10 Dicembre
Biden e il problema dei 5 minuti di Putin
Il caso Ucraina è quello dei missili e delle armi strategiche. Le opzioni del presidente degli Stati Uniti, l'apertura a un negoziato con la Russia tenendo conto delle "preoccupazioni" di Mosca e poi la rettifica. Un vertice delle democrazie dove si vede la crisi delle democrazie. La Casa Bianca e la realtà che viene dalla lezione della Guerra Fredda
Che succede? Siamo in pieno sonnambulismo, a grandi falcate siamo arrivati nella palude della "ritirata", i contorcimenti sono visibili. Il fatto strategico del 2021 - il ritiro degli Stati Uniti e degli alleati dall'Afghanistan, l'abbandono alla lama e al fucile dei Talebani di ogni parola nobile spesa in 20 anni di occupazione - ha una carica simbolica, definisce un'epoca di declino che è culminata con il disonore di Kabul. Non è solo una questione americana - con ben quattro presidenti intenti a scrivere la parola "fine" senza aver mai catturato pienamente un "inizio" - ma dell'intero Occidente, dunque del Vecchio e del Nuovo Mondo, è il frutto della nostra profonda crisi culturale.
Il presidente degli Stati Uniti ieri ha aperto un vertice per la democrazia (nella foto sopra, Biden durante la sessione d'apertura) dove l'unica cosa visibile è proprio la crisi della democrazia, un'agonia innescata dal fenomeno della resa culturale (ricordate Jamie Dimon, l'ad di JP Morgan, il banchiere più potente del mondo, chiedere due volte scusa alla Cina per aver detto la verità sulla natura del Partito comunista cinese). "Sul ponte sventola bandiera bianca", cantava Franco Battiato, uno che questa crisi l'aveva vista e cantata in anticipo e dunque "siete come sabbie mobili tirate giù".
Il caso Ucraina è l'unico fatto in pagina che conta in questi giorni (insieme allo shock energetico di cui su List scriviamo da mesi - ieri il Consiglio dei ministri ha stanziato un miliardo di euro per frenare la corsa della bolletta elettrica), un caso che è entrato in una fase che oscilla tra la tragedia e la farsa: Biden e gli alleati riescono a dire tutto e fare esattamente il contrario, dunque siamo vicini all'Ucraina e siamo il baluardo sulla sua sovranità, ma Putin - sostiene Biden, poi ha fatto una specie...
Che succede? Siamo in pieno sonnambulismo, a grandi falcate siamo arrivati nella palude della "ritirata", i contorcimenti sono visibili. Il fatto strategico del 2021 - il ritiro degli Stati Uniti e degli alleati dall'Afghanistan, l'abbandono alla lama e al fucile dei Talebani di ogni parola nobile spesa in 20 anni di occupazione - ha una carica simbolica, definisce un'epoca di declino che è culminata con il disonore di Kabul. Non è solo una questione americana - con ben quattro presidenti intenti a scrivere la parola "fine" senza aver mai catturato pienamente un "inizio" - ma dell'intero Occidente, dunque del Vecchio e del Nuovo Mondo, è il frutto della nostra profonda crisi culturale.
Il presidente degli Stati Uniti ieri ha aperto un vertice per la democrazia (nella foto sopra, Biden durante la sessione d'apertura) dove l'unica cosa visibile è proprio la crisi della democrazia, un'agonia innescata dal fenomeno della resa culturale (ricordate Jamie Dimon, l'ad di JP Morgan, il banchiere più potente del mondo, chiedere due volte scusa alla Cina per aver detto la verità sulla natura del Partito comunista cinese). "Sul ponte sventola bandiera bianca", cantava Franco Battiato, uno che questa crisi l'aveva vista e cantata in anticipo e dunque "siete come sabbie mobili tirate giù".
