24 Ottobre
Abbiamo perso anche in Estonia
Migranti. Il vertice di Tallin è andato male. Germania, Spagna e gli altri paesi contro l'apertura di nuovi porti. Il ministro dell'Interno Minniti rientra senza paracadute
E' un tipo tosto, conosce la materia di cui si occupa, ma è in un guaio da Superman e lui non ha né il fisico di Clark Kent né i superpoteri di Kal-El, è Marco Minniti, non è nato a Krypton ma a Reggio Calabria, classe 1956, non salva il mondo, ma fa il ministro dell'Interno. Minniti oggi è a Tallin per un vertice europeo sulla sicurezza e l'immigrazione che si annuncia come una doccia fredda, un tuffo nelle acque gelide del Mar Baltico.
Il volto di Minniti ieri mentre ascoltava le repliche alla sua informativa a Montecitorio lasciava trasparire la delusione dell'uomo solo. Il ministro aveva chiesto l'aiuto dell'opposizione e convinto il suo partito a fare altrettanto in aula. Il risultato è che è atterrato a Tallin a mani vuote, senza il sostegno bipartisan del Parlamento, il modo peggiore di presentarsi davanti agli altri paesi europei. Ieri Minniti alla Camera aveva detto che "una missione internazionale con un solo paese che fa una "missione internazionale di salvataggio e accoglienza di un solo paese è impossibile", che siamo di fronte a una "vicenda epocale che accompagnerà il mondo, non l'Italia", che non c'è equivalenza tra terrorismo e immigrazione, ma c'è un "nesso tra terrorismo e mancata integrazione e l'accoglienza ha un limite". Tutte cose ragionevoli, ma in pesante ritardo.
Un fuori tempo massimo non di Minniti - che queste cose le ha sempre sostenute - ma del Partito democratico e della sua classe dirigente. Quello del Pd è il classico appuntamento mancato con la storia: poche settimane prima cedendo come al solito al riflesso di Pavlov dell'ideologia, il partito di Renzi aveva contestato duramente il Movimento 5Stelle che criticava l'operato delle Ong. Era una delle poche volte in cui i pentastellati avevano ragione. Risultato: qualche settimana dopo il governo...
E' un tipo tosto, conosce la materia di cui si occupa, ma è in un guaio da Superman e lui non ha né il fisico di Clark Kent né i superpoteri di Kal-El, è Marco Minniti, non è nato a Krypton ma a Reggio Calabria, classe 1956, non salva il mondo, ma fa il ministro dell'Interno. Minniti oggi è a Tallin per un vertice europeo sulla sicurezza e l'immigrazione che si annuncia come una doccia fredda, un tuffo nelle acque gelide del Mar Baltico.
Il volto di Minniti ieri mentre ascoltava le repliche alla sua informativa a Montecitorio lasciava trasparire la delusione dell'uomo solo. Il ministro aveva chiesto l'aiuto dell'opposizione e convinto il suo partito a fare altrettanto in aula. Il risultato è che è atterrato a Tallin a mani vuote, senza il sostegno bipartisan del Parlamento, il modo peggiore di presentarsi davanti agli altri paesi europei. Ieri Minniti alla Camera aveva detto che "una missione internazionale con un solo paese che fa una "missione internazionale di salvataggio e accoglienza di un solo paese è impossibile", che siamo di fronte a una "vicenda epocale che accompagnerà il mondo, non l'Italia", che non c'è equivalenza tra terrorismo e immigrazione, ma c'è un "nesso tra terrorismo e mancata integrazione e l'accoglienza ha un limite". Tutte cose ragionevoli, ma in pesante ritardo.
