8 Dicembre
Biden, Putin, il cancelliere e la politica del tubo
Scholz ha giurato, si chiude l'era Merkel, un socialdemocratico guida la Germania. Primo problema, la tensione tra Biden e Putin sull'Ucraina. La Casa Bianca minaccia lo stop al gasdotto Nord Stream 2, cosa farà Scholz? Il Cremlino: non ne abbiamo parlato. La Scala e il bis (im)possibile di Mattarella
Che succede? Il socialdemocratico Olaf Scholz stamattina è stato eletto dal Bundestag cancelliere della Germania con 395 voti. Dopo 16 anni si chiude l'era di Angela Merkel. A 63 anni, Scholz diventa il quarto cancelliere dell'Spd dopo Willy Brandt, Helmut Schmidt e Gerhard Schroeder.

Il neo-cancelliere ha davanti una sfida difficile, mantenere non solo il primato economico di Berlino in Europa, ma assicurare un futuro a una potenza in pieno inverno demografico, la Germania, insieme all'Italia e al Giappone, è la nazione più vecchia del mondo. Primo problema: che fare con la Russia e la chiamata alle armi degli Stati Uniti contro Mosca? Da Washington si leva la voce: stop al gasdotto Nord Stream 2 (nella foto che apre List, la mappa dell'opera su un container usato come infopoint). Davvero? È vitale per la Germania. Angela Merkel ha gestito con equilibrio e saggezza il rapporto con la Russia e Vladimir Putin, Scholz è chiamato a fare altrettanto, ma subisce nuove/vecchie spinte dalla storia. Subito dopo la sua elezione, il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov, ha commentato: "Contiamo sulla continuità, sul fatto che rapporti costruttivi si svilupperanno fra il presidente e il nuovo cancelliere, che la parte tedesca continuerà ad agire con la convinzione che non c'è alternativa al dialogo per superare le differenze più difficili". Scholz è avvisato, sa benissimo quanto sia importante il ruolo di Berlino e quanto Mosca non possa essere trattata come se fosse il Texas.
Gli interessi della Germania sono grandi (e sono anche nostri), corrono sul tubo. E in questo scambio di colpi durissimi da fondo campo (e prima o poi qualcuno andrà sotto rete) l'Europa sta in mezzo e a Berlino devono muoversi con estrema attenzione. Facciamo il nostro giro di giostra, seguite il titolare di List.
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Desideri
...Che succede? Il socialdemocratico Olaf Scholz stamattina è stato eletto dal Bundestag cancelliere della Germania con 395 voti. Dopo 16 anni si chiude l'era di Angela Merkel. A 63 anni, Scholz diventa il quarto cancelliere dell'Spd dopo Willy Brandt, Helmut Schmidt e Gerhard Schroeder.

Il neo-cancelliere ha davanti una sfida difficile, mantenere non solo il primato economico di Berlino in Europa, ma assicurare un futuro a una potenza in pieno inverno demografico, la Germania, insieme all'Italia e al Giappone, è la nazione più vecchia del mondo. Primo problema: che fare con la Russia e la chiamata alle armi degli Stati Uniti contro Mosca? Da Washington si leva la voce: stop al gasdotto Nord Stream 2 (nella foto che apre List, la mappa dell'opera su un container usato come infopoint). Davvero? È vitale per la Germania. Angela Merkel ha gestito con equilibrio e saggezza il rapporto con la Russia e Vladimir Putin, Scholz è chiamato a fare altrettanto, ma subisce nuove/vecchie spinte dalla storia. Subito dopo la sua elezione, il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov, ha commentato: "Contiamo sulla continuità, sul fatto che rapporti costruttivi si svilupperanno fra il presidente e il nuovo cancelliere, che la parte tedesca continuerà ad agire con la convinzione che non c'è alternativa al dialogo per superare le differenze più difficili". Scholz è avvisato, sa benissimo quanto sia importante il ruolo di Berlino e quanto Mosca non possa essere trattata come se fosse il Texas.
Gli interessi della Germania sono grandi (e sono anche nostri), corrono sul tubo. E in questo scambio di colpi durissimi da fondo campo (e prima o poi qualcuno andrà sotto rete) l'Europa sta in mezzo e a Berlino devono muoversi con estrema attenzione. Facciamo il nostro giro di giostra, seguite il titolare di List.
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Desideri e realtà. Biden e Putin

