25 Luglio
Boris Factor
Chi è Boris Johnson e perché su questa figura radicale e estroversa si sono concentrati i sogni (e gli incubi) degli inglesi della Brexit. Un'indagine di Lorenzo Castellani che parte da Oxford
di Lorenzo Castellani
La leggenda narra che tra le grandi università americane e quelle britanniche vi sia una sostanziale differenza per gli studenti di letteratura o di scienze sociali. Nelle prime, parliamo di Harvard, Yale e Princeton, per prendere il massimo dei voti in un saggio scritto basterà sostenere una tesi ben argomentata e scritta, ma non troppo estroversa e fuori dal coro. Al contrario, ad Oxford e Cambridge, senza originalità e l’elaborazione di una tesi radicale il massimo voto resterà un miraggio.
C’è chi attribuisce a questa differenza, una diversa genesi nella formazione delle due élite. Quella americana risulterebbe mentalmente più rigida, inquadrata e, sostanzialmente, con una attitudine organizzativa. Non è un caso se Trump, uomo d’affari di ricca famiglia ma con un percorso universitario non canonico, l’abbia sconvolta così profondamente alienandosi il supporto dell’intero establishment.
L’establishment britannico, invece, avrebbe fatto tesoro della sua attitudine oxfordiana alla radicalità ed originalità per guidare il paese fuori dall’Unione Europea. Al contrario di Trump, infatti, il nuovo primo ministro Boris Johnson è il simbolo dell’estroversione della élite britannica. Uomo pronto a ribaltare lo status quo, a cercare il colpo di scena, prono alla soluzione fuori dagli schemi.
Chi è Boris? Nato negli Stati Uniti da una benestante famiglia britannica, padre giornalista, importante attivista ambientalista, già deputato dei Conservatori (l’eredità nei Tories conta ancora) e madre pittrice, discendente di un ricca stirpe liberal.
Numero 10. Primo giorno a Downing Street (Foto Ansa).Una famiglia variegata quella dei Johnson dove confluiscono il sangue delle élite britannica, ebraica e turca. Dopo gli Stati Uniti ed un periodo a Bruxelles dove frequenta la prestigiosa European School, ritorna in tenera età nella madre patria e cresce in un clima familiare spumeggiante, fatto di confronti fisici e competizioni intellettuali con il fratello e, soprattutto, con l’amata sorella Rachel. A dieci anni...
di Lorenzo Castellani
La leggenda narra che tra le grandi università americane e quelle britanniche vi sia una sostanziale differenza per gli studenti di letteratura o di scienze sociali. Nelle prime, parliamo di Harvard, Yale e Princeton, per prendere il massimo dei voti in un saggio scritto basterà sostenere una tesi ben argomentata e scritta, ma non troppo estroversa e fuori dal coro. Al contrario, ad Oxford e Cambridge, senza originalità e l’elaborazione di una tesi radicale il massimo voto resterà un miraggio.
C’è chi attribuisce a questa differenza, una diversa genesi nella formazione delle due élite. Quella americana risulterebbe mentalmente più rigida, inquadrata e, sostanzialmente, con una attitudine organizzativa. Non è un caso se Trump, uomo d’affari di ricca famiglia ma con un percorso universitario non canonico, l’abbia sconvolta così profondamente alienandosi il supporto dell’intero establishment.
L’establishment britannico, invece, avrebbe fatto tesoro della sua attitudine oxfordiana alla radicalità ed originalità per guidare il paese fuori dall’Unione Europea. Al contrario di Trump, infatti, il nuovo primo ministro Boris Johnson è il simbolo dell’estroversione della élite britannica. Uomo pronto a ribaltare lo status quo, a cercare il colpo di scena, prono alla soluzione fuori dagli schemi.
Chi è Boris? Nato negli Stati Uniti da una benestante famiglia britannica, padre giornalista, importante attivista ambientalista, già deputato dei Conservatori (l’eredità nei Tories conta ancora) e madre pittrice, discendente di un ricca stirpe liberal.
