12 Luglio
Il voto in Polonia e la partita in Europa e America
Vince Duda, la Polonia resta sovranista. È una buona notizia (forse) per Trump, è un problema in più per il governo italiano. Cosa accadrà nel negoziato sul Recovery Fund? Il problema della cancelliera Merkel (e la verità di Kurz). Sempre più grave l'inverno demografico. Geopolitica dei ghiacci (sciolti)
Che succede? Il governo è sempre in ponte e il Conte prepara un'altra recita, quella di Autostrade. Dovendo fare la parte del paladino al pedaggio, ha già anticipato a mezzo stampa che lui, un Orlando che agita la durlindana, caccerà i satrapi della famiglia Benetton e ristabilirà l'ordine al casello del popolo:
I Benetton non prendono in giro il presidente del Consiglio, ma i familiari delle vittime del ponte Morandi e tutti gli italiani e non hanno ancora capito che questo governo non accettera' di sacrificare il bene pubblico sull'altare dei loro interessi privati.
Il titolo di Atlantia stamattina è affondato in borsa a - 12,4%. Benissimo, siamo a posto, dopo due anni, due governi, due maggioranze (e sempre lo stesso premier) ora l'Italia riparte. Per dove? Che domanda idiota, titolare, verso nuovi traguardi, non li vedi? C'è uno stato d'emergenza nuovo di zecca alle porte, abbiamo già il record del peggior prodotto interno lordo del mondo (-11,2%) e possiamo fare anche meglio, ci stiamo impegnando per toccare il fondo, anzi stiamo già scavando, e poi abbiamo frecce acuminate al nostro arco, stiamo girando con il piattino in Europa per elemosinare miliardi e speriamo di non restituirli, alla faccia degli olandesi e degli austriaci e anche di quei polacchi che hanno votato ieri e riconfermato quel sovranistaccio di Duda. Nessuno stamattina ha in prima pagina una sola parola del cancelliere austriaco Sebastian Kurz, eppure è molto istruttivo. Quanto all'elezione di Duda, una cosa sono i desideri in tipografia, un'altra cosa è la realtà. Andiamo a Varsavia e poi a Vienna. Due grandi fiumi della storia, tra la Vistola e il Danubio batte il cuore dell'Europa. Seguite il titolare di List.
01
In Polonia ha vinto Duda
Il presidente uscente della Polonia, il conservatore Andrzej Duda, è stato rieletto per un...
Che succede? Il governo è sempre in ponte e il Conte prepara un'altra recita, quella di Autostrade. Dovendo fare la parte del paladino al pedaggio, ha già anticipato a mezzo stampa che lui, un Orlando che agita la durlindana, caccerà i satrapi della famiglia Benetton e ristabilirà l'ordine al casello del popolo:
I Benetton non prendono in giro il presidente del Consiglio, ma i familiari delle vittime del ponte Morandi e tutti gli italiani e non hanno ancora capito che questo governo non accettera' di sacrificare il bene pubblico sull'altare dei loro interessi privati.
Il titolo di Atlantia stamattina è affondato in borsa a - 12,4%. Benissimo, siamo a posto, dopo due anni, due governi, due maggioranze (e sempre lo stesso premier) ora l'Italia riparte. Per dove? Che domanda idiota, titolare, verso nuovi traguardi, non li vedi? C'è uno stato d'emergenza nuovo di zecca alle porte, abbiamo già il record del peggior prodotto interno lordo del mondo (-11,2%) e possiamo fare anche meglio, ci stiamo impegnando per toccare il fondo, anzi stiamo già scavando, e poi abbiamo frecce acuminate al nostro arco, stiamo girando con il piattino in Europa per elemosinare miliardi e speriamo di non restituirli, alla faccia degli olandesi e degli austriaci e anche di quei polacchi che hanno votato ieri e riconfermato quel sovranistaccio di Duda. Nessuno stamattina ha in prima pagina una sola parola del cancelliere austriaco Sebastian Kurz, eppure è molto istruttivo. Quanto all'elezione di Duda, una cosa sono i desideri in tipografia, un'altra cosa è la realtà. Andiamo a Varsavia e poi a Vienna. Due grandi fiumi della storia, tra la Vistola e il Danubio batte il cuore dell'Europa. Seguite il titolare di List.
01
In Polonia ha vinto Duda
Il presidente uscente della Polonia, il conservatore Andrzej Duda, è stato rieletto per un nuovo mandato di cinque anni: sono i dati ufficiali della commissione elettorale. Duda ha ottenuto il 51,21% dei coti contro il 48,79% del liberale e sindaco di Varsavia Rafal Trzaskowski.