Notizie sul colloquio tra Biden e Putin? Non è andato bene. Perché non si vede una soluzione, perché i pezzi sulla scacchiera non si sono mossi di un millimetro, perché il tono degli americani e dei russi è sempre quello della non velata minaccia (fermare Nord Stream2, tracciare linee rosse), perché Washington sottovaluta il fatto che a pagare il prezzo di questa contesa alla fine sarà l'Europa. Alla Casa Bianca sfugge un dettaglio: siamo in inverno, l'Unione europea dipende dalle importazioni di gas dalla Russia, la sola idea di alzare il livello dello scontro farà balenare al Cremlino prima o poi l'idea di chiudere il rubinetto del gas e vediamo un po' come la spiegate agli infreddoliti europei questa situazione raggelante. "Se Putin calpesta ulteriormente la sovranità dell'Ucraina, il gasdotto NordStream 2 è finito. Il futuro governo tedesco deve indicare chiaramente questo prezzo! I messaggi deboli sono interpretati da Putin come debolezza generale. Dobbiamo essere concreti sulle conseguenze delle sue azioni", dice stamattina Manfred Weber, capogruppo del Ppe al Parlamento europeo, tedesco e oppositore del neo-cancelliere Scholz. Tutto bene? Macché, arriva una risposta rapida come una freccia da Mosca: il gasdotto Nord Stream 2 non è stato un tema di discussione nel summit tra Putin e Biden, ha puntualizzato il consigliere diplomatico del Cremlino, Yuri Ushakov. "Posso dirvi che non hanno menzionato la pandemia, i problemi climatici e l'energia", ha detto Ushakov in un briefing con i giornalisti. Questo è il terreno di scontro, la politica del tubo.
Tutte le carte sull'Ucraina sono squadernate: gli Stati Uniti non escludono l'espansione della Nato a Kiev, questo significa che Putin "vede" le testate dei missili a 5 minuti da Mosca. La dottrina militare russa a quel punto è solo una: se tu punti noi, noi puntiamo te. Putin lo ha sempre ribadito e dunque non può esserci alcuna sorpresa. Il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov, stamattina ha anticipato lo svolgimento del tema: i rappresentanti di Russia e Stati Uniti inizieranno "molto presto" una discussione sulle questioni strategiche di sicurezza sollevate ieri durante la videoconferenza tra i presidenti dei due Paesi.

La Russia può invadere l'Ucraina? Sì e non bisogna offrirgli il pretesto per farlo. Nel 2014 il Cremlino prese la Crimea e trascorsi sette anni, quel colpo a sorpresa è rimasto, la Crimea è russa, poco importa al Cremlino se con o senza il riconoscimento internazionale, in questo campo conta chi ha il dominio. L'amministrazione Biden sventola la bandiera delle sanzioni, ma queste non basteranno a convincere uno come Putin che sa giocare a scacchi con la geopolitica. Obama pensò di strangolare la Russia con le sanzioni, il risultato è che Mosca è più potente di prima (è perfino in Libia, fatto mai successo) e con la Cina ha costruito un'alleanza al titanio, purtroppo per l'Occidente (che ha spinto Mosca nelle braccia di Pechino). Pensare di escludere la Russia dal sistema elettronico dei pagamenti internazionali sarebbe un altro colpo all'Europa e non farebbe altro che rafforzare l'asse con Pechino. Ricordiamo, tra l'altro, che esistono documenti ufficiali dove i cinesi e i russi non fanno mistero di voler cancellare l'egemonia americana sul sistema dei pagamenti internazionali, dunque saremmo in presenza di un altro innesco di un processo a catena, l'accelerazione di una sfida che Xi Jinping può cavalcare a suo favore.
Quello che manca all'Occidente è l'immaginazione e l'esperienza. Immaginare che Putin può fare la guerra; avere l'esperienza della guerra. Gli Stati Uniti sono usciti sconfitti (di questo si tratta, e noi l'abbiamo subita con loro) da vent'anni di campagna militare in Afghanistan, ma Biden continua a usare un metodo e un linguaggio da anni Novanta, qualcuno dovrà pur informarlo che la storia non è finita, ma ha ripreso a ruggire, che gli Stati Uniti non sono più temibili (la deterrenza è anche degli altri) e soprattutto dopo il ritiro da Kabul non sono più credibili agli occhi di regimi in cui l'uso della forza è naturale. Putin può pensare di farlo (invadere l'Ucraina) perché ha una certezza: nessuno in Occidente è disposto a partecipare a una partita dove sul tavolo c'è la vita dei soldati. Il discorso si ferma là, alle sanzioni, il fronte è unito (a parole, poi bisogna sempre vedere i fatti e le conseguenze), ma cosa ne sarà di quest'alleanza delle democrazie quando la Cina sosterrà la Russia? Abbiamo visto il banchiere più potente del mondo (Jamie Dimon, numero uno di JP Morgan) chiedere scusa ben due volte al regime di Pechino per aver detto la verità in casa sua - in America - sulla natura del Partito comunista cinese. Cos'altro vedremo ancora? Biden ha molti desideri. Il problema è che Putin è la realtà.
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Che facciamo? Torniamo in Italia, s'alza il sipario (immaginario) sul Quirinale che verrà.
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La Scala e il bis (im)possibile

