19 Febbraio
Andare sulla luna con i soldi degli altri
Superbonus. Il governo Meloni ha fermato la cessione dei crediti fiscali per limitare il danno ai conti pubblici. Truffe, giostra finanziaria, moneta parallela, cinque punti di caduta di un provvedimento disegnato malissimo dal governo Conte II. Così è partita la pazza corsa alle ristrutturazioni pagate dal vicino, il conto è già arrivato di 2 mila euro a testa
Il mondo dopo la pandemia non è più lo stesso, fenomeni di straordinaria intensità stanno curvando lo spazio della nostra esistenza. Durante la crisi i governi hanno varato aggressive politiche di sostegno all'economia per rispondere al collasso della produzione.
Fu l’ex banchiere centrale Mario Draghi con un intervento sul Financial Times a spiegare il 25 marzo del 2020 cosa sarebbe successo: “La perdita di reddito del settore privato dovrà essere eventualmente assorbita, in tutto o in parte, dai bilanci dei governi. Livelli di debito pubblico più alti diventeranno una caratteristica permanente delle nostre economie e sarà accompagnata da una cancellazione del debito privato”. Era la fine delle politiche di austerità. Seguirono le azioni dei governi che in varia forma cercarono la risposta più efficace, anche con lo strumento del finanziamento diretto per cassa a imprese e famiglie, quello che viene definito ‘Helicopter Money’. L’intera umanità entrava in una terra incognita, noi tutti la stiamo attraversando.
Il Superbonus 110 fa parte di questo insieme di misure anti-crisi, è uno strumento per aumentare l’efficienza energetica delle abitazioni. Il problema non è la ‘ratio’ dell’idea, lo scopo, ma il modo in cui è stato realizzato, malissimo. Fu il Mario Draghi premier alla fine di luglio del 2022 a dire che “chi ha disegnato il Superbonus è il colpevole”. La maggioranza era quella formata da Cinque Stelle e Partito democratico, il premier era Giuseppe Conte, il ministro dell’Economia era Roberto Gualtieri.
Una legge senza artigli ha consentito un numero esorbitante di illeciti e frodi (fatture false, lavori mai eseguiti, etc.) e aperto il Far West dei rimborsi fiscali, un mercato non regolamentato che va fermato perché è una bomba sui conti dello Stato e i nostri risparmi. Per sapere, per capire, ecco un paio di fatti.
1. La Guardia di Finanza ha già...
Il mondo dopo la pandemia non è più lo stesso, fenomeni di straordinaria intensità stanno curvando lo spazio della nostra esistenza. Durante la crisi i governi hanno varato aggressive politiche di sostegno all'economia per rispondere al collasso della produzione.
Fu l’ex banchiere centrale Mario Draghi con un intervento sul Financial Times a spiegare il 25 marzo del 2020 cosa sarebbe successo: “La perdita di reddito del settore privato dovrà essere eventualmente assorbita, in tutto o in parte, dai bilanci dei governi. Livelli di debito pubblico più alti diventeranno una caratteristica permanente delle nostre economie e sarà accompagnata da una cancellazione del debito privato”. Era la fine delle politiche di austerità. Seguirono le azioni dei governi che in varia forma cercarono la risposta più efficace, anche con lo strumento del finanziamento diretto per cassa a imprese e famiglie, quello che viene definito ‘Helicopter Money’. L’intera umanità entrava in una terra incognita, noi tutti la stiamo attraversando.
Il Superbonus 110 fa parte di questo insieme di misure anti-crisi, è uno strumento per aumentare l’efficienza energetica delle abitazioni. Il problema non è la ‘ratio’ dell’idea, lo scopo, ma il modo in cui è stato realizzato, malissimo. Fu il Mario Draghi premier alla fine di luglio del 2022 a dire che “chi ha disegnato il Superbonus è il colpevole”. La maggioranza era quella formata da Cinque Stelle e Partito democratico, il premier era Giuseppe Conte, il ministro dell’Economia era Roberto Gualtieri.