Il caso Ucraina è l'unico fatto in pagina che conta in questi giorni (insieme allo shock energetico di cui su List scriviamo da mesi - ieri il Consiglio dei ministri ha stanziato un miliardo di euro per frenare la corsa della bolletta elettrica), un caso che è entrato in una fase che oscilla tra la tragedia e la farsa: Biden e gli alleati riescono a dire tutto e fare esattamente il contrario, dunque siamo vicini all'Ucraina e siamo il baluardo sulla sua sovranità, ma Putin - sostiene Biden, poi ha fatto una specie di rettifica/retromarcia - ha delle "preoccupazioni" sulla Nato e dunque bisogna parlare con il Cremlino. La Casa Bianca discute il tema con gli alleati, giusto per dare una minima coralità su una decisione che alla fine sarà tutta di Biden e, qualunque essa sia, avrà delle conseguenze (in)attese. Quali? Biden ha poche strade percorribili, di fatto sono solo due e entrambe sono fonte di un cambio di scenario:
1. Sostegno all'indipendenza dell'Ucraina, ma nessuna adesione alla Nato, il presidente ucraino Zelensky si dia una calmata perché non ha un esercito e qui non siamo in una commedia ma sull'orlo di una tragedia. Conseguenze: lo scenario è quello del muro di Putin, la Russia vince la partita e mantiene i missili dell'Occidente lontani (non troppo) da Mosca che (forse) allontana (non troppo) le truppe dal confine con l'Ucraina;
2. La seconda opzione è quella di un confronto duro con il Cremlino, la via dell'assistenza militare all'Ucraina, delle sanzioni contro Mosca, lo stop al gasdotto Nord Stream 2 e dell'allargamento della Nato. Conseguenze: è la via della guerra, la Russia non accetterà mai (leggere il saggio di John J. Mearsheimer su Foreign Affairs) uno scenario con i missili a 5 minuti dai tetti di Mosca. In pieno inverno, il Cremlino in altrettanti 5 minuti ribalterà la "minaccia del tubo" (lo stop a Nord Stream 2) contro l'Europa chiudendo il rubinetto del gas. Tutti al freddo, tanto per cominciare.
L'uomo del Cremlino. Vladimir Putin, presidente della Russia (Foto Epa).È la realtà che irrompe sulla scena di cartapesta della retorica. Ieri Biden ha parlato con il presidente ucraino Zelensky, poi con i leader di altre nove nazioni, per dire che non farà concessioni a Putin, che l'America (quella che lui ha ritirato rovinosamente dall'Afghanistan) non arretra e non abbandonerà gli amici ucraini e l'impegno su questo punto è "incrollabile". Credibilità dopo i fatti orrendi di Kabul? Al lumicino. Ricordo che stiamo scrivendo di un problema che pulsa in maniera accelerata nel cuore del nostro continente, in Europa. Il problema di questa amministrazione americana colma di fantasia non è quello di "concedere" qualcosa, ma di prendere atto dei fatti e tracciare una linea ferma per almeno 5 minuti: la Russia non ha nessuna intenzione di stare a guardare in caso di ulteriore allargamento della Nato a Est, dunque gli Stati Uniti (il dominus dell'Alleanza, come abbiamo visto in Afghanistan si sale e si scende dal treno della guerra quando lo vogliono gli americani) decidano alla svelta che fare.
I generali del Pentagono hanno tutte le simulazioni squadernate e sanno che Mosca risponderà, la Difesa russa ha già le truppe ammassate al confine e questo dispiegamento non è un "gioco di guerra", è parte fondante dello schema di una guerra di posizione che serve al Cremlino per fare pressione sulla Casa Bianca e la Nato. Putin in questa fase non ha alcun bisogno di invadere l'Ucraina, deve solo mostrare al nemico che può farlo. Di fronte a questo semplice schema, noto fin dai tempi della Guerra Fredda, assistiamo a un contorcimento che spiega da solo gran parte dei nostri guai: l'Occidente è privo di leadership forgiate nella guerra, non ne hanno neppure un pallido ricordo (perché non l'hanno vissuta), dunque siamo nella dimensione della terra incognita che oscilla come il pendolo di Edgar Allan Poe, siamo tra il terrore e l'incoscienza.
Nessuno dei leader contemporanei sarebbe sopravvissuto alla prova di ferro e fuoco della Seconda guerra mondiale e men che meno alla Guerra Fredda. In queste giornate che alternano il grigio al blu, il cielo stellato alla pioggia, nelle lunghe notti insonni, sto rileggendo un libro, "The Cold War", scritto da uno dei maestri della materia, John Lewis Gaddis.
