30 Aprile
Il format americano
Il discorso di Joe Biden al Congresso, un paese diviso che cerca di evitare il declino, gli investimenti e le tasse sui ricchi, "cancel culture" e guerra culturale permanente, la sfida con la Cina e la crescente tensione su Taiwan, "il posto più pericoloso sulla Terra" (The Economist). La sceneggiatura della Casa Bianca e la realtà
Quando il mondo è in pericolo, arriva Capitan America. Da bambini abbiamo letto montagne di fumetti e da più grandi (ma non troppo, è meglio mantenere un angolo di fanciullesco stupore) il cinema ci ha insegnato che c'è sempre un supereroe che viene dal Nuovo Mondo a salvarci. Il Settimo Cavalleggeri arriva al galoppo, il bene trionfa e il male soccombe, l'eroe vince e il cattivo perde. L'America ha questa idea di se stessa, la macchina di Hollywood continua a dipingerla così (ultimo della serie, Wonder Woman 1984, bello) ma tra il racconto e la realtà c'è una terra d'illusione che si sta sgretolando. Come l'intervento di Joe Biden al Congresso, il suo primo discorso sullo Stato dell'Unione, 100 giorni alla Casa Bianca, la presentazione del piano di investimenti e della riforma fiscale (dove il primo si fa solo se arrivano i soldi delle tasse). Biden ha naturalmente richiamato l'America all'unità (no news, lo dicono tutti i presidenti), è apparso "presidenziale" (e lo fu anche Trump davanti al Congresso), ha detto che l'America è di nuovo in marcia (altro luogo letterario dei discorsi del Commander in Chief), che il buio con cui aveva dipinto fino a qualche settimana prima il suo paese è svanito. Non c'era il buio, non c'è una nuova luce. È semplicemente un altro racconto, un nuovo format della fiction americana.
Il sottosopra pirotecnico di Trump è diventato il mondo parallelo di Biden. Basta guardare le foto che piovono sul monitor dal confine con il Messico, con The Donald finivano in prima pagina, ammobiliate da un vibrante commento, oggi restano in archivio. Il giornalismo americano (e non solo quello) ha un problema con la realtà, come ha raccontato Josh Glancy, corrispondente del Sunday Times dall'America che dopo cinque anni di servizio torna nel Regno Unito e sullo Spectator...
Quando il mondo è in pericolo, arriva Capitan America. Da bambini abbiamo letto montagne di fumetti e da più grandi (ma non troppo, è meglio mantenere un angolo di fanciullesco stupore) il cinema ci ha insegnato che c'è sempre un supereroe che viene dal Nuovo Mondo a salvarci. Il Settimo Cavalleggeri arriva al galoppo, il bene trionfa e il male soccombe, l'eroe vince e il cattivo perde. L'America ha questa idea di se stessa, la macchina di Hollywood continua a dipingerla così (ultimo della serie, Wonder Woman 1984, bello) ma tra il racconto e la realtà c'è una terra d'illusione che si sta sgretolando. Come l'intervento di Joe Biden al Congresso, il suo primo discorso sullo Stato dell'Unione, 100 giorni alla Casa Bianca, la presentazione del piano di investimenti e della riforma fiscale (dove il primo si fa solo se arrivano i soldi delle tasse). Biden ha naturalmente richiamato l'America all'unità (no news, lo dicono tutti i presidenti), è apparso "presidenziale" (e lo fu anche Trump davanti al Congresso), ha detto che l'America è di nuovo in marcia (altro luogo letterario dei discorsi del Commander in Chief), che il buio con cui aveva dipinto fino a qualche settimana prima il suo paese è svanito. Non c'era il buio, non c'è una nuova luce. È semplicemente un altro racconto, un nuovo format della fiction americana.
Il sottosopra pirotecnico di Trump è diventato il mondo parallelo di Biden. Basta guardare le foto che piovono sul monitor dal confine con il Messico, con The Donald finivano in prima pagina, ammobiliate da un vibrante commento, oggi restano in archivio. Il giornalismo americano (e non solo quello) ha un problema con la realtà, come ha raccontato Josh Glancy, corrispondente del Sunday Times dall'America che dopo cinque anni di servizio torna nel Regno Unito e sullo Spectator ha spiegato perché no, i media degli Stati Uniti non gli mancheranno.
