12 Marzo
Sanzioni e guerra. Passato, presente e futuro
L'esercito russo avanza e circonda le città. Il Cremlino fa la guerra, l'Occidente schiera il blocco finanziario. Un libro ("The Economic Weapon"), un po' di storia, le conseguenze inattese e qualche proiezione sul "distacco" della Russia e il suo spostamento verso Oriente. Caviale, vodka e diamanti? Il problema sono i missili cruise di Putin, si chiama hard power
A che punto è la guerra? Corre veloce, su più fronti, l’incendio si sta propagando, le situazioni di crisi si moltiplicano. I segnali sono vivissimi, ma ancora pochi in sembrano consapevoli di quello che sta accadendo, molti saranno colti di sorpresa in uno scenario che invece si sta dispiegando con eccezionale rapidità verso “l’economia di guerra”. Il conflitto non è solo quello che vediamo nelle immagini che arrivano dall’Ucraina, è un fenomeno ampio e capillare che si propaga come un fiume che si gonfia e rompe gli argini. Giorno dopo giorno stiamo entrando in una dimensione di belligeranza permanente, quando il tuono delle armi si placherà, saremo di fronte a nuovo quadro della sicurezza (e della vita) in Europa e nel mondo. Facciamo il nostro giro di giostra, seguite il titolare di List.
01
Il distacco dell'Occidente dalla Russia. Energia... caviale e vodka

L’Unione europea ha varato un quarto pacchetto di sanzioni contro la Russia, il vertice di Versailles sarà declinato entro maggio in due documenti strategici sulla nuova ‘Potenza Europea’ focalizzati sull’aumento della spesa per la Difesa, il phase out, il ‘distacco’ dai legami energetici con Mosca entro il 2027 (con un altro mondo del tutto imprevedibile alle porte) con il blocco degli investimenti nel settore Oil & Gas (sta già avvenendo con l’uscita delle aziende dal capitale e dalle partnership con Mosca), il controllo delle cripto-valute che gli oligarchi usano per sfuggire alle sanzioni, si tratta di una chimera, le vie del mercato nero digitale sono infinite.
C'è la guerra, ma l'Europa non esce dallo schema finanziario che ha già prodotto il caos che vediamo (l'inflazione che si sta mangiando i redditi). Possibile? Non ci sono altre idee e il...
A che punto è la guerra? Corre veloce, su più fronti, l’incendio si sta propagando, le situazioni di crisi si moltiplicano. I segnali sono vivissimi, ma ancora pochi in sembrano consapevoli di quello che sta accadendo, molti saranno colti di sorpresa in uno scenario che invece si sta dispiegando con eccezionale rapidità verso “l’economia di guerra”. Il conflitto non è solo quello che vediamo nelle immagini che arrivano dall’Ucraina, è un fenomeno ampio e capillare che si propaga come un fiume che si gonfia e rompe gli argini. Giorno dopo giorno stiamo entrando in una dimensione di belligeranza permanente, quando il tuono delle armi si placherà, saremo di fronte a nuovo quadro della sicurezza (e della vita) in Europa e nel mondo. Facciamo il nostro giro di giostra, seguite il titolare di List.
01
Il distacco dell'Occidente dalla Russia. Energia... caviale e vodka

L’Unione europea ha varato un quarto pacchetto di sanzioni contro la Russia, il vertice di Versailles sarà declinato entro maggio in due documenti strategici sulla nuova ‘Potenza Europea’ focalizzati sull’aumento della spesa per la Difesa, il phase out, il ‘distacco’ dai legami energetici con Mosca entro il 2027 (con un altro mondo del tutto imprevedibile alle porte) con il blocco degli investimenti nel settore Oil & Gas (sta già avvenendo con l’uscita delle aziende dal capitale e dalle partnership con Mosca), il controllo delle cripto-valute che gli oligarchi usano per sfuggire alle sanzioni, si tratta di una chimera, le vie del mercato nero digitale sono infinite.
C'è la guerra, ma l'Europa non esce dallo schema finanziario che ha già prodotto il caos che vediamo (l'inflazione che si sta mangiando i redditi). Possibile? Non ci sono altre idee e il recente passato è più che sufficiente per capire che non possono andare oltre quello che non sanno: hanno detto che "l'inflazione era temporanea", poi di fronte alla realtà hanno affermato che sì, forse non lo era ma faremo di tutto per tenerla sotto controllo, oggi di fronte al fatto che l'hanno provocata le loro politiche (energetiche e non solo, vedere alla voce aspettative eccessive e helicopter money) hanno finalmente trovato un colpevole: è tutta colpa di Putin (il nuovo ritornello di Biden). Putin è un ottimo coperchio per coprire la pentola arrugginita dell'Occidente, il diavolo che mancava, finalmente è arrivato.
Il più attivo naturalmente (giocava in casa, è in campagna elettorale) è stato Emmanuel Macron che ha dichiarato che l’Unione è "pronta a escludere Gazprom dal sistema Swift". Vaste programme, monsiuer le President, visto che il gas russo è un fattore per ora non sostituibile sul mercato (e infatti i rubinetti con la Russia restano aperti, in piena guerra). La Germania alla parola gas esce dalla sonnolenza made in Baviera, alza la testa e anche la voce: lo stop all'import di gas russo non è la posizione europea.