Un fuori tempo massimo non di Minniti - che queste cose le ha sempre sostenute - ma del Partito democratico e della sua classe dirigente. Quello del Pd è il classico appuntamento mancato con la storia: poche settimane prima cedendo come al solito al riflesso di Pavlov dell'ideologia, il partito di Renzi aveva contestato duramente il Movimento 5Stelle che criticava l'operato delle Ong. Era una delle poche volte in cui i pentastellati avevano ragione. Risultato: qualche settimana dopo il governo Gentiloni minaccia la chiusura dei porti italiani alle navi delle Ong battenti bandiera straniera e chiede nuove regole per le missioni di salvataggio nel Mediterraneo. E' un epic fail politico che sta dispiegando ora le sue conseguenze. Minniti, suo malgrado, è al centro del Maelstrom. L'Italia è nella bufera da oltre sei anni, dall'apertura delle primavere arabe, dal regime change in Libia, dalla caduta del regime del colonnello Gheddafi. Muammar è morto sei anni fa, in Libia si combatte ancora, non c'è un governo che controlli il paese, anzi i governi sono due e le tribù con cui bisognerebbe mettersi d'accordo sono centoquaranta. Conseguenze per l'Italia di una politica estera europea (e americana, c'erano Obama e la Clinton nella cabina di regia) incapace di fare nation building? Eccole, sono gli sbarchi in Italia in questa tabella estrapolata dal Def del Tesoro:
I partner europei sono poco partner, forse anche poco europei, ma molto concreti. Da tempo l'Unione è regolata con una visione dominante di contrapposizione di forze, stati, nazioni. Predomina il Consiglio, l'organo più politico, la Commissione, l'organo di governo, è in secondo piano. Il Parlamento europeo è importante, ma marginale nel processo decisionale iniziale, l'origine di tutto. Illusi dall'euro-retorica, dal dibattito politicamente corretto, sviati dal grillismo, dal sovranismo, dal sinistrismo, gli italiani hanno perso di vista il senso di fare politica, costruire alleanze, tessere relazioni diplomatiche, non esporre il fianco a facili critiche e conseguenti azioni (gli altri sono concreti) che bloccano in partenza ogni nostra richiesta, anche quando è fondata. Il preludio per Minniti è quello di una missione (quasi) impossibile. E il nient della Germania a pesare come un macigno su tutti i piani italiani: "Non sosteniamo la cosiddetta regionalizzazione delle operazioni di salvataggio", ha detto stamattina il ministro dell'Interno tedesco Thomas de Maiziere, lo stesso spartito musicale è suonato dalla Spagna, dalla Francia, dal Belgio. Il ministro dell'Interno di Madrid, Juan Ignacio Zoido, ha fatto suonare la campana a morto: "L'Italia ha chiesto aiuto, e noi vogliamo dargliene, ma i porti della Spagna sono sottoposti ad una pressione importante nel Mediterraneo occidentale, aumentata del 140%, che impone anche a noi un grosso sforzo per i salvataggi in mare".
E' un quadro più che sufficiente per capire che il buon Minniti ha già fatto una doccia fredda nel Baltico. Potrà spuntare pacche sulle spalle, complimenti, la promessa dell'apertura di altri porti in Africa (Tunisia e Egitto), ma il fronte europeo è compatto contro le posizioni dell'Italia. E' lui stesso a dirlo: "Sui porti ci sono posizioni contrastanti, l'Italia ne discuterà ancora con la necessaria fermezza". Per ora rientra a casa con il sì a dichiarazioni e azioni che non risolvono il problema: azione comune in Libia (si vedrà), rinforzamento dei rimpatri (è affare più che altro nostro), nuove regole per le Ong (che non cambieranno granché il quadro). E' una sconfitta. Perché si è arrivati a questo punto? C'è un peccato originale visibile e uno invisibile. Quello visibile, basta salire sulla macchina del tempo, risale alle trattative per le operazioni Triton e Sophia che il governo Renzi condusse con imprudenza e la solita dose di furbizia italiana che poi si trasforma in boomerang. Emma Bonino ieri ha spiegato bene il punto: "Nel 2014-2016 che il coordinatore fosse a Roma, alla Guardia Costiera e che gli sbarchi avvenissero tutti quanti in Italia, lo abbiamo chiesto noi, l’accordo l’abbiamo fatto noi, violando di fatto Dublino". Allora il governo pensava di trarre un vantaggio dalla gestione, la realtà degli sbarchi ha frantumato tutte le aspettative. Il secondo peccato originale riguarda la diplomazia dell'Italia in Europa, l'azione del centrosinistra (e del centrodestra in passato) sulla Commissione Ue: abbiamo chiesto flessibilità per finanziare il ciclo della spesa elettorale (questo è, senza tanti giri di parole), abbiamo salvato le due banche venete con il sì della Commissione Ue, ma con la disapprovazione politica della Germania, facendo saltare di fatto il progetto di unione bancaria europea e aggirando le regole del bail-in. Sono fatti che pesano, la Germania e gli altri paesi del Nord della nuova Lega Anseatica guardano all'Italia come a un partner che fa il doppio gioco: la flessibilità chiesta non l'abbiamo usata per fare investimenti, è stata utilizzata per giocare la piccola partita (tra l'altro inutile, visti i risultati elettorali) del consenso e nel frattempo ci siamo persi per strada la grande partita della demografia e delle migrazioni. Risultato: a Tallin oggi perdiamo.
