15 Giugno
Biden tra Xi e Putin. L'era del disordine post-coronavirus
Le conclusioni del vertice Nato sulla Cina e la Russia, la dura reazione di Mosca e Pechino, l'incontro domani a Ginevra tra il presidente americano e Vladimir Putin. In primo piano il dossier nucleare, i missili e la cyber-guerra. La storia non era finita, lezioni per oggi e domani
Che succede? Siamo in uno scenario di nuova Guerra Fredda e prima o poi ne vedremo i frutti. Joe Biden ha aperto un fronte con la Cina e la Russia il cui esito è tutto da scoprire. Le reazioni di Mosca e Pechino alle conclusioni del vertice della Nato sono dure. Siamo dentro un gioco diplomatico fatto di asprezze verbali e azioni concrete. Il mondo è in una fase più instabile di quanto si immagini. L'era dell'ordine del post-coronavirus è partita.
La Nato continua a essere lo strumento degli americani, l'Europa continua ad essere senza esercito, tutti sono felici che gli Stati Uniti siano tornati al tavolo con l'Unione europea, regoleremo le ambizioni di Cina e Russia. Applausi.
Peccato che la realtà, il mondo dove viviamo tutti i giorni, non sia più quello del 1989, l'anno del crollo del Muro di Berlino. Gli anni Novanta, quelli in cui Francis Fukuyama diceva che la storia era finita, stavano incubando un'altra potenza, la Cina. E mentre tutti pensavano alla dissoluzione dell'Urss comunista, contemporaneamente si creavano le fondamenta per la (ri)nascita dell'impero dello Zar (Putin). Tutto si trasforma, solo l'Occidente continua a pensare che il mondo sia cristallizzato, che la storia sia finita, che in fondo la partita sia sempre quella dei vecchi tempi. Non è così, niente è come prima, Henry Kissinger non smette di mettere in guardia Washington: con la Cina va trovato un nuovo modo di negoziare, prima che il conflitto diventi inevitabile.
Il comunicato del vertice Nato si snoda in 79 punti, un documento istruttivo per la sua prolissità. Il testo è pieno di ossessioni, tradisce un'ansia che andrebbe psicanalizzata, è il segnale che gli sfugge l'acqua tra le mani. La Cina è citata 10 volte, la Russia 61 volte, l'Afghanistan, dopo vent'anni di guerra fallimentare e un ritiro che spiana la strada al rientro dei tagliagole talebani, è...
Che succede? Siamo in uno scenario di nuova Guerra Fredda e prima o poi ne vedremo i frutti. Joe Biden ha aperto un fronte con la Cina e la Russia il cui esito è tutto da scoprire. Le reazioni di Mosca e Pechino alle conclusioni del vertice della Nato sono dure. Siamo dentro un gioco diplomatico fatto di asprezze verbali e azioni concrete. Il mondo è in una fase più instabile di quanto si immagini. L'era dell'ordine del post-coronavirus è partita.
La Nato continua a essere lo strumento degli americani, l'Europa continua ad essere senza esercito, tutti sono felici che gli Stati Uniti siano tornati al tavolo con l'Unione europea, regoleremo le ambizioni di Cina e Russia. Applausi.
Peccato che la realtà, il mondo dove viviamo tutti i giorni, non sia più quello del 1989, l'anno del crollo del Muro di Berlino. Gli anni Novanta, quelli in cui Francis Fukuyama diceva che la storia era finita, stavano incubando un'altra potenza, la Cina. E mentre tutti pensavano alla dissoluzione dell'Urss comunista, contemporaneamente si creavano le fondamenta per la (ri)nascita dell'impero dello Zar (Putin). Tutto si trasforma, solo l'Occidente continua a pensare che il mondo sia cristallizzato, che la storia sia finita, che in fondo la partita sia sempre quella dei vecchi tempi. Non è così, niente è come prima, Henry Kissinger non smette di mettere in guardia Washington: con la Cina va trovato un nuovo modo di negoziare, prima che il conflitto diventi inevitabile.