Il voto in Polonia era il primo test nazionale dell'era del coronavirus, una crisi che per molti osservatori è l'occassione per il regime change in molti paesi, a cominciare dall'America. Il Guardian qualche giorno fa l'ha messa giù così: "Il testa a testa in Polonia che può rallentare la corsa del populismo". Ha vinto Duda, come spesso capita quando si scambiano i propri desideri per realtà. Non ha stravinto, ma tutti i sogni in progress sono andati a sbattere sul muro della Polonia: un paese conservatore, di destra, sovranista, tradizionalista. Cinque anni fa la vittoria di Duda fu l'avvio del ciclo sovranista in tutto il mondo, seguirono la Brexit e l'America First, l'ascesa di Boris Johnson fino a Downing Street e la vittoria di Trump nella corsa alla Casa Bianca. Accadrà ancora? Non è lo stesso scenario, siamo dentro una profondissima crisi economica e sociale (che ha colpito anche un paese dinamico come la Polonia, oggi in recessione per la prima volta dopo molti anni di crescita), ma Duda nonostante la pandemia è ancora in sella, segno che quell'onda pur essendo indebolita, continua a avere i numeri per vincere.
È un paese spaccato! Titolano gli intelligenti a prescindere. Che scoperta, si chiama democrazia, si vota, questo vince e questo perde, gli elettori si spaccano, la contemporaneità prevede questo copione, è lo spirito del tempo. E poi di solito i plebisciti sono questione che riguarda la dittatura, il pensiero unico, il regime. Che la Polonia sia spaccata è un anche un buon segno, vuol dire che ci saranno dinamiche politiche diverse, competizione di idee, forse ci sarà una virata sulle politiche sociali. Copione già visto in tutte le elezioni in questa fase storica: il sostegno a Duda è stato forte nelle zone rurali, piccole città e a Est, mentre Trzaskowski ha vinto nelle metropoli e nelle zone al confine con la Germania. La dinamica campagna/città che abbiamo misurato in tutti i turni elettorali dal 2016 (si parte con la Brexit) a oggi.
Che tipo è Duda? Non è un alleato di Putin, tanto per cominciare, con i russi le cose in Polonia non possono certo andare alla grande; ha un buon rapporto con Donald Trump, ma sbaglia chi pensa che a Varsavia facciano da quinta colonna degli americani, i polacchi hanno sofferto molto, la storia li ha flagellati, custodiscono l'indipendenza e la bandiera come pochi in Europa. Trump il 6 luglio del 2017 fece proprio a Varsavia uno dei suoi discorsi più azzeccati (e non sono tanti):
La questione fondamentale del nostro tempo è se l'Occidente abbia la volontà di sopravvivere. Abbiamo la fiducia nei nostri valori per difenderli a qualsiasi costo? Abbiamo abbastanza rispetto per i nostri cittadini per proteggere le nostre frontiere? Abbiamo il desiderio e il coraggio di preservare la nostra civiltà di fronte a coloro che vogliono rovesciarla e distruggerla?”.
Trump progetta uno spostamento di truppe americane dalla Germania alla Polonia, la mossa avrebbe un doppio scopo: indebolire la Germania (in competizione con l'industria americana nei mercati dell'auto e dell'acciaio), riequilibrare i rapporti di forza in Europa, mandare un messaggio di riassetto strategico a Putin. Sono cose che vedranno la luce (forse) dopo il voto del 3 novembre (sul quale faremo presto un approfondimento necessario e improntato all'analisi prudente dei numeri di Trump e Biden a questo punto della corsa).
Rapporto di Duda con l'Europa? La Polonia peserà sempre di più, soprattutto dopo questo risultato elettorale. Angela Merkel dovrà tenerne conto perché i rapporti economici tra Varsavia e Berlino sono stretti (la Germania è il primo partner commerciale, seguita da Cina, Russia, Olanda, Italia, Francia, Repubblica Ceca) e con i suoi 38 milioni di abitanti e un'età media di 41 anni (in Italia è 46 e in Germania 47) è uno Stato che svolge il suo ruolo storico (e tragico) di paese-cuscinetto tra Europa e Eurasia. Quanto al populismo polacco, non è un copione da operetta come in Italia, è un fatto reale e strutturato nel governo del paese. E per l'Italia dei sovranisti immaginari e dei populisti-arlecchino non è una buona notizia.
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Lasciamo Varsavia, andiamo a Vienna. No, quella che si sente non è la dolce musica del bel Danubio blu.
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Kurz e la verità sull'Italia

