1 Febbraio
L'ultima istituzione stabile, il Festival
I governi passano, il Parlamento evapora, i presidenti bissano, ma Sanremo è sempre Sanremo. Guida all'Italia che canta e non sale mai sul cavallo bianco. Dal Consiglio federale della Lega e la resa dei conti nei Cinque Stelle, al motivetto che non si scorda mai
Che succede? Finito il romanzo Quirinale, comincia il feuilleton di Sanremo, l’Italia non ha bisogno di creare distrazioni, sono naturalmente incastonate nel calendario, è uno spettacolo in cui il sipario non cala mai e the show must go on, qualsiasi cosa accada.
Due sono gli appuntamenti domestici del giorno: il consiglio federale della Lega e il festival della canzone italiana, il resto del mondo può attendere. Passione, intrigo, potere per il potere e canzone per l’immortalità, dove sei Prometeo? Tutto è apparecchiato per l’epica: Salvini, Giorgetti e i governatori se le suoneranno con il tamburo delle valli del Nord nel pomeriggio; dopo alcune ore, vai con lo zapping e via più veloci di Marcell Jacobs nei 100 metri a Tokyo, si schizza sul palco dell’Ariston con Amadeus e Fiorello (ci sarà non ci sarà?, santo cielo, che ansia) e nella prima giornata ci sono anche subito due vecchie glorie perfette per un incontro tra scapoli e ammogliati con le ossa cigolanti come il tale che scrive qui, Massimo Ranieri e Gianni Morandi.
Quelli che se la tirano, Sanremo non lo guardano... lo divorano. Lo guardano con il sottile piacere del frutto proibito, un voyeurismo consumato che negano in società ma praticano nel boudoir. Questa lussuriosa consumazione di brani di Noemi, senza dimenticare il peccaminoso ascolto di Giusy Ferreri, dà allo snobismo un motivo per esistere e soprattutto desistere dal giudizio sulla politica, che orrore mia signora.
Sergio Mattarella sul Colle rassicura l’italiano alto, medio e basso, tout va bien, in un sottosopra perfetto da Gattopardo rovesciato. La frase di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, stampata a fuoco nella storia del nostro paese ("se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi") è tracimata in uno slogan da teatro surrealista: "Se vogliamo che tutto cambi, bisogna...
Che succede? Finito il romanzo Quirinale, comincia il feuilleton di Sanremo, l’Italia non ha bisogno di creare distrazioni, sono naturalmente incastonate nel calendario, è uno spettacolo in cui il sipario non cala mai e the show must go on, qualsiasi cosa accada.
Due sono gli appuntamenti domestici del giorno: il consiglio federale della Lega e il festival della canzone italiana, il resto del mondo può attendere. Passione, intrigo, potere per il potere e canzone per l’immortalità, dove sei Prometeo? Tutto è apparecchiato per l’epica: Salvini, Giorgetti e i governatori se le suoneranno con il tamburo delle valli del Nord nel pomeriggio; dopo alcune ore, vai con lo zapping e via più veloci di Marcell Jacobs nei 100 metri a Tokyo, si schizza sul palco dell’Ariston con Amadeus e Fiorello (ci sarà non ci sarà?, santo cielo, che ansia) e nella prima giornata ci sono anche subito due vecchie glorie perfette per un incontro tra scapoli e ammogliati con le ossa cigolanti come il tale che scrive qui, Massimo Ranieri e Gianni Morandi.
Quelli che se la tirano, Sanremo non lo guardano... lo divorano. Lo guardano con il sottile piacere del frutto proibito, un voyeurismo consumato che negano in società ma praticano nel boudoir. Questa lussuriosa consumazione di brani di Noemi, senza dimenticare il peccaminoso ascolto di Giusy Ferreri, dà allo snobismo un motivo per esistere e soprattutto desistere dal giudizio sulla politica, che orrore mia signora.
Sergio Mattarella sul Colle rassicura l’italiano alto, medio e basso, tout va bien, in un sottosopra perfetto da Gattopardo rovesciato. La frase di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, stampata a fuoco nella storia del nostro paese ("se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi") è tracimata in uno slogan da teatro surrealista: "Se vogliamo che tutto cambi, bisogna che tutto rimanga come è". Mattarella e Draghi, Amadeus e Fiorello, si replica, musica maestro!
