26 Marzo
L'amico americano e il nazionalismo dei vaccini
La politica America First di Biden andrà avanti finché gli Stati Uniti non avranno immunizzato la popolazione. Il problema dell'Unione europea è politico e Draghi riempie un vuoto di potere (vedere alla voce Germania). L'agenda interna e i peggioristi in servizio permanente
L’amico americano è meno amico di quel che scrivono gli immaginifici cronisti che raccontano gli Stati Uniti buoni quando ci sono i democratici e cattivi quando ci sono i repubblicani. Il mondo non funziona così, Joe Biden ieri era visibile in versione doppia.
Biden 1: a Washington, nella prima conferenza stampa (dove leggeva le risposte) alla Casa Bianca, ha dichiarato che gli Stati Uniti entro 100 giorni avranno distribuito 200 milioni di dosi di vaccino (Operazione Warp Speed, amministrazione Trump);
Biden 2: il presidente americano partecipa al Consiglio europeo dove esorta i paesi dell’Unione a partecipare a una santa alleanza per contrastare l’ascesa della Cina. Ha levato il blocco dell'export dei vaccini prodotti in America? No.
A Washington Biden interpreta "America first", a Bruxelles canta lo spartito della politica Wilsoniana, tutta fatta di diritti per gli altri che in realtà sono gli interessi degli Stati Uniti, interessi - sia chiaro - che a volte coincidono con quelli dell’Europa, ma molto spesso no.
Qualche giornale ieri - e perfino stamattina - ha giocato con i titoli ipotizzando che la Casa Bianca fosse pronta a esportare i vaccini americani in Europa. Mai scambiare i fatti per le proprie illusioni. Il divieto all’export sancito con i poteri di guerra resta. Prima gli americani, questo è il vero programma di vaccinazione dell’amministrazione Biden, il resto sono le illusioni degli editorialisti da riporto.
L’amico americano propone la seguente ricetta: quando avrò finito di vaccinare a casa mia, allora darò il via libera all’esportazione… Provate immaginare la faccia degli intelligenti a prescindere: ma come, questo fa i ragionamenti di Trump? E di grazia, quali ragionamenti dovrebbe fare il presidente americano? Protegge il suo popolo, la sua nazione, con l'unica arma a disposizione: il vaccino. Cosa che non sono riusciti a fare i leader europei, i quali...
L’amico americano è meno amico di quel che scrivono gli immaginifici cronisti che raccontano gli Stati Uniti buoni quando ci sono i democratici e cattivi quando ci sono i repubblicani. Il mondo non funziona così, Joe Biden ieri era visibile in versione doppia.
Biden 1: a Washington, nella prima conferenza stampa (dove leggeva le risposte) alla Casa Bianca, ha dichiarato che gli Stati Uniti entro 100 giorni avranno distribuito 200 milioni di dosi di vaccino (Operazione Warp Speed, amministrazione Trump);
Biden 2: il presidente americano partecipa al Consiglio europeo dove esorta i paesi dell’Unione a partecipare a una santa alleanza per contrastare l’ascesa della Cina. Ha levato il blocco dell'export dei vaccini prodotti in America? No.
A Washington Biden interpreta "America first", a Bruxelles canta lo spartito della politica Wilsoniana, tutta fatta di diritti per gli altri che in realtà sono gli interessi degli Stati Uniti, interessi - sia chiaro - che a volte coincidono con quelli dell’Europa, ma molto spesso no.
Qualche giornale ieri - e perfino stamattina - ha giocato con i titoli ipotizzando che la Casa Bianca fosse pronta a esportare i vaccini americani in Europa. Mai scambiare i fatti per le proprie illusioni. Il divieto all’export sancito con i poteri di guerra resta. Prima gli americani, questo è il vero programma di vaccinazione dell’amministrazione Biden, il resto sono le illusioni degli editorialisti da riporto.
L’amico americano propone la seguente ricetta: quando avrò finito di vaccinare a casa mia, allora darò il via libera all’esportazione… Provate immaginare la faccia degli intelligenti a prescindere: ma come, questo fa i ragionamenti di Trump? E di grazia, quali ragionamenti dovrebbe fare il presidente americano? Protegge il suo popolo, la sua nazione, con l'unica arma a disposizione: il vaccino. Cosa che non sono riusciti a fare i leader europei, i quali hanno delegato alla burocrazia di Bruxelles l'acquisto dei vaccini. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: un elemento vitale di questa storia è stato trattato come la pratica ordinaria di un ufficio ministeriale. Così le aziende farmaceutiche ci sono ritrovate nella comoda posizione di incamerare i contratti senza particolari obblighi, se non quello di fornire certe quantità di vaccino, ma senza regole stringenti su tutto il resto. "Siamo stati ingenui", dicono a Bruxelles. Un ingenuo non può fare la guerra, un ingenuo non può decidere sulla mita, sulla nostra vita.