Il comunicato del vertice Nato si snoda in 79 punti, un documento istruttivo per la sua prolissità. Il testo è pieno di ossessioni, tradisce un'ansia che andrebbe psicanalizzata, è il segnale che gli sfugge l'acqua tra le mani. La Cina è citata 10 volte, la Russia 61 volte, l'Afghanistan, dopo vent'anni di guerra fallimentare e un ritiro che spiana la strada al rientro dei tagliagole talebani, è citato 9 volte. È dura guardarsi allo specchio. Così la Cina è una "sfida sistemica" e la Russia una minaccia. Tutto vero, Pechino e Mosca dichiarano apertamente di voler smantellare quel che resta del vecchio ordine mondiale, a cominciare dalla moneta e dalle transazioni finanziarie, ma il tono rivela uno scricchiolìo di fondo, una lettura retrò di uno scenario che non è più quello da tempo.
Joe Biden ha puntato le sue carte sull'unico strumento che ha a disposizione per esercitare la sua egemonia, la Nato. Qui gli Stati Uniti hanno il primato e - a differenza dell'era Trump, in cui i repubblicani erano interpreti del non-interventismo e neo-isolazionismo - intendono esercitarlo, cioè (m)andare alla guerra quando sarà più o meno necessario farlo. Ci sono molti modi per arrivare a questo esito (non immaginate solo gli aerei e i cannoni, ci sono metodi sofisticati per mettere in ginocchio un paese, ricordate il blocco dell'oleodotto della Colonial Pipeline in America, via hacker, le pompe sono rimaste senza benzina dal Texas a New York), il percorso è appena abbozzato. Ma ieri Biden ha detto una frase che ha risvegliato il ricordo sinistro della politica estera obamiana: "Mostrerò a Putin le linee rosse". Se è così, c'è da fare un viaggio nel tempo, recuperare i frammenti della storia, maestra di vita.
Barack Obama e Joe Biden alla Casa Bianca il 30 marzo del 2016 (Foto Epa).Ricordi. C'è da preoccuparsi perché le "linee rosse" ricordano l'Obama del conflitto siriano, usò la formula della "red line" quando furono utilizzate le armi chimiche e sappiamo com'è andata a finire: il premio Nobel per la pace non fermò Assad, ma arrivarono 400 mila morti, una guerra interna che tracimò in conflitto regionale, allargato all'Iraq, esportato in tutto il Medio Oriente con gang criminali popolate di foreign fighters, con i confini saltati e i fuoristrada Toyota pieni di bombe, la nascita dell'esercito di straccioni e psicopatici dell'Isis, il terrorismo e la morte ovunque, rapimenti, torture, sterminio, fosse comuni, uomini e donne bruciati vivi. Finché a un certo punto della sceneggiatura succede l'imprevisto da quelli di Hollywood: il cattivo, Vladimir Putin, manda in Siria le sue truppe e i cacciabombardieri Sukhoy, libera la splendida città storica di Palmyra dai tagliatori di teste (che distrussero templi e statue e uccisero l'archeologo Khaled Al-Asaad, un uomo che aveva dedicato la vita al gioiello del Medio Oriente) e apre un nuovo capitolo della storia della politica estera che arriva fino a noi con la presenza di Turchia e Russia in Libia, il Grande Gioco del Mediterraneo Orientale.
La splendida città antica di Palmyra in Siria (Foto Ansa).Stabilizzare la Libia, bene, si faccia. Ma chi la fece piombare nel caos? Tutto perdonato, tutto dimenticato. Le missioni di Hillary Clinton nel Nord Africa, le primavere arabe, la caduta di un dittatore come Gheddafi, il suo linciaggio in diretta mondiale da parte di quelli che venivano dipinti come i "liberatori" della Libia e in realtà erano gang criminali, sono sparite nell'oblio. Se fai la guerra, devi avere un obiettivo politico, 11 anni dopo la morte del colonnello, dov'è il nation building?
