14 Aprile
Citare Churchill, ispirarsi a De Gaulle e non aver capito chi sei
Conte evoca l'ora più buia dello statista inglese, Macron fa appello alla nazione del Generale. L’italiano cita Churchill credendo di esserlo ma in splendida solitudine, il francese si richiama a De Gaulle e per qualche minuto lo è davvero. Un viaggio di Marco Patricelli tra cronaca e storia
di Marco Patricelli
Giuseppe Conte non è riuscito a mantenere in politica lo stile british, ma anche senza sigaro e bombetta ha scoperto di avere un modello che più british non si può: Winston Churchill. Non solo, ma in qualche modo, nonostante non ne abbia la stazza fisica, tende negli ultimi tempi a immedesimarsi con lo statista che sapeva incassare i rovesci e reagire a colpi di vittorie, che trionfò contro Hitler e come premio ne ebbe la sconfitta alle elezioni, ma che era l’uomo giusto al posto giusto e al momento giusto quando la minaccia nazista si stagliava in tutta la sua virulenza. Oggi che di virulento c’è il Covid-19 – che non ha i baffetti ma è lo stesso letale – e che la guerra contro la minaccia incombente travalica le linee di trincea sanitarie per invadere la società in tutte le sue componenti disarticolandole come fa con i polmoni degli sventurati contagiati, il fu avvocato degli italiani si appiglia a un modello del passato per distillare artificialmente il decisionismo, la tenacia, la forza di carattere, la capacità di andare a bersaglio. Virtù che il premier italiano ha evocato a parole nei decreti e nei proclami alla nazione, sublimandole, e cercando di contenere la deriva confusionale che lo stringe d’assedio.
La nomina del Comitato di esperti per gestire la Fase 2 (che non si intravede quando comincerà) appare come il gesto del condottiero lucido che manda all’assalto la Vecchia guardia della Grande Armée per il colpo risolutivo, ma ha il retrogusto amaro della resa di un Esecutivo che si trova lì per prendere le decisioni, non per demandarle. Il War Cabinet di Churchill era una sua emanazione, anche nelle presenze che doveva solo tollerare, come quella del predecessore Neville Chamberlain; gli altri erano Clement Attlee (che nel 1945...
di Marco Patricelli
Giuseppe Conte non è riuscito a mantenere in politica lo stile british, ma anche senza sigaro e bombetta ha scoperto di avere un modello che più british non si può: Winston Churchill. Non solo, ma in qualche modo, nonostante non ne abbia la stazza fisica, tende negli ultimi tempi a immedesimarsi con lo statista che sapeva incassare i rovesci e reagire a colpi di vittorie, che trionfò contro Hitler e come premio ne ebbe la sconfitta alle elezioni, ma che era l’uomo giusto al posto giusto e al momento giusto quando la minaccia nazista si stagliava in tutta la sua virulenza. Oggi che di virulento c’è il Covid-19 – che non ha i baffetti ma è lo stesso letale – e che la guerra contro la minaccia incombente travalica le linee di trincea sanitarie per invadere la società in tutte le sue componenti disarticolandole come fa con i polmoni degli sventurati contagiati, il fu avvocato degli italiani si appiglia a un modello del passato per distillare artificialmente il decisionismo, la tenacia, la forza di carattere, la capacità di andare a bersaglio. Virtù che il premier italiano ha evocato a parole nei decreti e nei proclami alla nazione, sublimandole, e cercando di contenere la deriva confusionale che lo stringe d’assedio.