Numero 10. Primo giorno a Downing Street (Foto Ansa).Una famiglia variegata quella dei Johnson dove confluiscono il sangue delle élite britannica, ebraica e turca. Dopo gli Stati Uniti ed un periodo a Bruxelles dove frequenta la prestigiosa European School, ritorna in tenera età nella madre patria e cresce in un clima familiare spumeggiante, fatto di confronti fisici e competizioni intellettuali con il fratello e, soprattutto, con l’amata sorella Rachel. A dieci anni viene spedito ad Eton, la scuola d’élite dove studiano i membri della famiglia reale e dai cui provengono venti primi ministri, dove incontra quello che sarà l’avversario politico di tutta la sua vita, David Cameron. I due, nati a distanza di un paio d’anni l’uno dall’altro, sono il prototipo della nuova élite britannica: dinamici, comunicativi, ben istruiti, carismatici, osmotici con il potere pubblico e quello privato, originali ma senza perdere l’aplomb proprio loro livello sociale. E soprattuto, seppure in rottura con l’ingessatura penalizzante dei conservatori post-thatcheriani, capaci di rappresentare la continuità di un paese che continua ad essere saldamente verticale ed oligarchico.
Boris va ad Oxford, David lo segue. Johnson si iscrive al corso di Classics, letteratura e storia scandiscono le sue giornate, ma la sua vena politica resta irrefrenabile. A 21 anni viene eletto, con un accordo con la sinistra che spiazza tutti (caratteristica, quella dei colpi di scena politici, che resterà intatta), a capo della Oxford Student Union. Nella sua generazione è, di gran lunga, lo studente più popolare dell’antica università. L’attivismo politico, e quello con le ragazze, lo distrarranno dall’ottenere il massimo dei voti. Cameron prenderà First, il voto più alto, alla fine del suo percorso in scienze sociali, ma non diventerà mai leader della Student Union. Ironia della sorte entrambi entreranno a far parte del Bullingdon Club, la loggia maschile più esclusivo di Oxford. A riprova del fatto che il Club Government, cioè il ruolo dei club nel filtrare e selezionare le élite, nelle democrazie anglo-sassoni è una forza ancora molto potente.
Fidanzata. Carrie Symonds, compagna di Boris Johnson, attende il neo primo ministro a Downing Street (Foto Ansa).Dopo Oxford Boris non ha dubbi sul futuro della sua carriera, farà il giornalista. Mestiere che gli permette di tenere insieme le sue tre grandi passioni, la scrittura, la lettura e le relazioni con il resto del mondo. Sarà inviato del The Times a Bruxelles, poi al Telegraph e, infine, direttore del The Spectator, il settimanale di riferimento per il mondo culturale conservatore. Già a Bruxelles, osservate le istituzioni europee nella pratica quotidiana, maturerà un certo scetticismo verso l’Unione Europea.
Troppo poliedrico per essere soltanto un giornalista, dal 1999 si dedica alla politica ma continua a scrivere come editorialista del Telegraph. Boris non perde la penna, verga libri (uno splendido è sull’antica Roma) ed editoriali di successo, influenza il dibattito politico del paese dalle colonne del giornale e dai dibattiti televisivi. Nel 2001 è eletto alla Camera dei Comuni, ma si annoia pure lì, nonostante sia ministro ombra per la cultura e poi per l’istruzione.
Nel 2008 una grande occasione che, da spericolato rischiatutto qual è, non poteva lasciarsi sfuggire, cioè la corsa a sindaco di Londra. Contro Ken Livingstone, sindaco laburista uscente, parte nettamente sfavorito. Recupera, trionfa, si prende la cima di The Big Smoke. Un tassello fondamentale per il Boris Show. Il suo programma? Lotta alla criminalità, meno tasse, stretta sull’alcol in centro, zone a traffico limitato e molta bicicletta. Chi ha vissuto a Londra conosce, non solo la disponibilità di bici a noleggio e piste ciclabili, ma anche l’elevata probabilità che esisteva di incontrare il sindaco sulle due ruote, con il gilet giallo e la chioma bionda in bella mostra.