Alla fine, si vedrà il traguardo, è vero che arrivare in fondo alla maratona è un grande risultato, ma l’ultimo rischia di non trovare più nessuno ad attenderlo. Né applausi né acqua. Gli Stati Uniti stanno uscendo dall’emergenza pandemica, il Regno Unito marcia di gran carriera, la Cina è già in un altro mondo, l’Europa è nei guai. Spiace dirlo, perché crediamo che l'Unione europea sia fondamentale, ma chi ha mantenuto la sovranità in questa partita ha già vinto.
La sconfitta europea è arrivata perché la cessione del potere dello Stato alla Commissione non è riuscita. Ursula von der Leyen ha guidato nel modo peggiore la corsa. Se affidi la gestione del tuo futuro a un funzionario che deve redigere contratti, senza la minima visione dello scenario strategico (la guerra e il nazionalismo dei vaccini che sarebbe per forza arrivato) l'esito è che gli americani, gli inglesi, gli indiani (sono i più importanti produttori mondiali del siero e delle sue materie prime) si tengono il vaccino e ne fanno quello che vogliono. Questa si chiama politica.
La Francia ieri ha toccato i 45.000 contagi in un giorno. L’Italia ufficialmente ha meno contagi, ma la situazione di fatto cambia poco. Quanto alla Germania, stendiamo un velo pietoso: la cancelliere Merkel ha perso il suo tocco magico, perde nel voto e crolla nei sondaggi. Una grande statista che sta uscendo di scena in maniera disordinata.
Mario Draghi durante il Consiglio europeo di ieri (Foto Zuma).Torniamo a casa, l'Italia. Mario draghi ha detto che "gli europei si sentono ingannati dalle case farmaceutiche". Vero, ma c’è anche un altro attore d'inganni, la classe politica europea. Un gran premio di errori e orrori. Non a caso Draghi appena arrivato a Palazzo Chigi ha preso in mano il comando delle operazioni dell’Unione Europea: ha commissariato la presidente della Commissione Ursula von der Leyen, ha preso il posto di Merkel come punto di riferimento, ha stabilito un patto di collaborazione con Macron. Quando c’è un vuoto di potere, qualcuno prima o poi lo riempie, Draghi è in ascesa in Europa. E per la prima volta dall’introduzione della moneta unica il nostro paese si ritrova con un leader in grado di far valere presso le cancellerie europee (e non solo) il reale peso dell’Italia. È una buona notizia, naturalmente non risolve da sola i problemi. Perché il governo anche quando avrà trovato i le dosi che servono per immunizzare la popolazione - e arriveranno - avrà in ogni caso di fronte il bazar istituzionale dell’Italia, la vaccinazione-Arlecchino che vediamo nelle Regioni, i sultanati locali, le clientele (e quelli che saltano la fila).
Sappiamo tutti che il lockdown da solo risolve ben poco, aiuta a allentare la corsa agli ospedali, frena il contagio (e dai numeri neanche troppo, perché il virus segue un suo ciclo e con le varianti c'è molto da scoprire) ma distrugge l’economia, dunque deve durare poco. Qui torna il fattore tempo legato a un altro ciclo, quello dell'economia. Ci sono indicatori precisi che dicono che avremo un balzo della produzione e dei consumi nel secondo semestre del 2021, ma intanto interi settori sono stati spazzati via. Che fare con chi ha perso il lavoro? Cosa accadrà quando la cassa integrazione finirà? Nel ciclo economico della distruzione e creazione si tratta di un fatto normale, ma nella vita di ogni singolo che perde il suo posto di lavoro, la sua piccola o grande impresa, si tratta di un fatto straordinario e doloroso. Aspettiamo che si vedano i frutti del piano sul Recovery Fund, ma non sarà sufficiente, perché la sfida è prima di tutto nello studio, nella scuola e nella formazione. Per i giovani e per chi già avanti con gli anni deve reinventarsi una vita distrutta dalla pandemia.
Il premier Draghi finora ha potuto far pesare il suo prestigio, la sua grande capacità di mettere insieme gli opposti. Ma là fuori, ci sono fenomeni che non vanno presi sottogamba. La televisione a caccia di ascolti mostra ogni giorno le divergenz e le distorsioni, le ombre in agguato. Parlano tribuni che non badano ai fatti (quasi sempre senza contraddittorio), una tribù di peggioristi in servizio permanente che ha perso la memoria e arriva a sostenere che in fondo quel fenomeno di Giuseppe Conte era meglio di Draghi. La libertà d'opinione è sacra, ci mancherebbe, ma la manipolazione dei fatti e l'oblìo sono da contrastare. Il premier Draghi e i suoi collaboratori dovrebbero guardare con grande attenzione questo fenomeno di attacco e rimozione, trarne insegnamento, passare qualche ora a fare zapping. Perché Draghi non è Conte e in questa storia non tutto fa brodo. E le fiere sono pronte a far dell'Italia un sol boccone.
Sette secoli fa Dante Alighieri aveva previsto tutto:
Ahi serva Italia, di dolore ostello,
nave sanza nocchiere in gran tempesta,
non donna di province, ma bordello!