01
Putin e Trump
Il presidente degli Stati Uniti è in Polonia, oggi parlerà a Varsavia nella piazza della Rivolta e non sarà un passaggio insignificante. Trump ha preparato un discorso sull'identità delle relazioni transatlantiche, l'importanza dell'alleanza, la libertà, la democrazia e il ruolo degli Stati Uniti in questo periodo storico. La Polonia ha un ruolo chiave nella politica americana del Ventunesimo secolo, è nel cuore dell'Europa, è la porta verso la Russia, è il cuscinetto di contenimento di Mosca e Berlino, è una forza nazionalista ma occidentale, pronta a schierarsi contro qualsiasi minaccia che venga da Oriente. Teorie geopolitiche hard del titolare di List? Può darsi, ma la Polonia poche ore fa ha messo la firma sull'acquisto dei missili Patriot e di solito non vengono usati per fare i fuochi d'artificio in piazza. La geografia è il bene e il male della Polonia. Trump e i suoi giocano su questo spazio al centro, in una prospettiva che guarda ai due strani avversari: la Germania di Angela Merkel e la Russia di Vladimir Putin. La cancelliera tedesca non vuole riforme degli accordi commerciali, ha un surplus stellare, l'export con gli Stati Uniti è a netto vantaggio della Germania; lo zar della Russia non vuole un ritorno degli Stati Uniti sulla scena geopolitica, in Medio Oriente, sta investendo nella spesa militare, ha una partita energetica in corso sul petrolio e il gas, dove gli Stati Uniti oggi non sono più solo consumatori, ma produttori e distributori di primaria grandezza. E' una partita a scacchi di assoluta bellezza, il titolare di List ha il taccuino aperto, aspettiamo il G20 di Amburgo.
02
Trump e la Bomba di Kim
Il presidente degli Stati Uniti ha cominciato a avvisare i naviganti, se Cina e Russia non collaborano, gli Stati Uniti stanno pensando a "misure severe". Trump da Varsavia sta emettendo segnali d'allarme alla comunità internazionale. Tutte le pedine della scacchiera sono in movimento. Il Comando militare degli Stati Uniti in Corea ieri ha messo nero su bianco il punto che può essere quello di non ritorno: siamo pronti alla guerra. Trump in Polonia durante una conferenza stampa con il presidente Andrzej Duda ha detto che "il comportamento della Corea del Nord è molto, molto pericoloso e qualcosa dobbiamo fare". Il segnale che la crisi dei missili sta procedendo verso un'escalation non più solo diplomatica ma anche militare è arrivato dalla riunione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, la regia è affidata alla dama di ferro dell'America, Nikki Haley.