Boris Johnson e la Regina Elisabetta (Foto Ansa)Da Londra, la città più ricca d’Europa, Boris si prende tutto: i rapporti con la finanza, con l’impresa, con la cultura, con lo sport, con i media. Nel 2012 gestisce alla Boris le Olimpiadi che lo faranno diventare il politico più popolare del paese. Non solo per i suoi discorsi alle folle oceaniche, ma per quella capacità di giocare e divertire che appartiene solo al politico di razza. Il sindaco, inoltre, non resta immune al gossip e occupa le pagine delle testate scandalistiche. Nella sua vita privata succede di tutto: divorzi, amanti che aspettano figli illegittimi, flirt e fidanzate, litigate furibonde e diversi livelli di alterazione alcolica. Il pubblico conservatore gradisce lo show e lo applaude, nonostante la vita scombinata ed inaffidabile. Nel frattempo, però, a livello nazionale la storia è andata avanti a grandi passi e nel 2010 a Downing Street è arrivato il suo gemello David Cameron. Succhiata tutta l’energia possibile da Londra, nel 2015 per Johnson è tempo di tornare ai Comuni e lanciare il progetto per prendersi la leadership. La Brexit frulla già nella sua testa.
Infatti, fino a che Dave è in sella, Boris sa che sarà molto difficile per lui arrivare a Downing Street. D’altronde Cameron è, proprio insieme all’ex sindaco di Londra, il politico più rappresentativo e carismatico della sua generazione. Serve dunque un espediente, a cui il Primo Ministro non possa opporsi per non dividere fatalmente il partito e perdere il governo, e quell’espediente sarà il referendum sulla Brexit. In questa battaglia trova la sponda di un altro ambizioso politico, Michael Gove, ministro della giustizia del governo Cameron. Gove è quasi più un ideologo che un politico. Uomo che sa spiegare e tessere relazioni, frequentatore assiduo dei think-tank londinesi, è la mente della Brexit e del nuovo conservatorismo. Boris, invece, è il carro armato politico, il cavallo di razza, quello amato dalla gente. Si fa populista oltre che popolare, ma per nascita ed istruzione non diviene popolano. E’ l’élite che cambia strada e trascina con sé l’elettorato più che la contrapposizione tra establishment e popolo di cui si è troppo spesso abusato. Take back control è uno slogan geniale, che punta sull’identità e se ne frega dell’economia. Evoca il mito del vecchio impero, a cui gli inglesi sono molto affezionati, e i principi fondamentali della sovranità di Westminster. La coppia ribalta, a sorpresa, un referendum il cui risultato sembrava già scritto. E’ il big bang della Brexit, che getta il partito nel panico. Ma Gove, sobillato dall’ambizione e dalla protervia intellettuale, come in un dramma shakespeariano, tradirà Boris sbarrandogli la strada a Downing Street. Johnson non si perderà d’animo, tesserà un’altra trama, sceglierà il male minore come Primo Ministro, la remainer Theresa May, della quale finirà ad essere membro del Gabinetto come Ministro degli Esteri. Durerà pochi mesi, poi dimissioni. Il resto è storia nota e recente. La rinuncia a partecipare ad un governo che si è avviluppato nelle trattative della Brexit ha salvato la sua popolarità ed il seguito nel partito. Uscito dall’esecutivo la May diventerà bersaglio delle critiche di Johnson, che guadagnerà un crescente sostegno tra iscritti e deputati.