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9.1 L'Utente si impegna a manlevare e tenere indenne il Fornitore contro qualsiasi costo – inclusi gli
onorari degli
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conseguenza di usi
impropri del Servizio da parte dell'Utente o per la violazione da parte di quest'ultimo di obblighi
derivanti dalla
legge ovvero dai presenti termini d'uso.
10. Limitazione di responsabilità
10.1 Il Fornitore è impegnato a fornire un Servizio con contenuti professionali e di alta qualità; tuttavia,
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della
società dell'informazione, il Fornitore potrà effettuare interventi periodici sui propri sistemi per
garantire o
migliorare l'efficienza e la sicurezza del Servizio; tali interventi potrebbero comportare il rallentamento
o
l'interruzione del Servizio. Il Fornitore si impegna a contenere i periodi di interruzione o rallentamento
nel minore
tempo possibile e nelle fasce orarie in cui generalmente vi è minore disagio per gli Utenti. Ove
l'interruzione del
Servizio si protragga per oltre 24 ore, l'Utente avrà diritto a un'estensione dell'Abbonamento per un numero
di giorni
pari a quello dell'interruzione; in tali casi, l'Utente riconosce che l'estensione dell'Abbonamento è
l'unico rimedio in
suo favore, con la conseguente rinunzia a far valere qualsivoglia altra pretesa nei confronti del
Fornitore.
10.3 L'Utente riconosce e accetta che nessuna responsabilità è imputabile al Fornitore:
- per disservizi dell'Abbonamento derivanti da malfunzionamenti di reti elettriche e telefoniche ovvero di
ulteriori
servizi gestiti da terze parti che esulano del tutto dalla sfera di controllo e responsabilità del Fornitore
(per
esempio, disservizi della banca dell'Utente, etc...);
- per la mancata pubblicazione di contenuti editoriali che derivi da cause di forza maggiore.
10.4 In tutti gli altri casi, l'Utente riconosce che la responsabilità del Fornitore in forza del contratto
è limitata
alle sole ipotesi di dolo o colpa grave.
10.5 Ai fini dell'accertamento di eventuali disservizi, l'Utente accetta che faranno fede le risultanze dei
sistemi
informatici del Fornitore.
11. Modifica dei termini d'uso
11.1 L'Abbonamento è disciplinato dai termini d'uso approvati al momento dell'acquisto.
11.2 Durante il periodo di validità del contratto, il Fornitore si riserva di modificare i termini della
fornitura per
giustificati motivi connessi alla necessità di adeguarsi a modifiche normative o obblighi di legge, alle
mutate
condizioni del mercato di riferimento ovvero all'attuazione di piani aziendali con ricadute sull'offerta dei
contenuti.
11.3 I nuovi termini d'uso saranno comunicati all'Utente con un preavviso di almeno 15 giorni rispetto alla
scadenza del
periodo di fatturazione in corso ed entreranno in vigore a partire dall'inizio del periodo di fatturazione
successivo.
Se l'Utente non è d'accordo con i nuovi termini d'uso, può esercitare la disdetta secondo quanto previsto al
precedente
articolo 3.
11.4 Ove la modifica dei termini d'uso sia connessa alla necessità di adeguarsi a un obbligo di legge, i
nuovi termini
d'uso potranno entrare in vigore immediatamente al momento della comunicazione; resta inteso che, solo in
tale ipotesi,
l'Utente potrà recedere dal contratto entro i successivi 30 giorni, con il conseguente diritto ad ottenere
un rimborso
proporzionale al periodo di abbonamento non goduto.
12. Trattamento dei dati personali
12.1 In conformità a quanto previsto dal Regolamento 2016/679 UE e dal Codice della privacy (decreto
legislativo 30
giugno 2003, n. 196), i dati personali degli Utenti saranno trattati per le finalità e in forza delle basi
giuridiche
indicate nella privacy policy messa a disposizione dell'Utente in sede di registrazione e acquisto.
12.2 Accettando i presenti termini di utilizzo, l'Utente conferma di aver preso visione della privacy policy
messa a
disposizione dal Fornitore e di averne conservato copia su supporto durevole.
12.3 Il Fornitore si riserva di modificare in qualsiasi momento la propria privacy policy nel rispetto dei
diritti degli
Utenti, dandone notizia a questi ultimi con mezzi adeguati e proporzionati allo scopo.
13. Servizio clienti
13.1 Per informazioni sul Servizio e per qualsiasi problematica connessa con la fruizione dello stesso,
l'Utente può
contattare il Fornitore attraverso i seguenti recapiti: help@newslist.it
14. Legge applicabile e foro competente
14.1 Il contratto tra il Fornitore e l'Utente è regolato dal diritto italiano.
14.2 Ove l'Utente sia qualificabile come consumatore, per le controversie comunque connesse con la
formazione,
esecuzione, interpretazione e cessazione del contratto, sarà competente il giudice del luogo di residenza o
domicilio
del consumatore, se ubicato in Italia.