03
La dama di ferro dell'America all'Onu
Al centro della scacchiera, c'è una regina: Nikki Haley, l'ambasciatore degli Stati Uniti all'Onu. E' lei il problema di Kim Jong-un e di Putin. La Haley al Consiglio di sicurezza dell'Onu ha messo per l'ennesima volta la Russia di fronte alla nuova realtà: alla Casa Bianca non c'è più Obama, ma Trump. E la politica americana è diventata improvvisamente su alcuni temi non solo più assertiva, ma anche non disposta a lasciare spazio alle manovre della Russia. La riunione del Consiglio di sicurezza sulla crisi dei missili con la Corea del Nord è la prova ulteriore: gli Stati Uniti hanno annunciato una nuova bozza di sanzioni contro la Corea del Nord, la Russia e la Cina hanno fatto fronte comune preannunciando il loro no. Di fronte al veto minacciato da Mosca e Pechino, la Haley ha fatto la contromossa che sul piano diplomatico è inusuale: facciamo lo stesso una bozza contro il regime di Kim e la mettiamo comunque ai voti. "Se siete contenti delle azioni della Corea del Nord, mettete il veto. Se siete amici della Corea del Nord, mettete il veto", sono state le parole di ghiaccio della Haley. Da quando lei è all'Onu, la Russia si è trovata di fronte un carro armato Abrams in mezzo al cammino. Indisturbati durante l'era Obama, i russi al Consiglio di Sicurezza hanno questa dama di ferro che ne ostacola i piani di espansione e ritorno alle sfere di influenza. La Haley è tostissima, le riunioni al Palazzo di Vetro non erano così interessanti da anni. E' la sua biografia a raccontare la sua ascesa. La Haley è di origine indiana, il suo cognome da nubile è Randhawa, la famiglia viene dalla regione del Punjab. Nata nella Carolina del Sud, Haley è una repubblicana al titanio, sostenuta in passato da Mitt Romney, ha scalato le posizioni nel partito. Eletta per la prima volta alla Camera nel 2004, diventa nel 2011 governatore della Carolina del Sud. E'un razzo a decollo verticale in un Partito repubblicano a corto di leadership. Lei occupa lo spazio che gli altri non sono in grado di riempire e lo fa con determinazione. Haley è una che non ha mezze parole, ama il discorso diretto, mostra da subito di non avere alcun timore reverenziale nei confronti dei leader, fa una politica fiscale che taglia le tasse, aumenta gli stipendi agli insegnanti ma li lega alla qualità delle prestazioni, la sua visione è quella di facilitare il business, ridurre al minimo i contrasti sindacali. Sta in campo per vincere. E vince facile in South Carolina per la seconda volta nel 2014. Nel 2016 le viene affidata la replica del Partito repubblicano al discorso sullo stato dell'Unione di Barack Obama. Entra sulla scena uno che in fondo le somiglia, Donal Trump. E scocca la scintilla che le cambierà ancora una volta la carriera e la vita: Trump la nomina ambasciatrice permanente all'Onu. La sua forte posizione pro Israele è un elemento decisivo nella scelta, è il primo elemento di discontinuità nella politica estera obamiana, soprattutto dopo la rottura totale tra Israele e l'amministrazione Obama. La Haley stravolge la liturgia consolidata delle riunioni del Consiglio di Sicurezza dell'Onu: critica i partner riluttanti, li espone alle loro contraddizioni, tratta duramente, arriva come poche ore fa a minacciare di far votare una risoluzione anche se sa che non passerà mai. E' uno stile che manda a carte quarantotto la consumata tradizione dei russi, la loro felpata strategia di non muovere i pezzi sulla scacchiera e vincere sempre la partita. Hanno davanti una regina, prima di fare matto, devono abbattere lei. E' la dama che dice "action is required". Che partita.
04
Accordo Europa e Giappone
Donald Tusk e Shinzo Abe hanno siglato un accordo di cooperazione globale tra Unione europea e Giappone. E' molto importante e viene siglata nella disattenzione generale dei media in Italia. Non sorprende, fa parte della nostra tradizione di occasioni perse in Asia. Quanto è importante? Guardate questo grafico:
05
6 luglio. Il dollaro
Nel 1785 il dollaro diventa la valuta ufficiale degli Stati Uniti.