In America giocano con i coriandoli e la propaganda del voto di mid-term, dopo il blocco del petrolio russo (irrilevante nell’import di energia americana), l’amministrazione Biden ha deciso lo stop all’ingresso di beni di lusso, (tra i quali ci sono caviale, vodka e diamanti - e con questo si vorrebbe vincere la guerra contro la Russia, perbacco), un altro tentativo di colpire le classi ricche, quelle che si considerano vicine a Putin, è l’idea di isolare l’uomo del Cremlino, indebolirlo e, chissà, provocarne la caduta. Sui prezzi del gas l’Unione proporrà un tetto (da far accettare a chi vende, prima di tutto a Gazprom, missione tutta da scoprire), con una tassa (la proposta è di Draghi) sugli extra-profitti delle società elettriche.
La guerra continua, la Russia gioca le sue carte nel tavolo verde con gli Stati Uniti, l’ultimo capitolo della InfoWar riguarda le armi biologiche, Mosca avvisa sull’esistenza di un arsenale pronto ad essere utilizzato, costruito grazie all’ausilio degli americani, ma l’Onu smentisce: non ci sono le prove. Del plot certamente no, ma i laboratori esistono e gli agenti biologici pure. Tanto è vero che l’Oms invita le autorità ucraine a mettere al sicuro questi agenti batteriologici per evitare ‘fughe’ durante i bombardamenti. Va tutto bene, c’è anche l’arma invisibile.

Mario Draghi fa la sua parte da atlantista e europeista, dice che "ora Putin non vuole la pace”, prima rassicura tutti con un “non siamo in un'economia di guerra”, poi chiosa che “bisogna prepararsi" perché "se il conflitto dovesse protrarsi per tanto tempo dobbiamo essere pronti". Sembra tutto ovvio, ma non lo è visto che fino a poche settimane fa nessuno poteva immaginare una situazione ai confini della realtà. Oggi è la realtà senza confini della guerra. Draghi è passato dall'emergenza coronavirus a quella della guerra. Conferma d'essere l'uomo dello stato d'eccezione, finirà la sua missione a Palazzo Chigi tra qualche mese, conflitto permettendo.
Ci sono forti timori per un avvitamento dei mercati delle materie prime, il G7 a Berlino ha siglato un accordo per tenere ‘aperto’ il settore dell’agricoltura, i prezzi dei cereali sono in forte tensione e scarseggiano (produttori principali, Russia e Ucraina), idem per i fertilizzanti, senza i quali nell'era contemporanea si fanno magri raccolti. C’è un diffuso timore di un effetto destabilizzante in Europa e soprattutto in Africa, vedere alla voce Egitto, oltre 100 milioni di abitanti, età media bassa, ready to fight, alta volatilità politica. La guerra nella guerra. Come vanno le cose sul teatro ucraino?
02
Mappa dell'invasione. I russi sono fermi? No avanzano
Teatro di guerra? Eccolo, mappa dell'intelligence inglese aggiornata:

