di Berlino del 1945, perché tutti potranno vederle e dovranno sgomberarle. Indipendentemente dai numeri nessuna pandemia ha portato sconquassi planetari come quelli che appena si intravedono, nell’impossibilità di disegnare con precisione il quadro che verrà. Le catastrofi del passato interessavano un altro tipo di società umana, tutt’altro che interconnessa come quella odierna in cui dove davvero il paradosso del battito d’ali di farfalla in un posto sperduto può avere ripercussioni epocali.
Qual è il dilemma di questo tempo nuovo aperto dal coronavirus? The Economist ha mandato in stampa una copertina che riassume perfettamente la domanda in una sintesi brutale:
Che calcolo? L'articolo del settimanale britannico apre con il dilemma del medico in una sala di terapia intensiva: ho due pazienti gravi e un solo ventilatore, chi salvo e chi sacrifico? Nessuno di noi vorrebbe mai trovarsi di fronte a un bivio così tragico, per i medici in questo momento è un problema di ogni giorno. A livello politico, questa domanda diventa ancora più grande: tra le vittime del coronavirus e quelle che arriveranno dal collasso economico se non facciamo ripartire l'economia, cosa scelgo? "Un certa quantità di disoccupazione e fallimenti è un prezzo che si può pagare, ma quanto? Se il distanziamento sociale non riesce a fermare la malattia, per quanto tempo possiamo andare avanti?", scrive The Economist. Il trade-off resta ineludibile, ogni paese sta scegliendo il suo lockdown, non tutti sembrano avere una logica. Quello che nessuno oggi è ancora pronto ad ammettere è che il costo del distanziamento sociale, dell'isolamento, potrebbe superare i benefici.
Così l’arrivo del coronavirus in Italia sembra appartenere a un mondo sospeso, quando tutto era normale, e oggi la normalità ci appare invece galleggiare in un passato remoto. Eppure tutto è cominciato appena un mese fa, col coprifuoco mascherato da quarantena e gli ospedali sotto attacco. L’allarme rosso era comunque finito nero su bianco sulla Gazzetta Ufficiale il 31 gennaio con una previsione di sei mesi di stato di emergenza: altro che gli spizzichi e bocconi dei 14 giorni seguiti sempre da altri 14 giorni mentre il Paese si avvia a fermarsi come una nave alla quale abbiano spento i motori e che apparentemente continua a muoversi sotto la spinta dell’inerzia.
Il sistema-Paese si dovrà confrontare con quello che sarà, la tempesta perfetta dell’onda d’urto economica, inimmaginabile per impatto e conseguenze. L’economia sarà l’unità di misura di quest’evento devastante, oltre i numeri dei decessi, dei guariti, del vaccino che non c’è ma forse ci sarà, oltre il ripristino degli spostamenti, dei viaggi, del turismo, dei cinema, dei ristoranti e persino del calcio. La grande macedonia della vita sociale, quindi della vita nella sua interezza, diventerà una sorta di maionese impazzita. Gli Stati e i Governi sanno, come Socrate, di non sapere: non si sa quando davvero tutto questo finirà, non si sa quale sarà il prezzo da pagare e neppure chi e come lo pagherà. L’unica certezza è che sarà salatissimo. Le vite umane sono finite su un piatto di una perversa bilancia gravata da un lato dal costo di quelle vite e dall’altro la necessità di garantire la sopravvivenza del sistema che potrebbe essere travolto. La persona diventa numero che finisce nelle curve di riscontro, nelle formule matematiche, nelle statistiche e nelle proiezioni di equazioni piene di incognite. Troppe, tra casi segnalati, effettivi, virtuali, possibili e inconsapevoli.
Il capitale umano, l’asettico insieme di parametri degli assicuratori divenuto famoso per un romanzo del 2005 di Stephen Amidon (diventato poi in Italia un film di Paolo Virzì), è una di quelle incognite incuneata nelle maglie di una sanità che non può più garantire tutto a tutti, neppure ai medici in prima linea.
Un ius vitae ac necis che dal paterfamilias della Roma arcaica è stato ridisegnato nel XXI secolo senza volto, perché celato da una mascherina, e senza nome, dal micidiale virus arrivato dalla Cina. Non è più un diritto, ma la facoltà dolorosa e ineluttabile di operare scelte, anche nelle cure, che la mentalità contemporanea non riesce ad accettare come inevitabile, e quindi esorcizza non parlandone. In Italia guanti e mascherine da tutti raccomandati non ci sono, spesso non sono neppure idonei, in ogni caso è impossibile garantirne sia il rifornimento sia il fabbisogno. La matematica può essere un’opinione, ma non in questo caso. Provvedimenti a raffica, ordinanze interpretative e restrittive, sono una gabbia immateriale che si aggiunge a quella gabbia fisica che è diventata la casa, fino a marzo oasi al riparo dal tran tran quotidiano e oggi luogo di coazione anticontagio.
C’è poco da cantare al balcone e ben poco di che rallegrarsi, se non del fatto di non essere finiti in un letto di ospedale in terapia intensiva e attaccati a un respiratore. In Italia sono state controllate 4,5 milioni di persone ed elevate 50.000 sanzioni. Nel mondo i contagiati sono oltre 1,2 milioni e i morti 65.000, se si considerano veritieri i dati diffusi dalla Cina che se la prese col medico che scoprì il virus prima ancora di prendersela col virus stesso. Altre bombe a tempo sono già innescate e la deflagrazione è solo questione di numeri. Sono nell’ex Terzo mondo a più alto impatto demografico dopo la Cina, ovvero l’India e il continente africano: realtà dove i concetti di igiene e profilassi sono a dir poco approssimativi, un invito a nozze al coronavirus per propagarsi e prosperare al di fuori di ogni possibile controllo. Il governatore dello Stato di New York, Andrew Cuomo, ha dichiarato che non intende dare un valore in dollari alla vita umana. Non poteva dire altrimenti, ma la sostanza non cambia. Il suo presidente Donald Trump, uno di quelli che nel neoisolazionismo del Nuovo mondo guardava con sufficienza e senso di superiorità al Vecchio Continente, ha messo in preventivo fino a 240.000 vittime, ovvero più dei morti (americani) della Seconda guerra mondiale. E intanto ha detto a 250 milioni di americani di starsene a casa.