Tuoni e fulmini della politica, vabbè, ci sono anche questi fenomeni atmosferici. Giorgia Meloni minaccia tempesta, suona e rompe i piatti, prepara il pasto per gli arrabbiati, gonfia i polmoni e i consensi, ma il paese della maggioranza silenziosa cerca una pax da regno dei cieli, per favore, niente rumore in sala, fate piano quando chiudete la porta. Conte e Di Maio s’inseguono con il randello dei Flinstones, ma questi Antenati Pentastellati lo sanno che i decibel delle loro dichiarazioni non li sente nessuno? Stasera c’è Achille Lauro, cribbio. Salvini è suonato? Letta canta vittoria? Renzi ghigna? Con tutto il rispetto, è dai tempi di Nilla Pizzi che la cronaca politica passa in ultimo piano quando parte il Festival, figuriamoci oggi tra gli instagrammati spiaggiati in casa.
Omicron? “Non c’è un piano B” ha detto Amadeus e non ci sarà neppure il piano C, c’è solo il Piano A, quello della voluttuosa distrazione di massa, dopo due anni pieni di pandemia, un’esistenza da mascherinati, l’imperativo è uno solo: andate tutti a quel paese, lo cantava anche Alberto Sordi e non dimenticatelo:
Te c'hanno mai mandato a quer paese?
Sapessi quanta gente che ce sta'...
Er Primo Cittadino è amico mio
Tu dije che te c'ho mannato io...
E va... e va... va avanti tu che adesso c'ho da fa'
Sanremo, meraviglia del nostro tutto che divampa furioso in niente, il Palazzo discute del proporzionale, Ossignore, non vedevamo l’ora di assistere a questo momento di weberiana etica della responsabilità (della propria poltrona), di fronte a tanto potenza del pensiero politico, non possiamo che contrapporre qualcosa di storico, di sedimentato nella cultura del paese.
Serata Amarcord. Il Pippo nazionale al Teatro Ariston il 15 febbraio del 2013 (Foto Ansa).Il Festival, certo, cos’altro? Sono nato nel 1968, qualche giorno dopo il mio primo vagito Baudo conduceva Sanremo per la prima volta. Un destino, chiaro, perché poi conobbi Pippo e mi fu chiara finalmente tutta la fenomenologia del potere, la Prima Repubblica era dappertutto, ma allora nei partiti comandavano i professori non gli analfabeti d’andata e di ritorno e io, che di quell’era geologica ho fatto in tempo a respirare l’aroma dei libri e dei giornali (nei quotidiani di partito scrivevano penne al fulmicotone e se non li leggevi, quei fogli che alle 6 del mattino erano in edicola, non capivi un fico secco di quello che si diceva e faceva nel Palazzo), ringrazio il cielo di aver visto il Sanremo di Pippo, quello di Mike Bongiorno (ricordo perfino i bagliori in bianco e nero di quello di Corrado nel 1974, deve essere stato un trauma infantile). Con Maria Giovanna Elmi ero già in fase avanzata di decomposizione dell’innocenza, dieci anni dalle mie parti erano un’età da combattimento, dunque, che volete farci, nella fase di Claudio Cecchetto ero già in modulazione di frequenza, tutta una faccenda di radio libere e dediche che in paese declinavano in “alla mia fidanzata Monica, ci vediamo stasera in piazzetta nel bar di Vincenzo per prendere il gelato, eja”. Mi persi del tutto l’anno di Andrea Giordana (1983), lo confesso, e mi smarrii in pieno anche in quello di Miguel Bosè e Gabriella Carlucci, per non parlare dell’edizione guidata da Rosita Celentano, Paola Dominguin, Gianmarco Tognazzi e Danny Quinn, la prova che il talento non passa automaticamente dai padri e le madri ai figli. Meglio o peggio, mai uguale. Come con Mattarella e Draghi, si tornò all’usato sicuro dal 1992 al 1996, Pippo Baudo, ormai monumento nazionale, materiale da tesi di laurea in storia delle dottrine politiche.