Reynosa, Messico, 29 aprile 2021, famiglie di migranti dormono nelle strade, attendono l'apertura della frontiera da parte dell'amministrazione Biden, cosa che non accadrà (Foto Zuma).La sceneggiatura della Casa Bianca oggi prevede altre immagini, un racconto fatato, Joe che raccoglie sul prato della Casa Bianca un fiore per Jill, che emozione:
Washington DC, Casa Bianca. Joe Biden raccoglie un dente di leone per la First Lady (Foto Ansa).Il discorso di Biden ha ricevuto ovviamente il plauso dei giornali, delle televisioni, del giro di quelli che citano con il cuore in mano "il prossimo" (non questo, il prossimo) senza aver mai sfiorato la povertà, usano le posate a tavola, non hanno un pensiero ma la parola casca sempre nel posto più comodo, non sono mai al verde e hanno un solo scopo che brilla nelle loro pupille vuote, fare soldi. Possibilmente senza sudare. Se c'è una decadente noia, potete star certi che s'aggira dalle parti degli ignoranti colti (leggere il libro sublime di William Hazlitt, uno dei più grandi saggisti della storia inglese, al pari di Samuel Johnson e George Orwell, intitolato L'ignoranza delle persone colte).
Il rintocco della campana americana sarà una delle cose più rumorose mai sentite nella storia. Basta aspettare sulla riva del fiume, con il taccuino squadernato. Perché viviamo in un'era che non si può leggere con le coordinate di un tempo che non torna, finito il Novecento post-guerra, non ne comincia un altro dell'età dell'oro, il secondo millennio è un'altra storia. E tutti i pezzi stanno andando a dama.
Cento giorni in politica possono essere pochi o tanti, nel caso di Biden sono quasi nulla perché la sua presidenza comincerà quando il mondo sarà entrato definitivamente nel new normal della post-pandemia. Per ora, Biden è ancora immerso nel finale di partita trumpiano. Un presidente che avrebbe conquistato in scioltezza il suo secondo mandato (prima della pandemia la disoccupazione era ai minimi dai tempi della guerra in Vietnam), colpito da un nemico invisibile che ha diffuso il caos in tutto il mondo (tranne in Cina, unico paese con il Pil positivo nel 2020), costretto a rincorrere l'anarchia sanitaria di 50 Stati, organizza una straordinaria corsa al vaccino, la vince ma perde la Casa Bianca. Ci sta, il destino non è mai una linea retta. Biden era destinato alla sconfitta, ma la storia ha cambiato le carte in tavola e oggi guida l'America che cerca di modificare un altro destino, quello del declino della prima potenza mondiale. C'è da sperare che non accada, ma i fatti sono duri da piegare e soprattutto spiegare.
Il bene trionfa sempre, dicono. Qui ne siamo convinti, solo che i tempi della vittoria spesso non coincidono con i desideri. Quando Biden nel suo intervento parla dell'arsenale dei vaccini e della democrazia, cita due fattori completamente diversi e, con tutto il rispetto, fa la parte dello smemorato.
Joe Biden al Congresso, alle sue spalle, la vicepresidente Kamala Harris e la speaker Nancy Pelosi (Foto Zuma).1. Amerivax First. La Casa Bianca ha tenuto quell'arsenale a disposizione degli americani, Biden ha fatto né più né meno che America First; l'Europa, Alice nel paese delle meraviglie, s'era illusa che con il presidente amato dai fan dei nuovi -ismi sarebbero arrivati milioni di vaccini per aiutare il Vecchio Continente a risollevarsi. No, il copione della Seconda guerra mondiale non si è ripetuto, i nostri non sono arrivati. E se il vaccino è americano, lo è solo per il semplice e inesorabile fatto che l'amministrazione Trump ha investito miliardi di dollari per la ricerca e produzione. In ogni caso, finora Biden ha fatto bene il suo lavoro per il semplice motivo che quello che doveva fare era vaccinare gli americani con il vaccino che, al contrario dell'Europa, è disponibile in grandi quantità. Biden è ancora in questo quadrante del campo da gioco. Per lui è un ottimo momento, ma svanirà.