Camera dei Comuni. Boris Johnson oggi nel suo primo intervento da premier (Foto Ansa)Quando la soluzione soft non funziona, non rimane che quella hard. Boris è l’opzione hard. La mano finale la ottiene da Nigel Farage che in tre mesi fonda il Brexit Party e ottiene un risultato stratosferico alle europee. Per i Conservatori è un disastro, per Theresa May la sua Waterloo. Sfiducia e annuncio delle dimissioni da Primo Ministro. Johnson dapprima stravince tra i deputati e poi nel voto degli iscritti, superando il grigio ministro degli esteri Jeremy Hunt, che lo aveva rimpiazzato dopo le dimissioni. La porta di Downing Street si apre ed una chioma bionda la varcherà.
Nella storia di quest’uomo c’è tutta l’Inghilterra di ieri e di oggi. L’upper class, il genio, la sregolatezza, i figli illegittimi (Boris ha 5 figli, due ex mogli e ora una compagna), il talento letterario e quello politico, la nostalgia per un impero perso per sempre. È senza dubbio il politico del dopoguerra che assomiglia di più a Sir Winston Churchill, a cui il nuovo primo ministro ha dedicato un libro di successo, The Churchill Factor. Qui stiamo ancora cercando il Boris Factor poiché in questo turbinio di energia, potere, scandali, vittorie e sconfitte è sempre più difficile comprendere chi sia il vero Johnson e come gestirà la Brexit. Se c’è una certezza, però, è che nella riscossa e nella tragedia Boris saprà fare ciò che la natura gli ha dato e Oxford gli ha insegnato: inventare ed improvvisare, trovare una strada alternativa, sparigliare le carte, ritirarsi o, più probabilmente, rilanciare. E non è per nulla da escludersi che il suo all-in possa prevedere ciò che gli riesce meglio, cioè convincere gli elettori, ancora una volta, a sostenere i suoi piani. Il Regno Unito potrebbe tornare al voto, magari anche molto presto o forse soltanto dopo che il Primo Ministro avrà raggiunto un accordo nuovo con Bruxelles. Ma sempre con il Boris Factor.
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contenuti è espressamente vietata.
8.3 La violazione degli obblighi stabiliti nel presente articolo conferisce al Fornitore il diritto di
risolvere
immediatamente il contratto ai sensi dell'articolo 1456 del codice civile, fatto salvo il risarcimento dei
danni.
9. Manleva
9.1 L'Utente si impegna a manlevare e tenere indenne il Fornitore contro qualsiasi costo – inclusi gli
onorari degli
avvocati, spesa o danno addebitato al Fornitore o in cui il Fornitore dovesse comunque incorrere in
conseguenza di usi
impropri del Servizio da parte dell'Utente o per la violazione da parte di quest'ultimo di obblighi
derivanti dalla
legge ovvero dai presenti termini d'uso.
10. Limitazione di responsabilità
10.1 Il Fornitore è impegnato a fornire un Servizio con contenuti professionali e di alta qualità; tuttavia,
il
Fornitore non garantisce all'Utente che i contenuti siano sempre privi di errori o imprecisioni; per tale
motivo,
l'Utente è l'unico responsabile dell'uso dei contenuti e delle informazioni veicolate attraverso di
essi.
10.2 L'Utente riconosce e accetta che, data la natura del Servizio e come da prassi nel settore dei servizi
della
società dell'informazione, il Fornitore potrà effettuare interventi periodici sui propri sistemi per
garantire o
migliorare l'efficienza e la sicurezza del Servizio; tali interventi potrebbero comportare il rallentamento
o
l'interruzione del Servizio. Il Fornitore si impegna a contenere i periodi di interruzione o rallentamento
nel minore
tempo possibile e nelle fasce orarie in cui generalmente vi è minore disagio per gli Utenti. Ove
l'interruzione del
Servizio si protragga per oltre 24 ore, l'Utente avrà diritto a un'estensione dell'Abbonamento per un numero
di giorni
pari a quello dell'interruzione; in tali casi, l'Utente riconosce che l'estensione dell'Abbonamento è
l'unico rimedio in
suo favore, con la conseguente rinunzia a far valere qualsivoglia altra pretesa nei confronti del
Fornitore.