Gaddis comincia la sua opera con una considerazione che spiega il balletto sgangherato a cui stiamo assistendo. Il professore racconta delle lezioni ai suoi studenti a Yale: "Quando parlo di Stalin e Truman, perfino di Reagan e Gorbaciov, è come se parlassi di Napoleone, Cesare o Alessandro il Grande. Molti componenti della classe del 2005, per esempio, avevano appena 5 anni quando cadde il muro di Berlino". Compare come un lampo il tema della memoria che in politica significa esperienza. Le nostre classi dirigenti non hanno memoria e non custodiscono l'esperienza. Camminano come sonnambuli nella prateria della storia senza vedere l'Idra alle loro spalle.
Dal loggione si leva una voce: e Putin allora? Vladimir Putin è l'ex capo del Kgb, il servizio segreto russo, la differenza è tutta qui e al titolare di List, che umilmente fa il lavoro del cronista, appare una differenza che taglia in due questa storia. Neppure Mario Draghi, che è di gran lunga il soggetto forgiato meglio nel gruppo di leader che oggi occupano lo spazio della politica globale, un uomo cresciuto nel realismo dell'alta finanza e battezzato nel grande fiume dei gesuiti, può reggere un confronto con Putin sul piano della speculazione geopolitica, della strategia, della determinazione a usare la forza. Al pur eccezionale ex banchiere centrale manca (e questo vuoto si coglie in alcune sue sortite sul campo internazionale) un dato biografico decisivo in tempi d'acciaio: la scelta tra la vita e la morte.
Come disse Deng Xiaoping: "Non importa se il gatto è bianco o nero, l'importante è che acchiappi i topi". Putin è la dottrina di Deng declinata nella steppa, nel permafrost, nella foresta, nella pianura, sul letto del Volga e del Don, nel mar di Barents e nell'Oceano Artico, nel Mare di Bering, nel Mar Nero e nel Mar Caspio, negli Urali, in Siberia, nel lontano Oriente. L'immensa Russia, emersa e sottomarina, svettante e cavernosa, brulicante e deserta, letteratura vivente.
La Russia e Putin sono questo carico di storia e tragedia (leggere Russia, di Martin Six Smith, che comincia il suo racconto con la caduta di Michail Gorbaciov e la fine di un'illusione, un errore di valutazione fatto dall'Occidente sulla parabola russa che avrebbe dovuto cascare nelle mani del mercato, delle formule a tavolino degli economisti di Harvard) che l'Occidente contemporaneo puntualmente non ricorda. Gaddis nel preludio di "The Cold War" appende di nuovo il quadro di questa storia che giunge fino a noi: gli Stati Uniti vincitori della Seconda guerra mondiale persero meno di 300 mila soldati, la Russia lasciò sul campo di battaglia 27 milioni di uomini e donne, un sacrificio 90 volte superiore a quello degli americani. In ogni casa russa c'è un caduto. E come sapevano bene statisti come Franklin Delano Roosevelt e Winston Churchill senza le truppe di Stalin e la loro avanzata sul fronte orientale, contro i carri armati di Adolf Hitler non ci sarebbe mai stata la vittoria. La pace e la guerra non sono un esercizio ideale, sono piombo e sangue.
Per sapere, per capire, per vedere la distanza siderale tra un Parlamento che esprime qualità e la miseria che purtroppo ci tocca raccontare in questi tempi e dalle nostre parti, ecco uno stralcio dell'intervento del generale Bernard Law Montgomery, Lord di El Alamein, alla Camera dei Lord il 30 maggio del 1962. Si discute la riorganizzazione dell'esercito britannico, l'intera seduta è uno strepitoso distillato di conoscenza, cultura, mestiere delle armi, politica. Ecco il passaggio di Lord Montgomery che è utile per mettere a fuoco il problema sul tavolo di Biden e Putin:
La prossima guerra di terra sarà molto diversa dall'ultima, in quanto dovremo combatterla in modo diverso. Nel prendere una decisione in merito, dobbiamo prima essere chiari su alcune regole di guerra. La regola 1, alla pagina 1 del libro di guerra, è: "Non marciare su Mosca". Ci hanno provato in tanti, Napoleone e Hitler, e non va bene. Questa è la prima regola. Non so se le vostre signorie conoscano la regola 2 della guerra. È: "Non andate a combattere con le vostre truppe di terra in Cina". È un paese vasto, senza obiettivi chiaramente definiti, e un esercito che vi combattesse verrebbe inghiottito dai cosiddetti Ming Bing, gli insorti del popolo.