Sanremo 2001. Raffaella Carrà e Mike Bongiorno (Foto Ansa).Gli anni Novanta furono quelli dei Sanremo senza joie de vivre, erano immersi in una crisi da strapiombo, con il paese decimato da una furia manettara che avrebbe distrutto la classe dirigente - il Parlamento che non riesce a eleggere i presidenti della Repubblica è l’eredità radioattiva di quel momento con la ghigliottina. L’esito è un paesaggio nazionale tutto in discesa, senza freni, allegria (Mike c’è): la canzone sopravvive e ogni tanto ci sorprende, il romanzo italiano è morto e con questi al calamaio siamo tranquilli che non resuscita (Dio sia lodato), il Parlamento è la Fiera dell’Est dove “per due soldi un topolino mio padre comprò” (Angelo Branduardi). Non c’è alcuna sorpresa in questa resistenza canora e evaporazione di quasi tutto il resto. Negli anfratti si suona per soldi di fortuna, per disperazione, per passione e per impressionare le ragazze o far girare la testa ai ragazzi con la sventola della voce; nelle stanze solitarie si scrive, cesellando un aggettivo e battendo il ritmo sui tasti, con nessuna speranza ma chissenefrega, qui siamo al volo radente; il problema della contemporaneità è l’indirizzo dell’officina del talento, chi lo capisce, lo impagina, lo pubblica con amore e rigore, lo mette in mostra e dice al prossimo, guardate che pezzo di bravura. Si può fare (Frankenstein junior), la grande fatica è tutta nell’accettare di stare soli.
Giampaolo Pansa qualche anno prima, nel 1987, aveva scritto il libro profetico, “Lo sfascio”, lo lessi tutto d’un fiato e là decisi che avrei fatto il giornalista. Tanti anni dopo, “Giampa” (con il quale avevo l’immensa fortuna di cazzeggiare a tre con Claudio Rinaldi, direttore dell’Espresso) mi disse con il tono scanzonato di chi aveva mangiato inchiostro e rotativa: “Mario, ricordati, noi non siamo di nessuno e tieni sempre una riserva per il vaffanculo”. La “riserva” che evocava Pansa era il pranzo e la cena per affrontare quello che poi sarebbe successo regolarmente. Tenni bene a mente il consiglio. Pansa ci ha lasciato con un tramonto tragico, quello di un padre che non può sopportare la scomparsa del figlio, e molto tempo prima fu la volta di Rinaldi a mettere il punto sulla sua articolessa piena di vita, sul calendario scorreva il 2007, sapevo che sarebbe accaduto. Chi conduceva il Festival quell’anno? Sempre lui, Pippo. Vinse Simone Cristicchi, che continua il suo viaggio e fa esperimenti di scrittura. Sanremo è così, ti lancia, ti lascia, ti resta addosso sempre qualcosa, per nostra fortuna. Ne sono arrivati altri, con tutti gli alambicchi dello spettacolo, nessuno con la carica esplosiva di un David Bowie che aveva già fatto tutto e in fondo la nostra Anna Oxa s'era travestita alla grande
Gli anni passano, i governi evaporano, i partiti si spengono, i presidenti bissano, la Costituzione si fa fin troppo "flessibile", così Sanremo resta una delle poche certezze "istituzionali", perché di istituzione si tratta. Nasce nei primi anni della Repubblica (1951), accompagna il paese, lo asseconda e in qualche maniera riesce perfino a curvarlo, dargli una rappresentazione. La critica colta lo ha di volta in volta preso a pomodorate e poi riabilitato, infine anche quelli che non fanno a meno di definirlo trash o iper-pop per essere vero, devono prendere atto che la sua naturale realtà aumentata non è altro che l'amplificazione del carattere nazionale.
***
Sanremo è il luogo dove passa il cavallo bianco e gli italiani non ci salgono mai. Lo scrissi in apertura di "Tutte le volte che ce l'abbiamo fatta" (Mondadori) correva l'anno 2012 e l'idea del libro (che è esaurito in versione cartacea e potete trovare in versione elettronica qui) mi pare valida.