Una legge senza artigli ha consentito un numero esorbitante di illeciti e frodi (fatture false, lavori mai eseguiti, etc.) e aperto il Far West dei rimborsi fiscali, un mercato non regolamentato che va fermato perché è una bomba sui conti dello Stato e i nostri risparmi. Per sapere, per capire, ecco un paio di fatti.
1. La Guardia di Finanza ha già messo la lente su 9 miliardi di euro di crediti d’imposta irregolari, di questi, 3,6 miliardi sono stati sequestrati dall’Autorità giudiziaria.
2. La corsa all’oro del Superbonus ha prodotto un mercato ombra dei crediti fiscali che alla chiusura del 2022 è pari a oltre 105 miliardi di euro. Attenzione al dettaglio: di questi crediti, solo 6,6 miliardi sono andati a scomputo di imposte, questo certifica che sono utilizzati come strumento finanziario, vengono monetizzati. Siamo alla creazione di una moneta parallela, è il bancomat di Stato dove alla fine anche chi non ha mai ristrutturato la propria casa con i suoi soldi (il conto è arrivato già a 2000 euro a testa) ha rifatto il ‘cappotto’ e installato l’impianto di energia solare dell’abitazione del vicino (quando i lavori sono stati fatti, nella migliore delle ipotesi).
3. La cessione dei crediti fiscali (soprattutto nella prima fase, quella che ha generato il caos) ha prodotto la concentrazione dei crediti presso le banche. Il sistema si è completamente avvitato, la mole dei rimborsi ha limitato la leva finanziaria delle banche per gli interventi ordinari (i prestiti alle famiglie e imprese). Alla fine si è bloccato tutto, non occorre un saggio di Milton Friedman per capire che i rischi sul piano economico-finanziario sono enormi.
4. Un altro capitolo della storia riguarda la cessione dei crediti fiscali agli enti pubblici. Se Regioni e Comuni si sostituiscono alle banche nel tentativo di rimborsare i crediti fiscali incagliati, ne deriva un aggravio sui conti degli enti stessi con una serie di ricadute finanziarie (la capacità di spesa), giuridiche (la responsabilità) e politiche (l’emulazione da parte di tutti gli enti a offrire il rimborso). Non a caso il governo ha bloccato queste iniziative, rischiano di produrre un’altra corsa alla cassa.
5. Questa massa di crediti fiscali va contabilizzata e qui arriva il problema meno citato nelle cronache, ma più rischioso se non fermato in tempo. Se si applica il criterio della competenza e non della cassa (vedere alla voce regole europee), la conseguenza è che il ministero del Tesoro dovrà riscrivere i numeri del Bilancio dello Stato dal 2020 in poi. Siamo in un campo minato, perché ogni numero di ieri e di oggi influisce sulla valutazione del rating sovrano, sui tassi di interesse dei titoli di Stato, sulle emissioni del debito pubblico.
Ecco perché il governo ha fermato la cessione dei crediti fiscali (non il Superbonus), era diventato una giostra finanziaria fuori controllo, pericolosa per i risparmi degli italiani, un meccanismo costoso e per pochi, visto che secondo la Cgia di Mestre ha interessato solo il 3,1% delle abitazioni su 12,2 milioni di edifici residenziali.
L’era del denaro facile è finita da un pezzo, le banche centrali stanno aumentando a ritmo sostenuto i tassi di interesse per tenere sotto controllo i prezzi, sussidi e bonus distribuiti a pioggia hanno creato un eccesso di aspettative, alimentato l’inflazione. La politica dei partiti che promettono la luna a spese altrui è irresponsabile: non si può continuare a immaginare una società dove c’è qualcuno che va a lavorare tutti i giorni e ti paga il reddito di cittadinanza per restare a casa; non è possibile ristrutturare l’abitazione mandando di fatto il conto al vicino.