La Scala ha chiesto il bis di Mattarella, è già questo un buon motivo perché non accada. La parola teatro nell'antica Grecia "indicava, oltre che l’edificio per le rappresentazioni drammatiche, anche quello per assemblee e per pronunciare orazioni" (Treccani). Dunque "il Parlamento" della Scala desidera con ardore la replica del Mattarella, il quale ha già spiegato che non ci sono ragioni costituzionali (e dunque politiche) per un prolungamento del suo incarico. Ma il pubblico del teatro milanese non è quello di tutti i giorni, è quello della "prima" (con tanto di virologi incorporati), dunque bisognerà pur tenerne conto. Qualcuno stamattina lo scrive, non a caso. Evidentemente ignora che quella della Scala è "una massa" come tante, un blob che si muove secondo regole e dinamiche precise (leggere e rileggere Massa e Potere di Elias Canetti) e segue lo spartito preparato per l'occasione: che bello, siamo qui, tutti insieme, siamo il fior fiore della nazione, applaudiamo(ci) un po', diamoci uno sguardo d'intesa e diciamo al volgo (disperso che nome non ha) che noi vogliamo uno di noi al Quirinale. Trama scontata, si poteva scrivere tutto prima della prima.
Siamo a teatro, compare Dante Alighieri, Divina Commedia, Purgatorio, Canto VI:
Ahi serva Italia, di dolore ostello,
nave sanza nocchiere in gran tempesta,
non donna di province, ma bordello!
Il caso ha sincronizzato l'orologio della storia (piccola, per nostra fortuna non siamo di fronte all'ora del destino) e che in cartellone ci fosse la rappresentazione del Macbeth è un meraviglioso "incidente", la tragedia del potere, il grandioso Shakespeare, la musica di Verdi. Siamo in curva, tiratissimi, sul bordo di perfido testacoda, perché nel chiedere la "prosecuzione" di quella storia, quel pubblico ha mostrato una certa idea della democrazia, una tragedia nella tragedia: ha detto che i 7 anni fissati dalla Costituzione per la carica del Capo dello Stato sono a geometria variabile (e così non è); che il precedente del bis (corto, ma sempre bis) di Giorgio Napolitano viene accettato come un fatto che si può serializzare, e non invece come un evento eccezionale da non consolidare per non minare la già fragile logica del nostro sistema istituzionale; che in molti spiriti obliquamente illuminati cova l'idea che serva un barrage contro ogni altro nome (e formula politica) che non faccia parte di uno schema dove il king maker è la sinistra. Siamo nel campo delle illusioni.
Non sappiamo ancora l'esito di questa storia, la corsa al Quirinale è corta e lunga nello stesso tempo. Un bis di Mattarella sul tavolo non c'è, è stato lo stesso Presidente a escluderlo e sarebbe non mattarelliano un cambio di scena e spartito. Chi ama Shakespeare, riconosce la verità nelle parole di Lady Macbeth: "Nulla si è ottenuto, tutto è sprecato". La strage delle illusioni.
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Va o resta? Il dilemma Draghi
"Eppur si muove" (Galileo Galilei di fronte al Tribunale dell'Inquisizione), dunque bisogna tener conto anche delle pulsioni emerse alla Scala perché in fondo è il piccolo establishment italiano che parla, che sospira, che traspira, che sotto e sopra si agita. La cosa non sfugge al Financial Times che stamattina impagina il "dilemma" italiano:

Scrive il FT che "la prospettiva che Mario Draghi si dimetta da primo ministro italiano per assumere il ruolo di presidente minaccia di far piombare il paese nell'instabilità politica proprio mentre il governo intraprende ambiziose riforme strutturali e un piano di ripresa dal coronavirus sostenuto da quasi 200 miliardi di euro di fondi Ue". Il quotidiano londinese sottolinea l'ovazione a Mattarella come "un segno di preoccupazione dell'establishment italiano". Oh my God, il dilemma. Quale?
Si chiama stabilità e bisogna essere franchi, è già saltata: lo sciopero proclamato da Cgil e Uil sulla manovra è il segnale che il coperchio di Draghi fatica a tenere sotto controllo il pentolone dello scenario italiano, il premier non ha di fronte leader del calibro di Lama e Benvenuto, i suoi interlocutori oggi si chiamano Landini e Bombardieri, figuriamoci, il sindacato è lo specchio del sistema politico, sfarinato, con leadership evanescenti e populiste, senza sostanza.
Draghi va al Quirinale? Forse si vota. Ma le elezioni sarebbero probabili (e ben più tormentate) anche con Draghi a Palazzo Chigi e un altro soggetto sul Colle per la semplice ragione che non si vede all'orizzonte un candidato alla presidenza della Repubblica in grado di raccogliere un ampio consenso e evitare il successivo scenario da giungla vietnamita in Parlamento. Provate a immaginare cosa accadrebbe alla Camera e al Senato con al Quirinale un presidente di parte.
Draghi resta a Palazzo Chigi? Sarebbe il premier di un governo che fa i conti con le imboscate, le botole, un'avventura non solo per il capo dell'esecutivo ma per lo stesso neo-presidente della Repubblica. Sì, è un dilemma, ma tra un premier dimezzato (Draghi che resta) e uno presidente saldamente in sella (Draghi che va) a questo punto è meglio il secondo. Draghi è il candidato naturale al Quirinale (ne discende che l'innaturale sua eliminazione in corsa sia una vivissima tentazione), tutte le altre sono soluzioni di ripiego e con gli scarti non si va lontano, anzi si torna indietro. Più che un dilemma, è una trappola.
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Come vanno le cose con Omicron? Meglio di quanto si immagini.
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La Borsa scommette su Omicron
A che punto siamo con Omicron? Dopo un paio di sedute a zig zag la borsa ha ripreso a correre. E il motivo è semplice, tutto spiegato in questo grafico elaborato da Deutsche Bank e segnalato da John Authers:

La mortalità di Omicron è bassa. E se diventa dominante e dunque sostituisce Delta, questo significa che la situazione del coronavirus nel tempo andrà a migliorare. La Borsa sta scommettendo su questo scenario, può sbagliare, ma alla fine il mercato ha sempre ragione.
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Il mercato e i test. Mon Dieu, arrivano brutte notizie per Renault.
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Sicurezza in auto. Il caso Renault Zoe
Il settore dell'automotive è in piena trasformazione. Abbiamo aziende dell'auto che si trasformano in produttori di software (Stellantis ha annunciato un piano ambizioso qualche giorno fa, tutti si stanno muovendo in quella direzione) e giganti hi-tech della Silicon Valley che si preparano a produrre automobili (attendiamo l'auto di Apple), intanto l'industria deve affrontare i cari, vecchi dilemmi di sempre, le domande base di un settore vitale per l'economia.
Quanto è sicura la vostra auto? I test di sicurezza europei hanno standard molto elevati, Euro NCAP (European New Car Assessment Programme) è l'organizzazione che li esegue, il punteggio è espresso in stelle e chi ne prende 5 è in vetta. Ogni anno vengono svolte una serie di prove di sicurezza sui nuovi modelli e oggi per la Renault non è una bella giornata, uno dei suoi prodotti di maggior successo, la Zoe, non ha preso neppure una stella.
Si tratta di un caso destinato a far discutere, la casa francese si è sempre distinta per la cura dei modelli e questo risultato è un brutto colpo. Zoe è la terza auto completamente elettrica più venduta in Europa. Un altro modello del gruppo francese, la Dacia Spring, ha ricevuto una sola stella. Il video qui sopra mostra la serietà dei test (sono immagini che devono far riflettere quando si acquista un'automobile) e le dichiarazioni del segretario generale di Euro NCAP, Michiel van Ratingen, sono una sveglia per Renault: "Una volta era sinonimo di sicurezza".
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Motori e viaggi, che passione. Andiamo un po' più in alto, ci sono un paio di turisti nello spazio.
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Il miliardario giapponese nello spazio