I russi avanzano, perfino nella mappa dei servizi segreti inglesi che è "conservativa". Siamo al cortocircuito tra parole e grafica, il divario tra fiction e realtà. Sono i commenti che si alimentano con i desideri, la guerra-lampo non è mai stata in agenda, Putin è prima di tutto un capo militare, l'esercito russo è in marcia, la colonna dei carri armati si è sparsa nei boschi intorno a Kiev per preparare l'attacco alla capitale (stanno bruciando due depositi di carburante colpiti dall'artiglieria), i bombardamenti a ovest sono arrivati ai confini della Nato, l'espansione a Sud ha già ampiamente superato le sponde del Dnieper (il punto di riferimento di tutta l'offensiva), la città di Dnipro cadrà, stanotte Mykolaiv era sotto le bombe, così come Lutsk, gli abitanti di Mariupol sono senza acqua, gas, elettricità, comunicazioni. Le sirene stanno suonando in tutta l'Ucraina, a Kiev, a Odessa, a Dnipro, a Kharkiv. Si chiama assedio, è un passaggio chiave del manuale di guerra, non sono le sanzioni al Beluga e alla vodka. Ripeto quanto scritto da Chris Miller sul New York Times: "Il problema non è la guerra ibrida, sono i missili cruise di Putin". Si chiama hard power.
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Qualcuno vuole fare la pace? Nessuno sta affrontando il dossier con la professionalità necessaria (sì, servono i professionisti), nonostante Putin abbia affermato che ci sono "sviluppi positivi nei negoziati" (e le Borse ci hanno creduto, almeno per un bel pezzo di serata ieri). Il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov non ha escluso un incontro tra Putin e Zelensky, è già qualcosa ma sempre troppo poco e destinato a evaporare con i colpi dell’artiglieria. Nel frattempo, Putin fa la guerra. Gli altri? Cercano petrolio per scollegarsi dall'impossibile che hanno creato quando hanno accettato il gas e il denaro cash degli oligarchi della Russia senza preoccuparsi della politica, anzi lavorando in direzione contraria agli interessi dell'Occidente, cioè non spingere Putin tra le braccia di Xi Jinping, offrendogli così l'opportunità del doppio forno che diventerà solo uno nel giro di qualche anno. Ora è forse troppo tardi. E infatti...
03
L'Iran nucleare, il petrolio di Joe e il Risiko di Vlad

Un altro punto di crisi, distante e intrecciato alla partita di sangue dell'Ucraina è quella dell'Iran nucleare. Non trova una soluzione, i colloqui di Vienna sono di nuovo a mezz’aria, il rappresentante Ue della politica estera, Borrell, usa la parola “pausa” per descrivere il clima con Teheran e assicura che “è pronto il testo finale dell'accordo”. Non sembra aria e in ogni caso non sarà una passeggiata, il peso della Russia è grande, Khamenei deve molto a Mosca, anche se al Cremlino concordano almeno su un punto con America e Ue: Teheran non può avere la Bomba, sarebbe un elemento destabilizzante per l’intero Medio Oriente. Probabilmente agli americani non interessa più nemmeno questo, Biden ha una sola preoccupazione (guardare la sua timeline di Twitter è un'esperienza straniante), la pompa della benzina, ha bisogno di petrolio, lo sta cercando da tutti i nemici, dunque va benissimo il Venezuela e calza a pennello anche l'Iran. Per tutto il resto, c'è una frase magica: "È colpa di Putin". Causa ormai di quotidiani siparietti tra i giornalisti accreditati alla Casa Bianca e la portavoce Jean Psaki.
04
Social distrazioni e versioni della realtà
Sul fronte della guerra dei social media, la distopia va avanti a algoritmo spianato: Facebook ha autorizzato i discorsi violenti contro gli invasori russi (la barbarie digitale alla massima potenza), poi ha spiegato con l'ex politico diventato lobbista Nick Clegg che lo fa per tutelare "un popolo aggredito e la libertà di parola" (commozione generale, tutti in ginocchio di fronte al replicante Zuckerberg), mentre la Russia ha risposto aprendo un’inchiesta penale su Meta (la società capogruppo di Fb) per inserirla nella lista delle organizzazioni estremiste. Dulcis in fundo, YouTube ha scollegato i media governativi russi dalla sua piattaforma. Così ora abbiamo una sola versione, la nostra.
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Funzionano le sanzioni? Forse, ma non si vince la guerra con il libro nero dei beni che si possono comprare (legalmente), le sanzioni in questo momento non sono alla guida del carro armato né lanciano un missile Javelin contro i tank di Mosca. Le sanzioni non sono una novità di Biden, ci sono antenati decisamente più nobili - Tucidide racconta che Atene bandì il commercio con Megara nel 432 avanti cristo - e la loro durata (pensate a quelle di Cuba in vigore da 60 anni e quelle sull'Iran da 40 anni) e intensità (la Russia è il paese più sanzionato del mondo da decenni e sta ancora al suo posto) dimostrano che affidarsi a queste per vincere una guerra può essere un'illusione che conduce a una sconfitta.
05
Sanzioni e storia. Conseguenze inattese
Per sapere, per capire, il Times di Londra segnala il libro di Nicholas Mulder, The Economic Weapon:

Dalle pagine del libro si apprende che Hitler quando fu colpito dalle sanzioni reagì esattamente in maniera contraria a quanto volevano ottenere gli alleati: "Mulder sostiene nel suo libro impeccabilmente documentato e, per la sua attualità, avvincente che "le sanzioni non hanno fermato la disintegrazione politica ed economica, ma l'hanno accelerata" nel periodo tra le due guerre. Piuttosto che impedire a Hitler di lanciare una guerra, esse incoraggiarono l'aggressione tedesca e la frammentazione dell'economia globale". Studiare aiuta, improvvisare senza sapere, ignari della storia, conduce a gravi errori, le sanzioni sono una questione di tempismo e qui arrivano a guerra in corso, non prima, quando avrebbero potuto dispiegare con più efficacia il loro effetto.
Dettaglio che dovrebbe far riflettere le teste lucide, sempre dal Times: Adolf Hitler di fronte alle sanzioni disse a Carl Burckhardt, diplomatico svizzero e alto commissario della Società delle Nazioni, nell'agosto 1939: "Ho bisogno dell'Ucraina, così non possono farci morire di fame come nell'ultima guerra". Trascorsero due settimane, la Germania firmò il Patto Molotov-Ribbentrop con l'Unione Sovietica che le dava accesso al grano ucraino; due anni dopo invase l'Ucraina.
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Spostare la Russia verso l'Asia. Teoria e pratica
Alternative per la Russia? Le sanzioni, come abbiamo visto, restano per lunghissimo tempo in vigore, dunque a Mosca dovranno in ogni caso ripensare la loro economia. Branko Milanovic, un economista noto per i suoi importanti studi sulla diseguaglianza, pone una durata di circa 50 anni per le sanzioni che sono state decise dall'Occidente, conseguenze? Il Cremlino (e chiunque sia al comando della Russia negli anni a venire) dovrà lavorare per trovare mercati alternativi, cambiare il sistema produttivo, cercare sbocchi che fino a ieri non c'erano. Lavoro ciclopico. Milanovic ha messo nero su bianco quali possono essere le alternative per la Russia di Putin. La più logica (è un'azione in corso d'opera) è quella di cambiare l'orientamento della geopolitica di Mosca, spostare verso Oriente il baricentro dei suoi interessi. Putin ha stretto un'alleanza con Xi Jinping, il gasdotto Forza della Siberia è operativo, un altro mega-contratto è stato firmato da Gazprom per costruirne uno ancora più grande (il Soyuz Vostok, 50 miliardi di metri cubi di gas russo all'anno per la Cina), ha scelto questa strada, il "decoupling" a specchio (Occidente vs Russia e Russia vs Occidente) è in pieno svolgimento. Si può fare? Certo, ma costa e non è detto che l'impresa vada in porto, riporto un lungo brano di Milanovic, è un esempio mirabile di analisi, immaginazione, capacità di costruire scenari, un pensatore top class:
Quali sono le prospettive di spostare il centro di gravità della vita economica da Ovest a Est? Tecnicamente, si può immaginare un nuovo tipo di mossa alla Pietro il Grande, dove la Russia apre non una finestra sull'Europa (quello che doveva essere San Pietroburgo) ma una finestra sull'Asia orientale, spostando per esempio la sua capitale a Vladivostok e cercando di trasferire il più possibile la vita economica e burocratica, insieme alla popolazione a est. Se le cose potessero essere spostate per decreto, tale trasferimento potrebbe anche essere visto come abbastanza ragionevole. L'Asia orientale è, e rimarrà, la parte del mondo in più rapida crescita. Lasciare l'Europa, che per molti versi è anche un continente in declino, potrebbe essere vista come una mossa giusta. La Russia è, con gli Stati Uniti, l'unico paese al mondo che può fare una mossa così radicale; per gli altri, la geografia è molto più un destino. Anche dal punto di vista politico, è improbabile che la Russia sia esposta a sanzioni e pressioni politiche da parte di Cina, India, Vietnam o Indonesia allo stesso modo di Regno Unito, Francia e Germania. Infine, una vocazione pacifica potrebbe essere vista come un replay della spinta americana ad aprire la nuova frontiera un secolo e mezzo fa. Anche il cambiamento climatico potrebbe aiutare, rendendo più abitabili i territori russi del Nord.