Hillary Clinton arriva a Tripoli il 18 ottobre del 2011 (Foto del Dipartimento di Stato).In Libia siamo ancora fermi alle autobomba e all'omicidio seriale. Tutto questo non è stato costruito da Trump (che ha altre colpe, prima fra tutte l'incapacità di essere diplomatico, un'idea chiusa dell'America che non può sottrarsi al suo destino di difendere la democrazia) ma da otto anni di disastrosa politica estera dell'era Obama con Biden vicepresidente. Va ricordato, per non commettere gli stessi errori. Per non dimenticare che alla Casa Bianca c'è lo stesso Biden di ieri e noi tutti speriamo che abbia fatto tesoro della lezione della storia. Per il bene dell'America, dell'Europa e del mondo libero.
Vladimir Putin intervistato ieri dalla rete Nbc (Foto Zuma).Biden incontrerà domani alle 13.00 a Ginevra Vladimir Putin, i due si conoscono bene, categoria volponi, il summit è l'occasione per regolare un po' di conti e andare avanti. Nelle valigette diplomatiche ci sono i nomi delle spie che bisogna liberare, uno scambio di prigionieri, le sigle degli hacker che si possono sacrificare in nome di un finto-vero-accordo per contenere una cyber-guerra in pieno svolgimento, i silos dei missili da crociera che bisogna smettere di puntare l'uno contro l'altro, veleni vecchi e nuovi, armi biologiche che compaiono e spariscono, un accordo da condividere per il controllo della proliferazione nucleare e dei missili a medio e lungo raggio. Senza la Russia, non c'è nuovo ordine mondiale. Cercare di separare Russia e Cina premendo su entrambe finisce per tenerle insieme in nome del comune interesse, accelerare il declino americano.
Il problema è radioattivo. Mappa del Sipri di Stoccolma sulle forze nucleari nel mondo, aggiornatissima:
La Russia ha più testate nucleari degli Stati Uniti (6255 contro 5550) e questo serve a ricordare quale mazzo di carte si usa sul tavolo da gioco. Quello con il contatore Geiger. Non tutte queste testate in realtà sono schierate, ecco una schermata ulteriore del videogame nucleare:
Qui il gioco si ribalta: sono gli Stati Uniti ad avere un numero di testate pronte all'uso (1800) superiore a quello della Russia (1625), il resto dell'arsenale è in "sonno", custodito e in parte destinato allo smantellamento. In ogni caso, ci sono testate nucleari più che sufficienti per rendere la terra un deserto radioattivo.
Questa è la partita in gioco. Ah, certo, poi ci sono i diritti umani, quelli politici (Navalny e non solo lui) e il neo-wilsonismo di Biden e del gruppo che oggi comanda a Washington e nelle redazioni dei giornali, ma quelli sono gli ideali che servono a imbandire la tavola. Le democrazie contro le autocrazie, ottimo copione. Chi dice che in fondo sono uguali, non sa cosa accade in Turchia, in Russia, in Cina e via per li rami delle allegre dittature, dei dispotismi, degli Stati falliti. Come ricordava Winston Churchill: "È stato detto che la democrazia è la peggior forma di governo, eccezion fatta per tutte quelle forme che si sono sperimentate fino ad ora".
Il vertice di Ginevra ha un sapore antico, ma gli ingredienti sono nuovissimi. Sul piano del gioco psicologico, della trama e dei caratteri della storia, Biden e Putin hanno bisogno l'uno dell'altro. Biden mette l'enfasi sui russi per avvisare i cinesi (dei quali non può fare a meno), ma ben sapendo che l'arsenale atomico di Mosca e le capacità strategiche della difesa russa sono infinitamente più preoccupanti di quelle di chiunque altro. Putin a sua volta può di volta in volta vedere il gioco e bluffare, bussare e passare, giocare il suo paziente poker, vincere una mano e perderla senza alzarsi dal tavolo con le tasche vuote. La scuola del Kgb e della diplomazia russa sono una risorsa infinita di combinazioni.