Un razzo russo Soyuz (qui sopra nella foto Epa) è decollato stamattina dalla base di lancio di Baikonur, in Kazakhstan, verso la Stazione Spaziale internazionale Iss. A bordo, un miliardario giapponese, Yusaku Maezawa, di 46 anni, tycoon della moda online, il suo assistente Yozo Hirano e il cosmonauta russo Alexander Missurkin. Il razzo è partito alle 8.38 (ora italiana) e arriverà alla Stazione Spaziale dopo circa 6 ore di viaggio, alle 14.41 (ora italiana). Maezawa ha in mente un'altra tappa: vuole andare sulla Luna nel 2023.

Nel frattempo, il telescopio Hubble dopo una serie di interventi di manutenzione, è tornato pienamente operativo con tutti i suoi strumenti scientifici. Immagini meravigliose, guardate questa nebulosa:

Si chiama NGC 6891, è una nebulosa della costellazione del Delfino, al centro c'è una stella nana bianca. Mondi lontanissimi. Facciamo un ultimo viaggio. Sulla Terra, allacciate le cinture (non viaggeremo su una Renault Zoe, tranquilli). Chiudiamo questo numero di List in maniera circolare, con un libro e il tema con cui abbiamo aperto questo numero. Ci attende una cavalcata sulla Steppa.
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La mappa dell'isola d'Eurasia

Le tensioni al confine tra Polonia e Bielorussia, il dossier dell'Ucraina, la crisi politica interna in Austria, la linea dell'Ungheria che sfida l'Unione europea, il nazionalismo di Varsavia. Si è rimesso in moto il Grande Gioco dell'Europa centrale, l'elezione di Olaf Scholz alla cancelleria della Germania segna un passaggio importante. Siamo dentro un complesso sistema di relazioni, conflitti mai sopiti, forze in cerca di spazi e realtà che perseguono la difesa di un universo che si considera come... un'isola. Un testo fondamentale per leggere questo scenario si intitola The Geographical Pivot of History, fu scritto da uno dei padri della geopolitica, Halford John Mackinder nel 1904. Basta una mappa per capire che puoi nasconderti, ma alla storia non si sfugge:

Pianure, montagne, laghi, fiumi, mare e terra, popoli che si spostano, occupano, invadono, si riproducono. Mackinder è straordinario, ogni elemento di questo mosaico che è la storia dell'uomo si combina con la storia della Terra, la geografia, il clima. Gli studiosi di oggi, con tutto il rispetto, appaiono dei nani intellettuali. L'Eurasia è storia e cambiamento climatico, campo libero e ostacolo perenne, caldo torrido e ghiaccio, una vicenda umana grandiosa, passaggio sulla popolazioni a cavallo dell'Asia (e i vichinghi) e la loro influenza sul consolidamento (e sfaldamento) delle nazioni in divenire:
Per un migliaio di anni, una serie di popolazioni a cavallo sorte dall’Asia percorrendo l’ampio passaggio tra i Monti Urali e il Mar Caspio, hanno attraversato le distese libere della Russia meridionale e attaccato l’Ungheria, dentro il vero e proprio cuore della penisola europea, influenzando, per la necessità di opporsi a tale invasione, la storia di tutti i grandi popoli circostanti – Russi, Tedeschi, Francesi, Italiani e Greci Bizantini. Incentivare una così vigorosa e potente reazione, invece che reprimere il dissenso attraverso un dispotismo dilagante, lo si deve al fatto che la capacità di spostamento della loro potenza dipendeva dalla steppa e terminava forzatamente nelle foreste e montagne circostanti.
Una potenza nemica fu quella dei Vichinghi sulle loro imbarcazioni. Discendendo dalla Scandinavia lungo entrambe le sponde settentrionali e meridionali dell’Europa, penetrarono nell’entroterra attraverso i corsi dei fiumi. Ma la portata delle loro gesta fu limitata a causa del fatto che, in linea di massima, il loro potere si concretizzava solo nelle vicinanze degli specchi d’acqua. Pertanto le popolazioni stanziali dell’Europa si trovarono intrappolate tra due sponde – quella dei nomadi asiatici a est e quella dei pirati dal mare. Per loro stessa natura, nessuna delle minacce fu schiacciante, ed entrambe, dunque, furono incentivanti. È da sottolineare che l’influenza degli Scandinavi è stata seconda per rilevanza solamente a quella dei nomadi in quanto, sotto i loro attacchi, sia l’Inghilterra che la Francia compirono grandi passi verso le rispettive unità, mentre quella dell’Italia fu distrutta.
Il cavallo. Poi, improvvisamente, la tecnologia cambia tutto e imprime un'altra direzione alla storia che comincia a correre sulla strada ferrata:
Le ferrovie funzionano portentosamente nella steppa, perché rimpiazzano proprio la capacità di spostamento del cavallo e del cammello: una tappa dello sviluppo che qui era mancata. In materia di commercio, non deve essere dimenticato che la viabilità oceanica, peraltro piuttosto economica, solitamente implica un quadruplo spostamento delle merci – dalla fabbrica d’origine, al molo per le esportazioni, al molo per le importazioni e al magazzino nell’entroterra per la vendita al dettaglio; invece il vagone della ferrovia continentale può andare direttamente dalla fabbrica esportatrice verso il magazzino di importazione. Quindi il periferico commercio alimentare oceanico tende, a parità di condizioni, a creare un’area di penetrazione attorno ai continenti, il cui suo limite profondo coincide approssimativamente con il confine lungo la quale il costo dei quattro spostamenti delle merci, delle spese di trasporto oceanico, e delle spese di trasporto ferroviario dalla costiera limitrofa, corrisponde al costo dei due spostamenti e delle spese di trasporto ferroviario continentale. Il carbone inglese e quello tedesco in tali condizioni sono pari concorrenti in Lombardia.
Le ferrovie russe corrono liberamente per 6000 miglia da Wirballen a ovest fino a Vladivostok a est. L’esercito russo in Manciuria è una testimonianza evidente di mobilità della potenza terrestre quanto lo era l’esercito britannico in Sud Africa di quella marittima. Vero è che la ferrovia transiberiana è ancora una singola e precaria linea di comunicazione, ma sicuramente entro questo secolo tutta l’Asia verrà ricoperta da ferrovie. Gli spazi tra l’Impero Russo e la Mongolia sono così immensi e le loro potenzialità in termini di popolazione, grano, cotone, combustibile e metalli così incalcolabilmente enormi che è inevitabile che una fiorente realtà economica, più o meno lontana, potrà qui crescere in maniera inaccessibile al commercio oceanico. Esaminando questa rapida valutazione sui principali eventi storici, la permanenza inevitabile di legami geografici non risulta evidente? Non è il territorio perno della politica mondiale quell’immensa area dell’Eurasia che risulta inaccessibile alle navi, ma nell’antichità disponibile ai nomadi a cavallo, e che attualmente sta per essere ricoperta da una rete di ferrovie?
Da questi brevi colpi di penna, emerge... un'isola:

La vedete? L'Eurasia collegata e nello stesso tempo isolata, un luogo aperto e inaccessibile, un campo di forze che ha una storia antica, quella del "Cuore del Mondo". Ignorare tutto questo, ancora oggi, significa andare incontro a conseguenze inattese. Siamo di fronte a un'altra dimensione. Chissà se a Washington e a Bruxelles hanno mai letto Mackinder. Viviamo tempi interessanti. Forse troppo.