Quanto è fattibile un tale cambiamento? Richiederebbe massicci investimenti in infrastrutture, tra cui una comunicazione più efficiente tra le due aree lontane della Russia: il volo da Mosca a Vladivostok dura quasi 10 ore e il viaggio in treno più di una settimana. Sviluppare nuove città lungo il percorso, espandere quelle esistenti ecc. non richiede solo investimenti che un'economia russa in calo non può fornire. Richiederebbe anche la creazione di nuovi posti di lavoro in queste città, l'unica cosa che potrebbe attrarre la popolazione a spostarsi dalla Russia europea a quella asiatica. L'Unione Sovietica ha cercato di farlo aprendo molti avamposti settentrionali in Siberia, pagando ai lavoratori salari più alti per trasferirsi lì, e ha avuto qualche limitato successo. Queste città e insediamenti sono però quasi tutti morti negli ultimi trent'anni. È difficile vedere come un così massiccio spostamento di attività possa essere realizzato senza enormi investimenti e senza una pianificazione urbana e produttiva completa.
Entrambe le politiche, cioè la sostituzione delle importazioni e lo spostamento verso l'Est, incontreranno quindi ostacoli quasi insuperabili. Ciò non significa che non possano essere intraprese; alcune di esse saranno fatte, per necessità: Si dovrà produrre software russo per sostituire il 95% del software di origine occidentale che è attualmente utilizzato nelle aziende russe automatizzate (fonti giornalistiche russe). Legami economici più stretti con la Cina implicherebbero anche un certo movimento di aziende e persone verso est. Una città siberiana o del Pacifico può diventare la seconda capitale (come Ankara in Turchia). Ma un successo significativo in uno di questi due campi sembra - il meglio che si può vedere dalla prospettiva di oggi - semplicemente irraggiungibile.
Cosa accadrà quindi? Come ho menzionato diversi anni fa nell'introduzione alla traduzione del mio "Disuguaglianza globale" in russo, il futuro del continente eurasiatico assomiglia molto al suo passato: le aree marittime lungo le coste dell'Atlantico e del Pacifico saranno abbastanza ricche, molto meglio delle grandi aree continentali significative nel mezzo. Questo apre la questione di come sarà politicamente praticabile una distribuzione così ineguale dell'attività economica: le migrazioni o le riconfigurazioni politiche "risolveranno" tali squilibri?
Questa è un'ipotesi sul futuro. Quanto al presente... dov'eravamo rimasti? Caviale. Diamanti. Vodka. E niente YouTube. La grande guerra dell’Occidente all'aggressione russa galoppa in limousine, abbiamo Spotify attivo e cribbio, vinceremo. Demagogia e populismo sul vassoio d'argento. Mi viene in mente una frase di Winston Churchill:
Per quanto visto circa i nostri amici sovietici, sono convinto che non vi sia nulla che essi ammirino e rispettino tanto come la forza e non vi è nulla verso cui abbiano minor rispetto che la debolezza militare.
È presto, la giornata è lunga, ma sarà sempre troppo tardi. L'ultimo chiuda la porta, ricordate di staccare Netflix e spegnete la luce.
07
Houston, abbiamo un problema

Post scriptum: Dmitry Rogozin, capo dell'agenzia spaziale russa Roscosmos, ha detto che le operazioni delle navicelle russe che riforniscono la Stazione Spaziale Internazionale (Iss) sarà interrotta dalle sanzioni, interessando il segmento russo della Stazione, che serve a correggere l'orbita della struttura. Secondo Rogozin potrebbe esserci "l'ammaraggio o l'atterraggio" dell'Iss. Pesa 500 tonnellate. C'è anche questa storia, lassù, una guerra spaziale. Sì, viviamo tempi interessanti. Forse troppo.