10.3 L'Utente riconosce e accetta che nessuna responsabilità è imputabile al Fornitore:
- per disservizi dell'Abbonamento derivanti da malfunzionamenti di reti elettriche e telefoniche ovvero di
ulteriori
servizi gestiti da terze parti che esulano del tutto dalla sfera di controllo e responsabilità del Fornitore
(per
esempio, disservizi della banca dell'Utente, etc...);
- per la mancata pubblicazione di contenuti editoriali che derivi da cause di forza maggiore.
10.4 In tutti gli altri casi, l'Utente riconosce che la responsabilità del Fornitore in forza del contratto
è limitata
alle sole ipotesi di dolo o colpa grave.
10.5 Ai fini dell'accertamento di eventuali disservizi, l'Utente accetta che faranno fede le risultanze dei
sistemi
informatici del Fornitore.
11. Modifica dei termini d'uso
11.1 L'Abbonamento è disciplinato dai termini d'uso approvati al momento dell'acquisto.
11.2 Durante il periodo di validità del contratto, il Fornitore si riserva di modificare i termini della
fornitura per
giustificati motivi connessi alla necessità di adeguarsi a modifiche normative o obblighi di legge, alle
mutate
condizioni del mercato di riferimento ovvero all'attuazione di piani aziendali con ricadute sull'offerta dei
contenuti.
11.3 I nuovi termini d'uso saranno comunicati all'Utente con un preavviso di almeno 15 giorni rispetto alla
scadenza del
periodo di fatturazione in corso ed entreranno in vigore a partire dall'inizio del periodo di fatturazione
successivo.
Se l'Utente non è d'accordo con i nuovi termini d'uso, può esercitare la disdetta secondo quanto previsto al
precedente
articolo 3.
11.4 Ove la modifica dei termini d'uso sia connessa alla necessità di adeguarsi a un obbligo di legge, i
nuovi termini
d'uso potranno entrare in vigore immediatamente al momento della comunicazione; resta inteso che, solo in
tale ipotesi,
l'Utente potrà recedere dal contratto entro i successivi 30 giorni, con il conseguente diritto ad ottenere
un rimborso
proporzionale al periodo di abbonamento non goduto.
12. Trattamento dei dati personali
12.1 In conformità a quanto previsto dal Regolamento 2016/679 UE e dal Codice della privacy (decreto
legislativo 30
giugno 2003, n. 196), i dati personali degli Utenti saranno trattati per le finalità e in forza delle basi
giuridiche
indicate nella privacy policy messa a disposizione dell'Utente in sede di registrazione e acquisto.
12.2 Accettando i presenti termini di utilizzo, l'Utente conferma di aver preso visione della privacy policy
messa a
disposizione dal Fornitore e di averne conservato copia su supporto durevole.
12.3 Il Fornitore si riserva di modificare in qualsiasi momento la propria privacy policy nel rispetto dei
diritti degli
Utenti, dandone notizia a questi ultimi con mezzi adeguati e proporzionati allo scopo.
13. Servizio clienti
13.1 Per informazioni sul Servizio e per qualsiasi problematica connessa con la fruizione dello stesso,
l'Utente può
contattare il Fornitore attraverso i seguenti recapiti: help@newslist.it
14. Legge applicabile e foro competente
14.1 Il contratto tra il Fornitore e l'Utente è regolato dal diritto italiano.
14.2 Ove l'Utente sia qualificabile come consumatore, per le controversie comunque connesse con la
formazione,
esecuzione, interpretazione e cessazione del contratto, sarà competente il giudice del luogo di residenza o
domicilio
del consumatore, se ubicato in Italia.