2. Dem e Democrazia. Presto uscirà da questa schermata del videogame e allora vedremo quanto e come gli Stati Uniti "sono tornati", "sono in marcia" e via discorrendo. Qui lo sguardo di chi vuol vedere i fatti corre verso Oriente, in Cina. Biden ha annunciato un impegno più grande dell'America nell'area dell'Indo-Pacifico non "per fare la guerra ma per evitarla". Che una presenza americana più massiccia nell'area aiuti la causa della pace è tutto da dimostrare, potremmo anche credere che la difesa attiva sia un ottimo deterrente nei confronti di Pechino, ma di solito in un saloon dove ci sono troppe pistole, alla fine qualcuno preme il grilletto e tutti gli altri lasciano l'whisky e le carte per scaricare un po' di piombo dove capita. Non sparate sul pianista. Sul cielo di Taiwan da quando Biden ha cominciato a mostrare il calcio della pistola, i cinesi hanno fatto volare più volte i loro cacciabombardieri e l'Economist ha dedicato la copertina del suo ultimo numero al "luogo più pericoloso sulla Terra".
I cinesi stanno avvisando il Pentagono. La preoccupazione della Casa Bianca sull'avanzata del Dragone è quella del "clear and present danger" (libro di Tom Clancy) un pericolo, il presidente ha chiamato l'Unione europea a fare una netta scelta di campo e ha resuscitato la Nato (uno strumento militare della Guerra Fredda) per rilanciare una politica di espansione a Est (occhio alla Russia), ma la strategia sembra sorretta da un pensiero fuori sintonia, non tiene conto del fatto che non siamo più negli anni Novanta, che la Cina e la Russia hanno costruito un blocco reale fatto di energia e eserciti, che tutti hanno bisogno di tutti e la vecchia idea di rovesciare i regimi dall'interno è radioattiva (pensate a cosa accadrebbe se l'arsenale di Mosca finisse in mano a uno sconosciuto all'Occidente), che l'epoca dell'export della democrazia è chiusa (nella peggior maniera, con il ritiro in Afghanistan e un nuova stagione talebana alle porte) e, semmai, il cuore del problema oggi è proprio nell'arretramento pauroso della libertà in Occidente, nella sua inefficienza, nel suo tradimento delle premesse e delle promesse, nella riduzione della povera gente a strumento, nel dominio sulla persona, nell'alienazione di masse educate al consumo e non alla vita. La missione è quella di riparare le nostre democrazie. Biden dovrebbe fare questo, dare una mano a riprendere il cammino delle libertà di tutti. Lo sta facendo?
3. Make Taxes Great Again. Sul fronte interno, Biden sta cercando di costruire uno scambio tra investimenti e tasse. Ha bisogno di un piano per (ri)creare lavoro, le infrastrutture sono obsolete, l'America deve costruire strade, ponti, reti energetiche e telematiche (provate a connettervi a internet fuori dalle metropoli), rimettere in sesto il suo corrotto (in tutti i sensi, le cronache dai college e dalle università sono desolanti) sistema educativo di base, combattere una spaventosa crisi degli oppioidi, disarmare il paese delle stragi, ricucire gli strappi di un paese che vive in stato di separazione. Biden sta facendo tutto questo? Ha il piano fiscale in tasca, eredita una situazione economica che era già in fase di pre-boom (leggere il Wall Street Journal, analisi dell'editorial board), deve negoziarlo con il Congresso (ha proposto di approvarlo "a pezzi"), pensa che la leva populista delle tasse sui ricchi (che già le pagano in misura ignota allo storytelling democratico) lo aiuterà a mantenere il consenso necessario per portare a termine questa missione, ma sul piano culturale - quello più importante - Joe resta fermo all'idea del "noi e loro". Egli vuole raddrizzare il legno storto.