Tutto quello che si può fermare viene fermato, e qui il valore in dollari non è dato dal capitale umano calcolato degli assicuratori. I costi sono e saranno enormi, anzi abnormi: reali, virtuali e convenzionali. Inutile illudersi: la quarantena su grande scala per provare a circoscrivere il contagio è il prezzo dello sfascio. È stato calcolato che un blocco di un anno costerà agli Usa e all’Eurozona circa il 30% del Pil, col conseguente crollo dei mercati e la paralisi degli investimenti: il disastro di quelli che ci saranno - nel disastro di quelli che invece non ce l’avranno fatta - e allora la bilancia penderà da una parte sola. Il costo sociale verrà calcolato dallo sgretolamento del sistema nel suo complesso e nel difficoltoso riavvio della macchina umana. Sarà un bagno di sangue per il lavoro, per gli equilibri della collettività, per il presente e il futuro.
È stata evocata l’economia di guerra, non casualmente, per quanto atipica. Ma mentre dalla guerra materiale l’esperienza insegna che si trova la spinta per la ripartenza, mentre dalle epidemie del passato si trovarono le energie per ridisegnare la società, da questa in atto occorrerà vedere quale società potrà restituire e dove essa stessa potrà trovare le basi di una rifondazione. Che difficilmente avverrà prima della scoperta di un vaccino, della sua produzione e della sua commercializzazione su grande scala. Non domani, e neppure dopodomani. Quando scoppierà la pace, sarà davvero terribile.
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pari a quello dell'interruzione; in tali casi, l'Utente riconosce che l'estensione dell'Abbonamento è
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- per disservizi dell'Abbonamento derivanti da malfunzionamenti di reti elettriche e telefoniche ovvero di
ulteriori
servizi gestiti da terze parti che esulano del tutto dalla sfera di controllo e responsabilità del Fornitore
(per
esempio, disservizi della banca dell'Utente, etc...);
- per la mancata pubblicazione di contenuti editoriali che derivi da cause di forza maggiore.
10.4 In tutti gli altri casi, l'Utente riconosce che la responsabilità del Fornitore in forza del contratto
è limitata
alle sole ipotesi di dolo o colpa grave.
10.5 Ai fini dell'accertamento di eventuali disservizi, l'Utente accetta che faranno fede le risultanze dei
sistemi
informatici del Fornitore.
11. Modifica dei termini d'uso
11.1 L'Abbonamento è disciplinato dai termini d'uso approvati al momento dell'acquisto.
11.2 Durante il periodo di validità del contratto, il Fornitore si riserva di modificare i termini della
fornitura per
giustificati motivi connessi alla necessità di adeguarsi a modifiche normative o obblighi di legge, alle
mutate
condizioni del mercato di riferimento ovvero all'attuazione di piani aziendali con ricadute sull'offerta dei
contenuti.
11.3 I nuovi termini d'uso saranno comunicati all'Utente con un preavviso di almeno 15 giorni rispetto alla
scadenza del
periodo di fatturazione in corso ed entreranno in vigore a partire dall'inizio del periodo di fatturazione
successivo.
Se l'Utente non è d'accordo con i nuovi termini d'uso, può esercitare la disdetta secondo quanto previsto al
precedente
articolo 3.
11.4 Ove la modifica dei termini d'uso sia connessa alla necessità di adeguarsi a un obbligo di legge, i
nuovi termini
d'uso potranno entrare in vigore immediatamente al momento della comunicazione; resta inteso che, solo in
tale ipotesi,
l'Utente potrà recedere dal contratto entro i successivi 30 giorni, con il conseguente diritto ad ottenere
un rimborso
proporzionale al periodo di abbonamento non goduto.
12. Trattamento dei dati personali
12.1 In conformità a quanto previsto dal Regolamento 2016/679 UE e dal Codice della privacy (decreto
legislativo 30
giugno 2003, n. 196), i dati personali degli Utenti saranno trattati per le finalità e in forza delle basi
giuridiche
indicate nella privacy policy messa a disposizione dell'Utente in sede di registrazione e acquisto.
12.2 Accettando i presenti termini di utilizzo, l'Utente conferma di aver preso visione della privacy policy
messa a
disposizione dal Fornitore e di averne conservato copia su supporto durevole.
12.3 Il Fornitore si riserva di modificare in qualsiasi momento la propria privacy policy nel rispetto dei
diritti degli
Utenti, dandone notizia a questi ultimi con mezzi adeguati e proporzionati allo scopo.
13. Servizio clienti
13.1 Per informazioni sul Servizio e per qualsiasi problematica connessa con la fruizione dello stesso,
l'Utente può
contattare il Fornitore attraverso i seguenti recapiti: help@newslist.it
14. Legge applicabile e foro competente
14.1 Il contratto tra il Fornitore e l'Utente è regolato dal diritto italiano.
14.2 Ove l'Utente sia qualificabile come consumatore, per le controversie comunque connesse con la
formazione,
esecuzione, interpretazione e cessazione del contratto, sarà competente il giudice del luogo di residenza o
domicilio
del consumatore, se ubicato in Italia.