L’Italia e gli italiani. Riapro il taccuino. «Non salite mai sul cavallo bianco.» Davvero siamo così noi italiani? Perché non saliamo sul cavallo bianco? Abbiamo un blocco naturale della crescita, qualcosa che ci impedisce di arrivare alla maturità e preferiamo restare in eterno sulla soglia del mondo, un piede dentro e un piede fuori, in bilico, irrimediabili Peter Pan? In principio fu il cavallo bianco... ma quale? Ah, questo sì che è molto «italiano»: Roberto Benigni in sella a un cavallo bianco fa il suo ingresso nel teatro Ariston di Sanremo. Il nostro patriottismo celebrato nel rito pop televisionaro, luogo di costruzione e decostruzione di identità, carattere in pixel di una nazione. La nostra narrazione collettiva è un po’ così: un misto tra il pasticciaccio brutto e la storia esemplare, il ruzzolone nel ridicolo e la storia strappacuore, la missione che naufraga nel menefreghismo e l’impresa titanica. Tanto che alla fine sul cavallo bianco ci sale un attore, un comico, un narratore di Dante, un caratteraccio, un caratterista, un cabarettista, un alchimista della parola.
17 febbraio 2011, Roberto Benigni in sella al cavallo Bianco nel Teatro Ariston di Sanremo (Foto Ansa).Come vedremo nelle pagine seguenti, tutto questo lavorio, questa apparente fatica di Sisifo, ha perfino un senso, è una continuazione della nostra storia che a volte si ribella e diventa controstoria. Benigni, dunque. Festival di Sanremo 2011, 17 febbraio, terza serata, quella più attesa, giorno dei centocinquant’anni dell’Unità d’Italia. «Buonaseraaaaa, viva l’Italia!». Il Piccolo Diavolo scende dal cavallo, abbraccia l’inossidabile Gianni Morandi con quel sorriso da Morandi; ridacchia Roberto: è un giocoliere medievale, uno di quelli che sulle piazze di paese sputa fuoco, mangia spade e racconta storie, «’sta cosa del cavallo è bellissima, anche se all’inizio avevo un po’ di dubbi a fare l’entrata col cavallo perché... è un periodo che ai cavalieri non gli dice tanto bene...». Pochi secondi per evocare Silvio Berlusconi, allora presidente del Consiglio, figura metaforica di un ciclo storico, un ventennio diviso tra chi è con lui e chi è contro di lui. In fondo è la nostra storia reloaded, un «guelfighibellinismo», che non conosce cadute di audience. Benigni è sul palco, si muove come un torero di consumata bravura nell’arena. Agita la muleta, chiama l’applauso, ha in mano il gioco. Svolge con raffinata eleganza, un Cecco Angiolieri dei nostri tempi, un’esegesi dell’inno di Mameli che è un tuffo nei nostri storici luoghi non comuni. Benigni e Mameli. E i protagonisti di quella storia che ci ha consegnato le chiavi del Paese, il Risorgimento: le radici carbonare, lo statista Cavour, il rivoluzionario Mazzini, gli illuminati Savoia, Garibaldi, l’eroe dei due mondi («che non è Marchionne») e il Piemonte con la prima capitale d’Italia a Torino («poi fu subito spostata a Detroit»), e ancora Garibaldi che «era seguito dai più grandi scrittori dell’epoca: il duca di Wellington, Charles Dickens, grande come Shakespeare o Dante, Alessandro Dumas padre, quello che ha scritto I tre moschettieri, che ha scritto Il Conte di Montecristo, seguiva Garibaldi col taccuino, in tutto il mondo. Victor Hugo, George Sand, mandavano soldi, si tassavano per finanziare questa cosa di bellezza che c’era in Italia, questa grandezza immensa, eroica, epica, che non si vedeva più. Erano diventati un mito, tutti gli italiani. Li seguivano … e in ogni parte dove c’era un’ingiustizia si diceva: chiamiamo Garibaldi».