Boston, la statua di Lincoln dedicata all'abolizione della schiavitù in America. Un monumento all'emancipazione rimosso.4. Culture wars. E qui veniamo al nocciolo incandescente della questione americana, la cultura a una dimensione del Partito democratico. Biden ha sempre dichiarato il suo centrismo, ottimo, ma poi lascia che il fiume scorra sotto i suoi piedi e si contraddice. Il presidente costruirà (forse) i ponti per collegare le città, attraversare i fiumi e le montagne, ma i ponti del dialogo tra le famiglie americane così non saranno mai riparati. La rottura è netta e il grado di separazione aumenta giorno dopo giorno. La nuova/vecchia politica dei democratici è dominata da una teoria della "giustizia sociale" che non ammette la libera discussione, da una parte c'è il bene assoluto, dall'altra il male. Così tutto è diventato "cancel culture", dove non c'è conformismo, c'è il taglio netto, la cancellazione della sola presenza di gruppi che disturbano il corso delle sorti progressive. Questa distruzione degli elementi divergenti della società americana è un fenomeno vastissimo, parte dalle scuole primarie, arriva fino alle più alte istituzioni culturali. Ne esce sconvolta perfino la grande letteratura americana, dove gli autori sono selezionati sulla base del politicamente corretto, i libri vengono messi all'indice, altri libri emendati, il grande cinema sottoposto a revisione, introduzione pedagogica, censura, anche i classici nei musei sono sottoposti all'indagine della buoncostume in progress. Quando cominci a buttare giù le statue dei padri fondatori (Abramo Lincoln, Boston), la strada per una "rivoluzione culturale" che imprigiona il pensiero è tracciata. Tutto questo Biden non lo ferma, il suo silenzio lo incoraggia. È il prezzo che paga alle frange radicali del suo movimento, un conto salato di cui conosceremo presto gli esiti. Si sentono in lontananza tuonare i cannoni della realtà.
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e per questo si impegna a rispettare tali diritti.
8.2 Tutti i diritti sono riservati in capo ai titolari; l'Utente accetta che l'unico diritto acquisito con
il contratto
è quello di fruire dei contenuti dell'Abbonamento con le modalità e i limiti propri del Servizio. Fatte
salve le
operazioni di archiviazione e condivisione consentite dalle apposite funzionalità del Servizio, qualsiasi
attività di
riproduzione, pubblica esecuzione, comunicazione a terzi, messa a disposizione, diffusione, modifica ed
elaborazione dei
contenuti è espressamente vietata.
8.3 La violazione degli obblighi stabiliti nel presente articolo conferisce al Fornitore il diritto di
risolvere
immediatamente il contratto ai sensi dell'articolo 1456 del codice civile, fatto salvo il risarcimento dei
danni.
9. Manleva
9.1 L'Utente si impegna a manlevare e tenere indenne il Fornitore contro qualsiasi costo – inclusi gli
onorari degli
avvocati, spesa o danno addebitato al Fornitore o in cui il Fornitore dovesse comunque incorrere in
conseguenza di usi
impropri del Servizio da parte dell'Utente o per la violazione da parte di quest'ultimo di obblighi
derivanti dalla
legge ovvero dai presenti termini d'uso.
10. Limitazione di responsabilità
10.1 Il Fornitore è impegnato a fornire un Servizio con contenuti professionali e di alta qualità; tuttavia,
il
Fornitore non garantisce all'Utente che i contenuti siano sempre privi di errori o imprecisioni; per tale
motivo,
l'Utente è l'unico responsabile dell'uso dei contenuti e delle informazioni veicolate attraverso di
essi.
10.2 L'Utente riconosce e accetta che, data la natura del Servizio e come da prassi nel settore dei servizi
della
società dell'informazione, il Fornitore potrà effettuare interventi periodici sui propri sistemi per
garantire o
migliorare l'efficienza e la sicurezza del Servizio; tali interventi potrebbero comportare il rallentamento
o
l'interruzione del Servizio. Il Fornitore si impegna a contenere i periodi di interruzione o rallentamento
nel minore
tempo possibile e nelle fasce orarie in cui generalmente vi è minore disagio per gli Utenti. Ove
l'interruzione del
Servizio si protragga per oltre 24 ore, l'Utente avrà diritto a un'estensione dell'Abbonamento per un numero
di giorni
pari a quello dell'interruzione; in tali casi, l'Utente riconosce che l'estensione dell'Abbonamento è
l'unico rimedio in
suo favore, con la conseguente rinunzia a far valere qualsivoglia altra pretesa nei confronti del
Fornitore.