La nomina del Comitato di esperti per gestire la Fase 2 (che non si intravede quando comincerà) appare come il gesto del condottiero lucido che manda all’assalto la Vecchia guardia della Grande Armée per il colpo risolutivo, ma ha il retrogusto amaro della resa di un Esecutivo che si trova lì per prendere le decisioni, non per demandarle. Il War Cabinet di Churchill era una sua emanazione, anche nelle presenze che doveva solo tollerare, come quella del predecessore Neville Chamberlain; gli altri erano Clement Attlee (che nel 1945 succederà proprio a Churchill), Lord Halifax, Arthur Greenwood. E poi capi servizio e ministri che partecipavano alle riunioni dove si decideva, non si raccontavano storielle sui massimi sistemi. Il numero successivamente crebbe a otto (con l’ingresso di Ernest Bevin, Anthony Eden che subentrò ad Halifax, inviato come ambasciatore negli Usa, Lord Beaverbrook, Sir Kingsley Wood e Sir John Anderson che sostituì Chamberlain nel frattempo morto), ma era questo lo zoccolo duro della guerra a Hitler. Dove sono invece i ministri italiani della guerra al coronavirus? Lo «spirit of Britain» è lontano anni luce dallo spirito latino. Chissà se Conte ha riflettuto sul discorso del suo ministro dell’Economia, Gualtieri, il quale ha promesso che «nessuno deve perdere il posto di lavoro e tutti saranno aiutati»: un po’ come dire che sarà sconfitta pure la fame nel mondo e ci sarà la pace universale e tutti saranno felici. Per decreto ministeriale o governativo. Ma il premier italiano in questa fase, prima di occuparsi delle dichiarazioni della sua squadra, è forse più impegnato a calibrare le sue, di dichiarazioni, che di churchilliano hanno ben poco.
Il War Cabinet del 1940 non aveva appaltato la chiavi della cabina di regia, perché a un governo di qualsiasi stato democratico si chiede una sola cosa: governare, e di farlo bene. Quando i rivoluzionari francesi crearono il Comitato di salute pubblica, c’erano dentro i rivoluzionari, mica i taumaturghi. L’arte del governo, come quella della politica, pur non immune alla tentazione di vellicare il consenso e di nutrirsene, non può invece alimentarsi del timore di turbarlo, perché il gioco dura poco. Churchill, agli inglesi isolati, disse la verità brutale promettendo sudore, fatica, sangue e lacrime, Conte, agli italiani in isolamento, ha detto mezze verità a spizzichi e bocconi e ha promesso soldi che non sono ancora arrivati; Churchill mandò i bombardieri sulla Germania per dimostrare che la Gran Bretagna soffriva ma sapeva colpire nel segno («strike hard, strike sure» era uno dei motti), Conte brandisce un bazooka economico che finora ha fatto solo il botto dell’annuncio. E se esploderà il disastro sociale, queste armi numeriche non serviranno. Churchill mise tutto in gioco per opporsi al Terzo Reich e salvare l’Europa, Conte si è piegato al diktat tedesco in Europa dopo aver dimostrato platealmente sul Mes la sua non inflessibilità.
In Italia il trust di cervelli per smuovere la montagna dell’immobilismo ha partorito il topolino della riapertura delle librerie, che non si sa da chi potrebbero essere frequentate e soprattutto perché e in che modalità, se si considera che non sono negozi di pizzicagnolo dove si va a comprare due etti di prosciutto, un filone di pane e un pacco di bucatini. Le librerie, come ignorano fior di politici che si sono vantati di non leggere o che ne hanno dato ampia dimostrazione pratica, sono luoghi d’incontro, di confronto, di ricerca, di lettura di titoli e solo alla fine di scelta e di mera operazione merceologica di acquisto. E infatti almeno 150 di esse hanno risposto picche al governo declinando l’invito/permesso a riaprire. Qualche ha pure ipotizzato che la riapertura sia stata disposta per recuperare qualche euro dalle misure (finora virtuali) di sostegno economico a chi è stato costretto a chiudere in forza di uno dei tanti Dpcm, ma naturalmente si tratta dei soliti maligni e polemisti a tutti i costi. Già, i costi, che sono alti e lo saranno ancora di più, nonostante i bei proclami di Gualtieri. Perché, come diceva Churchill, assai citato ma poco studiato, quando finiscono le guerre tra i giganti cominciano le risse tra i pigmei. E lì si vedrà il peggio, non il meglio.
Lo stato eccezionale d’emergenza richiede uomini eccezionali. Il panorama italiano non sembra offrirne molti. E ne basterebbe appena uno, senza sigaro e senza bombetta, ma con qualche idea chiara come Sir Winston. Il quale non risparmiava il suo realistico sarcasmo neppure gli alleati, all’occorrenza, ma poteva permetterselo, contrariamente al premier italiano che invece deve blandirli e ne riceve colpi bassi, strappi e fughe in avanti, ricordando così ogni volta all’intorpidita opinione pubblica italiana che l’avvocato si erge a garante di un matrimonio di interessi, solo che le carte a quel tavolo da gioco non le dà sempre lui; altrimenti il Comitato di super esperti non sarebbe stato nominato, ovvero imposto e calato dall’alto.