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eventualmente svolte;
- che tutti i dati forniti per l'attivazione dell'Abbonamento sono corretti e veritieri;
- che i dati forniti saranno mantenuti aggiornati per l'intera durata dell'Abbonamento.
7.2 L'Utente si impegna al pagamento del corrispettivo in favore del Fornitore nella misura e con le
modalità definite
nei precedenti articoli.
7.3 L'Utente si impegna ad utilizzare l'Abbonamento e i suoi contenuti a titolo esclusivamente personale, in
forma non
collettiva e senza scopo di lucro; l'Utente è inoltre responsabile per qualsiasi uso non autorizzato
dell'Abbonamento e
dei suoi contenuti, ove riconducibile all'account dell'Utente medesimo; per questo motivo l'Utente si
impegna ad
assumere tutte le precauzioni necessarie per mantenere riservato l'accesso all'Abbonamento attraverso il
proprio account
(per esempio, mantenendo riservate le credenziali di accesso ovvero segnalando senza ritardo al Fornitore
che la
riservatezza di tali credenziali risulta compromessa per qualsiasi motivo).
7.4 La violazione degli obblighi stabiliti nel presente articolo conferisce al Fornitore il diritto di
risolvere
immediatamente il contratto ai sensi dell'articolo 1456 del codice civile, fatto salvo il risarcimento dei
danni.
8. Tutela della proprietà intellettuale e industriale
8.1 L'Utente riconosce e accetta che i contenuti dell'Abbonamento, sotto forma di testi, immagini,
fotografie, grafiche,
disegni, contenuti audio e video, animazioni, marchi, loghi e altri segni distintivi, sono coperti da
copyright e dagli
altri diritti di proprietà intellettuale e industriale di volta in volta facenti capo al Fornitore e ai suoi
danti causa
e per questo si impegna a rispettare tali diritti.
8.2 Tutti i diritti sono riservati in capo ai titolari; l'Utente accetta che l'unico diritto acquisito con
il contratto
è quello di fruire dei contenuti dell'Abbonamento con le modalità e i limiti propri del Servizio. Fatte
salve le
operazioni di archiviazione e condivisione consentite dalle apposite funzionalità del Servizio, qualsiasi
attività di
riproduzione, pubblica esecuzione, comunicazione a terzi, messa a disposizione, diffusione, modifica ed
elaborazione dei
contenuti è espressamente vietata.
8.3 La violazione degli obblighi stabiliti nel presente articolo conferisce al Fornitore il diritto di
risolvere
immediatamente il contratto ai sensi dell'articolo 1456 del codice civile, fatto salvo il risarcimento dei
danni.
9. Manleva
9.1 L'Utente si impegna a manlevare e tenere indenne il Fornitore contro qualsiasi costo – inclusi gli
onorari degli
avvocati, spesa o danno addebitato al Fornitore o in cui il Fornitore dovesse comunque incorrere in
conseguenza di usi
impropri del Servizio da parte dell'Utente o per la violazione da parte di quest'ultimo di obblighi
derivanti dalla
legge ovvero dai presenti termini d'uso.
10. Limitazione di responsabilità
10.1 Il Fornitore è impegnato a fornire un Servizio con contenuti professionali e di alta qualità; tuttavia,
il
Fornitore non garantisce all'Utente che i contenuti siano sempre privi di errori o imprecisioni; per tale
motivo,
l'Utente è l'unico responsabile dell'uso dei contenuti e delle informazioni veicolate attraverso di
essi.
10.2 L'Utente riconosce e accetta che, data la natura del Servizio e come da prassi nel settore dei servizi
della
società dell'informazione, il Fornitore potrà effettuare interventi periodici sui propri sistemi per
garantire o
migliorare l'efficienza e la sicurezza del Servizio; tali interventi potrebbero comportare il rallentamento
o
l'interruzione del Servizio. Il Fornitore si impegna a contenere i periodi di interruzione o rallentamento
nel minore
tempo possibile e nelle fasce orarie in cui generalmente vi è minore disagio per gli Utenti. Ove
l'interruzione del
Servizio si protragga per oltre 24 ore, l'Utente avrà diritto a un'estensione dell'Abbonamento per un numero
di giorni
pari a quello dell'interruzione; in tali casi, l'Utente riconosce che l'estensione dell'Abbonamento è
l'unico rimedio in
suo favore, con la conseguente rinunzia a far valere qualsivoglia altra pretesa nei confronti del
Fornitore.