Le élite dell'Occidente (di quel che ne rimane) hanno perfino bisogno di un nuovo nemico, dopo aver allevato la Cina, facendola crescere, dandole il lavoro che non c'era (e togliendolo agli altri), esportando conoscenza e brevetti, alimentando il copia e incolla di Pechino, dopo aver inoculato il capitalismo sperando così di far crollare il comunismo - "il sistema cadrà", dicevano i politologi e si è finiti per provare che "la Cina fallisce sempre nel fallire" - eccoci al punto di non ritorno: il confucianesimo rivisto e corretto da Xi Jinping che resterà al potere fino a quando lo vorrà; la bellissima Hong Kong sottomessa; la capitale dei microchip, l'isola di Taiwan, minacciata; la Nuova Via della Seta nuovo strumento coloniale (e l'adesione dell'Italia pentastellata che ora crea imbarazzo, al punto che Draghi annuncia un attento monitoraggio).
Siamo arrivati a fari spenti nella notte: lo spettro elettromagnetico occupato militarmente (ma si continua a lavorare con le Big Tech cinesi), le quote rilevanti date a società cinesi in settori strategici come reti informatiche, energia, porti e logistica. Un tempo si diceva che "la Cina è vicina", oggi è entrata nelle nostre case. Infine, il big bang, il coronavirus sul quale ora l'establishment (il G7, il vertice Nato, tutti) chiede chiarezza, un'indagine trasparente sul laboratorio di Wuhan. Con tutta la fiction che abbiamo visto in questi giorni, si fa quasi fatica a crederci. Benvenuti a bordo.
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riproduzione, pubblica esecuzione, comunicazione a terzi, messa a disposizione, diffusione, modifica ed
elaborazione dei
contenuti è espressamente vietata.
8.3 La violazione degli obblighi stabiliti nel presente articolo conferisce al Fornitore il diritto di
risolvere
immediatamente il contratto ai sensi dell'articolo 1456 del codice civile, fatto salvo il risarcimento dei
danni.
9. Manleva
9.1 L'Utente si impegna a manlevare e tenere indenne il Fornitore contro qualsiasi costo – inclusi gli
onorari degli
avvocati, spesa o danno addebitato al Fornitore o in cui il Fornitore dovesse comunque incorrere in
conseguenza di usi
impropri del Servizio da parte dell'Utente o per la violazione da parte di quest'ultimo di obblighi
derivanti dalla
legge ovvero dai presenti termini d'uso.
10. Limitazione di responsabilità
10.1 Il Fornitore è impegnato a fornire un Servizio con contenuti professionali e di alta qualità; tuttavia,
il
Fornitore non garantisce all'Utente che i contenuti siano sempre privi di errori o imprecisioni; per tale
motivo,
l'Utente è l'unico responsabile dell'uso dei contenuti e delle informazioni veicolate attraverso di
essi.
10.2 L'Utente riconosce e accetta che, data la natura del Servizio e come da prassi nel settore dei servizi
della
società dell'informazione, il Fornitore potrà effettuare interventi periodici sui propri sistemi per
garantire o
migliorare l'efficienza e la sicurezza del Servizio; tali interventi potrebbero comportare il rallentamento
o
l'interruzione del Servizio. Il Fornitore si impegna a contenere i periodi di interruzione o rallentamento
nel minore
tempo possibile e nelle fasce orarie in cui generalmente vi è minore disagio per gli Utenti. Ove
l'interruzione del
Servizio si protragga per oltre 24 ore, l'Utente avrà diritto a un'estensione dell'Abbonamento per un numero
di giorni
pari a quello dell'interruzione; in tali casi, l'Utente riconosce che l'estensione dell'Abbonamento è
l'unico rimedio in
suo favore, con la conseguente rinunzia a far valere qualsivoglia altra pretesa nei confronti del
Fornitore.