Il governo ha fatto bene a fermare la corsa. Punto e a capo, l’apertura domani a Palazzo Chigi di un tavolo con le associazioni è il passo successivo: i costruttori virtuosi e i proprietari che hanno avviato i lavori vanno protetti, il Superbonus deve funzionare, la transizione energetica deve continuare senza utopie e dannose fughe in avanti, i conti del Paese e i risparmi degli italiani devono essere messi al sicuro e il bancomat di Stato va chiuso.
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10. Limitazione di responsabilità
10.1 Il Fornitore è impegnato a fornire un Servizio con contenuti professionali e di alta qualità; tuttavia,
il
Fornitore non garantisce all'Utente che i contenuti siano sempre privi di errori o imprecisioni; per tale
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l'Utente è l'unico responsabile dell'uso dei contenuti e delle informazioni veicolate attraverso di
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società dell'informazione, il Fornitore potrà effettuare interventi periodici sui propri sistemi per
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migliorare l'efficienza e la sicurezza del Servizio; tali interventi potrebbero comportare il rallentamento
o
l'interruzione del Servizio. Il Fornitore si impegna a contenere i periodi di interruzione o rallentamento
nel minore
tempo possibile e nelle fasce orarie in cui generalmente vi è minore disagio per gli Utenti. Ove
l'interruzione del
Servizio si protragga per oltre 24 ore, l'Utente avrà diritto a un'estensione dell'Abbonamento per un numero
di giorni
pari a quello dell'interruzione; in tali casi, l'Utente riconosce che l'estensione dell'Abbonamento è
l'unico rimedio in
suo favore, con la conseguente rinunzia a far valere qualsivoglia altra pretesa nei confronti del
Fornitore.
10.3 L'Utente riconosce e accetta che nessuna responsabilità è imputabile al Fornitore:
- per disservizi dell'Abbonamento derivanti da malfunzionamenti di reti elettriche e telefoniche ovvero di
ulteriori
servizi gestiti da terze parti che esulano del tutto dalla sfera di controllo e responsabilità del Fornitore
(per
esempio, disservizi della banca dell'Utente, etc...);
- per la mancata pubblicazione di contenuti editoriali che derivi da cause di forza maggiore.
10.4 In tutti gli altri casi, l'Utente riconosce che la responsabilità del Fornitore in forza del contratto
è limitata
alle sole ipotesi di dolo o colpa grave.
10.5 Ai fini dell'accertamento di eventuali disservizi, l'Utente accetta che faranno fede le risultanze dei
sistemi
informatici del Fornitore.
11. Modifica dei termini d'uso
11.1 L'Abbonamento è disciplinato dai termini d'uso approvati al momento dell'acquisto.
11.2 Durante il periodo di validità del contratto, il Fornitore si riserva di modificare i termini della
fornitura per
giustificati motivi connessi alla necessità di adeguarsi a modifiche normative o obblighi di legge, alle
mutate
condizioni del mercato di riferimento ovvero all'attuazione di piani aziendali con ricadute sull'offerta dei
contenuti.
11.3 I nuovi termini d'uso saranno comunicati all'Utente con un preavviso di almeno 15 giorni rispetto alla
scadenza del
periodo di fatturazione in corso ed entreranno in vigore a partire dall'inizio del periodo di fatturazione
successivo.
Se l'Utente non è d'accordo con i nuovi termini d'uso, può esercitare la disdetta secondo quanto previsto al
precedente
articolo 3.
11.4 Ove la modifica dei termini d'uso sia connessa alla necessità di adeguarsi a un obbligo di legge, i
nuovi termini
d'uso potranno entrare in vigore immediatamente al momento della comunicazione; resta inteso che, solo in
tale ipotesi,
l'Utente potrà recedere dal contratto entro i successivi 30 giorni, con il conseguente diritto ad ottenere
un rimborso
proporzionale al periodo di abbonamento non goduto.
12. Trattamento dei dati personali
12.1 In conformità a quanto previsto dal Regolamento 2016/679 UE e dal Codice della privacy (decreto
legislativo 30
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