Due regole, una lezione. A cosa serve la fanteria in uno scenario dominato dalla minaccia nucleare? Parla sempre lui, Lord Montgomery:
Più studio il problema della guerra futura, cosa che faccio spesso, e più arrivo alla conclusione che la potenza aerea e quella marittima forniranno il principale colpo offensivo in una guerra nucleare illimitata del futuro. Il loro potere offensivo deve essere mobile. La potenza terrestre sarà essenziale come "arresto" diretto sul terreno, per proteggere territori e popoli vitali. Ma la strategia di chi combatte a terra sarà difensiva, poiché non sarà possibile alcun movimento considerevole a causa della terribile distruzione causata alle comunicazioni dai bombardamenti nucleari, così come dal movimento dei rifugiati. Quest'ultimo è un problema terribile, e durante i dieci anni in cui ho servito al Quartier Generale Supremo in Europa, non siamo mai riusciti ad affrontare seriamente il problema dei rifugiati. Il mare deve essere sfruttato sempre di più per dare mobilità strategica alla superficie, e per fornire siti di lancio mobili per le armi nucleari.
Biden e Putin non hanno un problema con la fanteria, non è un tema di confini violati, di sovranità dell'Ucraina, tutto questo fa parte di uno scenario convenzionale in un mondo che convenzionale non è più da decenni. Nel quaderno di appunti di Stati Uniti e Russia (le principali potenze nucleari, questo è il confronto) c'è una sola parola: missili. Chi punta i missili a una distanza che di fatto non consente una reazione apre una scatola magica dalla quale può uscire un mostro indomabile. Dobbiamo sperare che a nessuno venga in mente di fare questa mossa nel cuore dell'Europa.
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8.1 L'Utente riconosce e accetta che i contenuti dell'Abbonamento, sotto forma di testi, immagini,
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disegni, contenuti audio e video, animazioni, marchi, loghi e altri segni distintivi, sono coperti da
copyright e dagli
altri diritti di proprietà intellettuale e industriale di volta in volta facenti capo al Fornitore e ai suoi
danti causa
e per questo si impegna a rispettare tali diritti.
8.2 Tutti i diritti sono riservati in capo ai titolari; l'Utente accetta che l'unico diritto acquisito con
il contratto
è quello di fruire dei contenuti dell'Abbonamento con le modalità e i limiti propri del Servizio. Fatte
salve le
operazioni di archiviazione e condivisione consentite dalle apposite funzionalità del Servizio, qualsiasi
attività di
riproduzione, pubblica esecuzione, comunicazione a terzi, messa a disposizione, diffusione, modifica ed
elaborazione dei
contenuti è espressamente vietata.
8.3 La violazione degli obblighi stabiliti nel presente articolo conferisce al Fornitore il diritto di
risolvere
immediatamente il contratto ai sensi dell'articolo 1456 del codice civile, fatto salvo il risarcimento dei
danni.
9. Manleva
9.1 L'Utente si impegna a manlevare e tenere indenne il Fornitore contro qualsiasi costo – inclusi gli
onorari degli
avvocati, spesa o danno addebitato al Fornitore o in cui il Fornitore dovesse comunque incorrere in
conseguenza di usi
impropri del Servizio da parte dell'Utente o per la violazione da parte di quest'ultimo di obblighi
derivanti dalla
legge ovvero dai presenti termini d'uso.
10. Limitazione di responsabilità
10.1 Il Fornitore è impegnato a fornire un Servizio con contenuti professionali e di alta qualità; tuttavia,
il
Fornitore non garantisce all'Utente che i contenuti siano sempre privi di errori o imprecisioni; per tale
motivo,
l'Utente è l'unico responsabile dell'uso dei contenuti e delle informazioni veicolate attraverso di
essi.