Che cosa ha detto il cancelliere austriaco Sebastian Kurz (qui sopra, nella foto Ansa) alla Frankfurter Allgemeine Zeitung? Ha affermato che sarebbe "negligente" non chiedere come l'Italia spenderà i soldi del Recovery Fund. "Ovviamente siamo interessanti ad uno sviluppo positivo del nostro Paese vicino. Ma sono proprio i vicini quelli che conosciamo bene. In Italia diversi programmi di sostegno dell'Ue non hanno portato il risultato sperato. Il Paese deve ancora combattere con molta economia sommersa, e dalle pensioni fino al mercato del lavoro ha ancora sistemi che non sono competitivi, quindi se dobbiamo spendere 750 miliardi di euro, dobbiamo chiederci: chi li deve pagare, chi li deve ricevere, e per cosa devono essere spesi? Tutto il resto sarebbe negligente". Qualcosa da obiettare? Niente, è storia nota. Dunque Kurz sostiene correttamente che "un'Unione dei debiti con noi non si potrà fare. Ma è chiaro che in una crisi straordinaria come questa, bisogna aiutare gli Stati che sono stati colpiti più gravemente, e che stanno attraversando peggio questa crisi sanitaria ed economica". Quello di Kurz è un breviario perfetto per rispettare prima di tutto una figura dimenticata dalla nostra politica: il contribuente italiano.
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La recessione europea e noi
Il Fondo monetario internazionale ha aggiornato le stime della recessione in Europa:
"Ci aspettiamo che il Pil reale dell'Unione Europea si contragga del 9,3% nel 2020 per poi crescere del 5,7% nel 2021 e tornare al livello del 2019 solo nel 2022", dice Paul Thomsen direttore del dipartimento europeo dell'Fmi sottolineando che "se si trova un trattamento o un vaccino efficace per il Covid-19, la ripresa potrebbe essere più rapida, ma se ci dovessero essere nuove ondate di infezione sarebbe vero il contrario". Segnate sul calendario la data: 2022. Andiamo avanti.
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Il vertice Ue e la nave dei folli
Nell'Unione europea alla fine si troverà un accordo, il vertice del 17/18 luglio dei capi di Stato non sarà quello definitivo, ci sono molte cose da sistemare e anche quando fosse chiara la cornice, c'è da dipingere il quadro (come si erogano i soldi, come avviene il monitoraggio, etc.) e in quello scenario ci saranno i controlli, questo ha detto chiaramente Kurz in quel passaggio ("sono proprio i vicini quelli che conosciamo bene.") che apre tutto un mondo che sarà divertente quanto la surreale disputa sul Mes. Riepiloghiamo: soldi pronti cassa per gli investimenti nella Sanità, a un tasso quasi zero, inferiore a quello delle emissioni dei Btp, non ne prendiamo perché ci sono "condizionalità", etc. e "facciamo da soli" (Conte dixit e ridixit) e via così con il sovranismo immaginario di Palazzo Chigi e del Parlamento. Bene, anche per il Recovery Fund ci saranno condizioni di accesso, utilizzo e monitoraggio, come avviene sempre quando c'è un prestito. Il Parlamento italiano sembra la nave dei folli di Hieronymus Bosch, dissipano la vita nei piaceri mentre stanno affondando:

In attesa di vederli colare a picco, c'è chi lavora per tenerli a galla: la cancelliera Angela Merkel non può permettere e permettersi un deragliamento dell'Unione nel suo semestre di presidenza, dunque un accordo sul Recovery Fund ci sarà. Ma non come lo dipinge oggi (e anche domani) il capo del nostro governo, non c'è alcuna grande conquista da sbandierare, nessuna fanfara da suonare. Niente è gratis.
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L'estate sta finendo
Si vede il disegno: scollinare agosto, arrivare a settembre con la maggioranza tenuta insieme dal nastro adesivo del nuovo stato d'emergenza, dalla seconda ondata del virus (i giornali contribuiscono già con titoli ai confini della realtà) e sperare nello Stellone. In mezzo, il caos di una crisi economica profonda e quell'allarme lanciato dal Viminale sull'autunno caldo e il rischio di "disordini sociali". Così si capisce il percorso, tutto torna, lo stato d'emergenza diventa qualcosa di più largo e ambiguo, è propedeutico ad altro scenario. E passato il ritornello della canzone dei Righeira ("L'estate sta finendo e un anno se ne va / Sto diventando grande, lo sai che non mi va") ci sarà molto da fare per tenere insieme il paese. La cassa integrazione non è ancora arrivata per centinaia di migliaia di lavoratori, chi ce l'ha addirittura viene liquidato in parte e in ritardo, ricordiamo ai naviganti che oggi un dipendente su tre è in cassa integrazione, su 22 milioni di lavoratori, oltre 7 milioni incassano un assegno d'emergenza firmato dalla crisi. Dato sul quale fare una riflessione: da maggio in Italia i pensionati hanno superato i lavoratori e la spesa previdenziale italiana è pari a 293 miliardi di euro. Ancora un numero sul quale fare due o tre pensierini: su 60 milioni di italiani, sono al lavoro solo 22 milioni. È il ritratto di un paese in declino. A cominciare dalla sua demografia.
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E in Italia c'è l'inverno demografico

Il nostro inverno demografico continua, inarrestabile. L'Istat ha pubblicato oggi i nuovi dati, sono raggelanti. Ecco cosa dice l'Istituto nazionale di statistica.
Il calo è dovuto ai cittadini italiani. Al 31 dicembre 2019 la popolazione residente in Italia ammonta a 60.244.639 unità, quasi 189 mila in meno rispetto all’inizio dell’anno (-0,3%). Rispetto alla stessa data del 2014 diminuisce di 551 mila unità, confermando la persistenza del declino demografico che ha caratterizzato gli ultimi cinque anni. Il calo di popolazione residente è dovuto ai cittadini italiani, che al 31 dicembre ammontano a 54 milioni 938 mila unità, 236 mila in meno dall’inizio dell’anno (-0,4%) e circa 844 mila in meno in cinque anni: una perdita consistente, di dimensioni pari, ad esempio, a quella di province come Genova o Venezia. Nello stesso periodo, al contrario, la popolazione residente di cittadinanza straniera è aumentata di oltre 292mila unità attenuando in tal modo la flessione del dato complessivo di popolazione residente. Il ritmo di incremento della popolazione straniera si va tuttavia affievolendo. Al 31 dicembre 2019 sono 5.306.548 i cittadini stranieri iscritti in anagrafe, l’8,8% del totale della popolazione residente, con un aumento, rispetto all’inizio dell’anno, di sole 47 mila unità (+0,9%).

Il saldo negativo tra nati e morti. Prosegue la dinamica naturale negativa della popolazione, che ancora una volta fa registrare un deficit significativo di “sostituzione naturale” tra nati e morti, in linea con la tendenza negativa in atto da diversi anni. Nel corso del 2019 la differenza tra nati e morti (saldo naturale) è di -214mila unità.