Charles de Gaulle, com’è noto, non era certamente in cima alle preferenze di Churchill, e il francese doveva ringraziare che sul podio dell’avversione davanti a lui c’erano Hitler e Stalin, non necessariamente in quest’ordine. Sul lungagnone transalpino con i baffi che si muoveva con la presunzione dello statista e parlava a nome della Francia rappresentandone una sola parte e pur minoritaria, l’inglese ebbe a dire durante la guerra: «Ogni uomo ha la sua croce e io porto quella di Lorena». Si riferiva al simbolo della Francia Libera, la croce di Lorena appunto, scelto da De Gaulle, che indubbiamente aveva diverse doti ma non quella della simpatia. Quanto alle virtù militari, fu più bravo come politico che come generale. Aveva scritto tra le due guerre un libro sull’uso delle truppe corazzate che, oltre a non essere originale, come stigmatizzarono ironicamente i generali della Wehrmacht, non se l’era filato nessuno e aveva venduto neppure mille copie, salvo essere lodato a guerra conclusa come un testo rivoluzionario, avveniristico e precursore dei tempi. Il capolavoro di De Gaulle, oltre alla manfrina estemporanea di far entrare le truppe francesi a Parigi nel 1944 come se avessero sconfitto i tedeschi, sta nell’aver imposto la Francia tra i Paesi vincitori, ribaltando la verità della débâcle vergognosa del 1940 (esercito annichilito in poco più di un mese), dello schieramento successivo dalla parte del Terzo Reich con un fattivo collaborazionismo, l’ancor più vergognosa collaborazione alla Shoah e pure il particolare dell’ultima difesa del bunker di Hitler da parte dei volontari francesi SS della Divisione Charlemagne.
La Francia col seggio permanente e diritto di veto all’Onu, grazie a De Gaulle, è la riprova dello sprezzante giudizio riferito all’Italia, sulla differenza tra un grande Paese e un Paese grande. Emmanuel Macron, che rispetto a De Gaulle è un nano e con lui divide la naturale dote di non risultare simpatico, si è ispirato proprio al Général, nel discorso alla nazione ai tempi del Covid-19. Che era proprio l’appello lucido a un grande Paese, che sa ritrovarsi unito nei fatti, non solo con le parole, che avvampa quando vede garrire il tricolore e tira il petto in fuori alle note della Marsigliese. Per la prima volta nella sua carriera Macron ha parlato da statista, e chissà se e quando gli ricapiterà ancora. Centralità, autorevolezza, senso del potere e del comando, per dare sicurezza dimostrando di averne, nonostante tutto. Conte, agli italiani, ha regalato una serie di show tv, di grana grossa, di luoghi comuni, incespicando nei concetti come nella pronuncia delle parole, con scenari approssimativi e sbrindellati, intervallati da spot autoreferenziali. La rana della favola di Fedro che si gonfia per apparire grande come il bue. Ascoltando lui e Macron a distanza di poche ore, l’inconsistenza del primo e l’abilità del ghost writer del secondo hanno scavato un fossato morale tra cugini latini. L’italiano cita Churchill credendo di esserlo ma in splendida solitudine, il francese si richiama a De Gaulle e per qualche minuto lo è davvero, con la Francia intera al suo fianco, però. Chapeau, Monsieur le Président!
***
La foto che apre questo numero di List è dell'archivo Ansa/Alinari e ritrae Winston Churchill e Charles de Gaulle durante una cerimonia subito dopo la liberazione di Parigi.
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10.1 Il Fornitore è impegnato a fornire un Servizio con contenuti professionali e di alta qualità; tuttavia,
il
Fornitore non garantisce all'Utente che i contenuti siano sempre privi di errori o imprecisioni; per tale
motivo,
l'Utente è l'unico responsabile dell'uso dei contenuti e delle informazioni veicolate attraverso di
essi.