10.3 L'Utente riconosce e accetta che nessuna responsabilità è imputabile al Fornitore:
- per disservizi dell'Abbonamento derivanti da malfunzionamenti di reti elettriche e telefoniche ovvero di
ulteriori
servizi gestiti da terze parti che esulano del tutto dalla sfera di controllo e responsabilità del Fornitore
(per
esempio, disservizi della banca dell'Utente, etc...);
- per la mancata pubblicazione di contenuti editoriali che derivi da cause di forza maggiore.
10.4 In tutti gli altri casi, l'Utente riconosce che la responsabilità del Fornitore in forza del contratto
è limitata
alle sole ipotesi di dolo o colpa grave.
10.5 Ai fini dell'accertamento di eventuali disservizi, l'Utente accetta che faranno fede le risultanze dei
sistemi
informatici del Fornitore.
11. Modifica dei termini d'uso
11.1 L'Abbonamento è disciplinato dai termini d'uso approvati al momento dell'acquisto.
11.2 Durante il periodo di validità del contratto, il Fornitore si riserva di modificare i termini della
fornitura per
giustificati motivi connessi alla necessità di adeguarsi a modifiche normative o obblighi di legge, alle
mutate
condizioni del mercato di riferimento ovvero all'attuazione di piani aziendali con ricadute sull'offerta dei
contenuti.
11.3 I nuovi termini d'uso saranno comunicati all'Utente con un preavviso di almeno 15 giorni rispetto alla
scadenza del
periodo di fatturazione in corso ed entreranno in vigore a partire dall'inizio del periodo di fatturazione
successivo.
Se l'Utente non è d'accordo con i nuovi termini d'uso, può esercitare la disdetta secondo quanto previsto al
precedente
articolo 3.
11.4 Ove la modifica dei termini d'uso sia connessa alla necessità di adeguarsi a un obbligo di legge, i
nuovi termini
d'uso potranno entrare in vigore immediatamente al momento della comunicazione; resta inteso che, solo in
tale ipotesi,
l'Utente potrà recedere dal contratto entro i successivi 30 giorni, con il conseguente diritto ad ottenere
un rimborso
proporzionale al periodo di abbonamento non goduto.
12. Trattamento dei dati personali
12.1 In conformità a quanto previsto dal Regolamento 2016/679 UE e dal Codice della privacy (decreto
legislativo 30
giugno 2003, n. 196), i dati personali degli Utenti saranno trattati per le finalità e in forza delle basi
giuridiche
indicate nella privacy policy messa a disposizione dell'Utente in sede di registrazione e acquisto.
12.2 Accettando i presenti termini di utilizzo, l'Utente conferma di aver preso visione della privacy policy
messa a
disposizione dal Fornitore e di averne conservato copia su supporto durevole.
12.3 Il Fornitore si riserva di modificare in qualsiasi momento la propria privacy policy nel rispetto dei
diritti degli
Utenti, dandone notizia a questi ultimi con mezzi adeguati e proporzionati allo scopo.
13. Servizio clienti
13.1 Per informazioni sul Servizio e per qualsiasi problematica connessa con la fruizione dello stesso,
l'Utente può
contattare il Fornitore attraverso i seguenti recapiti: help@newslist.it
14. Legge applicabile e foro competente
14.1 Il contratto tra il Fornitore e l'Utente è regolato dal diritto italiano.
14.2 Ove l'Utente sia qualificabile come consumatore, per le controversie comunque connesse con la
formazione,
esecuzione, interpretazione e cessazione del contratto, sarà competente il giudice del luogo di residenza o
domicilio
del consumatore, se ubicato in Italia.