Senza stranieri calo drammatico. Il deficit di nascite rispetto ai decessi è tutto dovuto alla popolazione di cittadinanza italiana (-270mila), mentre per la popolazione straniera il saldo naturale resta ampiamente positivo (+55.510). Il tasso di crescita naturale degli stranieri è pari in media nazionale a 10,5 per mille. Anche per gli stranieri il valorepiù elevato si registra nella provincia di Bolzano (13,3 per mille), quello più basso in Sardegna (5,1 per mille). Senza il contributo fornito dagli stranieri, che attenua il declino naturale della popolazione residente in Italia, si raggiungerebbero deficit di sostituzione ancora più drammatici.
Prima gli italiani? Fa ridere (e piangere). Siamo già ampiamente un paese multietnico, in declino costante, senza energia e senza politiche per la famiglia, quella di oggi e di domani.
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Tranquilli, tutto si sistema con il populismo autostradale, la nostra svolta è al casello.
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Il piatto (e il piano) di (e su) Autostrade
In questo scenario, il governo gioca d'azzardo e smonta un'azienda che 31 mila dipendenti e un azionariato internazionale di primo livello:
Autostrade ha presentato un piano che vale 11 miliardi (3,4 miliardi di tagli + 7,5 miliardi di investimenti nei prossimi 4 anni) e prevede un taglio di almeno il 5% delle tariffe, indennizzi a Genova, più controlli sulla rete, più investimenti e manutenzione straordinaria. A inizio giugno Aspi aveva offerto 2,8 miliardi di euro e il governo aveva detto no. Dei 3,4 miliardi, 1,5 saranno per il taglio delle tariffe, 700 milioni aggiuntivi per la manutenzione e 800 milioni per Genova. I Benetton non avranno più il controllo della società, ricordiamo che Atlantia ha l'88% del capitale di Autostrade, il piano prevede che i Benetton scendano al 30% o al 15%. Non ci sarà una vendita delle azioni, ma un aumento di capitale per la diluizione delle quote, in pista ci sono i soliti noti: Cassa depositi e prestiti, il fondo F2i, Poste Vita e alcune casse previdenziali. Per fare questa operazione bisogna cambiare il decreto milleproroghe che prevede il taglio del risarcimento in caso di revoca da 23 a 7 miliardi e il subentro di Anas. Questo disegnino legislativo ha provocato il downgrade della società e l'impossibilità di finanziarsi sul mercato. Va cambiato. Come andrà a finire? Lo scopriremo presto, è solo un problema di tempo e ambizione politica.
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Cosa facciamo ora? Diamo uno sguardo al futuro. Scopriamo un altro mondo. Sulla Terra.
08
Brrr... geopolitica dei ghiacciai (sciolti)
Brrr... Il Financial Times dedica una paginata al caso del ghiacciaio Thwaites, nell'Antartide. È il soggetto più osservato insieme al fratello, il ghiacciaio Pine Island:

Il motivo di tanto interesse per Thwaites è semplice: il ghiacciaio discende in mare con gran velocità e il suo ancoraggio sottomarino (la terra che frena lo scivolamento) è a rischio. Cosa c'è sotto il ghiaccio? Un altro continente. Video della Nasa:
Questa è l'immagine dell'Antartide senza ghiaccio costruita dalla Nasa:

Se in California aspettano il Big One (il terremoto) da queste parti si studia il Big Melt (lo scioglimento dei ghiacci). Serve a prevedere (per quanto possibile) un futuro innalzamento del livello dei mari. Quanto e quando non si sa, ma l'Antartide è un gigantesco produttore di cubetti di ghiaccio (iceberg) che vanno alla deriva, un ciclo che per ora sta accelerando e ha delle conseguenze. Sciolto il ghiaccio, c'è un altro mondo, fatto di terra, laghi e fiumi, altra mappa:

Sarà un altro pianeta. A casa. Il cambiamento climatico è uno dei fattori chiave della geopolitica di oggi e di domani. Di chi sarà il dominio della regione Antartica? Altra mappa (della Cia), la questione politica del domani:

C'è un grande affollamento, molti che bussano alla porta del fututo: Cile, Nuova Zelanda, Australia, Francia, Norvegia, Regno Unito, Argentina... Ora provate a immaginare un mondo dove i confini delle coste sono ridisegnati dall'innalzamento del livello dei mari. Ecco, avete visto giusto, la nuova guerra sarà per la conquista dei poli. Viviamo tempi surriscaldati. Forse troppo.