Benigni è rutilante, ripercorre la storia della nostra unità e, con l’arte del linguaggio e delle mimica, trasmette il senso di un’era: «C’era un fervore: le Cinque Giornate di Milano, c’era Manzoni, Verdi. L’Italia è l’unico paese dove prima è nata la cultura e poi la nazione. Non esiste nessun altro luogo al mondo. È una cosa impressionante. Ha tenuto insieme la lingua, la lingua e la cultura immensa. … Erano persone mirabili: Cavour, Mazzini e Garibaldi, tutti e tre entrati in politica, e usciti dalla politica più poveri di quando erano entrati. Ma hanno arricchito gli italiani, enormemente. Un Paese che non proclama forte i propri valori con forza è pronto per l’oppressione e la servitù. Se non ci si ricorda del nostro passato, non si sa dove si va. … Mameli ha vent’anni, Novaro è il musicista. Una sera stavano tutti a Torino. Arriva un pittore, Barzini, con un foglio e dice: Guarda cosa ti manda Goffredo. Novaro lo lesse e disse: è una cosa bellissima». L’inno è una porta sul nostro futuro non ancora compiuto. Perché Mameli scriveva «Fratelli d’Italia, l’Italia s’è desta». E Benigni, sul palco dell’Ariston, centocinquant’anni dopo, non può fare a meno di commentare quel primo verso così: «Svegliatevi. L’unica maniera per realizzare i propri sogni è svegliarsi!». Svegliarsi. Per aprire gli occhi, o semplicemente non dormire in piedi, per mettersi sulla scia della storia di quelli che l’hanno fatta, un popolo deve costruire, partecipare e credere a una narrazione collettiva. Deve sentirsi attore di una storia a più voci di grande gittata e precisione millimetrica. Sappiamo tutti che poi la storia si incarica di correggere il tiro, cambiare la traiettoria e spesso ribaltare il risultato sperato, ma senza questa visione del domani, senza un progetto di longue durée, un Paese esiste come entità geografica, ma finisce per diluire la propria identità e sparire.
***
Dodici anni dopo sul palco dell'Ariston ci sarà di nuovo Gianni Morandi, c'è chi spera in un'apparizione, un'epifania di Roberto Benigni e in fondo, con o senza il folletto toscano, il cavallo bianco passerà. Lo guarderemo ammirati. E non ci saliremo mai.
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5.6 È onere dell'Utente: (i) inserire tutti i dati necessari per il corretto funzionamento dello strumento
di pagamento
prescelto; (ii) mantenere aggiornate le informazioni di pagamento in vista dei successivi rinnovi (per
esempio,
aggiornando i dati della propria carta di pagamento scaduta in vista del pagamento dei successivi rinnovi
contrattuali).
Qualora per qualsiasi motivo il pagamento non andasse a buon fine, il Fornitore si riserva di sospendere
immediatamente
l'Abbonamento fino al buon fine dell'operazione di pagamento; trascorsi inutilmente 3 giorni senza che il
pagamento
abbia avuto esito positivo, è facoltà del Fornitore recedere dal contratto con effetti immediati.
Pagamenti all'interno dell'applicazione IOS
5.7 In caso di acquisto dell'Abbonamento mediante l'Applicazione per dispositivi IOS, il pagamento è gestito
interamente
attraverso la piattaforma App Store fornita dal gruppo Apple. Il pagamento del corrispettivo è
automaticamente
addebitato sull'Apple ID account dell'Utente al momento della conferma dell'acquisto. Gli abbonamenti
proposti sono
soggetti al rinnovo automatico e all'addebito periodico del corrispettivo. L'Utente può disattivare
l'abbonamento fino a
24h prima della scadenza del periodo di abbonamento in corso. In caso di mancata disattivazione,
l'abbonamento si
rinnova per un eguale periodo e all'Utente viene addebitato lo stesso importo sul suo account Apple.
L'Utente può
gestire e disattivare il proprio abbonamento direttamente dal proprio profilo su App Store. Per maggiori
informazioni al
riguardo: https://www.apple.com/it/legal/terms/site.html. Il Fornitore non è responsabile per eventuali
disservizi della
piattaforma App Store.
6. Promozioni
6.1 Il Fornitore può a sua discrezione offrire agli Utenti delle promozioni sotto forma di sconti o periodi
gratuiti di
fruizione del Servizio.
6.2 Salvo che non sia diversamente specificato nella pagina di offerta della promozione, l'adesione a una
promozione
comporta, alla sua scadenza, l'attivazione automatica del Servizio a pagamento con addebito periodico del
corrispettivo
in base al contenuto del pacchetto di volta in volta selezionato dall'Utente.