10.2 L'Utente riconosce e accetta che, data la natura del Servizio e come da prassi nel settore dei servizi
della
società dell'informazione, il Fornitore potrà effettuare interventi periodici sui propri sistemi per
garantire o
migliorare l'efficienza e la sicurezza del Servizio; tali interventi potrebbero comportare il rallentamento
o
l'interruzione del Servizio. Il Fornitore si impegna a contenere i periodi di interruzione o rallentamento
nel minore
tempo possibile e nelle fasce orarie in cui generalmente vi è minore disagio per gli Utenti. Ove
l'interruzione del
Servizio si protragga per oltre 24 ore, l'Utente avrà diritto a un'estensione dell'Abbonamento per un numero
di giorni
pari a quello dell'interruzione; in tali casi, l'Utente riconosce che l'estensione dell'Abbonamento è
l'unico rimedio in
suo favore, con la conseguente rinunzia a far valere qualsivoglia altra pretesa nei confronti del
Fornitore.
10.3 L'Utente riconosce e accetta che nessuna responsabilità è imputabile al Fornitore:
- per disservizi dell'Abbonamento derivanti da malfunzionamenti di reti elettriche e telefoniche ovvero di
ulteriori
servizi gestiti da terze parti che esulano del tutto dalla sfera di controllo e responsabilità del Fornitore
(per
esempio, disservizi della banca dell'Utente, etc...);
- per la mancata pubblicazione di contenuti editoriali che derivi da cause di forza maggiore.
10.4 In tutti gli altri casi, l'Utente riconosce che la responsabilità del Fornitore in forza del contratto
è limitata
alle sole ipotesi di dolo o colpa grave.
10.5 Ai fini dell'accertamento di eventuali disservizi, l'Utente accetta che faranno fede le risultanze dei
sistemi
informatici del Fornitore.
11. Modifica dei termini d'uso
11.1 L'Abbonamento è disciplinato dai termini d'uso approvati al momento dell'acquisto.
11.2 Durante il periodo di validità del contratto, il Fornitore si riserva di modificare i termini della
fornitura per
giustificati motivi connessi alla necessità di adeguarsi a modifiche normative o obblighi di legge, alle
mutate
condizioni del mercato di riferimento ovvero all'attuazione di piani aziendali con ricadute sull'offerta dei
contenuti.
11.3 I nuovi termini d'uso saranno comunicati all'Utente con un preavviso di almeno 15 giorni rispetto alla
scadenza del
periodo di fatturazione in corso ed entreranno in vigore a partire dall'inizio del periodo di fatturazione
successivo.
Se l'Utente non è d'accordo con i nuovi termini d'uso, può esercitare la disdetta secondo quanto previsto al
precedente
articolo 3.
11.4 Ove la modifica dei termini d'uso sia connessa alla necessità di adeguarsi a un obbligo di legge, i
nuovi termini
d'uso potranno entrare in vigore immediatamente al momento della comunicazione; resta inteso che, solo in
tale ipotesi,
l'Utente potrà recedere dal contratto entro i successivi 30 giorni, con il conseguente diritto ad ottenere
un rimborso
proporzionale al periodo di abbonamento non goduto.
12. Trattamento dei dati personali
12.1 In conformità a quanto previsto dal Regolamento 2016/679 UE e dal Codice della privacy (decreto
legislativo 30
giugno 2003, n. 196), i dati personali degli Utenti saranno trattati per le finalità e in forza delle basi
giuridiche
indicate nella privacy policy messa a disposizione dell'Utente in sede di registrazione e acquisto.
12.2 Accettando i presenti termini di utilizzo, l'Utente conferma di aver preso visione della privacy policy
messa a
disposizione dal Fornitore e di averne conservato copia su supporto durevole.
12.3 Il Fornitore si riserva di modificare in qualsiasi momento la propria privacy policy nel rispetto dei
diritti degli
Utenti, dandone notizia a questi ultimi con mezzi adeguati e proporzionati allo scopo.
13. Servizio clienti
13.1 Per informazioni sul Servizio e per qualsiasi problematica connessa con la fruizione dello stesso,
l'Utente può
contattare il Fornitore attraverso i seguenti recapiti: help@newslist.it
14. Legge applicabile e foro competente
14.1 Il contratto tra il Fornitore e l'Utente è regolato dal diritto italiano.
14.2 Ove l'Utente sia qualificabile come consumatore, per le controversie comunque connesse con la
formazione,
esecuzione, interpretazione e cessazione del contratto, sarà competente il giudice del luogo di residenza o
domicilio
del consumatore, se ubicato in Italia.