10.3 L'Utente riconosce e accetta che nessuna responsabilità è imputabile al Fornitore:
- per disservizi dell'Abbonamento derivanti da malfunzionamenti di reti elettriche e telefoniche ovvero di
ulteriori
servizi gestiti da terze parti che esulano del tutto dalla sfera di controllo e responsabilità del Fornitore
(per
esempio, disservizi della banca dell'Utente, etc...);
- per la mancata pubblicazione di contenuti editoriali che derivi da cause di forza maggiore.
10.4 In tutti gli altri casi, l'Utente riconosce che la responsabilità del Fornitore in forza del contratto
è limitata
alle sole ipotesi di dolo o colpa grave.
10.5 Ai fini dell'accertamento di eventuali disservizi, l'Utente accetta che faranno fede le risultanze dei
sistemi
informatici del Fornitore.
11. Modifica dei termini d'uso
11.1 L'Abbonamento è disciplinato dai termini d'uso approvati al momento dell'acquisto.
11.2 Durante il periodo di validità del contratto, il Fornitore si riserva di modificare i termini della
fornitura per
giustificati motivi connessi alla necessità di adeguarsi a modifiche normative o obblighi di legge, alle
mutate
condizioni del mercato di riferimento ovvero all'attuazione di piani aziendali con ricadute sull'offerta dei
contenuti.
11.3 I nuovi termini d'uso saranno comunicati all'Utente con un preavviso di almeno 15 giorni rispetto alla
scadenza del
periodo di fatturazione in corso ed entreranno in vigore a partire dall'inizio del periodo di fatturazione
successivo.
Se l'Utente non è d'accordo con i nuovi termini d'uso, può esercitare la disdetta secondo quanto previsto al
precedente
articolo 3.
11.4 Ove la modifica dei termini d'uso sia connessa alla necessità di adeguarsi a un obbligo di legge, i
nuovi termini
d'uso potranno entrare in vigore immediatamente al momento della comunicazione; resta inteso che, solo in
tale ipotesi,
l'Utente potrà recedere dal contratto entro i successivi 30 giorni, con il conseguente diritto ad ottenere
un rimborso
proporzionale al periodo di abbonamento non goduto.
12. Trattamento dei dati personali
12.1 In conformità a quanto previsto dal Regolamento 2016/679 UE e dal Codice della privacy (decreto
legislativo 30
giugno 2003, n. 196), i dati personali degli Utenti saranno trattati per le finalità e in forza delle basi
giuridiche
indicate nella privacy policy messa a disposizione dell'Utente in sede di registrazione e acquisto.
12.2 Accettando i presenti termini di utilizzo, l'Utente conferma di aver preso visione della privacy policy
messa a
disposizione dal Fornitore e di averne conservato copia su supporto durevole.
12.3 Il Fornitore si riserva di modificare in qualsiasi momento la propria privacy policy nel rispetto dei
diritti degli
Utenti, dandone notizia a questi ultimi con mezzi adeguati e proporzionati allo scopo.
13. Servizio clienti
13.1 Per informazioni sul Servizio e per qualsiasi problematica connessa con la fruizione dello stesso,
l'Utente può
contattare il Fornitore attraverso i seguenti recapiti: help@newslist.it
14. Legge applicabile e foro competente
14.1 Il contratto tra il Fornitore e l'Utente è regolato dal diritto italiano.
14.2 Ove l'Utente sia qualificabile come consumatore, per le controversie comunque connesse con la
formazione,
esecuzione, interpretazione e cessazione del contratto, sarà competente il giudice del luogo di residenza o
domicilio
del consumatore, se ubicato in Italia.