6.3 L'Utente ha la facoltà di disattivare il Servizio in qualunque momento prima della scadenza del periodo
di prova
attraverso una delle modalità indicate nel precedente articolo 3).
7. Obblighi e garanzie dell'Utente
7.1 L'Utente dichiara e garantisce:
- di essere maggiorenne;
- di sottoscrivere l'Abbonamento per scopi estranei ad attività professionali, imprenditoriali, artigianali
o commerciali
eventualmente svolte;
- che tutti i dati forniti per l'attivazione dell'Abbonamento sono corretti e veritieri;
- che i dati forniti saranno mantenuti aggiornati per l'intera durata dell'Abbonamento.
7.2 L'Utente si impegna al pagamento del corrispettivo in favore del Fornitore nella misura e con le
modalità definite
nei precedenti articoli.
7.3 L'Utente si impegna ad utilizzare l'Abbonamento e i suoi contenuti a titolo esclusivamente personale, in
forma non
collettiva e senza scopo di lucro; l'Utente è inoltre responsabile per qualsiasi uso non autorizzato
dell'Abbonamento e
dei suoi contenuti, ove riconducibile all'account dell'Utente medesimo; per questo motivo l'Utente si
impegna ad
assumere tutte le precauzioni necessarie per mantenere riservato l'accesso all'Abbonamento attraverso il
proprio account
(per esempio, mantenendo riservate le credenziali di accesso ovvero segnalando senza ritardo al Fornitore
che la
riservatezza di tali credenziali risulta compromessa per qualsiasi motivo).
7.4 La violazione degli obblighi stabiliti nel presente articolo conferisce al Fornitore il diritto di
risolvere
immediatamente il contratto ai sensi dell'articolo 1456 del codice civile, fatto salvo il risarcimento dei
danni.
8. Tutela della proprietà intellettuale e industriale
8.1 L'Utente riconosce e accetta che i contenuti dell'Abbonamento, sotto forma di testi, immagini,
fotografie, grafiche,
disegni, contenuti audio e video, animazioni, marchi, loghi e altri segni distintivi, sono coperti da
copyright e dagli
altri diritti di proprietà intellettuale e industriale di volta in volta facenti capo al Fornitore e ai suoi
danti causa
e per questo si impegna a rispettare tali diritti.
8.2 Tutti i diritti sono riservati in capo ai titolari; l'Utente accetta che l'unico diritto acquisito con
il contratto
è quello di fruire dei contenuti dell'Abbonamento con le modalità e i limiti propri del Servizio. Fatte
salve le
operazioni di archiviazione e condivisione consentite dalle apposite funzionalità del Servizio, qualsiasi
attività di
riproduzione, pubblica esecuzione, comunicazione a terzi, messa a disposizione, diffusione, modifica ed
elaborazione dei
contenuti è espressamente vietata.
8.3 La violazione degli obblighi stabiliti nel presente articolo conferisce al Fornitore il diritto di
risolvere
immediatamente il contratto ai sensi dell'articolo 1456 del codice civile, fatto salvo il risarcimento dei
danni.
9. Manleva
9.1 L'Utente si impegna a manlevare e tenere indenne il Fornitore contro qualsiasi costo – inclusi gli
onorari degli
avvocati, spesa o danno addebitato al Fornitore o in cui il Fornitore dovesse comunque incorrere in
conseguenza di usi
impropri del Servizio da parte dell'Utente o per la violazione da parte di quest'ultimo di obblighi
derivanti dalla
legge ovvero dai presenti termini d'uso.
10. Limitazione di responsabilità
10.1 Il Fornitore è impegnato a fornire un Servizio con contenuti professionali e di alta qualità; tuttavia,
il
Fornitore non garantisce all'Utente che i contenuti siano sempre privi di errori o imprecisioni; per tale
motivo,
l'Utente è l'unico responsabile dell'uso dei contenuti e delle informazioni veicolate attraverso di
essi.