10.2 L'Utente riconosce e accetta che, data la natura del Servizio e come da prassi nel settore dei servizi
della
società dell'informazione, il Fornitore potrà effettuare interventi periodici sui propri sistemi per
garantire o
migliorare l'efficienza e la sicurezza del Servizio; tali interventi potrebbero comportare il rallentamento
o
l'interruzione del Servizio. Il Fornitore si impegna a contenere i periodi di interruzione o rallentamento
nel minore
tempo possibile e nelle fasce orarie in cui generalmente vi è minore disagio per gli Utenti. Ove
l'interruzione del
Servizio si protragga per oltre 24 ore, l'Utente avrà diritto a un'estensione dell'Abbonamento per un numero
di giorni
pari a quello dell'interruzione; in tali casi, l'Utente riconosce che l'estensione dell'Abbonamento è
l'unico rimedio in
suo favore, con la conseguente rinunzia a far valere qualsivoglia altra pretesa nei confronti del
Fornitore.
10.3 L'Utente riconosce e accetta che nessuna responsabilità è imputabile al Fornitore:
- per disservizi dell'Abbonamento derivanti da malfunzionamenti di reti elettriche e telefoniche ovvero di
ulteriori
servizi gestiti da terze parti che esulano del tutto dalla sfera di controllo e responsabilità del Fornitore
(per
esempio, disservizi della banca dell'Utente, etc...);
- per la mancata pubblicazione di contenuti editoriali che derivi da cause di forza maggiore.
10.4 In tutti gli altri casi, l'Utente riconosce che la responsabilità del Fornitore in forza del contratto
è limitata
alle sole ipotesi di dolo o colpa grave.
10.5 Ai fini dell'accertamento di eventuali disservizi, l'Utente accetta che faranno fede le risultanze dei
sistemi
informatici del Fornitore.
11. Modifica dei termini d'uso
11.1 L'Abbonamento è disciplinato dai termini d'uso approvati al momento dell'acquisto.
11.2 Durante il periodo di validità del contratto, il Fornitore si riserva di modificare i termini della
fornitura per
giustificati motivi connessi alla necessità di adeguarsi a modifiche normative o obblighi di legge, alle
mutate
condizioni del mercato di riferimento ovvero all'attuazione di piani aziendali con ricadute sull'offerta dei
contenuti.
11.3 I nuovi termini d'uso saranno comunicati all'Utente con un preavviso di almeno 15 giorni rispetto alla
scadenza del
periodo di fatturazione in corso ed entreranno in vigore a partire dall'inizio del periodo di fatturazione
successivo.
Se l'Utente non è d'accordo con i nuovi termini d'uso, può esercitare la disdetta secondo quanto previsto al
precedente
articolo 3.
11.4 Ove la modifica dei termini d'uso sia connessa alla necessità di adeguarsi a un obbligo di legge, i
nuovi termini
d'uso potranno entrare in vigore immediatamente al momento della comunicazione; resta inteso che, solo in
tale ipotesi,
l'Utente potrà recedere dal contratto entro i successivi 30 giorni, con il conseguente diritto ad ottenere
un rimborso
proporzionale al periodo di abbonamento non goduto.
12. Trattamento dei dati personali
12.1 In conformità a quanto previsto dal Regolamento 2016/679 UE e dal Codice della privacy (decreto
legislativo 30
giugno 2003, n. 196), i dati personali degli Utenti saranno trattati per le finalità e in forza delle basi
giuridiche
indicate nella privacy policy messa a disposizione dell'Utente in sede di registrazione e acquisto.
12.2 Accettando i presenti termini di utilizzo, l'Utente conferma di aver preso visione della privacy policy
messa a
disposizione dal Fornitore e di averne conservato copia su supporto durevole.
12.3 Il Fornitore si riserva di modificare in qualsiasi momento la propria privacy policy nel rispetto dei
diritti degli
Utenti, dandone notizia a questi ultimi con mezzi adeguati e proporzionati allo scopo.
13. Servizio clienti
13.1 Per informazioni sul Servizio e per qualsiasi problematica connessa con la fruizione dello stesso,
l'Utente può
contattare il Fornitore attraverso i seguenti recapiti: help@newslist.it
14. Legge applicabile e foro competente
14.1 Il contratto tra il Fornitore e l'Utente è regolato dal diritto italiano.
14.2 Ove l'Utente sia qualificabile come consumatore, per le controversie comunque connesse con la
formazione,
esecuzione, interpretazione e cessazione del contratto, sarà competente il giudice del luogo di residenza o
domicilio
del consumatore, se ubicato in Italia.