10.3 L'Utente riconosce e accetta che nessuna responsabilità è imputabile al Fornitore:
- per disservizi dell'Abbonamento derivanti da malfunzionamenti di reti elettriche e telefoniche ovvero di
ulteriori
servizi gestiti da terze parti che esulano del tutto dalla sfera di controllo e responsabilità del Fornitore
(per
esempio, disservizi della banca dell'Utente, etc...);
- per la mancata pubblicazione di contenuti editoriali che derivi da cause di forza maggiore.
10.4 In tutti gli altri casi, l'Utente riconosce che la responsabilità del Fornitore in forza del contratto
è limitata
alle sole ipotesi di dolo o colpa grave.
10.5 Ai fini dell'accertamento di eventuali disservizi, l'Utente accetta che faranno fede le risultanze dei
sistemi
informatici del Fornitore.
11. Modifica dei termini d'uso
11.1 L'Abbonamento è disciplinato dai termini d'uso approvati al momento dell'acquisto.
11.2 Durante il periodo di validità del contratto, il Fornitore si riserva di modificare i termini della
fornitura per
giustificati motivi connessi alla necessità di adeguarsi a modifiche normative o obblighi di legge, alle
mutate
condizioni del mercato di riferimento ovvero all'attuazione di piani aziendali con ricadute sull'offerta dei
contenuti.
11.3 I nuovi termini d'uso saranno comunicati all'Utente con un preavviso di almeno 15 giorni rispetto alla
scadenza del
periodo di fatturazione in corso ed entreranno in vigore a partire dall'inizio del periodo di fatturazione
successivo.
Se l'Utente non è d'accordo con i nuovi termini d'uso, può esercitare la disdetta secondo quanto previsto al
precedente
articolo 3.
11.4 Ove la modifica dei termini d'uso sia connessa alla necessità di adeguarsi a un obbligo di legge, i
nuovi termini
d'uso potranno entrare in vigore immediatamente al momento della comunicazione; resta inteso che, solo in
tale ipotesi,
l'Utente potrà recedere dal contratto entro i successivi 30 giorni, con il conseguente diritto ad ottenere
un rimborso
proporzionale al periodo di abbonamento non goduto.
12. Trattamento dei dati personali
12.1 In conformità a quanto previsto dal Regolamento 2016/679 UE e dal Codice della privacy (decreto
legislativo 30
giugno 2003, n. 196), i dati personali degli Utenti saranno trattati per le finalità e in forza delle basi
giuridiche
indicate nella privacy policy messa a disposizione dell'Utente in sede di registrazione e acquisto.
12.2 Accettando i presenti termini di utilizzo, l'Utente conferma di aver preso visione della privacy policy
messa a
disposizione dal Fornitore e di averne conservato copia su supporto durevole.
12.3 Il Fornitore si riserva di modificare in qualsiasi momento la propria privacy policy nel rispetto dei
diritti degli
Utenti, dandone notizia a questi ultimi con mezzi adeguati e proporzionati allo scopo.
13. Servizio clienti
13.1 Per informazioni sul Servizio e per qualsiasi problematica connessa con la fruizione dello stesso,
l'Utente può
contattare il Fornitore attraverso i seguenti recapiti: help@newslist.it
14. Legge applicabile e foro competente
14.1 Il contratto tra il Fornitore e l'Utente è regolato dal diritto italiano.
14.2 Ove l'Utente sia qualificabile come consumatore, per le controversie comunque connesse con la
formazione,
esecuzione, interpretazione e cessazione del contratto, sarà competente il giudice del luogo di residenza o
domicilio
del consumatore, se ubicato in Italia.