10.2 L'Utente riconosce e accetta che, data la natura del Servizio e come da prassi nel settore dei servizi
della
società dell'informazione, il Fornitore potrà effettuare interventi periodici sui propri sistemi per
garantire o
migliorare l'efficienza e la sicurezza del Servizio; tali interventi potrebbero comportare il rallentamento
o
l'interruzione del Servizio. Il Fornitore si impegna a contenere i periodi di interruzione o rallentamento
nel minore
tempo possibile e nelle fasce orarie in cui generalmente vi è minore disagio per gli Utenti. Ove
l'interruzione del
Servizio si protragga per oltre 24 ore, l'Utente avrà diritto a un'estensione dell'Abbonamento per un numero
di giorni
pari a quello dell'interruzione; in tali casi, l'Utente riconosce che l'estensione dell'Abbonamento è
l'unico rimedio in
suo favore, con la conseguente rinunzia a far valere qualsivoglia altra pretesa nei confronti del
Fornitore.
10.3 L'Utente riconosce e accetta che nessuna responsabilità è imputabile al Fornitore:
- per disservizi dell'Abbonamento derivanti da malfunzionamenti di reti elettriche e telefoniche ovvero di
ulteriori
servizi gestiti da terze parti che esulano del tutto dalla sfera di controllo e responsabilità del Fornitore
(per
esempio, disservizi della banca dell'Utente, etc...);
- per la mancata pubblicazione di contenuti editoriali che derivi da cause di forza maggiore.
10.4 In tutti gli altri casi, l'Utente riconosce che la responsabilità del Fornitore in forza del contratto
è limitata
alle sole ipotesi di dolo o colpa grave.
10.5 Ai fini dell'accertamento di eventuali disservizi, l'Utente accetta che faranno fede le risultanze dei
sistemi
informatici del Fornitore.
11. Modifica dei termini d'uso
11.1 L'Abbonamento è disciplinato dai termini d'uso approvati al momento dell'acquisto.
11.2 Durante il periodo di validità del contratto, il Fornitore si riserva di modificare i termini della
fornitura per
giustificati motivi connessi alla necessità di adeguarsi a modifiche normative o obblighi di legge, alle
mutate
condizioni del mercato di riferimento ovvero all'attuazione di piani aziendali con ricadute sull'offerta dei
contenuti.
11.3 I nuovi termini d'uso saranno comunicati all'Utente con un preavviso di almeno 15 giorni rispetto alla
scadenza del
periodo di fatturazione in corso ed entreranno in vigore a partire dall'inizio del periodo di fatturazione
successivo.
Se l'Utente non è d'accordo con i nuovi termini d'uso, può esercitare la disdetta secondo quanto previsto al
precedente
articolo 3.
11.4 Ove la modifica dei termini d'uso sia connessa alla necessità di adeguarsi a un obbligo di legge, i
nuovi termini
d'uso potranno entrare in vigore immediatamente al momento della comunicazione; resta inteso che, solo in
tale ipotesi,
l'Utente potrà recedere dal contratto entro i successivi 30 giorni, con il conseguente diritto ad ottenere
un rimborso
proporzionale al periodo di abbonamento non goduto.
12. Trattamento dei dati personali
12.1 In conformità a quanto previsto dal Regolamento 2016/679 UE e dal Codice della privacy (decreto
legislativo 30
giugno 2003, n. 196), i dati personali degli Utenti saranno trattati per le finalità e in forza delle basi
giuridiche
indicate nella privacy policy messa a disposizione dell'Utente in sede di registrazione e acquisto.
12.2 Accettando i presenti termini di utilizzo, l'Utente conferma di aver preso visione della privacy policy
messa a
disposizione dal Fornitore e di averne conservato copia su supporto durevole.
12.3 Il Fornitore si riserva di modificare in qualsiasi momento la propria privacy policy nel rispetto dei
diritti degli
Utenti, dandone notizia a questi ultimi con mezzi adeguati e proporzionati allo scopo.
13. Servizio clienti
13.1 Per informazioni sul Servizio e per qualsiasi problematica connessa con la fruizione dello stesso,
l'Utente può
contattare il Fornitore attraverso i seguenti recapiti: help@newslist.it
14. Legge applicabile e foro competente
14.1 Il contratto tra il Fornitore e l'Utente è regolato dal diritto italiano.
14.2 Ove l'Utente sia qualificabile come consumatore, per le controversie comunque connesse con la
formazione,
esecuzione, interpretazione e cessazione del contratto, sarà competente il giudice del luogo di residenza o
domicilio
del consumatore, se ubicato in Italia.